IL PRETORE
   Ha pronunciato e dato lettura nel pubblico dibattimento la seguente
 ordinanza.
   Il  5  gennaio  1997  agenti  del  commissariato  di P.S. di Tivoli
 traevano in arresto Marchese Mariano colto nella flagranza del  reato
 di  evasione e nel ternime della legge era presentato, in tale stato,
 dinanzi a questo pretore per la convalida ed il contestuale  giudizio
 a norma dell'art. 566 del codice di procedura penale.
   Il pretore, convalidava l'arresto con ordinanza del 7 dicembre 1996
 e  disponeva    l'applicazione  della custodia cautelare agli arresti
 domiciliari.
   Instauratosi il giudizio, il pretore rileva che sussistono  profili
 di incostituzionalita' come di seguito evidenziati: sul merito com'e'
 noto  la Corte costituzionale, dopo le ultime pronunce del 1995 (vedi
 la n. 149  e  la  432)  ha  rivisto  i  limiti  dell'incompatibilita'
 prevenendo all'affermazione secondo cui anticipa il giudizio (tale da
 creare  pre-giudizio)  una  valutazione  di contenuto sulla probabile
 fondatezza dell'accusa.
   E, con  specifico  riguardo  al  giudizio  direttissimo  avanti  al
 pretore,  ha  dichiarato  la  manifesta infondatezza della questione,
 radicandola sulla circostanza che in tale eventualita'  la  convalida
 dell'arresto  implica  una  valutazione sulla riferibilita' del reato
 all'imputato condotto in giudizio, attribuita proprio alla cognizione
 del giudice competente per il merito direttamente investito,  cui  e'
 devoluta  la  convalida  e il contestuale giudizio al quale si accede
 ogni altro provvedimento cautelare;
     aggiungendovi che, "il giudice  del  dibattimento,  al  quale  e'
 presentato  l'imputato  per  il  giudizio  direttissimo, si pronuncia
 pregiudizialmente, con la convalida dell'arresto, sulla esistenza dei
 presupposti  che  gli  consentono  di  procedere  immediatamente   al
 giudizio   ed   e'  competente  ad  adottare  incidentalmente  misure
 cautelari, attratte nella competenza per la  cognizione  del  merito.
 Non puo' dunque essere configurata una menomazione dell'imparzialita'
 del  giudice,  che adotta decisioni preordinate al proprio giudizio o
 incidentali rispetto ad esso".
   Orbene, al riguardo, ritiene il remittente che proprio in relazione
 alle superiori argomentazioni adottate dalla  Corte,  si  imponga  la
 rivalutazione  di aspetti di incostituzionalita' afferenti al momento
 di formazione della prova per la decisione  di  merito  ed  al  tema,
 dunque,   della   corretta  utilizzazione  degli  elementi  di  prova
 (rectius:  di conoscenza) acquisiti per la conseguente formazione del
 libero convicimento del giudice.
   Invero, muovendo dalla  indicata  premessa  che  il  giudice  della
 convalida  e'  il  giudice  di merito solo incidentalmente chiamato a
 verificare la sussistenza dei presupposti per la valida instaurazione
 del relativo processo e posto che,  tale  fase  si  snoda  attraverso
 l'acquisizione  di elementi di valutazione influenti sulla formazione
 del convincimento del giudice, e' indubbio che l'acquisizione di tali
 elementi dovrebbe avvenire nel rispetto delle forme e con le garanzie
 fatte proprie dalle regole vigenti per la fase di  giudizio  in  modo
 che  ne resti salvaguardata la loro pacifica utilizzabilita' in senso
 formale    e    conseguentemente    non    intaccato    il    profilo
 dell'imparzialita'   (altrimenti   riposante   solo   sulla  generica
 affermazione che comunque si e' fronte al giudice del merito) nonche'
 i connessi profili del contraddittorio e della iniziativa delle parti
 nella acquisizione e formazione  della  prova.  In  particolare  cio'
 concerne  i  qualificanti  momenti  della  cosidetta  relazione orale
 dell'Ufficiale o Agente di  P.G.  procedente  e  della  dichiarazione
 dell'arrestato  che, a norma dell'art. 566 c.p.p.  viene "sentito" ai
 fini di convalida.
   Poiche'  tali momenti anticipano, contenutisticamente, in tale fase
 incidentale e  antecedente  al  giudizio,  la  prova  testimoniale  e
 l'esame  dell'imputato,  a salvaguardare la loro compatibilita' con i
 parametri costituzionali rappresentati dall'art.  3  (sottospecie  di
 parita'   di  trattamento  con  gli  altri  imputati),  dall'art.  24
 (sottospecie di garanzie difensive), dagli  artt.  3,    24,  secondo
 comma,  25 e 27, secondo comma (sottospecie di interconnessione tra i
 richiamati profili con  quello  della  indipendenza  del  giudice  di
 merito  e,  dunque, nella prospettiva funzionale dell'esercizio della
 giurisdizione  con  riferimento  al  momento  acquisitivo   di   dati
 contenutistici  e  di  merito  dell'imputazione,  influenti come tali
 sulla formazione de libero convincimento del giudice) a salvaguardare
 come detto, la  loro  compatibilita'  con  i  suddetti  parametri  di
 costituzionalita'  si impone il rispetto delle forme previste per gli
 atti  a   contenuto   congenere   nel   dibattimento,   in   funzione
 anticipatoria (cosi' come avviene per i casi di incidente probatorio)
 cosi'  da  risultare salvaguardato anche l'aspetto della loro diretta
 utilizzabilita' ai fini di giudizio.
   In     conclusione     si     ritiene     pertanto      ravvisabile
 l'incostituzionalita'  dell'art.  566  laddove  non  prescrive che la
 relazione  dell'ufficiale  o  agente  p.g.  procedente   nonche'   le
 dichiarazioni  dell'imputato  vengano  assunte  con rispetto e con le
 forme dettate nella fase dibattimentale per la  testimonianza  e  per
 l'esame  dell'imputato con conseguente invalidita' della stessa norma
 e dell'art. 138 disp. att. al  c.p.p.    in  relazione  all'art.  431
 c.p.p.  laddove  non  prescrive  l'inserimento degli atti suddetti da
 acquisire nelle forme come dianzi individuate nel  fascicolo  per  il
 dibattimento.
   E'  indubbia  la rilevanza della prospettata questione nel presente
 giudizio, che si trova proprio nella fase dibattimentale  conseguente
 alla   convalida   con   diretta   influenza,  dove  trovano  diretta
 applicazione le norme censurate.
   Visti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n.  1
 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 86.