Ricorso per conflitto di attribuzione per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro-tempore, nonche' per il Ministro pro-tempore della sanita', entrambi rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano in Roma, alla via dei Portoghesi, 12; nei confronti della regione Lombardia, in persona del presidente della Giunta regionale pro-tempore, con sede in Milano, palazzo della Regione, avverso la deliberazione della Giunta regionale della Lombardia n. 23995 del 13 gennaio 1997, recante "Determinazioni in merito alle disposizioni di cui all'art. 8, comma 5, dei decreti legislativi nn. 502/1992 e 517/1993 relativamente all'istituto dell'accreditamento", deliberazione trasmessa dal commissario del Governo della regione Lombardia, pervenuta al Ministero della sanita' il 6 febbraio 1997. Premesso in fatto Con la deliberazione sopra epigrafata la regione Lombardia, sul presupposto, da un lato, della mancata adozione dell'atto di indirizzo e coordinamento relativo ai requisiti strutturali tecnologici e organizzativi minimi richiesti per l'esercizio delle attivita' sanitarie ai sensi dell'art. 8, comma 4, del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni, e, dall'altro, della scadenza del termine biennale previsto dall'art. 6, comma 6, della legge n. 724 del 1994 per l'accreditaniento transitorio dei soggetti convenzionali e dei soggetti eroganti prestazioni di alta specialita' in regime di assistenza indiretta regolata da leggi regionali alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 502, ha introdotto una nuova disciplina sugli accreditamenti transitori (con validita' "sino all'emanazione dei provvedimenti regionali di accreditamento attuativi delle disposizioni di cui all'art. 8, comma 4, dei decreti di riordino"), caratterizzata dai seguenti elementi: a) transitorio accreditamento, dal 1 gennaio 1997, delle strutture di ricovero e cura gia' accreditate in forza del menzionato art. 6, comma 6, della legge n. 724 del 1994, riferibile anche a nuove specialita' mediche e chirurgiche nei limiti dei posti letto autorizzati; b) estensione del transitorio accreditamento alle strutture sanitarie di ricovero e cura autorizzate e in esercizio alla data del 13 gennaio 1997, nonche' facolta' di estenderlo anche alle strutture autorizzate all'apertura e all'esercizio successivamente a tale data (in entrambe le ipotesi attraverso un "provvedimento di ricognizione" della Giunta regionale in ordine all'accettazione, da parte della struttura accreditanda, del sistema di remunerazione a tariffa e del sistema di vigilanza e controllo). In attesa di avviare il sistema di accreditamento a regime sulla base di quanto prescritto dall'atto di indirizzo e coordinamento sui requisiti minimi di recente emanato, la regione Lombardia con la deliberazione de qua ha inteso asseritamente superare la situazione creata dalla applicazione della legge n. 724/1994, che avrebbe "congelato lo stato di fatto esistente al 31 dicembre 1992 ... che non puo' essere ulteriormente protratta a ormai 4 anni dall'emanazione della norma". Pertanto la regione ha ritenuto di "dover fissare, in questa fase, ed a valere fino al riconoscimento delle strutture accreditate in attuazione del provvedimento di cui all''art 8, comma 4, dei decreti di riordino, i criteri per il transitorio accreditamento delle strutture di ricovero e cura, gia' autorizzate ed in esercizio alla data di adozione" della delibera de qua. A tal fine, oltre a prorogare il riconoscimento di strutture transitoriamente accreditate alle "strutture gia' accreditate per il biennio 1995-1996", la regione Lombardia ha individuato nei requisiti fissati dalla legge regionale n. 7/1990 il "criterio per consentire la possibilita' di accreditamento di quelle strutture autorizzate ed in attivita', rimaste fino ad ora estranee al sistema". Ritenendo "non piu' conosciuto dall'ordinamento il criterio di integrazione con il servizio pubblico" e non comprendendo "come possa ragionevolmente protrarsi una sostanziale disparita' di trattamento tra soggetti assolutamente omogenei in termini di qualita' posseduta e tutti in grado di fornire, secondo standard di qualita', prestazioni al S.S.N.", la regione Lombardia ha provveduto, quindi, ad allargare il riconoscimento dello status di soggetto transitoriamente accreditato "nel limite complessivo dei posti-letto e per le specialita' autorizzate", sia a tutti gli istituti di ricovero e cura privati autorizzati ed attualmente in esercizio, sia a quelle "strutture sanitarie di ricovero e cura che ottengano l'autorizzazione all'apertura ed all'esercizio nel periodo compreso tra l'adozione del provvedimento e la data di emanazione dei provvedimenti regionali di accreditamento attuativi delle disposizioni di cui all'art. 8, comma 4, dei decreti di riordino". Tale riconoscimento risulta subordinato soltanto alla richiesta da parte delle singole strutture, con la connessa accettazione delle tariffe regionali, ed alla "ricognizione della Giunta regionale". In relazione alla suddetta deliberazione si intende proporre, come con il presente atto si propone a tutti gli effetti, ricorso per conflitto di attribuzione per i seguenti Motivi di diritto La deliberazione della regione Lombardia comporta menomazione delle attribuzioni costituzionali riservate agli organi statali ai sensi dell'art. 32 della Costituzione, come concretizzato da una pluralita' di disposizioni legislative (cfr., in particolare, gli artt. 3 e 5 della legge 23 dicembre 1978, n. 833; l'art. 1, comma 1, lett. c) della legge 23 ottobre 1992, n. 421; gli artt. 1 e 8 del d.lgs. 30 giugno 1993, n. 266; nonche' le disposizioni contenute nelle leggi recanti misure di razionalizzazione della finanza pubblica: artt. 3 e 6 della legge 30 dicembre 1994, n. 724; art. 2 della legge 28 dicembre 1995, n. 549; art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662), che hanno specificato le attribuzioni statali di programmazione e di coordinamento dei servizi sanitari, con particolare riferimento alle esigenze di contenimento e razionalizzazione della spesa sanitaria, nonche' di miglioramento qualitativo delle prestazioni connesse all'esercizio del diritto costituzionale alla salute. Con la deliberazione predetta la regione Lombardia ha ignorato, o comunque mostrato di ignorare, sebbene apparentemente solo in fase transitoria, la distinzione dei tre momenti dell'autorizzazione all'esercizio delle attivita' sanitarie, dell'accreditamento e della stipula degli "appositi rapporti". delineata dalla normativa vigente ed esplicitamente descritta nelle varie bozze delle linee di guida sull'accreditamento che, pur non uffuciali, sono abbondantemente circolate nei mesi corsi. Nessun riferimento viene fatto, ne' nel preambolo ne' nel testo del provvedimento, alle indicazioni ed agli obiettivi della programmazione sanitaria regionale, ne' tanto meno al rispetto delle previsioni di bilancio e dei connessi tetti di spesa. L'unica preoccupazione della regione Lombardia, e quindi l'unico obiettivo del provvedimento, apparentemente non e' tanto quello di garantire una maggiore liberta' di scelta agli utenti del S.S.N. (concetto che del resto non appare mai nel contesto del provvedimento de quo), quanto piuttosto quello di rimuovere le barriere all'entrata dei mercati del S.S.N. da parte di nuovi soggetti erogatori privati che intendono allargare la propria fetta di mercato accedendo al mercato, piu' protetto, dello stesso S.S.N. A tale riguardo, peraltro, appare singolare che nel provvedimento venga citata proprio la decisione di codesta ecc.ma Corte costituzionale n. 416/1995 nella parte in cui risponde alla contestazione della stessa regione Lombardia in merito all'art. 6, comma 6, della legge n. 724/1994 che, secondo la censura regionale, "allargherebbe a dismisura il panorama degli enti erogatori ammessi a far parte del S.S.N. ... e rischierebbe di dilatare la spesa che pur si vorrebbe contenere". Inoltre, il riferimento alla sentenza si limita al solo punto 6.1, trascurando quanto riportato sia al successivo punto 6.2, in ordine ai "principi di economicita' e di mercato e di una responsabile collaborazione e programmazione organizzativa", sia al punto 6.4, in ordine all'esigenza di "commisurare la spesa alle effettive disponibilita' finanziarie, le quali condizionano la quantita' ed il livello delle prestazioni sanitarie ...". Con l'impugnata deliberazione la regione Lombardia sembra abbracciare totalmente l'interpretazione piu' "liberistica" della normativa vigente in materia di organizzazione dei mercati nell'ambito del S.S.N. abolendo di fatto ogni barriera all'entrata di nuovi soggetti erogatori su tali mercati. Tale deliberazione, inoltre, non provvede parallelamente ad introdurre alcuna forma di regolamentazione atta a prevenire e contrastare L'insieme dei probabili effetti negativi associati alla situazione di concorrenza tra erogatori, pubblici e privati, che di necessita' - ove detta deliberazione avesse effetto - verrebbe inevitabilmente a prodursi. Negli esercizi 1995 e 1996, a fronte della liberta' di scelta dell'erogatore da parte degli utenti e del pagamento mediante tariffe predeterminate per prestazione, la regione Lombardia aveva stabilito dei tetti di spesa per i singoli istituti al fine di rispettare il vincolo di bilancio. Nella deliberazione de qua, al contrario, nessun riferimento viene fatto ai criteri che si intendono adottare per procedere alla contrattazione per la allocazione delle risorse regionali destinate al finanziamento dell'assistenza ospedaliera, ne' ai connessi piani annuali preventivi di cui all'art. 2, comma 8, della legge n. 549/1995. In tale contesto e' quindi facile attendersi un incremento della spesa ospedaliera della regione, a scapito dei restanti livelli di assistenza e/o a rischio di sfondamento di bilancio complessivo. Inoltre, a fronte di un orientamento nazionale, e diffusamente anche regionale volto a ridimensionare l'offerta di servizi ospedalieri nell'ambito del S.S.N., la regione Lombardia ha viceversa inteso adottare una scelta contro-corrente, di allargamento dell'offerta all'intera disponibilita' regionale di posti-letto, pubblici e privati. Con riferimento specifico alla vigente normativa alla subiecta materia va ricordato che il decreto legislativo n. 502/1992, come modificato dal decreto legislativo n. 517/1993, prevede all'art. 8, comma 4, che con atto di indirizzo e coordinamento del Ministero della sanita, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, vanno stabiliti i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi richiesti alle strutture private per l'accreditamento ai fini del convenzionamento con il Servizio sanitario nazionale. Poiche' alla fine del 1994 tale atto non era ancora stato emanato, la legge n. 724/1994, all'art. 6, comma 6, aveva previsto che per il solo biennio 1995/1996 le strutture gia' convenzionate fossero da considerare transitoriamente accreditate, cosi' come le strutture eroganti prestazioni di alta specialita' in regime di assistenza indiretta, purche' accettassero il sistema di remunerazione a prestazione sulla base di tariffe predeterminate. Tale regime transitorio veniva a scadenza il 31 dicembre 1996. Con la sopraepigrafata deliberazione n. 23995 del 13 gennaio 1997, pervenuta al Ministero della sanita' il 6 febbraio 1997 dal commissariato del Governo, la Giunta regionale lombarda, ritenendo di dover disciplinare in via transitoria le attivita' di ricovero e cura rese in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale, ha disposto che, nelle more dell'emanazione del provvedimento di cui al citato art. 8, comma 4, a partire dal 1 gennaio 1997 sono transitoriamente accreditate, oltre alle strutture di ricovero e cura gia' accreditate per il biennio 1995/1996, le strutture sanitarie autorizzate ed in esercizio alla data del 13 gennaio 1997, nel limite dei posti letto e delle specialita' autorizzate. La citata delibera prevede altresi' che possano essere transitoriamente accreditate le strutture che ottengano l'autorizzazione all'apertura e all'esercizio nel periodo compreso tra l'adozione della deliberazione e l'emanazione dei provvedimenti regionali di accreditamento attuativi delle disposizioni di cui all'art. 8, comma 4, del decreto legislativo n. 502/1992 e successive modificazioni e integrazioni. La delibera prevede, infine, che le strutture gia' transitoriamente accreditate per il biennio 1995/1996 possano, entro trenta giorni, chiedere di modificare la propria organizzazione funzionale, nel rispetto del numero di posti letto autorizzati anche con l'istituzione di nuove specialita' mediche. Le lesioni delle attribuzioni costituzionali dello Stato, operate dalla predetta deliberazione della Giunta regionale lombarda, sono molteplici. Viene in rilievo, in primo luogo, l'art. 8, comma 4, del citato decreto legislativo n. 502 del 1992, come modificato dal decreto legislativo n. 517 del 1993, che, come gia' accennato, prevede l'emanazione di un atto di indirizzo e coordinamento per la defmizione dei "requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi richiesti per l'esercizio delle attivita' sanitarie da parte delle strutture e pubbliche e private e la periodicita' dei controlli sulla permanenza dei requisiti stessi". Si tratta, come ha confermato l'art. 6, comma 6, della legge n. 724 del 1994, di requisiti che si pongono come presupposti per l'accreditamento delle strutture sanitarie e che sono posti, secondo quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 416 del 1995, "la tutela della qualita' e della affidabilita' del servizio-prestazioni, in modo uniforme a livello nazionale per strutture erogatrici". E' indispensabile soffermarsi sulla natura giuridica dell'istituto dell'accreditamento e in particolare sulla sua non assimilabilita' all'istituto dell'autorizzazione all'esercizio delle attivita' sanitarie, basata sul possesso dei "requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi", di cui all'art. 8, comma 4, del citato decreto legislativo n. 502. Il momento dell'accreditamento si pone come momento nuovo, affiancato dal decreto legislativo n. 517 del 1993 ai due momenti dell'autorizzazione e degli "appositi rapporti", gia' previsti nel decreto legislativo n. 502 del 1992. Per dirla con un formula di sintesi, l'atto di accreditamento si rivela lo snodo attorno al quale realizzare la compatibilita' tra le esigenze di contenimento della spesa e gli obiettivi di qualita' dei servizi sanitari. L'introduzione, all'interno del Servizio sanitario azionale, di meccanismi di competizione tra una pluralita' di soggetti erogatori posti in situazioni di par condicio, rende necessario l'avvio, secondo il Piano sanitario nazionale 1994-1996, approvato con d.P.R. 1 marzo 1994, n. 107 "di appropriate procedure per l'accreditamento delle singole strutture e dei singoli servizi, pubblici o privati, che vogliono esercitare attivita' sanitaria nell'ambito del Servizio sanitario nazionale". Siffatta abilitazione (non semplicemente ad esercitare attivita' di prestazione sanitaria ma), ad esercitare nell'ambito del Servizio sanitario nazionale puo' essere acquisita "se la struttura o il servizio dispongono effettivamente di dotazioni strumentali, tecniche o professionali rispondenti a criteri definiti in sede nazionale" (cosi' ancora il Piano sanitario nazionale, loc. cit). I criteri per l'accreditamento si pongono, dunque, come ulteriori rispetto ai requisiti per l'autorizzazione. Sostenerne l'equivalenza significherebbe assimilare l'esercizio di attivita' sanitaria senza rapporti con il Servizio sanitario nazionale all'esercizio delle medesime nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, negando cosi' un caposaldo della riforma di questi anni, cioe' l'equiparazione piena tra strutture pubbliche e private come erogatrici di prestazioni sanitarie acquistate dal Servizio sanitario nazionale, assunta come presupposto della stessa facolta' di libera scelta dell'utente, prevista dall'art. 6, comma 6, della citata legge n. 724 del 1994. Quanto al presupposto sostanziale dell'atto di accreditamento, cioe' al momento o ai momenti del procedimento di erogazione di prestazioni sanitarie cui agganciare l'accreditamento stesso, una risposta conforme ai principi del sistema di necessita' deve essere la seguente: il sistema dell'accreditamento non puo' essere disgiunto dal complessivo processo di programmazione nazionale e regionale. A questa conclusione si perviene in base agli stessi criteri e principi direttivi nel rispetto dei quali, come si e' visto, doveva essere emanato l'atto di indirizzo e coordinamento di cui al piu' volte menzionato art. 8, comma 4, atto effettivamente emanato con d.P.R. 14 gennaio 1997, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 20 febbraio 1997, n. 37 (S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 42). Tra questi criteri e principi assumono particolare rilievo i seguenti: a) "garantire il perseguimento degli obiettivi fondamentali di prevenzione, cura e riabilitazione definiti dal piano sanitario nazionale"; b) "garantire il perseguimento degli obiettivi che ciascuna delle fondamentali funzioni assistenziali del Servizio sanitario nazionale deve conseguire, giusta quanto disposto dal d.P.R. 25 dicembre 1992, concernente la "Definizione dei livelli uniformi di assistenza sanitaria" ovvero dal piano sanitario nazionale"; c) "prevedere l'articolazione delle strutture sanitarie in classi differenziate, in relazione alla tipologia delle prestazioni erogabili". Si comprende allora perche', in piena aderenza alla cornice di fonte primaria, il gia' citato atto di indirizzo e coordinamento approvato con d.P.R. 14 gennaio 1997 abbia stabilito l'obbligo per le regioni, ai sensi del combinato disposto dai commi 4 e 7 dell'art. 8 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e integrazioni, di determinare gli standards di qualita' che costituiscono requisiti ulteriori per l'accreditamento di strutture pubbliche e private in possesso dei requisiti minimi per l'autorizzazione (art. 8, comma 4), attenendosi a criteri generali "volti ad assicurare: a) che l'accreditamento della singola struttura sia funzionale alle scelte di programmazione regionale, nell'ambito delle linee di programmazione nazionale; b) che il regime di concorrenzialita' tra strutture pubbliche e private sia finalizzato alla qualita' delle prestazioni sanitarie e risvolga secondo il criterio dell'eguaglianza di diritti e doveri delle diverse strutture, quale presupposto della libera scelta da parte dell'assistito; c) che sia rispettato il livello quantitativo e qualitativo di dotazioni strumentali, tecnologiche e amministrative correlate alla tipologia delle prestazioni erogabili, nonche' alla classe di appartenenza alla struttura; d) che le strutture richiedenti presentino risultanza positiva rispetto al controllo di qualita' anche con riferimento agli indicatori di efficienza e di qualita' dei servizi e della prestazioni previsti agli artt. 10, comma 3, e 14, comma 1, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni". Le norme riportate sono, altresi', rivolte ad evitare il rischio della formazione di un regime sanitario a doppia velocita', ove siano scaricati solo sulle strutture pubbliche determinati oneri, connessi, ad esempio, a servizi dell'azienda ospedaliera non necessariamente remunerativi, oppure determinate lunzioni di carattere clinico meno premianti in base ai D.R.G., cosi' da impedire la prevalenza della preoccupazione relativa all'aspetto economico-finanziario sulla qualita' della prestazione sanitaria e da scongiurare il pericolo che la "competizione" sia preventivamente squilibrata a favore di determinati soggetti. Che e' quanto, invece, ha preteso illegittimamente di perseguire la regione Lombardia nella deliberazione de qua, abolendo di fatto ogni barriera all'entrata di nuovi soggetti erogatori sul mercato e senza parallelamente provvedere ad introdurre forme di regolazione atte a prevenire e contrastare i pericoli accennati. Nei precedenti esercizi 1995 e 1996, a fronte della liberta' di scelta dell'erogatore da parte degli utenti e del pagamento mediante tariffe predeterminate per prestazioni, la regione Lombardia aveva stabilito dei tetti di spesa per le singole strutture al fine di rispettare il vincolo di bilancio, mentre nel provvedimento in oggetto non si fa cenno alcuno ai criteri che si intendono adottare per procedere alla contrattazione per la allocazione delle risorse regionali destinate al finanziamento dell'assistenza ospedaliera, ne' ai connessi piani annuali preventivi di cui all'art. 2, comma 8, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e all'art. 1, comma 32, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, con il che si configura una manifesta violazione, nell'operato della regione Lombardia, non solo dell'art. 118 ma altresi' dell'art. 119 della Costituzione circa le forme e i limiti che anche la regione Lombardia e' tenuta a rispettare in sede di disciplina e coordinamento della propria autonomia finanziaria. Ne' si puo' sostenere che l'impostazione seguita dalla regione Lombardia sia da giustificare alla luce del principio della libera scelta da parte dell'assistito (criterio che peraltro non viene mai richiamato dalla deliberazione in esame). La libera scelta e' davvero tale (e la citata disposizione contenuta nel d.P.R. 14 gennaio 1997 ne costituisce conferma puntuale) quando esercitata tra soggetti egualmente sottoposti a vincoli budgetari e di qualita', egualmente tenuti a soddisfare non solo i requisiti minimi per prestare assistenza sanitaria, ma gli ulteriori requisiti richiesti a tutti coloro che vengono, sulla base di un previo atto di accreditamento, a stipulare rapporti con il Servizio sanitario nazionale. Al di fuori di un quadro di programmazione che consenta ai soggetti erogatori, siano essi pubblici o privati, di comporre una relazione virtuosa tra qualita', quantita' e tipologia delle prestazioni da una parte, compatibilita' economico-finanziaria dall'altra, l'area dei presidi cui rivolgere la libera scelta verrebbe infatti radicalmente a ridursi. Quanto sopra premesso, la deliberazione della Giunta regionale lombarda del 13 gennaio 1997 risulta gravemente lesiva delle attribuzioni costituzionali dello Stato, venendo anzitutto a porre (preventivamente) nel nulla gli effetti dell'atto di indirizzo e coordinamento del 14 gennaio 1997 il quale, ove permanessero i perniciosi effetti della deliberazione stessa, risulterebbe, quanto meno nei confronti della regione Lombardia, tamquam non esset e conseguentemente inutiliter datum; anche la clausola di limitazione temporale della validita' di tale deliberazione ("sino all'emanazione dei provvedimenti regionali di accreditamento attuativi delle disposizioni di cui all'art. 8, comma 4, dei decreti di riordino"), lungi dal significare ossequio alle medesime, ne conferma il carattere elusivo, consistente nell'arbitraria estensione dell'accreditamento stesso e con evidente volonta' di creare una situazione di fatto tale da far conseguire anche a soggetti non aventi i requisiti il titolo dell'accreditamento e da rinviare comunque nel tempo, indefinitamente, l'applicazione del contenuto dell'atto statale di indirizzo e coordinamento. Le considerazioni sopra svolte in punto di stretto diritto sembrano di per se' idonee e sufficienti a dimostrare la piena fondatezza del presente ricorso e, come tali, esonerano da ogni necessita' di approfondimenti specifici, in particolare in merito all'invero singolare del comportamento nella specie tenuto dalla regione Lombardia, sicuramente non in linea neppure con le esigenze minime in tema di leale collaborazione tra Stato e regione, posto che: a) la deliberazione in oggetto risulta adottata nella seduta del 13 gennaio 1997, cioe', come si evince dalle premesse del citato d.P.R., un giorno prima dell'approvazione presidenziale dell'atto di indirizzo e coordinamento e quasi un mese dopo l'intesa (19 dicembre 1996) con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, che costituiva antecedente necessario dell'atto stesso e il cui contenuto era dunque evidentemente ben noto alla regione Lombardia, ancora prima del suo perfezionamento formale; b) la deliberazione de qua risulta altresi' adottata proprio in epoca coeva alla predisposizione, da parte della stessa regione Lombardia, del disegno di legge di riordino del Servizio sanitario regionale e di rideterminazione degli ambiti territoriali, delle funzioni e dei compiti delle aziende sanitarie regionali. Lo schema del disegno di legge e' attualmente nella fase di esame da parte del Consiglio regionale; esso contempla anche la materia dell'accreditamento dei soggetti privati erogatori di prestazioni sanitarie, la programmazione delle attivita' sanitarie e il riordino della rete ospedaliera; il suo perfezionamento e la sua effettiva entrata in vigore non potranno ovviamente prescindere dall'esame e dalle determinazioni del Governo, nell'esercizio delle funzioni allo stesso riservate ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 127 della Costituzione. Con la deliberazione impugnata la regione Lombardia ha - sotto l'indicato profilo - sostanzialmente voluto anticipare con un atto amministrativo i contenuti, peraltro tutti ancora da definire, di un atto normativo in fieri, con cio' tentando di eludere, anche per tale via, il previsto controllo del Governo sul suo operato, fermo restando, comunque, che ai fini dell'annullamento della delibera regionale impugnata, basterebbe la semplice considerazione delle differenze di contenuto fra la delibera stessa e lo schema della legge regionale, differenze che confermano - ove ve ne fosse bisogno - l'illegittimita' radicale della deliberazione.