IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la seguente ordinanza sull'appello proposto dalla dott.ssa Angela Berteramo, residente in Cerignola, difesa dall'avv. Raffaele Versace e domiciliata presso di lui in Roma, corso Trieste 185, appellante, contro l'unita' sanitaria locale FG/10, con sede in Cerignola, non costituita in giudizio; e nei confronti del dott. Francesco Monopoli, residente in Cerignola, difeso dall'avv. Giorgio Recchia e domiciliato presso di lui in Roma, corso Trieste 88, resistente, per l'annullameto della sentenza 25 giugno 1993, n. 231, con la quale il tribunale amministrativo regionale per la Puglia, seconda sezione, ha respinto il ricorso contro il provvedimento 12 marzo 1992, n. 103 dell'amministratore straordinario dell'unita' sanitaria locale, di nomina del dott. Monopoli a collaboratore amministrativo; Visto il ricorso in appello, notificato il 10 novembre 1993 e depositato il 19 successivo; Visto il controricorso del dott. Monopoli, depositato il 29 gennaio 1994; Vista la memoria presentata dal resistente il 25 novembre 1996; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 6 dicembre 1996 la relazione del consigliere Raffaele Carboni e uditi, altresi', l'avv. Santo Manes - su delega dell'avv. Raffaele Versace - per l'appellante e l'avv. Giorgio Recchia per l'appellato Monopoli; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o L'unita' sanitaria locale di Cerignola, con deliberazione del comitato di gestione 30 novembre 1988, n. 834, indisse un concorso pubblico per due posti di collaboratore amministrativo (di settima qualifica funzionale, richiedente il diploma di laurea), e con deliberazione del comitato di gestione 14 marzo 1990, n. 145 nomino' i primi due classificati, senza provvedere sulla posizione del dott. Francesco Paolo Monopoli, quinto classificato, che nella domanda di partecipazione al concorso aveva dichiarato di essere iscritto nell'elenco provinciale degli invalidi civili. Successivamente, resisi vacanti altri posti di collaboratore amministrativo, l'unita' sanitaria locale assunse in servizio il terzo classificato, e poi ancora, con provvedimento dell 'amministratore straordinario 12 marzo 1992, n. 103, il dott. Monopoli in forza della riserva a suo favore. Il provvedimento fu impugnato dalla dott.ssa Berteramo, quarta classificata, al tribunale amministrativo regionale per la Puglia, che lo ha respinto con la sentenza indicata in epigrafe. Ha appellato la dott.ssa Berteramo, per i seguenti motivi: 1) nell'unita' sanitaria locale la pianta organica era considerata completa, anche riguardo alle categorie riservatarie, sino al momento in cui si e' presentata la necessita' di effettuare l'assunzione contestata; soltanto in sede di ricognizione e' stato elevato il numero dei posti da assegnare agli invalidi civili, con atto che, pero', non puo' retroagire in danno del diritto acquistato dalla ricorrente con la collocazione in graduatoria; 2) eccesso di potere per sviamento, in quanto l'atto ricognitivo, effettuato dopo il concorso e dopo che per anni, a causa dei divieti di assunzione, la situazione del personale era rimasta cristallizzata, non era conforme alle regole d'imparzialita' e buon andamento, imposte all'amministrazione dall'art. 97 della Costituzione. La sezione, con decisione non definitiva resa in data odierna, ha dichiarato inammissibile, perche' nuovo, il primo motivo d'appello. D i r i t t o Il collegio dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 12, ultimo comma, della legge 2 aprile 1968, n. 482, contenente la disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private, in base al quale e' stato emanato il provvedimento impugnato dalla dott.ssa Berteramo. Il motivo di doglianza rimasto da esaminare in appello, con il quale in definitiva la ricorrente non fa che dolersi che le sia stato preferito il concorrente che la seguiva in graduatoria, non appare fondato alla stregua della vigente legislazione, che appunto prevede, nei concorsi pubblici, una riserva di posti a favore degli invalidi civili e delle altre categorie protette dalla legge n. 482 del 1968; donde la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale della disposizione di legge, che, se ritenuta fondata, potrebbe invece comportare l'accoglimento dell'appello. La legge citata, dopo aver previsto, nel primo comma dell'art. 12, l'assunzione senza concorso, degli invalidi e delle persone appartenenti alle altre categorie protette, in posti di operaio e delle carriere esecutive ed ausiliarie presso le pubbliche amministrazioni (secondo l'ordinamento di allora del pubblico impiego), all'ultimo comma prevede che "Nei concorsi a posti delle carriere direttive" (alle quali corrisponde l'odierna settima qualifica funzionale presso gli enti locali) "e di concetto o parificati, gli appartenenti alle categorie indicate nel precedente titolo, che abbiano conseguito l'idoneita', verranno inclusi nell'ordine di graduatoria tra i vincitori fino a che non sia stata raggiunta la percentuale del 15% dei posti di organico". L'istituto della riserva di posti nei concorsi risulta introdotto nella legislazione con la legge 21 agosto 1921 n. 1312, concernente l'assunzione obbligatoria degli invalidi di guerra nelle pubbliche amministrazioni e nelle aziende private. Detta legge all'art. 8 prevedeva la precedenza degli invalidi di guerra (salve alcune altre preferenze) fino a una certa aliquota dei posti esistenti, nelle assunzioni da compiere dalle pubbliche amministrazioni, richiedendo, "qualora si tratti di posti da assegnare per concorso", che l'assunzione fosse subordinata al conseguimento dell'idoneita'. Successivamente, con numerosi provvedimenti legislativi a partire dal 1945 e per tutto il decennio degli anni cinquanta, le disposizioni furono estese agli orfani dei caduti e dispersi dei vari eventi bellici o connessi con i sovvertimenti politici. Nel frattempo la legge 3 giugno 1950, n. 375 aveva meglio disciplinato le procedure per l'assunzione obbligatoria degli invalidi di guerra, prevedendo all'art. 9 che, per i posti pubblici di gruppo A e di gruppo B o parificati, gli invalidi di guerra che avessero conseguito l'idoneita' fossero inclusi in graduatoria sino al raggiungimento di un certo rapporto con i posti d'organico, e che per i posti iniziali di gruppo C o di ordine o di subalterno si procedesse invece all'ammissione diretta. Il testo unico delle leggi sugli impiegati civili dello Stato, emanato con d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 in forza della delega contenuta nella legge 20 dicembre 1954, n. 1181, all'art. 5 ha configurato la riserva di posti come un istituto, in un certo senso, di carattere ordinario e generale, richiamando, per i concorsi per l'ammissione alle carriere direttive e di concetto, "le riserve di posti previste da leggi speciali in favore di particolari categorie di cittadini"; e d'altra parte ha posto, come argine a difesa dell'utilita' della procedura concorsuale, la regola che le riserve "non possono complessivamente superare la meta' dei posti". La legge 2 aprile 1968, n. 482, a sua volta, riprendendo le disposizioni della legge del 1950 sugli invalidi di guerra nel quadro di una disciplina organica sull'avviamento al lavoro delle categorie svantaggiate, fra cui gli invalidi per servizio, del lavoro e civili, ha previsto la riserva come specifico mezzo di tutela di quelle categorie. Nel frattempo e successivamente, altre leggi e accordi collettivi hanno utilizzato l'istituto non piu' a favore di categorie svantaggiate, bensi' di qualsivoglia categoria d'impiegati o di altre persone, di cui favorire, in generale o in via transitoria, il cambio di amministrazione, l'accesso all'impiego pubblico o a determinati ruoli o a posti di qualifica superiore. Infine, il regolamento sui concorsi emanato con d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, all'art. 5 ha disciplinato il concorso tra loro delle varie categorie di riservatari, per il caso in cui gli aventi diritto a riserva superino la meta' dei posti da coprire. Fatta questa premessa e tornando alle categorie protette dalla legge n. 482 del 1968, va osservato che il legislatore, limitando alle qualifiche, che per brevita' si possono indicare come inferiori, l'assunzione diretta degli appartenenti alle categorie protette, ha evidentemente ritenuto che, per le qualifiche superiori, l'interesse pubblico alla scelta dei candidati migliori sia preminente rispetto al collocamento lavorativo degli appartenenti alle categorie protette. Il concorso, secondo la nostra univoca tradizione legislativa, e' una procedura che assolve alla duplice funzione, di accertare l'idoneita' degli aspiranti (intesa come specifica capacita' di svolgimento delle mansioni inerenti ai posti messi a concorso), e di assumerli secondo il grado d'idoneita' dimostrato. L'essenza del concorso, peraltro, non risiede nell'accertamento dell'idoneita' (specifica), di per se' compatibile anche con sistemi di assunzione per libera scelta, ma nell'assunzione secondo l'ordine della graduatoria di merito, in attuazione del principio sancito dall'art. 51 della Costituzione, secondo cui tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici in condizioni di uguaglianza. Ora, per quanto riguarda la categoria degli invalidi, quel che puo' accadere e che accade e' che una determinata invalidita', compatibile con lo svolgimento delle mansioni proprie di un determinato posto, impedisca pero' alla persona, che ne e' affetta, di svolgere le ordinarie prove concorsuali, oppure la ponga, nella competizione, in una condizione sfavorevole, non corrispondente a un inferiorita' del merito. In considerazione di cio', e in ottemperanza al disposto dell'art. 3, secondo comma, della Costituzione, verosimilmente ben potrebbe la legge, che in principio ha considerato preminente l'interesse pubblico all'accertamento comparativo della idoneita' allo svolgimento delle funzioni, adattare la regola del concorso pubblico con la previsione di apposite procedure, secondo la particolarita' dei singoli casi, di accertamento d'idoneita' e di comparazione per coloro che, per ragione d'invalidita', non possono competere secondo le ordinarie regole concorsuali. La legge, all'ultimo comma del citato art. 12, muove invece dal presupposto che l'invalido, come l'appartenente alle altre categorie protette, partecipi alle ordinarie procedure concorsuali in posizione di parita' e senza che nulla gli precluda di classificarsi fra i vincitori in base ai criteri di selezione concorsuali. Ad esempio l'odierno resistente si e' classificato quinto, ma non risulta che la sua invalidita' gli abbia impedito di classificarsi quarto, e quindi di vincere per merito. A questo punto non si riesce a scorgere la giustificazione dell'indiscriminata riserva, che, mentre non risolve per nulla i casi di invalidita' ostativa alla partecipazione paritaria alla procedura concorsuale, torna, invece, a far prevalere l'interesse dell'appartenente alla categoria protetta su quello della scelta del migliore, senza nessun nesso tra il tipo d'invalidita' e il beneficio. Obiettivamente considerata, la logica della disposizione, avulsa da situazioni d'emergenza come potevano essere quelle postbelliche, e' quella di "compensare" la situazione d'inferiorita' fisica o sociale; intendendo per compensazione, non gia' la rimozione di uno svantaggio, bensi' l'attribuzione di un vantaggio per consolazione di una sventura; atteggiamento che, apprezzabile sul piano dell'eticita' personale, non sembra pero' aver niente a vedere con un razionale sistema, ne' di assistenza sociale ne' di gestione della cosa pubblica. Il dubbio di legittimita' della disposizione di legge si pone, quindi, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, per il privilegio istituito a favore del concorrente appartenente alle categorie protette rispetto agli altri concorrenti; e di conseguenza, anche in riferimento agli artt. 97, ultimo comma, e 51, primo comma, della Costituzione, dal momento che la scelta secondo l'ordine della graduatoria di merito, nella quale la regola del concorso consiste, viene alterata senza razionale giustificazione. Il privilegio, infatti, non sembra giustificato alla stregua delle valutazioni effettuate dallo stesso legislatore, il quale per certi posti ha scelto la via del concorso, ma poi ha derogato all'ordine di graduatoria in ragione di qualita' personali di certi concorrenti, non conferenti con la collocazione in graduatoria da loro ottenuta. Il dubbio di violazione degli art. 51 e 97 della Costituzione si pone anche sotto altro profilo. L'art. 97 della Costituzione, con l'inciso "salvo i casi stabiliti dalla legge", consente di derogare alla regola del concorso, naturalmente quando la deroga trovi ragionevole giustificazione alla luce di altri princi'pi dell'ordinamento. Si ha una deroga al concorso quando la legge prevede la nomina per scelta, o in ogni caso per assunzione diretta, ovvero per elezione. Cioe' la Costituzione consente che, per soddisfare certi interessi, si nomini un pubblico impiegato con procedura diversa dal concorso. Ma non sembra che la deroga al concorso possa stare all'interno della procedura concorsuale, e che il legislatore possa sottrarsi in questo modo, con una procedura di riserva di posti che mischia il concorso con l'assunzione diretta, alla responsabilita' di decidere se in certi posti d'impiego si possa assumere direttamente, per favorire certe persone a causa delle loro condizioni personali, o se invece si debba assumere per concorso, secondo un accertamento comparativo di merito. Vero e' che l'attribuzione di posti per riserva puo' essere configurata, in sostanza, con un'assunzione diretta previo esame d'idoneita', ma allora appunto si torna alla logica dell'assunzione diretta, per posti per i quali, invece, il legislatore ha ritenuto di dare preferenza al concorso. Insomma, la riserva di posti nei concorsi pubblici si risolve in una commistione tra le due procedure, che viceversa si escludono a vicenda, dell'assunzione diretta e dell'assunzione per concorso. Tale commistione non e' senza rilievo, ne' l'assunzione per riserva di posti e' la stessa cosa che un'assunzione diretta previo esame d'idoneita'; perche' nel caso dell'assunzione diretta, come quello previsto dal primo comma dell'art. 12 in esame, si sottraggono pur sempre dei posti d'impiego al concorso dei cittadini che vi aspirino, ma genericamente, per assolvere ad obblighi di solidarieta' sociale senza che nessuno, concretamente e specificamente, possa chiamarsi danneggiato: e va da se' che la solidarieta' sociale, in quanto valore sottostante a norme come quelle dell'art. 38 o dell'art. 3, secondo comma, della Costituzione, e' una solidarieta' collettiva. La disposizione che si esamina, invece, dispone l'assunzione di un invalido civile, o di altro riservatario, a preferenza del concorrente utilmente incluso in graduatoria, che secondo le normali regole amministrative dovrebbe essere nominato in uno dei posti d'impiego messi a concorso; e in tal modo fa gravare il vantaggio, accordato dalla legge alla persona invalida o altrimenti svantaggiata, tutto quanto sulla persona che viene pretermessa dopo aver sostenuto le prove concorsuali ed essersi classificata in posto utile. La norma fa cosi' gravare l'onere, della solidarieta' sociale o dell'altro principio che consenta di derogare alla regola del concorso, tutto su una sola, determinata persona, che quel posto ha meritato secondo la procedura indetta dall'amministrazione in ottemperanza alla legge e valendosi del suo diritto a concorrere per i pubblici uffici in condizione di uguaglianza con gli altri cittadini; come e' manifesto nel caso in esame, in cui la pretesa solidarieta' sociale verrebbe tutta sostenuta, con la propria disoccupazione, dalla ricorrente; pur dopo che lo stesso legislatore ha rifiutato l'assunzione diretta e ha ritenuto prevalente l'interesse pubblico a ricoprire i posti per concorso.