LA CORTE DEI CONTI
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sugli appelli proposti da Aldo
 Trigilia e Gaetano Tirantello  avverso  la  decisione  della  sezione
 giurisdizionale  per  la  regione siciliana n. 94 resp. del 19 aprile
 1995;
   Visti gli atti di appello iscritto rispettivamente ai  nn.  3232  e
 326 IC/A del registro di segreteria;
   Visti gli altri atti e documenti di causa;
   Uditi  alla  pubblica udienza del giorno 18 giugno 1996 il relatore
 cons. Francesco Pezzella, nonche' il pubblico ministero nella persona
 del vice procuratore generale Umberto Atelli.
   Premesso che:
     a) con decisione della sezione  giurisdizionale  per  la  regione
 siciliana  n.  94/resp.  del  19 aprile 1995, Aldo Trigilia e Gaetano
 Tirantello , dirigenti della U.S.L. n. 26  di  Siracusa,  sono  stati
 condannati a risarcire alla predetta U.S.L., rispettivamente le somme
 di  L.  11.864.961 e di L. 11.831.593, con rivalutazione, interessi e
 spese di giudizio;
     b) che il danno per cui e' stata pronunciata  condanna  e'  stato
 addebitato ai due dirigenti per avere essi, nelle rispettive qualita'
 di  coordinatore  amministrativo  e  di coordinatore sanitario, fatto
 uso, illecitamente, di un telefono cellulare a carico  della  U.S.L.,
 in  quanto  le  competenze dei coordinatori amministrativi e sanitari
 delle  UU.SS.LL.  sono  tutte  riconducibili  ad  atti  di   gestione
 esplicati in forma e tempi ordinari e, quindi, la dotazione di utenze
 cellulari  configura, nella circostanza, un eccesso di mezzi rispetto
 alle  funzioni  istituzionali  degli  uffici  che  hano   beneficiato
 dell'uso;
     c)  avverso  detta  decisione  hanno  interposto  appello  sia il
 Trigilia che il Tirantello, con separati atti notificati il 31 maggio
 1995 e depositati il 17 giugno successivo,  sostenendo  entrambi,  in
 ragione  delle  funzioni e delle responsabilita' connesse alla carica
 di dirigenti apicali di una struttura sanitaria caratterizzata da  un
 vasto  bacino  di utenza e da una complessa organizzazione, di avere,
 al converso, fatto  uso  lecito  e,  comunque,  parco,  del  telefono
 cellulare,   in  base  ad  una  scelta,  di  certo  ne'  abnorme  ne'
 irrazionale, effettuata esclusivamente dal commissario  straordinario
 della struttura medesima.
   Ritenuto    di    dover    sollevare    d'ufficio    questione   di
 costituzionalita' del  primo  comma,  lettera  a),  dell'art.  3  del
 decreto-legge   23   ottobre  1996,  n.  543,  nella  parte  in  cui,
 sostituendo l'art. 1, primo comma, della legge 14  gennaio  1994,  n.
 20,   limita   la   responsabilita'   dei  soggetti  sottoposti  alla
 giurisdizione  della  Corte  dei  conti  in  materia  di contabilita'
 pubblica ai fatti e alle omissioni commessi con dolo o colpa grave.
   Considerato in punto di rilevanza che:
     a) il secondo comma dell'art.  3  del  decreto-legge  23  ottobre
 1996,  n.  543  espressamente  estende  la disciplina di cui al primo
 comma, lettera a), ai giudizi in corso;
     b)  di  conseguenza  questo  giudice   d'appello,   ritenuta   la
 sussistenza  nei confronti dei due appellanti della colpa normale, e'
 chiamato, nella fattispecie, ad applicare  proprio  il  primo  comma,
 lettera  a)  dell'art. 3 del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543 e,
 cioe', proprio la norma della cui costituzionalita' dubita.
   Considerato in punto di non manifesta infondatezza che:
     a) la questione di  costituzionalita'  di  nome  che  hanno,  nel
 passato, limitato la responsabilita' amministrativa di amministratori
 o  dipendenti  pubblici ai soli casi di dolo e di colpa grave ha gia'
 formato  oggetto  di  varie  pronunce  della   Corte   costituzionale
 (sentenze  nn.  112  del  1973,  54 del 1975, 164 del 1982 e 1032 del
 1988);
     b) in particolare, con le sentenze nn. 54  del  1975  e  164  del
 1982, la Corte costituzionale ha dichiarato infondata la questione di
 costituzionalita'  dell'art.  52  del  r.d.  31  agosto 1993, n. 1592
 (sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 28, 42,  54  e  97  della
 Costituzione),  nel  rilievo, tra l'altro, che la norma impugnata non
 solo non arrecava  pregiudizio  ai  principi  del  buon  andamento  e
 dell'imparzialita'  dell'amministrazione, ma, al contrario, si poneva
 in armonia con tali principi, perche' conteneva una disciplina  della
 responsabilita'  di  una  certa  categoria di amministratori pubblici
 (amministratori delle universita'  e  degli  istituti  di  istruzione
 superiore),  limitandola  razionalmente alle obiettive particolarita'
 della situazione (cfr.  anche sentenza n. 108 del 1967);
     c) con le sentenze nn. 132 del 1973 e 1032  del  1988,  la  Corte
 costituzionale   ha,   poi,  dichiarato  infondata  la  questione  di
 costituzionalita' dell'art. 52,  primo  comma,  della  legge  regione
 siciliana 23 marzo 1971, n. 7 (sollevata in riferimento agli artt. 3,
 97 e 103, secondo comma, della Costituzione e all'art. 14 dello stat.
 sic.),  ritenendo  anche  in questo caso ragionevole una disposizione
 che, attraverso la limitazione della responsabilita'  dei  dipendenti
 regionali ai soli casi di dolo e colpa grave, era diretta a garantire
 un    piu'    sollecito   ed   efficiente   svolgimento   dell'azione
 amministrativa da parte degli uffici della regione,  senza  per  cio'
 intaccare  sostanzialmente  il  principio  della  responsabilita' dei
 pubblici dipendenti verso l'amministrazione;
     d) in tutte le sentenze sopra considerate (e, quindi, anche nelle
 sentenze nn. 132 del 1973 e 1032 del 1988,  con  le  quali  e'  stata
 ritenuta   la   conformita'   a  costituzione  della  limitazione  di
 responsablita' ai soli casi di dolo  o  colpa  grave  in  riferimento
 all'universo   dei   dipendenti  considerati  piuttosto  che  a  piu'
 contenute fattispecie  caratterizzate  da  circostanze  o  situazioni
 particolari),   il   giudice   delle   leggi,  proprio  laddove  nega
 l'esistenza di "un principio di non rilevanza del grado  della  colpa
 che  regoli in modo rigido e assoluto la responsabilita' dei pubblici
 dipendenti" e, quindi, di un correlato "principio di  inderogabilita'
 per  detti  dipendenti  delle  comuni  regole della responsabilita'",
 specularmente  riconosce  l'esistenza,  sempre   per   i   dipendenti
 pubblici,  della regola della comune responsabilita' per colpa lieve,
 regola che deve essere mantenuta ferma anche se puo' essere  derogata
 dal  legislatore, al cui apprezzamento discrezionale compete, secondo
 lo stesso giudice delle leggi, la determinazione e la graduazione dei
 tipi e dei limiti di responsabilita' che,  in  relazione  alle  varie
 categorie  di  dipendenti  pubblici  o  alle  particolari  situazione
 regolate, appaiano come le forme piu' idonee a garantire l'attuazione
 dei  principi  costituzionali  del  buon  andamento  della   pubblica
 amministrazione e del controllo contabile;
     e)  all'opposto,  il  primo  comma,  lettera  a), dell'art. 3 del
 decreto-legge 23  ottobre  1996,  n.  543,  inserito  tra  altro  nel
 contesto  di  una  normativa  d'urgenza  piu'  volte  reiterata senza
 modifiche (da ultimo pochi giorni  prima  della  pubblicazione  della
 sentenza  della  Corte  costituzionale n. 30 del 1996, che ha tratto,
 dal disegno costituzionale, un  implicito  divieto  di  iterazione  o
 reiterazione  dei  decreti-legge), lungi dal determinare e graduare i
 tipi e i limiti di responsabilita' piu'  idonei,  in  relazione  alle
 varie categorie di dipendenti o alle particolari situazioni regolate,
 a  garantire  l'attuazione  dei  principi costituzionali, appiattisce
 l'organizzazione  dei  pubblici   uffici   su   di   una   forma   di
 responsabilita'   unica   e   indifferenziata,   estendendo  a  tutto
 l'universo dei pubblici dipendenti e dei pubblici  amministratori  la
 limitazione  della responsabilita' ai soli casi di dolo e colpa grave
 e sostituendo, cosi',  nell'ordinamento  dei  pubblici  uffici,  alla
 regola  della  comune responsabilita' per colpa lieve, la regola, per
 ora senza eccezioni, della responsabilita' per dolo e colpa grave;
     f) ne consegue  l'irragionevole  livellamento  al  piuu'  intenso
 grado  della  colpa grave di una responsabilita' che, nella sua forma
 comune (per colpa lieve), non sempre puo' essere considerata a  guisa
 di  inopportuno  ostacolo  al  sollecito  ed  efficiente  svolgimento
 dell'azione amministrativa ed anzi va  piu'  spesso  riguardata,  con
 salvezza  delle  necessarie  eccezioni  per  determinare categorie di
 dipendenti o per particolari situazioni, come indispensabile presidio
 al corretto esercizio delle funzioni pubbliche;
     g)  e'  quanto  basta,  potendosi  e  dovendosi  riservare   ogni
 ulteriore approfondimento alla sede piu' propria del giudizio dinanzi
 la Corte costituzionale, per considerare non manifestamente infondata
 la  sollevata questione di costituzionalita' del primo comma, lettera
 a), dell'art.   3 del decreto-legge  23  ottobre  1996,  n.  543,  in
 riferimento all'art.  3 della Costituzione;
     h)  la  rilevata  limitazione  di  responsabilita',  per  il  suo
 carattere generale, si presta intuitivamente  ad  assumere  un  ruolo
 permissivo   e,   quindi,   a   determinare   situazioni  di  incuria
 nell'esercizio delle pubbliche funzioni  e  nello  svolgimento  delle
 pubbliche mansioni, con sottrazione, nel contempo, alla giurisdizione
 contabile  di una serie di comportamenti lesivi di beni la cui tutela
 la Costituzione affida a quella giurisdizione;
      i)  e'  prospettabile,  percio',  nella  fattispecie,  anche  la
 violazione  degli artt. 97 e 103, secondo comma, della Costituzione e
 cioe' dei gia' ricordati principi del buon andamento  della  pubblica
 amministrazione  e  del  controllo  contabile,  i  quali  sono legati
 entrambi dal comune fine di assicurare l'efficienza e la  regolarita'
 della   gestione  finanziaria  e  patrimoniale  degli  enti  pubblici
 (sentenze della Corte costituzionale nn. 68 del 1971, 63 del  1973  e
 1032 del 1988);
     l)  di  conseguenza,  la sollevata questione di costituzionalita'
 appare non manifestamente infondata anche in riferimento  agli  artt.
 97 e 103, secondo comma, della Costituzione.
   Visti gli artt. 335 c.p.c. e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.