IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sull'appello proposto nell'interesse di Tagliamento Giovanni avverso l'ordinanza del tribunale di Sanremo del 14 dicembre 1996 con cui e' stata rigettata nei confronti del predetto l'istanza di revoca della custodia cautelare in carcere, o di sostituzione con arresti domiciliari; Rilevato: che il Tagliamento, in stato di custodia cautelare (in esecuzione di due ordinanze, datate 14 febbraio 1994 e 7 aprile 1994) per il reato di cui all'art. 74 d.P.R. n. 309/1990, per vari episodi di illecita detenzione e spaccio di stupefacenti, di porto di arma comune da sparo, di scommesse abusive su partite di calcio e di altri reati, veniva rinviato a giudizio in data 25 gennaio 1995, e condannato con sentenza 7 giugno 1996 (impugnata dalla difesa e dall'accusa), alla pena complessiva di anni 11, oltre alla multa, per i reati indicati sub 3 e 8 (art. 10-12 e 14 legge n. 685/1975), 4 e 9 (art. 71 legge n. 685/1975) ed 81 (art. 4 legge 13 dicembre 1989 n. 401) dell'ordinanza di rinvio a giudizio; che la difesa ha richiesto, in data 10 dicembre 1996, di revocare la custodia cautelare per tutti i reati per i quali l'imputato ha riportato condanna, in quanto dopo un anno dalla data del rinvio a giudizio doveva ritenersi scaduto, per ciascuno dei reati singolarmente contestati, il termine di fase previsto per il dibattimento di primo grado, con conseguente scarcerazione ora per allora; solo in subordine la difesa chiede di attenuare la misura con altra meno gravosa; che, respinta l'istanza dal tribunale di Sanremo in data 14 dicembre 1996, il difensore dell'imputato ha proposto appello insistendo nelle ragioni che avevano motivato l'istanza (illustrate anche con memoria depositata durante la discussione camerale); Ritenuto: che la questione subordinata, relativa alla sostituzione della custodia in carcere con una detenzione domiciliare, puo' essere esaminata anche in via autonoma rispetto alla questione proposta in via principale, per la quale il tribunale non ritiene - come verra' chiarito infra - di poter adottare una decisione, dovendosi dare precedenza all'incidente di costituzionalita' piu' avanti illustrato; infatti la richiesta di gradazione della misura deve comunque trovare oggi una risposta allo stato degli atti, se non altro per il periodo di tempo che sara' necessario alla definizione dell'incidente di costituzionalita'. Una decisione definitiva verra' comunque rinnovata, per il periodo successivo, al momento della decisione finale; che, invertendo per la ragione indicata l'ordine delle questioni, tribunale non ritiene che gli arresti domiciliari siano attualmente idonei a fronteggiare la pericolosita' specifica dell'imputato; infatti il complesso delle imputazioni, la varieta' degli episodi ed anche l'arco temporale nel quale gli stessi si collocano confermano la validita' della valutazione contenuta nel provvedimento di rigetto qui impugnato. Infatti Tagliamento risulta aver ricoperto ruoli non secondari all'interno di gruppi di persone dedite ad attivita' criminose, e la custodia domiciliare non ne diminuirebbe la capacita' di organizzare e dirigere iniziative altrui; che la questione relativa alla scadenza dei termini di fase, che la difesa assume essersi verificata nel corso del dibattimento di primo grado, e' gia' stata esaminata da questa sezione in sede di impugnazione di analoga decisione resa dal tribunale di Sanremo in data 31 dicembre 1996, ed allora decisa con la motivazione che di seguito di trascrive: "Ritenuto - che il termine massimo di carcerazione per la fase del dibattimento di primo grado era fissato, quando il dibattimento e' iniziato, dal precedente testo dell'art. 297 c.p.p., il quale prevedeva singole scadenze per "uno stesso fatto", con decorrenza dall'ultima delle imputazioni in caso di plurime contestazioni relative al medesimo fatto-reato, ovvero "all'imputazione piu' grave" solo nel caso di piu' reati gia' contestati in forma continuata; che prima del maturare del termine di un anno per ciascuna imputazione per la quale l'imputato era a giudizio, la norma e' stata modificata, nel corso del dibattimento, dall'entrata in vigore della legge 8 agosto 1995, n. 332, la quale ha unificato il termine massimo di carcerazione per "fatti diversi", commessi anteriormente alla prima ordinanza di custodia, purche' connessi "ai sensi dell'art. 12, comma 1, lett. B) e C), commisurando il termine alla "imputazione piu' grave"; che il nuovo testo dell'art. 297 c.p.p. ha modificato immediatamente, per la sua natura di norma processuale, i termini di durata delle misure, con effetti il piu' delle volte favorevoli agli imputati (divenendo impossibile decorsi scaglionati nel tempo di termini diversi per piu' reati connessi) ma in ogni caso di unificazione dei termini prima diversi per ognuno dei reati connessi; che per l'imputato il termine di fase, ragguagliato al piu' grave dei reati contestato con ordinanza di custodia (quello ex art. 74 d.P.R. n. 309/1990), al momento di entrata in vigore della legge 8 agosto 1995 si e' cosi' unificato sulla durata maggiore (un anno e sei mesi dal rinvio a giudizio) per tutti i reati connessi con l'associazione contestata, e quindi per ciascuna delle imputazioni per le quali poi l'imputato ha riportato condanna; che sino alla pronuncia della sentenza non si e' dunque potuta verificare, per effetto dell'unificazione ora ricordata, una scadenza di termine di fase per alcuno dei singoli reati per i quali Tagliamento era detenuto; che dopo la pronuncia della sentenza sono iniziati nuovi termini di fase, pacificamente non esauriti"; che a tali argomentazioni la difesa replica che il nuovo testo dell'art. 297 non puo' trovare applicazione se non quando si sia in presenza di termini di fase con decorrenza diversa: nel presente caso, nel quale e' unica l'ordinanza di rinvio a giudizio, i termini di fase dovrebbero invece restare distinti per ciascun reato contestato, come avverrebbe nell'ipotesi dell'imputato raggiunto da una sola ordinanza cautelare; che l'argomentazione difensiva non puo' essere accolta, in quanto si pone in contrasto con la lettera della legge, che disciplina in modo nuovo i termini di fase (con effetto immediato sulle fasi in corso), unificandoli al termine per il reato piu' grave, tutte le volte in cui si sia in presenza di piu' di una ordinanza cautelare e sussista, tra i vari reati contestati, una connessione qualificata; l'individuazione di un unico termine di fase (anche nella fase del dibattimento) controbilancia la sovrapposizione tra piu' ordinanze applicative, ma la legge non richiede che il rinvio a giudizio sia intervenuto in date diverse, per cui l'unificazione opera anche in fasi nelle quali il termine iniziale sarebbe identico (anche se si considerassero separatamente i vari reati); che tuttavia e' vero che la normativa qui esaminata introduce un differente termine di fase per imputati che, con le medesime contestazioni di reato, siano stati colpiti da una sola o da piu' ordinanze cautelari: nel primo caso i termini di fase restano separati per ogni fatto, nel secondo caso il nuovo testo dell'art. 297, terzo comma, unifica invece il termine per tutti i reati legati da connessione qualificata; che tale irragionevole differenza di trattamento, non superabile in via interpretativa per la lettera della legge, pare conseguenza di una irragionevole commistione legislativa tra criteri diversi: infatti la nuova normativa ha, nella prima parte del terzo comma, superato la diversita' dei fatti contestati sostituendo alla precedente previsione una considerazione globale dell'attivita' criminosa del soggetto, connessa da unicita' di disegno o da connessione teleologica, che sposta la opzione legislativa dalla problematica delle "contestazioni a catena" (incardinata sul comportamento degli uffici procedenti) ad una problematica di complessiva gravita' dell'attivita criminosa di un soggetto; nell'ultimo periodo del terzo comma, invece, esclude l'applicabilita' del nuovo principio ai fatti contestati in dibattimento, riproponendo una logica centrata sull'organo autore della contestazione (non piu' soggetto a sospetti per il superamento della fase delle indagini preliminari); nell'insieme, poi, lascia sopravvivere una differenza del tutto casuale (nell'ottica della commisurazione dei termini di fase ad un complesso di reati soggettivamente connessi) tra imputati raggiunti da una sola o da piu' ordinanze cautelari; che tale incertezza sulla ragione giuridica della modifica legislativa e' verosimilmente all'origine dei contrasti di giurisprudenza, rintracciabili attualmente anche tra varie recenti sentenze della Corte di cassazione, in quanto una prospettiva piu' legata all'origine storica della riforma (la problematica delle contestazioni a catena) porta alcune decisioni ad escludere l'unificazione quando i reati siano stati contestati in procedimenti diversi (in questo primo senso Cass. 30 settembre 1996 n. 3662), mentre una prospettiva piu' legata ad una considerazione del tipo di connessione esistente tra piu' attivita' criminose porta naturalmente ad unificare i termini anche quando le contestazioni non abbiano luogo nel corso di un solo procedimento (in questo secondo senso Cass. 23 settembre 1996 n. 02058); che, dovendosi distinguere - come la Corte costituzionale ha insegnato nella sentenza 28 marzo 1996 n. 89 - la causa giustificativa di un regime giuridico dai motivi che storicamente hanno determinato un intervento legislativo, ci si trova di fronte ad un'innovazione legislativa (appunto il terzo comma dell'art. 297) che si ispira nella prima parte ad una prospettiva (centrata sull'imputato) di unificazione soggettiva di piu' attivita' criminose connesse, e nella seconda parte (quella relativa all'esclusione dell'unificazione nel dibattimento) alla precedente prospettiva delle contestazioni a catena (centrata sull'organo procedente), con l'impossibilita' di individuare la vera causa giustificativa della disposizione in esame (certo essendo che la problematica delle contestazioni a catena ha fornito il motivo dell'intervento legislativo); che in tale situazione normativa la differenza di trattamento tra contestazioni avvenute con un solo provvedimento cautelare, ovvero con piu' di un provvedimento cautelare, appare irragionevole nella prospettiva di unificazione di piu' reati connessi in modo qualificato, ed invece ragionevole nella prospettiva dell'evitare contestazioni a catena da parte degli organi procedenti; che, d'altra parte, nella specie sussistono certamente connessioni teleologiche ex art. 12 lett. c) tra il reato di associazione per "commettere piu' delitti" in materia di stupefacenti (art. 74 d.P.R. n. 309/1990), ed i singoli delitti di detenzione e spaccio contestati in tale specifica materia, mentre il tribunale ha comunque ritenuto - nella sua sentenza in data 7 giugno 1996 - connessi per continuazione anche gli altri reati per i quali l'imputato e' stato condannato; che nel caso di specie il dettato normativo impone dunque nei confronti del Tagliamento un trattamento meno favorevole sol perche' i reati (connessi, come si e' detto) gli vennero contestati con due provvedimenti custodiali, anziche' con uno soltanto: differenza che nel dibattimento ha perduto (nella prospettiva delle contestazioni a catena) ogni significato, per cui la difesa se ne duole; mentre, secondo il tribunale, conserva significato in una prospettiva ricostruttiva che il legislatore appare aver seguito solo parzialmente; che il problema del contrasto della norma in esame con il principio di ragionevolezza impone la trasmissione degli atti di questo procedimento incidentale alla Corte costituzionale (con sospensione dello stesso, e conseguentemente anche dei termini per il deposito del provvedimento richiesto a questa sezione in sede di appello); che tali irrazionali differenze di trattamento sono rilevanti, in questo procedimento, solo in quanto l'unificazione di termini di fase per reati diversi, ove fosse stata testualmente limitata all'interno di un solo procedimento ed alla sola ipotesi di decorrenza di termini iniziali diversi, (con riferimento alla sola problematica delle contestazioni a catena), renderebbe accoglibile la doglianza del Tagliamento, non accoglibile in presenza del testo vigente; ove la Corte costituzionale ritenesse, al contrario, irrazionale la mancata unificazione dei termini massimi di fase, anche in presenza di un identico termine iniziale di fase, nel caso della custodia determinata da una sola ordinanza, potrebbe sollevare di ufficio tale simmetrica questione (non rilevante nel presente procedimento).