IL PRETORE
   Siogliendo la riserva, di cui all'udienza del 3 marzo 1995;
   Visti gli atti del procedimento  pen.  n.  270/95  contro  Lombardo
 Demetrio, nato a Reggio Calabria il 2 giugno 1962, Lombardo Antonino,
 nato a Reggio Calabria il 1 giugno 1959, e Lombardo Francesco, nato a
 Reggio  Calabria il 28 giugno 1965, imputati:
     A)  del  reato,  p. e p. dagli artt. 110 c.p. e 20 della legge n.
 47/1985, per avere eseguito,  in  concorso  tra  loro,  i  lavori  di
 costruzione  di  un  manufatto  a  4  piani  f.t.  il primo adibito a
 magazzino, il secondo in parte rifinito, il terzo  ed  il  quarto  al
 rustico su un'area di mq. 270 circa in assenza della concessione;
     B)  del  reato, p. e p. dagli artt. 110 c.p., 17 e 20 della legge
 n. 64/1974, per avere iniziato, in concorso tra loro, la costruzione,
 di cui al capo a), senza nulla-osta del genio civile;
     C) del reato, p. e p. dagli artt. 110, 18 e  20  della  legge  n.
 64/1974,  per avere effettuato, in concorso tra loro, la costruzione,
 di cui al capo a), senza la direzione tecnica  di  un  professionista
 autorizzato. Acc. in Reggio Calabria il 1 dicembre 1993;
   Letta  l'istanza presentata dal p.m. acche' sia sollevata questione
 di legittimita' costituzionale delle norme, di cui all'art. 39  della
 legge  23 dicembre 1994, n. 724, in relazione agli artt. 79 e 3 della
 Costituzione, e sentito il difensore dell'imputato;
   Visto l'art. 23 della legge n. 87 dell'11 marzo 1953;
   Ritenuto  che  la  prospetta  questione  appare  rilevante  e   non
 manifestamente infondata per i motivi che seguono:
                          Motivi di rilevanza
   La  questione va dichiarata rilevante, poiche' deve essere disposta
 la sospensione del presente procedimento in applicazione de combinato
 disposto dell'art. 39 della legge n. 724/1994 e  dell'art.  44  della
 legge  n.  47/1985,  posto che il reato edilizio risulta essere stato
 commesso entro il 31 dicembre 1993, termine ultimo previsto dall'art.
 39 citato. In ordine alla sospensione il difensore  dell'imputato  ha
 avanzato   esplicita   richiesta,   attestando   cosi'   in   maniera
 inequivocabile  la  volonta'  dell'imputato   medesimo   di   valersi
 dell'intera  procedura di sanatoria e di fruire del condono edilizio.
 Va comunque precisato che la detta sospensione opera  e  deve  essere
 disposta   anche  indipendentemente  da  una  richiesta  di  parte  e
 costituisce  il  primo  atto  dell'intera  procedura   prevista   per
 addivenire  alla  declaratoria  di  estinzione del reato. Ne consegue
 che, come gia' statuito dalla Corte costituzionale in caso  identico,
 afferente  la  disciplina  di  cui  alla  legge n. 47/1985, divengono
 rilevanti le questioni  di  costituzionalita'  relative  a  tutte  le
 disposizioni   della   legge  (adesso  integralmente  fatte  rivivere
 dall'art. 39 della legge citata) che risultano intimamente  collegate
 tra   loro   nell'unico   fine   di   regolamentare   il   meccanismo
 procedimentale di sanatoria  (ved. sentenza Corte  costituzionale  n.
 369 del 23/31 marzo 1988).
                  Motivi di non manifesta infondatezza
   1.  -  In ordine alla violazione dell'art. 79 della Costituzione il
 p.m. ha ritenuto che la normativa di cui all'art. 39 della  legge  n.
 724/1994,  comportando  la  rinuncia  da  parte  dello Stato a punire
 particolari  reati  e  per  un  periodo  di  tempo   definito,   vada
 qualificato  giuridicamente  come  istituto  assimilabile, per quanto
 attiene alla valutazione  del  rispetto  della  Costituzione,  quello
 dell'amnistia  e  che,  pertanto,  lo  stesso  andava sottoposto alla
 disciplina costituzionale dell'art. 79 della Costituzione, (che, dopo
 la modifica apportata dall'art. 1 della legge cost. 6 marzo 1992,  n.
 1,  recita "l'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata
 a maggioranza dei due terzi dei componenti  di  ciascuna  Camera,  in
 ogni suo articolo e nella votazione finale").
   Il  p.m.  ha  altresi' rilevato che la disciplina costituzionale in
 materia di provvedimenti di clemenza e' regolata  esclusivamente  dal
 citato  art. 79 della Costituzione e che, pertanto, e' ad essi che va
 fatto riferimento anche  qualora  si  segua  l'orientamento  espresso
 dalla  Corte  costituzionale  con  la sentenza n. 369 del 23/31 marzo
 1938, emessa a seguito di  questione  di  legittimita  costituzionale
 analoga, laddove la stessa affermava che il condono edilizio, pur non
 avendo  natura  di  amnistia,  andava  pur sempre considerato come un
 provvedimento di clemenza atipico.
   Escludere  l'applicabilita'  dell'art.  79 della Costituzione ad un
 siffatto provvedimento di  clemenza  atipico  finirebbe,  secondo  il
 p.m.,   con   il  rendere  il  precetto    costituzionale  facilmente
 aggirabile, a cio' bastando di volta in volta far ricorso ad analoghi
 "atipici" provvedimenti di clemenza.
   Sul punto si puo' aggiungere che l'esclusivo riferimento  dell'art.
 79  della  Costituzione  all'amnistia  ed  all'indulto e' soltanto la
 conseguenza  della  storica  tipizzazione  in  questi  due   istituti
 dell'attivita',  in  cui  si  e'  manifestata la potesta' di clemenza
 dello Stato con portata generale, e non vale, di certo, ad  escludere
 l'operativita'  del  precetto  costituzionale in ordine a quegli atti
 clemenziali atipici di portata generale ed espressione della medesima
 potesta' statuale.
   Tornando, comunque, al problema della qualificazione giuridica  del
 condono  edilizio,  di  cui  alla  legge   n. 724/1994 questo pretore
 ritiene che non sia  necessario  ricorrere  ad  una  figura  di  atto
 clemenziale  atipico,  ma  che  lo  stesso possa essere considerato a
 tutti gli effetti un atto di amnistia sospensivamente condizionata.
   Com'e'  noto  la  sottoposizione  dell'amnistia  a  condizioni   e'
 espressamente  prevista  dall'art.  151,  comma  4,  del c.p., mentre
 l'art. 672, comma 5, del c.p.p. ne disciplina l'efficacia, prevedendo
 la sospensione dell'applicazione del beneficio fino a che,  entro  il
 termine   previsto,  non  sia  realizzata  la  condizione  sospensiva
 imposta.
   Va  precisato  che  l'art  .151,  comma  4,  del   c.p.   distingue
 esplicitamente le  "condizioni" dagli "obblighi" e, pertanto, sarebbe
 del  tutto  non  conforme al dettato legislat. la tesi che escludesse
 gia' da un punto di vista concettuale la sussistenza di una  amnistia
 sottoposta a condizione ed ammettesse soltanto un'amnistia sottoposta
 ad obblighi.
   Non  c'e'  dubbio  che  la  condizione puo' essere costituita da un
 fatto qualsiasi, anche dipendente in tutto ed in parte dalla volonta'
 dell'imputato, come ad esempio il pagamento di una determinata  somma
 di  denaro  od  il risarcimento del danno alla parte offesa nei reati
 contro la  persona.  Nulla,  dunque,  puo',  da  un  punto  di  vista
 logico-giuridico,  ostare  al  fatto che la condizione consista, come
 nel  caso  del  condono  edilizio,  nell'espletamento  ad  iniziativa
 dell'imputato  di un procedimento amministrativo, che si concluda con
 il pagamento di una somma, da  determinarsi,  peraltro,  in  base  ai
 parametri gia' definiti in via generale dal legislatore.
   Qualora poi si voglia sostenere che, il condizionare l'operativita'
 della  amnistia  ad  esempio  al pagamento di una somma di denaro non
 possa configurarsi come una condizione "in senso tecnico"  (se  cioe'
 paragonata    all'istituto   civilistico),   (vedi   sentenza   Corte
 costituzionale n. 369 del 23/31 marzo 1988), non si  vede  per  quale
 motivo  la  amnistia  medesima  debba  perdere per cio' solo tale sua
 natura.
   Quello che importa e' che una tale ipotesi  di  amnistia,  operante
 cioe'  solo  in  caso  di  avvenuto  pagamento,  possa giuridicamente
 sussistere.
   Ne consegue che la stessa  va  sottoposta  alle  medesime  garanzie
 costituzionali di un'amnistia che operi immediatamente.
   Quanto  detto  per  il pagamento della somma vale ovviamente per le
 altre condizioni prima menzionate, compresa quella  dell'espletamento
 di una proceduta amministrativa.
   A  conforto  di  quanto  fin  qui  sostenuto,  va  ricordato che il
 legislatore ha piu' volte emanato decreti di amnistia  "condizionati"
 in  materia  di  reati  finanziari.  In  tali casi la concessione del
 beneficio e' stata sempre subordinata alla condizione  del  pagamento
 dei  diritti o tributi evasi. Ad esempio gli artt. 1 e 2 del d.P.R. 9
 agosto 1982, n. 525, intitolato concessione di amnistia per  i  reati
 tributari,  nei limiti poi fissati dall'art. 1 del d.P.R. 22 febbraio
 1983, n.   43, prevedevano: che  l'amnistia  per  i  reati  tributari
 commessi sino al 30 giugno 1982 fosse subordinata alla condizione che
 il  contribuente  presentasse  istanza ai competenti uffici tributari
 per la c.d. definizione "automatica" delle proprie pendenze, ai sensi
 della legge 7 agosto 1982, n.  576  e  che  i  relativi  procedimenti
 penali fossero sospesi fino a quando l'ufficio finanziario non avesse
 comunicato  al  giudice  "gli  elementi  necessari  per  valutare  la
 sussistenza   delle   condizioni   richieste    per    l'applicazione
 dell'amnistia". Quindi anche nella ipotesi dell'amnistia condizionata
 per   i   reati  tributari  l'operativita'  del  beneficio  postulava
 l'impulso  (con   relativi   esborsi   monetari)   del   contribuente
 interessato,  che  avviava  una  procedura  amministrativa presso gli
 uffici  finanziari  con  conseguente   sospensione   temporanea   del
 procedimento    penale   sino   all'esito   di   detti   accertamenti
 amministrativi.
   Anche in detta fattispecie giuridica accade che la  volonta'  degli
 interessati  e  delle  competenti autorita' amministrative diventino,
 per usare le stesse parole della sentenza della Corte  costituzionale
 n.  369  del  1988,  "fattori  determinanti i previsti sviluppi delle
 vicende giuridiche  sostanziali  e  processuali".  Probabilmente  se,
 invece,  di  intitolare il provvedimento come concessione di amnistia
 per i reati tributari, si fosse  parlato  di  condono  tributario  si
 sarebbero  posti  problemi  di  qualificazione  giuridica  analoghi a
 quelli nati per il condono edilizio.
   E',  infine,  appena  il  caso  di  sottolineare   che   nel   caso
 dell'amnistia  per  reati  tributari,  come  in  quello  del  condono
 edilizio,  l'effetto  estintivo  del  reato,  non  e'   riconducibile
 all'oblazione,  ma,  analogamente  a quanto avviene per una qualunque
 ipotesi  d'amnistia  condizionata,  va  dichiarato,  dal  giudice  in
 applicazione  di  precise  norme  di legge, una volta che si dimostri
 l'avverarsi della condizione che funzionava da ostacolo  paralizzante
 l'effetto estintivo medesimo.
   2.  - Quanto alla violazione dell'art. 3 della Costituzione il p.m.
 ha  rilevato  che  e'  proprio  dalla  citata  sentenza  della  Corte
 costuzionale  n. 369 del 1988 che possono ricavarsi le argomentazioni
 piu' pregnanti a sostegno della  non  conformita'  alla  Costituzione
 della  normativa  di  cui  alla  legge  n.  724/1994 sotto il duplice
 profilo dell'irragionevolezza e della  violazione  del  principio  di
 uguaglianza  anche  in  relazione  agli  artt.  9, secondo comma, 41,
 secondo e terzo comma, 42, secondo comma, della Costituzione.
   La Corte costituzionale nella citata sentenza ha,  infatti,  da  un
 lato,  ribadito  il carattere eccezionale degli atti di clemenza e la
 necessita' dicontenere nei piu' ristretti  limiti  l'esercizio  della
 relativa  potesta' di clemenza, tanto piu' quando l'effetto estintivo
 debba  spiegarsi  nei  confronti  di  reati   che,   direttamente   o
 indirettamente, violano precetti costituzionalmente sanciti e posti a
 tutela  di  fondamentali esigenze della comunita' e, dall'altro lato,
 ha  ritenuto  che  nei  confronti dei vari moderni condoni, in quanto
 moderne forme di esercizio della generale potesta' di clemenza  dello
 Stato,  va  posto il problema dei limiti costituzionali all'esercizio
 di tale potesta'.
   In proposito la Corte continua dicendo che la non punibilita' o  la
 non  procedibilita'  di  cui ai moderni condoni penali, specie quando
 cancellano reati lesivi di  beni  fondamentali  della  comunita',  va
 usato  negli stretti limiti consentiti dal sistema costituzionale, il
 quale precisa fondamento, finalita' e limiti dell'intervento punitivo
 dello Stato.
   Contraddire vanificare sia pure temporaneamente  le  ragioni  prime
 della  punibilita'  attraverso  l'esercizio  arbitrario  della   "non
 punibilita'"  equivale  non  soltanto  a  violare  l'art.   3   della
 Costituzione,  ma  ad  alterare con il principio dell'obbligatorieta'
 della pena, l'intero volto  del  sistema  costituzionale  in  materia
 penale.
   In  ordine  al condono edilizio del 1985 la Corte arrivo' a trovare
 una  giustificazione  sulla  base  della   considerazione   che   "il
 legislatore,  con  la  legge  citata,  ha  inteso chiudere un passato
 d'illegalita' di massa, alla quale aveva  anche  contribuito  la  non
 sempre  perfetta  efficienza delle competenti autorita' ammnistrative
 ed ha iniziato a porre "sicure" basi  normative  per  la  repressione
 futura  di fatti che violano fondamentali esigenze sottese al governo
 del territorio,  come  la  sicurezza  dell'esercizio  dell'iniziativa
 economica  privata,  il  suo  coordinamento  a fini sociali (art. 41,
 secondo e terzo comma della Costituzione) la funzione  sociale  della
 proprieta'  (art. 42, secondo comma della Costituzione) la tutela del
 paesaggio e del patrimonio storico artistico (art. 9,  secondo  comma
 della  Costituzione), ecc.   E questi beni, secondo la discrezionale,
 ed incensurabile in questa sede, valuazione del legislatore del 1985,
 non  potevano  essere  validamente  difesi  per  il  futuro  se   non
 attraverso  la    "cancellazione"  del  notevole, ingombrante "carico
 pendente" relativo alle passate illegalita' di massa.
   Analoghe considerazioni non possono di certo essere  riesumate  per
 giustificare  oggi, a distanza di nove anni dall'emanazione del primo
 condono edilizio, un successivo provvedimento che arriva a  statuire,
 addirittura, la "riapertura dei termini" dell'altro.
   Ne'  d'altro  canto  puo'  bastare  ad  assicurare  una ragionevole
 compatibilita' costituzionale  del  condono  edilizio  l'esigenza  di
 perseguire  le  finalita'  enunciate  dal Governo per giustificare la
 sussistenza del requisito di necessita' ed urgenza, e,  precisamente,
 quella  del rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e
 dell'edilizia  privata,  nonche'  quella  della  semplificazione  dei
 procedimenti in materia urbanistica edilizia.
    Non  c'e'  dubbio  che  la decisione della Corte costituzionale di
 respingere le censure di costituzionalita' del condono  edilizio  del
 1985    fu   fondamentalmente   suggerita   dall'eccezionalita'   del
 provvedimento e dall'esigenza di chiudere con il passato in occasione
 dell'emanazione di una nuova organica disciplina legislativa.
   Un'analoga decisione della Corte oggi, nei  confronti  del  condono
 edilizio,  del  1994,  non potendo avere a base ne' le citate ragioni
 ne' altri validi motivi, finirebbe con il riconoscere per il presente
 e per il futuro la facolta' di rompere a piacimento il nesso costante
 tra reato e punibilita', in modo da "svilire il  senso  stesso  della
 comminatoria  edittale  e della punizione" e cio' con grave danno del
 principio costituzionale di eguaglianza e della stessa  certezza  del
 diritto.