IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel proc. pen. n. 1755/95 contro Ruisi Gregorio imputato del delitto di maltrattamenti udienza 23 settembre 1996. La direttiva di cui all'art. 2, n. 12 della legge delega dispone che la competenza per materia sia determinata tenendo conto sia della pena edittale - con esclusione degli aumenti derivanti dalla recidiva, dalla continuazione e dalle circostanze aggravanti, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa e di quelle ad effetto speciale - sia della qualita' del reato. In particolare dispone che vengano attribuiti alla competenza del pretore le contravvenzioni e i delitti punibili con la pena della multa o con quella della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni, nonche' altri delitti specificamente indicati. In attuazione di detta direttiva l'art. 7 c.p.p. dispone l'attribuzione alla competenza del pretore del reato di maltrattamenti, per cui si procede, punito nel massimo con la pena della reclusione di sette . . . . anni. La competenza per materia del pretore viene quindi individuata non piu' come per l'art. 31 c.p.p. 1930, sulla base del solo criterio quantitativo, ma, seguendo la tendenza ampliativa espressa nelle modifiche apportate a detta norma dalla legge 31 luglio 1984, n. 400 anche sulla base del criterio qualitativo, fondato sul titolo del reato. Prescindendo dal caso della ripartizione della competenza in base al criterio qualitativo con riferimento alla situazione del soggetto attivo del reato (che determina la competenza del tribunale per i minorenni, giudice ordinario specializzato chiamato a conoscere di tutti i reati commessi da minori degli anni 18), il codice vigente ha dunque adottato un criterio misto, ponendo a base del sistema il criterio quantitativo, ampiamente derogato da numerosi casi di competenza qualitativa: alla corte d'assise e' attribuita la competenza per i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a ventiquattro anni, al tribunale quella per i reati per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione nel massimo inferiore ai ventiquattro anni e superiore ai quattro, al pretore quella per i reati per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni, ovvero una pena pecuniaria sola o congiunta alla predetta pena detentiva, la Corte d'assise inoltre estende la propria competenza a reati che secondo il criterio quantitativo sarebbero di competenza del tribunale o del pretore, il tribunale a reati che sarebbero di competenza della Corte d'assise o del pretore, il pretore a reati che sarebbero di competenza del tribunale. Il criterio misto adottato nel codice vigente non estende quindi solo la competenza del tribunale. Il criterio misto adottato nel codice vigente non estende quindi, solo la competenza del giudice "superiore" a reati che secondo il criterio quantitativo sarebbero di competenza del giudice "inferiore", ma anche la competenza di quest'ultimo a reati che secondo il predetto criterio sarebbero di competenza del giudice "superiore". Se pero' detto criterio, cosi' come attuato, puo' rispondere alla particolare configurazione della Corte d'assise che giustifica la scelta di devolvere ad un organo - che per la composizione mista attua la diretta partecipazione popolare all'amministrazione della giustizia - materie di particolare rilievo per la coscienza collettiva, sia per la speciale gravita' della pena che per la natura e le conseguenze dell'illecito, non altrettanto puo' dirsi in ordine alla ripartizione della competenza tra pretore e tribunale, caratterizzandosi la differenza tra questi due organi giurisdizionali non per la particolare natura della loro composizione, ma per la collegialita' del secondo, cui consegue una maggiore garanzia in ordine alla decisione ed a cui si accompagna una procedura non semplificata, come quella pretorile, che esclude l'udienza preliminare. Ed invero la legge 10 aprile 1951, n. 287 aveva correttamente regolato secondo il criterio qualitativo solo la competenza della Corte d'assise, ricorrendo al criterio quantitativo per la determinazione della competenza del pretore e riservando a quella del tribunale (secondo un criterio misto) anche la cognizione di reati che, pur essendo puniti con pena inferiore ai quattro anni di reclusione, si caratterizzano per la particolare rilevanza del bene giuridico tutelato, ovvero per una maggiore pericolosita' diffusiva (come nel caso dei reati commessi col mezzo della stampa); ne' puo' fondatamente argomentarsi che il problema delle minori garanzie sia sostanzialmente venuto meno per la raggiunta integrale "giurisdizionalizzazione" del pretore realizzata attraverso la separazione delle funzioni requirenti e giudicanti, essendo connesse (le minori garanzie), come si e' appena detto, alla monocraticita' dell'organo ed alla semplificazione della procedura. In realta', come e' stato osservato, l'esigenza di fondo che ha ispirato la normativa sulla competenza del pretore e' stata quella di sottrarre agli organi "superiori" un volume cospicuo di processi, cosi' da riservare l'attivita' dei tribunale e delle corti d'assise a quelle vicende rispetto alle quali si presenta piu' marcata la necessita' della cognizione di un organo collegiale (A. Macchia, Commentario del nuovo codice di procedura penale, vol. I, pag. 33). Il rapporto tra reato e composizione monocratica o collegiale dell'organo giudicante non puo' pero', per le superiori considerazioni, prescindere dalla gravita' del primo, come puo' chiaramente desumersi anche dal fatto che l'art. 2, n. 12, della legge-delega pone come criterio generale per la deroga al criterio quantitativo, solo la recidiva, la continuazione e le aggravanti comuni, escludendo quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa e quelle ad effetto speciale, che per loro natura implicano connotazioni di accentuata gravita'. Appare pertanto non manifestamente infondata, e rilevante in ordine alla decisione sulla competenza per materia la questione di legittimita' costituzionale delle norme di cui agli artt. 2, n. 12, della legge 16 febbraio 1987, n. 81, e 7, lett. f), c.p.p. in relazione all'art. 3 Cost., in quanto detta norma crea una disparita' di trattamento tra cittadini imputati del delitto di maltrattamenti e cittadini imputati di delitti di minore gravita' per cui e' stabilita la competenza del tribunale.