IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza. Ritenuto: che non e' manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 629 c.p., come modificato dall'art. 8 del d.-l. 31 dicembre 1991 n. 419, convertito nella legge 18 febbraio 1992 n. 172, nella parte in cui fissa il minimo edittale per il delitto di estorsione in anni cinque di reclusione; che la questione e' rilevante nella specie, dovendosi irrogare una pena contenuta nel minimo edittale, data la modesta gravita' del fatto criminoso ascritto al prevenuto; che, in particolare, la norma anzidetta configura un'irragionevole disparita' di trattamento per l'ipotesi di estorsione in relazione alle analoghe fattispecie criminose di rapina, per la quale e' medesimo il bene giuridico tutelato e non minore l'offensivita', e della concussione, disparita' che per la sua manifesta iniquita', pare in contrasto col primario principio di uguaglianza sanzionato nell'art. 3 della Costituzione, nonche' con la finalita' rieducativa della pena fissata dall'art. 27, comma terzo, della Costituzione; che non pare del tutto convincente la pronunzia n. 368 del 1995 con la quale la Corte costituzionale ha gia' rigettato per manifesta infondatezza la questione, sembrando non appropriato il rilievo che non sussisterebbero macroscopiche differenze rispetto al trattamento sanzionatorio previsto per il delitto di rapina (punito nel minimo con pena che e' di poco superiore alla meta' di quella prevista per l'estorsione), e non avendo detta pronunzia in nulla comparato il trattamento del delitto in esame con quello previsto per il delitto di concussione, che oltre a ledere il bene giuridico dell'autodeterminazione del privato, mediante costrizione, lede altresi' l'interesse al buon andamento della pubblica amministrazione; che della questione va pertanto nuovamente investita la Corte costituzionale.