IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella controversia n. 9476/95, in materia di previdenza e assistenza obbligatoria, promossa dall'I.N.P.S. - Istituto nazionale per la previdenza sociale, con sede legale in Roma, in persona del presidente e legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato in Genova, presso l'avv. M. Girotti, che lo rappresenta e difende per mandato generale alle liti, in atti, appellante, contro Bondanza Maria, Vaccari Ernestina, Pagano Maria, Grande Armanda, domiciliate in Genova, via Santa Chiara 4/4 presso lo studio dell'avv. Annaclara Longobardi, che le rappresenta e difende per mandati in atti, appellate. Con ricorso in appello depositato il 6 settembre 1995 l'I.N.P.S. proponeva impugnazione contro la sentenza del pretore di Genova del 28 ottobre 1994, che aveva condannato l'Istituto a corrispondere alle odierne appellate l'integrazione al minimo sulle pensioni di reversibilita' in loro godimento anche per il periodo successivo al 30 settembre 1983, oltre accessori. L'I.N.P.S. motivava il proprio appello sostenendo: che l'intera materia della "cristallizzazione" era stata modificata da alcuni interventi normativi e giurisprudenziali (e in particolare dall'art. 11, comma 22, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, nel testo risultante dalla parziale declaratoria di illegittimita' costituzionale, di cui alla sentenza n. 240/94 della Corte costituzionale), in ragione dei quali la "cristallizzazione" stessa non poteva considerarsi dovuta allorquando il pensionato risulti percettore di un reddito complessivamente superiore al livello di cui all'art. 6 della legge n. 638/83; che immediato corollario di tale principio era la necessita' dell'accertamento reddituale, sia con riferimento al 1983 sia per tutti gli anni successivi con riferimento ai quali si esplichi la pretesa di mantenimento della doppia integrazione; che, nella fattispecie, era del tutto mancato tale accertamento. Chiedeva, quindi, in via cautelativa, la sospensione dell'esecutorieta' o dell'esecuzione della sentenza impugnata e, nel merito, riformare la sentenza impugnata nella parte in cui riconosceva che il diritto alla cristallizzazione era dovuto nonostante la mancanza di accertamento del requisito reddituale. Si costituiva parte appellata, assumendo che il non superamento del limite reddituale era reso palese dalla mancata cristallizzazione delle pensioni dirette, concorrenti con quelle indirette. Produceva, comunque, dichiarazioni sostitutive di atto notorio, attestanti i redditi delle ricorrenti Bondanza, Pagano e Grande e dando atto della rinuncia alla domanda da parte di Vaccari Ernestina. Nelle more del giudizio venivano emanato il d.-l. 28 marzo 1996, n. 166, in seguito non convertito - ma ripetutamente reiterato senza sostanziali modifiche -, il cui art. 1, rubricato "disposizioni di attuazione delle sentenze della Corte costituzionale n. 495 del 1993 e n. 240 del 1994", cosi' recitava: "Il rimborso delle somme, maturate fino al 31 dicembre 1995, sui trattamenti pensionistici erogati dagli enti previdenziali interessati, in conseguenza dell'applicazione delle sentenze della Corte costituzionale n. 495 del 1993 e n. 240 del 1994, e' effettuato mediante assegnazione agli aventi diritto di titoli di Stato aventi libera circolazione. Tale rimborso avviene in sei annualita', sulla base degli elenchi riepilogativi che gli enti provvederanno annualmente ad inviare al Ministero del tesoro. Con decreto del Ministro del tesoro sono stabilite le caratteristiche dei titoli di Stato, ivi compreso il taglio minimo, e le procedure e i criteri di assegnazione dei medesimi agli aventi diritto, da effettuare tramite l'ente previdenziale competente. Gli importi residuali eccedenti il predetto taglio minimo sono liquidati direttamente dai predetti enti. Il diritto al rimborso delle somme arretrate di cui al comma 1 spetta ai soli soggetti interessati e ai loro superstiti, aventi titolo alla pensione di reversibilita' alla data di entrata in vigore del presente decreto. La verifica annuale del requisito reddituale per il diritto all'integrazione del trattamento e' effettuata non solo in relazione ai redditi riferiti all'anno 1983, ma anche con riferimento ai redditi degli anni successivi. Nella determinazione dell'importo maturato al 31 dicembre 1995 non concorrono gli interessi e la rivalutazione monetaria. Per gli anni successivi, sulle somme ancora da rimborsarsi, sono dovuti gli interessi nella misura della variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati accertata dall'ISTAT per l'anno precedente. Gli enti ne terranno conto in sede di trasmissione degli elenchi di cui al comma 1. I giudizi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge aventi ad oggetto le questioni di cui al presente articolo sono dichiarati estinti d'ufficio con compensazione delle spese fra le parti. I provvedimenti giudiziali non ancora passati in giudicato restano privi di effetto". Su tale norma - applicabile anche alla fattispecie dedotta nel presente giudizio - si addensavano numerosi dubbi di legittimita' costituzionale, dei quali alcuni giudici di merito e la stessa Corte di cassazione (con ordinanza 24 maggio 1996) investivano il giudice costituzionale. Successivamente, disposizioni di contenuto sostanzialmente identico venivano recepite all'interno della legge 23 dicembre 1996, n. 662, "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica". Con riferimento ai commi 181, 182 e 183 dell'art. 1 di detta legge appaiono riproponibili le stesse questioni di legittimita' costituzionale gia' sottoposte al giudizio della Consulta con riguardo alle norme dei decreti-legge non convertiti, questioni che di seguito si riassumono, con l'indicazione delle norme costituzionali che si ritengono violate e dei motivi che ne sorreggono una valutazione di non manifesta infondatezza. Quanto all'art. 1, comma 181, legge 23 dicembre 1996, n. 662: contrasto con gli artt. 3 e 38 Cost., nella parte in cui prevede che "il pagamento delle somme, maturate sino al 31 dicembre 1995, sui trattamenti pensionistici erogati dagli enti previdenziali interessati ... e' effettuato mediante assegnazione agli aventi diritto di titoli di Stato ... Tale pagamento avviene in sei annualita'". Tale disposizione sottopone i crediti di cui e' causa ad un trattamento risarcitorio che appare, sotto diversi profili, deteriore rispetto a quello previsto per ogni altro credito e cancellano parte del credito conseguente all'inadempimento ascrivibile all'Istituto di previdenza. Infatti, pur considerati i giudizi espressi nella sentenza della Corte costituzionale 31 marzo 1995, n. 103, sussistono seri dubbi sulla adeguatezza e sufficiente tempestivita' della risposta data dal legislatore ai diritti derivanti ai ricorrenti dalle sentenze della Corte costituzionale n. 498/1993 e 240/1994, anche sotto il profilo dell'eta' avanzata dei pensionati, per cui la rateizzazione delle somme in sei annualita' rischia di privarli di fatto del proprio diritto (nulla essendo dovuto nemmeno agli eredi, se non aventi titolo alla pensione di reversibilita', stante la prima parte del seguente comma 182). La norma realizza, altresi', una disparita' di trattamento dei pensionati, dalla medesima interessati, rispetto alla categoria generale dei creditori, ai quali il codice civile assegna la facolta' di esigere immediatamente l'adempimento dell'obbligazione nella sua interezza e di non accettare una prestazione diversa da quella dovuta, laddove questa sola categoria di pensionati, creditori dell'INPS e gia' destinatari di una pensione decurtata al 60% rispetto alla pensione diretta, sono fatti destinatari di una forma speciale di adempimento, di natura tale da non realizzare l'immediata ricostituzione del loro patrimonio e, per di piu', soggetta alle flessioni proprie del mercato dei titoli di Stato. Quanto all'art. 38 Cost., appare violato il diritto a mezzi adeguati alle esigenze di vita, stante il soddisfacimento solo parziale di un credito, gia' ridotto all'essenziale dall'essere rapportato al 60% di una pensione integrata al minimo. Quanto all'art. 1, comma 182, legge 23 dicembre 1996, n. 662: contrasto con gli artt. 3 e 38 Cost., nella parte in cui prevede che "nella determinazione dell'importo maturato al 31 dicembre 1995 non concorrono gli interessi e la rivalutazione monetaria". Anche sotto questo profilo, la legge sottopone i crediti di cui e' causa ad un trattamento risarcitorio che appare, sotto diversi profili, deteriore rispetto a quello previsto per ogni altro credito e cancellano parte del credito conseguente all'inadempimento ascrivibile all'Istituto di previdenza, con considerevole perdita da parte dei aventi diritto, ai quali viene sottratta quella parte del credito che corrisponde agli interessi e alla rivalutazione monetaria; contrasto con l'art. 3 Cost., nella parte in cui prevede che "il diritto al pagamento spetta ai soli soggetti interessati e ai loro superstiti aventi titolo alla pensione di reversibilita' alla data del 30 marzo 1996". Irrazionale e' l'esclusione del diritto con riguardo ad ogni altra categoria di superstiti che rivestano la qualita' di eredi. Quanto all'art. 1, comma 183, legge 23 dicembre 1996, n. 662: contrasto con gli artt. 3, 24 e 25, comma primo, Cost. nella parte in cui prevede che "i giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge aventi ad oggetto le questioni di cui ai commi 181 e 182 del presente articolo sono dichiarati estinti d'ufficio con compensazione delle spese fra le parti. I provvedimenti giudiziari non ancora passati in giudicato restano privi di effetto". La disposizione vanifica il diritto alla tutela giurisdizionale e preclude l'esame di tutte le numerose eccezioni preliminari avanzate dall'Ente convenuto (prescrizione, decadenza ex art. 6 legge n. 166/1991, estinzione dell'obbligazione per intervenuto adempimento, carenza di reddito ecc.), eccezioni che l'Ente potrebbe riproporre in sede amministrativa al pensionato, privato cosi' della tutela giurisdizionale e non garantito del soddisfacimento delle sue aspettative. Ne' puo' sostenersi che la violazione del diritto di azione e di difesa sia esclusa dalla possibilita' per il pensionato, che verifichi la propria esclusione dagli elenchi per una delle eccezioni, la cui delibazione e' oggi sottratta al giudice, di proporre in futuro nuova azione: la garanzia costituzionale opera, infatti, con riguardo a ciascun procedimento e ad ogni stato e grado dello stesso (senza contare l'onerosita' di nuove iniziative giudiziali e il rischio di incorrere in nuovi preclusioni e decadenze, anche per eventuale ius superveniens). Come evidenziato da Cass. ordinanza 24 maggio 1996, e' violato il diritto di agire in virtu' della norma rivisitata da Corte cost. n. 495/1993, sentenza che, lungi dall'apparire attuata, sembra elusa ed aggirata; contrasto della stessa previsione con gli artt. 102 e 113 Cost. La previsione di automatica estinzione di tutti i giudizi pendenti realizza un'illegittima interferenza del potere legislativo nella sfera di attribuzioni del potere giurisdizionale. La compressione del diritto di azione e di difesa e l'indebita ingerenza nell'esercizio della funzione giurisdizionale si evidenziano anche sotto il profilo della compensazione delle spese di giudizio, che, da un lato, sottrae al giudizio tale componente accessoria della controversia e dall'altro, sopprime il diritto del pensionato, anche per il caso di sussistenza del diritto e di fondatezza della domanda, a vedersi tenuto indenne dalle spese processuali sostenute. La compensazione ex lege delle spese processuali produce, altresi', l'ulteriore effetto di condurre alla perdita delle somme anticipate e degli onorari dovuti agli avvocati che, per consolidata consuetudine, trattano gratuitamente le controversie dei clienti loro avviati dai patronati. Rilevato che tutte le questioni sopra prospettate presentano profili di rilevanza nel presente giudizio - fatta soltanto eccezione per quella relativa alla limitazione della categoria di eredi aventi diritto al pagamento (giacche' attrici nella presente causa sono le assicurate stesse) - ritiene il tribunale che il giudizio debba essere sospeso, con immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, a cura della cancelleria.