IL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel proc. pen. n. 1653/96 g.i.p. a carico di Fratini Primo, nato a Montelparo (AP) l'11 aprile 1946 (atto di nascita n. 15 P.IS.A.) residente a Roma in via Aureliano Pertile n. 15, elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Valerio Vianello Accorretti in Roma, via Guido Reni n. 2, aiutante M.M., in servizio presso il R.U.D. - Forte Braschi in Roma, presente, imputato di "truffa aggravata" (artt. 47, n. 2, 234, comma primo e secondo, C.p.m.p.), perche' in data 30 aprile 1989, esibendo all'Ufficio amministrazioni speciali del Ministero della difesa in Roma - per il tramite del servizio amministrativo dell'ufficio del rappresentante militare italiano presso Comitato Nato di Bruxelles - documentazione probatoria falsificata o comunque non veritiera (ed in particolare falsa fattura della ditta ITOR S.r.l. di trasporti in Roma, nonche' falso talloncino di pesa pubblica), e cosi' inducendo conseguentemente in errore l'amministrazione militare, si procurava un ingiusto profitto, pari a L. 7.886.700, consistente nella indebita liquidazione di rimborsi ed indennita' per asserite spese di trasferimento da Osimo a Bruxelles (Belgio) di masserizie ed effetti personali, in realta' non effettuato o comunque non pagato. Con le aggravanti del grado rivestito e dell'essere stato il fatto commesso a danno dell'amministrazione militare. Fatto e diritto 1. - Al termine delle indagini preliminari il p.m. chiedeva il rinvio a giudizio di Fratini Primo per il reato di cui in rubrica. All'odierna udienza, il p.m., chiede sentenza di NLP per intervenuta amnistia, in subordine che sia sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, lett. C, n. 4 del d.P.R. 12 aprile 1990 n. 75 in relazione all'art. 3 della Costituzione nella parte in cui non prevede l'applicabilita' dell'amnistia al reato di truffa militare aggravata di cui all'art. 234, comma secondo, C.p.m.p.; il difensore sentenza di non luogo a procedere. 2. - Va rilevato, anzitutto, che, secondo l'art. 1, comma 1, lett. c), n. 4 del d.P.R. n. 75/1990, e' concessa amnistia:...c) per i delitti previsti dai seguenti articoli del codice penale:... 4) 640, comma secondo (truffa), sempre che non ricorra la circostanza aggravante prevista dall'art. 61, n. 7, del codice penale". La Corte dei cassazione (Sez. I, 18 luglio 1994, imp. Baldassarre, in C.E.D. Cass., n. 199752) ha affermato che il reato di truffa militare aggravata, di cui all'art. 234, comma secondo, c.p.m.p., pur non essendo specificatamente indicato tra i reati per i quali e' stata concessa amnistia, e' coperto da tale beneficio, trattandosi di reato che puo' essere sussunto in tutti i suoi elementi costitutivi in quello di truffa aggravata previsto dall'art. 640 cpv. cod. pen. Secondo questo giudice tale asserto, che non appare peraltro espressione di un orientamento consolidato della giurisprudenza, non e' condivisibile. In primo luogo, infatti, lo stesso giudice di legittimita', nella sentenza citata, ha escluso la possibilita' di una integrazione per analogia dei reati per i quali e' stata concessa l'amnistia. Si tratterebbe soltanto di "interpretazione estensiva in bonam partem dettata da esigenze di ragionevolezza mentre invece l'interpretazione restrittiva comporterebbe una ingiustificata disparita' di trattamento". Poiche' l'art. 1 cit. del decreto di amnistia fa riferimento a specifiche fattispecie penali previste dal codice penale (tra cui quella di cui all'art. 640, comma secondo), non sembra che sia possibile "estendere" la previsione legislativa, in via di interpretazione, alla autonoma fattispecie di truffa aggravata ai danni dell'amministrazione militare, prevista dal codice penale militare. Il limite derivante dalla lettera della disposizione, sia pure nella massima ragionevole estensione, non consente infatti di ritenere che il richiamo esplicito ad una fattispecie prevista del codice penale possa intendersi riferito ad una fattispecie, sia pure avente requisiti corrispondenti, prevista dal codice penale militare. Ne' al riguardo appare risolutiva la circostanza che l'interpretazione estensiva operi in bonam partem, piuttosto che in malam partem (sulla non ammissibilita' di letture estensive, nel caso che una norma, del sistema penale o processuale penale, indichi un elenco tassativo di reati, cfr. Corte cost., 7 giugno 1996, n. 188, in tema di ammissibilita' dell'arresto in flagranza per reati militari corrispondenti a quelli comuni indicati nell'art. 381, comma secondo, c.p.p.). Nel caso di specie, peraltro, l'autonomia del reato previsto dal codice penale militare, rispetto al reato comune, si risolve anche nella applicazione delle norme generali previste in tema di reati militari, come ad esempio con riguardo alle pene accessorie o all'aggravante di cui all'art. 47, n. 2, c.p.m.p., applicabile per i militari, colpevoli di reati militari, rivestiti di un grado o investiti di un comando. Tale aggravante, che e' contestata nel presente procedimento, trova fondamento, nei particolari doveri che, ai sensi anche dell'art. 21 reg. disc. mil., gravano sui superiori, e rende evidente come la valutazione circa la possibilita' di comprendere un certo reato militare fra quelli per cui e' concessa l'amnistia non puo' essere compiuta in sede di interpretazione, ma spetta al legislatore, con scelte che possono essere sottoposte al sindacato di legittimita' costituzionale. 3. - Questo giudice ritiene quindi debba essere proposta la questione di legittimita' costituzionale del predetto art. 1 del d.P.R. n. 75/1990. La rilevanza della questione, anzitutto, non appare dubbia, dato che, in applicazione dell'art. 1 del d.P.R. n. 75/1990, e considerato che il reato si e' perfezionato in data anteriore al 24 ottobre 1989, dovrebbe essere ammessa sentenza di non luogo a procedere, nei confronti dell'imputato, per essere il reato estinto per amnistia. In punto di rilevanza va peraltro precisato che non risultano allo stato applicabili le attenuanti (art. 61, n. 4 e 6; art. 48, u.p. c.p.m.p.), che potrebbero consentire l'applicazione dell'amnistia, per il reato di cui all'art. 234, comma secondo, c.p.m.p., ai sensi degli artt. 1, comma 1, lett. a) e 4 del d.P.R. n. 75/1990, ne' sussistono i requisiti per un proscioglimento ai sensi dell'art. 129, comma 2, c.p.p. La questione appare inoltre non manifestamente infondata per violazione dell'art. 3 della Costituzione. Va al riguardo precisato che una analoga questione di costituzionalita' e' stata dichiarata manifestamente inammissibile (Corte cost., ord. 18 luglio 1996), per difetto di motivazione sulla rilevanza: non si ravvisano quindi preclusioni alla riproposizione della questione. Appare pertanto contrastare con il principio di uguaglianza la norma piu' volte indicata, che prevede l'amnistia per il reato di truffa a danno dello Stato, e non per il reato di truffa a danno dell'amministrazione militare, reato che ha elementi costitutivi del tutto corrispondenti al primo e che e' punito addirittura in modo meno grave (essendo prevista una pena detentiva di pari durata, ma non la pena pecuniaria prevista per il reato comune). La specificita' relativa al soggetto attivo del reato (che deve essere un militare, con la configurabilita' peraltro, del reato militare anche nel caso di concorso di estranei alle Forze armate, ex art. 14 C.p.m.p.) ed al soggetto passivo (l'amministrazione militare, invece che lo Stato o altro ente pubblico) non sembrano tali da giustificare, sul piano della ragionevolezza, il trattamento deteriore previsto per il reato militare.