IL PRETORE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza  nel  procedimento  penale  n.
 14094/1996  r.g.  a  carico  di  Valentini  Ivano,  solleva d'ufficio
 questione di costituzionalita' dell'art. 34  c.p.p.  nella  parte  in
 cui, limitando l'incompatibilita' del giudice al previo compimento di
 atti  nel  medesimo procedimento, non considera l'ipotesi nella quale
 il giudice del dibattimento abbia precedentemente emesso una sentenza
 in  un  processo  di opposizione ex legge n. 689/198l, nella quale il
 reato abbia formato oggetto di cognizione incidentale.
                               Rilevanza
   Nel presente giudizio a quo Valentini Ivano e' imputato  del  reato
 p.  e  p.  dall'art.  186  deceto  legislativo  n.  285/1992, perche'
 conduceva l'autoveicolo BMW tg. TN 600650 in stato di ebbrezza dovuto
 all'uso di sostanze alcooliche.
   Precedentemente al rinvio a  giudizio,  la  patente  di  guida  del
 Valentini  veniva  sospesa  con  provvedimento  del  commissario  del
 Governo per la provincia di Trento dd. 29 gennaio 1996.
   Contro il provvedimento amministrativo, emesso ex  art.  223  terzo
 comma  C.d.S.,  il Valentini reagiva proponendo ricorso al pretore di
 Trento, sez. Cles ai sensi dell'art. 205 C.d.S.
   Si radicava conseguentemente  il  giudizio  di'  opposizione  nelle
 forme  degli  artt. 22 e segg. legge n. 689/198l, ed all'esito veniva
 emessa sentenza di accoglimento  del  ricorso,  ed  annullamento  del
 provvedimento di sospensione provvisoria della patente.
   La  sentenza,  redatta  dallo stesso magistrato cui e' assegnato il
 presente   processo   penale,   dichiarava    l'illegittimita'    del
 provvedimento      commissariale,      sull'espresso      presupposto
 dell'insussistenza del reato di  guida  in  stato  di  ebbrezza  oggi
 contestato in sede penale al Valentini.
   E'    quindi   dimostrata   la   rilevanza   della   questione   di
 costituzionalita', perche' in caso di suo accoglimento  lo  scrivente
 giudice sarebbe tenuto a dichiararsi incompatibile, avendo deliberato
 precedentemente  a  sentenza  in  un  separato  procedimento  in  cui
 incidentalmente   ebbe   a   pronunciarsi    sulla    responsabilita'
 dell'imputato.
                      Non manifesta infondatezza
   Non  sfugge al giudice remittente che la questione qui sollevata si
 differenzia  strutturalmente  da   tutti   i   casi   precedentemente
 affrontati  dalla  Corte  costituzionale,  e  che hanno cospicuamente
 allargato l'area di operativita'  dell'art.  34  c.p.p.;  si  tratta,
 infatti,  di attribuire rilievo non gia' al previo compimento di atti
 compiuti in diverse fasi del procedimento penale, ma  addirittura  ad
 atti  compiuti  dal  medesimo  magistrato  nell'esercizio di funzioni
 giurisdizionali extrapenali.
   Peraltro va riconosciuto che tutte le ragioni  che  sostenevano  le
 pronunce   di   accoglimento   di  questioni  di  incostituzionalita'
 dell'art.  34 c.p.p. finora rese dalla Corte ricorrono  nel  caso  di
 specie.
   Ci  si riferisce infatti all'ipotesi in cui il giudice abbia avuto,
 in un processo di opposizione ex legge  n.  689/1981,  necessita'  di
 scendere  ad  una  valutazione  incidentale,  ma  completa, del fatto
 costituente reato e della responsabilita' dell'imputato.
   Cio'  avviene  in  modo  palese  in  materia   di   opposizione   a
 provvedimenti  amministrativi  che  irrogano  sanzioni  accessorie  a
 reati, come nel caso della sanzione della sospensione  della  patente
 di guida che il prefetto dispone ai sensi del comb. disp. artt. 186 e
 223 C.d.S.
   Il  rapporto  di accessorieta' tra la sanzione amministrativa ed il
 reato comporta ineludibilmente che il pretore, chiamato a decidere ex
 art. 205 C.d.S. sulla legitimita' della sanzione, proceda anche ad un
 esame  di  merito  della  sussistenza  della  responsabilita'  penale
 dell'imputato.  Cio',  quantomeno, in tutti i casi in cui l'opponente
 ponga alla base della richiesta  di  annullamento  del  provvedimento
 amministrativo  non  ragioni  di  natura  formale-procedimentale,  ma
 l'insussistenza di una propria responsabilita' penale.
   Emblematica e' la presente fattispecie, dove lo scrivente  Pretore,
 pronunciandosi  in sede di giudizio di opposizione ex art. 205 C.d.S,
 ha dichiarato in sentenza:
    "si deve concludere per l'insussistenza  del  reato  di  guida  in
 stato  di  ebbrezza,  e  quindi  per l'infondatezza del provvedimento
 amministrativo di applicazione della sanzione accessoria".
   Non prevedendosi l'incompatibilita' del giudice che abbia formulato
 una valutazione  incidentale  necessaria  ai  fini  del  giudizio  di
 opposizione  su sanzioni accessorie a reati, si finiscono con violare
 quindi  i  parametri  tutelati  dalla  giurisprudenza   della   Corte
 costituzionale  in  tema di art. 34 c.p.p. allo stesso modo che nelle
 ipotesi di pronunce di atti in altre  fasi  del  processo  penale  da
 parte del medesimo giudice.
   Violato  e'  l'art.  24  Cost.,  in  quanto  norma  che contiene il
 principio  di  un  "giusto  processo",  nel   quale   sia   garantita
 l'imparzialita' del giudice. Il principio di prevenzione, inteso come
 naturale  tendenza  a mantenere un giudizio gia' reso, opera anzi con
 maggiore intensita' nel caso qui censurato che non in altri pur  gia'
 considerati dalla Corte come fonte di' incompatibilita'. Nell'ipotesi
 in  esame, infatti, il giudice ha valutato, sia pur incidenter tantum
 la sussistenza della responsabilita' penale, ossia la sussistenza del
 reato e la sua attribuibilita' materiale e psicologica  all'imputato.
 Altre  volte  il  ricorrere  della  ratio  che  presiede  alla regola
 dell'incompatibilita' e' stata affermata dalla Corte per  ipotesi  di
 molto   minore   coinvolgimento   del   giudice  in  una  antecedente
 valutazione  di  merito,  come  nelle  sentenze   che   sotto   varie
 angolazioni  dichiarano  l'incompatibilita'  del  giudice  che si sia
 pronunciato su misure cautelari (sentenze n. 432/1995, 131 e 155  del
 1996).
   Violato  e'  poi  l'art.  3  Cost.  per l'irrazionale disparita' di
 trattamento per l'imputato che sia tratto a  giudizio  senza  che  il
 giudice  abbia  avuto  modo  di  conoscere  la fattispecie in sede di
 opposizione ex legge n. 689/1981,  rispetto  all'imputato  che  abbia
 previamente  proposto detta opposizione, decisa con sentenza, dinanzi
 al medesimo giudice che svolge poi funzioni penali.
   Non sembra  infine  risolutiva  l'obiezione  per  cui  non  sarebbe
 possibile allargare le ipotesi di incompatibilita' fino a considerare
 rilevanti atti compiuti in procedimenti non penali.
   E'  intanto pacifico che l'emanazione di un giudizio in sede penale
 in  ordine  alla  responsabilita'  dell'imputato   puo'   determinare
 incompatibilita' del giudice che successivamente si trovi a giudicare
 il  medesimo  imputato,  ma  in  un  altro  e distinto processo, come
 espressamente trovasi dichiarato nella  sentenza  n.  371/1996  della
 Corte  costituzionale.   Con questa sentenza dunque gia' si supera la
 preclusione della rubrica  dell'art.  34  c.p.p.,  che  si  limita  a
 considerare la rilevanza di atti compiuti "nel procedimento".
   Vincolare  i limiti dell'art. 34 c.c.p. al compimento di precedenti
 atti solo penali sarebbe dunque un'opzione formalistica  e  priva  di
 razionalita'  in  un  sistema  processuale  che consente la decisione
 incidentale delle questioni pregiudiziali penali nel processo civile,
 e  addirittura  i'mplicitamente la impone in processi come quello di'
 opposizione ex art 205 C.d.S., dove generalmente non e' possibile una
 decisione che prescinda dall'accertamento della fattispecie penale.