Ricorso della regione  Puglia,  in  persona  del  presidente  della
 giunta  regionale  pro-tempore,  autorizzato  con  delibera di giunta
 regionale, rappresentato e difeso, come  da  mandato  a  margine  del
 presente  atto,  dal  prof.  avv.  Aldo  Loiodice  e  dal  prof. avv.
 Beniamino Caravita di Toritto e  presso  lo  studio  di  quest'ultimo
 elettivamente  domiciliato  in  Roma, via T. Taramelli, 22, contro il
 Presidente  del  Consiglio   dei   Ministri   pro-tempore,   per   la
 dichiarazione    di    illegittimita'   costituzionale,   di   alcune
 disposizioni della legge 15 marzo 1997, n.  59,  recante  "Delega  al
 Governo  per  il  conferimento  di funzioni e compiti alle regioni ed
 enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione  e per  la
 semplificazione amministrativa", pubblicata nel supplemento ordinario
 n. 56/L alla Gazzetta Ufficiale del 17 marzo 1997, n. 63.
   La  legge n. 59 del 1997 (cd. legge Bassanini dal nome del Ministro
 proponente) contiene molte disposizioni di dubbia  interpretazione  e
 di  dubbia  portata  applicativa  a partire dall'oggetto stesso della
 delega del tutto generico e indeterminato.
   Trattandosi  di  una  legge  di  delegazione  si  puo'   auspicare,
 tuttavia, che su molti punti, anche attraverso la consultazione delle
 regioni,  il Governo possa migliorare e chiarire gli aspetti oscuri e
 indeterminati delle norme a portata puramente interna al rapporto  di
 delegazione  tra  Parlamento  e  Governo,  riservandosi  comunque  la
 regione ricorrente la possibilita'  di  impugnare  successivamente  i
 decreti legislativi di attuazione, qualora necessario.
   Con  riferimento invece alle disposizioni ad efficacia immediata, o
 comunque  gia'  adesso   chiaramente   lesive   dell'attuale   status
 costituzionale  dell'autonomia  regionale,  e'  necessario  impugnare
 immediatamente alcune norme della legge delega.
   1. - Art. 1 della legge delega - Violazione degli artt. 5, 76, 115,
 117, 118 e 119 della Costituzione.
   1.1. - Gia'  nel  suo  insieme  la  legge  appare  ispirata  ad  un
 complessivo   disegno  di  riduzione  delle  garanzie  dell'autonomia
 regionale, il cui ruolo nell'ordinamento viene - incostituzionalmente
 - equiparato, dagli artt. 1 e 2, a quello  di  comuni,  provincie  ed
 altri  locali, con palese violazione degli artt. 115, 117 e 118 della
 Costituzione.  E' incostituzionale, in primo luogo, la previsione  di
 un  generico  "conferimento" di funzioni a regioni ed enti locali che
 unifichi in questo medesimo concetto il trasferimento  e  la  delega,
 che  sono  nozioni  ben  diverse  e  da  tenere  distinte,  spettanti
 comunque, ai sensi degli artt. 117 e 118, comma  secondo,  alle  sole
 regioni,  con  l'attribuzione che spetta invece, ai sensi degli artt.
 118, comma primo, e 128 della Costituzione, agli enti locali (art. 1,
 comma 1). E' incostituzionale inoltre l'equiparazione delle  potesta'
 normative  delle  potesta'  normative spettanti a regioni provincie e
 comuni (art.   2 comma 2), trattandosi  di  soggetti  dotati  di  una
 diversa garanzia costituzionale.
   1.2.  -  L'oggetto  della  delega e' solo apparentemente precisato,
 giacche' non vengono indicate le materie da trasferire,  bensi'  solo
 quelle che rimangono in capo allo Stato, cosicche' non e' dato sapere
 quali  saranno  gli oggetti delle delega, potendo il Governo decidere
 se le funzioni di una certa  materia  vadano  o  meno  conferite  (la
 formulazione  "tutte  le  funzioni  e i compiti amministrativi..." e'
 evidentemente generica ed imprecisa). Siamo cosi' di  fronte  ad  una
 presunta   precisazione   dell'oggetto,   effettuata  tramite  una  -
 paradossale - indicazione a contrario - di cio' che non e' oggetto di
 delega: forse e' la prima volta  che  l'art.  76  della  Costituzione
 viene interpretato in siffatto - illegittimo - modo|
   1.2.  -  La (falsa|) inversione - a scimmiotti'o della Costituzione
 tedesca, ma fonte di una vera e propria  rottura  della  Costituzione
 italiana   -   del  criterio  della  enumerazione  delle  materie  di
 competenza regionale,  e'  solo  apparentemente  vantaggiosa  per  le
 regioni.
   E infatti:
   1.3.1.  -  L'enumerazione  delle competenze dello Stato, residuando
 tutte le  altre  materie  alle  regioni,  da'  la  misura  del  rango
 costituzionale  dello  Stato  e  delle  regioni  solo  se  avviene in
 Costituzione, giacche' in tal modo le regioni sono ipso iure in grado
 di intervenire sulla materia; ha invece un senso  ed  un  significato
 molto diversi, rappresentando una falsa inversione, se, come nel caso
 in questione, occorre un atto di individuazione e trasferimento dello
 Stato:  e'  solo  dopo  l'attivita'  statale  che le regioni potranno
 intervenire sulla materia.
   1.3.2. - Le competenze che rimarranno non statali, ai  sensi  degli
 artt.  1  ss.  della  legge,  sono destinate genericamente a regioni,
 provincie, comuni ed  altri  entri  locali,  producendosi  anche  per
 questa   strada  una  sostanziale  parificazione  della  collocazione
 costituzionale delle regioni con altri enti locali.
   1.3.3. - La delega Bassanini decostituzionalizza cosi' le  garanzie
 a favore delle regioni: se il principio cosotituzionale e' quello del
 riparto   costituzionale  delle  materie  tra  Stato  e  regioni,  la
 previsione di nuove materie per legge mette le  regioni  alla  merce'
 della  legge  ordinaria  statale, che domani potrebbe riprendersi - o
 dare agli enti locali - cio' che oggi ha conferito alle regioni.
   2. - Il criterio di sussidiarieta' (art. 4, comma 3,  lett.  a)  e'
 utilizzato  -  in  violazione  dell'art.  115 della Costituzione - in
 funzione antiregionalista, quasi per accerchiare le regioni.
   Da un lato, le competenze vengono attribuite dallo  Stato  a  tutti
 gli  enti  (incostituzionalmente  equiparando regioni ed enti locali)
 secondo il principio di sussidiarieta'; dall'altro, a loro volta,  le
 regioni  dovranno conferire agli enti locali tutte le funzioni di cui
 all'art. 117  che  non  richiedano  l'esercizio  unitario  a  livello
 regionale.
   3.  - Incostituzionale e' la previsione di cui all'art. 4, comma 5,
 che prevede un potere sostitutivo sulla  legge  regionale  esercitato
 con  decreti  legislativi delegati. La delega di cui a tale comma non
 risponde minimamente ai requisiti di  cui  all'art.  76  (principi  e
 criteri direttivi, oggetto).
   La delega contenuta in tale disposizione e' infatti incerta nell'an
 (non  si  sa  se  il  Governo  provvedera'  alla  delega;  non  si sa
 soprattutto se le regioni risulteranno inadempienti); e nel  quomodo,
 giacche' non e' dato sapere come lo Stato potra' distribuire funzioni
 tra regioni ed enti locali; mancano i principi della distribuzione di
 competenza;  e  manca  -  essendo  eventuale  -  l'oggetto: il potere
 sostitutivo e'  delegato  per  quelle  materie  -  oggi,  certo,  non
 conoscibili  ed  individuabili - per le quali le regioni risulteranno
 inadempienti| E' ammissibile, nella nostra Costituzione,  una  delega
 il  cui  oggetto  sia  definibile  solo  ex  post,  in  ragione di un
 comportamento illegittimo di un soggetto dell'ordinamento?
   4. - La conferenza Stato-regioni.
   La piu' palese espressione del disegno di  decostituzionalizzazione
 delle  garanzie  regionali  e'  contenuta in particolare nell'art. 9,
 laddove si prevede l'unificazione della Conferenza Stato-regioni  con
 la Conferenza Stato-citta'.
   Pur  non  avendo la Conferenza Stato-regioni una espressa copertura
 costituzionale, pare evidente che tale strumento e'  diventato  ormai
 un  punto  insostituibile  ed irretrattabile, a costituzione vigente,
 del raccordo tra lo Stato e le regioni, lo strumento  essenziale  per
 quella leale cooperazione che trova fondamento direttamente nell'art.
 5  della  Costituzione,  come tante volte dichiarato da questa ecc.ma
 Corte. In tale sede, Stato e regioni  si  confrontano,  in  struttura
 dalla  composizione  predeterminata  (tutti  i  rappresentanti  delle
 regioni e provincie autonome), essendo le regioni interlocutori dello
 Stato rispetto a "propri poteri e funzioni secondo i principi fissati
 dalla Costituzione" (art. 115 Cost.).
   L'unificazione  condurrebbe  -  evidentemente - ad una composizione
 variabile, posta  nella  discrezionalita'  del  Governo,  in  cui  si
 confronterebbero soggetti (le regioni) le cui funzioni e compiti sono
 garantiti dalla Costituzione (art. 115), con soggetti le cui funzioni
 sono determinate da leggi generali della Repubblica (art. 128 Cost.).
   Ne'  vale sostenere che l'equiparazione tra regioni e citta' deriva
 dagli artt. 5 e 114 della Costituzione, i quali - in quanto norme  di
 principio  -  vanno  letti  ed  interpretati conformemente alle norme
 costituzionali citate (articoli 115 e 128) che prevedono una  diversa
 garanzia delle funzioni regionali e di quello degli enti locali.
   E'   evidente  d'altronde  che,  proprio  in  base  al  piu'  volte
 richiamato principio  di  sussidiarieta'  da  parte  della  legge  in
 oggetto,  il  luogo naturale per la collaborazione e il coordinamento
 tra la regione-ente e  gli  enti  locali,  a  livello  regionale,  e'
 l'ambito  regionale  (se  si  vuole, la regione-comunita'). Non e' un
 caso infatti che alcune regioni abbiano gia' individuato, previsto  e
 disciplinato  delle  appropriate  sedi  regionali  per  la piu' ampia
 consultazione e il diretto confronto con gli enti locali, sedi in cui
 promuovere l'esercizio coordinato delle  rispettive  funzioni  (legge
 regione  Toscana,  19  luglio  1995, n. 77, art. 3, istituzione di un
 Comitato di rappresentanti del sistema delle autonomie locali,  legge
 regionale Basilicata, 28 marzo 1996, n. 17, principi di coordinamento
 del  sistema regionale delle autonomie in Basilicata, legge regionale
 Abruzzo,  18  aprile  1996,  n.21,   istituzione   della   Conferenza
 permanente regioni-enti locali). Ne' e' un caso che le stesse regioni
 "al  fine  di  favorire  la  partecipazione  degli  enti  locali alla
 determinazione  della  politica  regionale"   abbiano   proposto   di
 costituzionalizzare  la  necessita'  dell'istituzione  del  Consiglio
 delle autonomie locali "presso ogni regione" (art.129 della  proposta
 di  riforma  costituzionale  in  senso  federalista  elaborata  dalla
 Conferenza dei presidenti delle regioni e delle  provincie  autonome,
 ora  in  numerosi atti parlamentari tra cui ad es. v. A.C. 2900). Non
 puo' sfuggire a nessuno d'altronde che spostare al livello  nazionale
 la  sede del confronto e del coordinamento tra regioni e enti locali,
 oltre a ledere la Costituzione e i suoi principi  e  in  primo  luogo
 quello  di  sussidiarieta',  finirebbe per favorire esclusivamente le
 grandi citta' a detrimento di tutte le realta' locali minori che  ben
 scarso   rilievo   rappresentativo   potrebbero   trovare  a  livello
 nazionale.
   Oltre   agli   appena   evidenziati   problemi   di    legittimita'
 costituzionale  della composizione dell'organo in forma unificata con
 la conferenza Stato-citta' "per le materie e i compiti  di  interesse
 comune",  del  medesimo art. 9 va impugnata anche la successiva lett.
 a) laddove dispone che la Conferenza partecipa oltre che "a  tutti  i
 processi  decisionali  di  interesse regionale" (che riguardino cioe'
 tutte le regioni) anche a quelli  di    interesse  "interregionale  e
 infraregionale".
   Cosi'  disponendo si incide, infatti, sull'autonomia amministrativa
 e organizzatoria delle singole regioni  nei  rapporti  con  gli  enti
 locali  infraregionali  o  con  quelli  autonomamente determinati con
 altre regioni. Quale titolo avrebbero, infatti, lo Stato e  le  altre
 regioni  ad  intervenire  in  un  processo  decisionale  di interesse
 infraregionale o interregionale della regione Puglia?
   E'  evidente  che in questo caso i valori costituzionali in gioco e
 che   occorre   tutelare   sono    l'autonomia    amministrativa    e
 organizzatoria,  oltre che pro parte della stessa autonomia normativa
 delle regioni.
   A salvare  l'eccepita  incostituzionalita'  dell'art.  9  non  vale
 nemmeno  sostenere  che  l'unificazione delle due Conferenze riguarda
 solo "le materie e i compiti di interesse comune".
   Lo schema della legge delega fa si', infatti, che tutte le  materie
 e  i  compiti  non statali appaiono - incostituzionalmente - comuni a
 regioni, provincie  e  comuni:  le  funzioni  in  tali  materie  sono
 distribuite  dallo  Stato,  il  quale  puo'  anche intervenire in via
 sostitutiva sulle regioni nel caso in cui queste non  intervengano  a
 distribuire le funzioni regionali agli enti locali|
   5. - Funzione di indirizzo e coordinamento.
   Le  disposizioni  di  cui  ai primi quattro commi dell'art. 8 della
 legge in oggetto perseguono un obiettivo inaccettabile da parte delle
 regioni.
   L'attuale nuova disciplina (immediatamente operativa)  intende  far
 venire   meno   la  possibilita'  dell'esercizio  della  funzione  di
 indirizzo  e  coordinamento  in  via  legislativa  a  favore  di  una
 procedura  tutta  amministrativa  in  cui  lo Stato - al contrario di
 delle proposte di revisione costituzionale presentate  dalle  regioni
 che  prevedono  forme  di  coordinamento  orizzontale - si riserva un
 forte potere di supremazia sovrana.
   Cosi' facendo tuttavia l'attuale disciplina si presenta  in  chiaro
 contrasto  con  gli  artt.  5  e  118  della  Costituzione  e  con la
 consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale che,  nel  caso
 dell'esercizio  di  detta  funzione  in via amministrativa, ha sempre
 richiesto, per il rispetto del principio  di  legalita'  sostanziale,
 che l'atto di indirizzo e coordinamento trovi specifico fondamento su
 una norma di legge statale e, in quanto atto di alta amministrazione,
 che  la  deliberazione  dello stesso spetti in ogni caso al Consiglio
 dei Ministri (e non nella sola ipotesi ora prevista dal secondo comma
 dell'art.  8).
   Forti dubbi  di  legittimita'  suscita,  sulla  base  degli  stessi
 parametri,  anche il fatto che in caso di urgenza si possa provvedere
 senza l'osservanza  delle  procedure  di  intesa  preventiva  con  la
 Conferenza  Stato-regioni  e  le  altre forme di intesa ora previste.
 Infatti, di fronte a ipotesi di urgenza  in  senso  proprio  esistono
 gia'   gli   strumenti   ordinari  ed  extra-ordinari  di  intervento
 (decretazione  di  urgenza  e  poteri  di  ordinanza),   una   simile
 previsione  normativa  si  presterebbe  invece  ad un uso improprio e
 distorto di uno strumento di intervento assolutamente straordinario.
   6. - Procedure e strumenti di raccordo.
   La disposizione di cui  all'art.  3,  lett.  c),  sembra  in  netto
 contrasto  con  quella  di  cui alla lett. b) del successivo art. 9 e
 anche qualora si riesca a coordinare il significato  normativo  resta
 comunque  di  dubbia  legittimita', in riferimento agli artt. 5, 117,
 118, 119 e 123 della Costituzione,  la  previsione  che  al  fine  di
 consentire  la collaborazione e l'azione coordinata tra enti locali e
 tra regioni lo Stato debba sempre individuare  centralisticamente  le
 "forme  di cooperazione strutturali e funzionali", possa in ogni caso
 esercitare controlli    sostitutivi,  sulle  funzioni  amministrative
 conferite  alle  regioni  e  agli  enti  locali e prevedere sempre la
 presenza di rappresentanti statali nelle strutture di raccordo.
   Le forme di cooperazione strutturali e  funzionali  che  operino  a
 livello  interregionale  o  infraregionale  spettano,  infatti,  alle
 regioni  stesse  in  forza  della  loro  autonomia  amministrativa  e
 organizzativa.    In tal caso, del pari illegitime sono la previsione
 di poteri sostitutivi dello Stato e  la  presenza  di  rappresentanti
 statali.
   Restano  certo  ben  possibili  forme di cooperazione strutturali e
 funzionali operanti a livello nazionale - qualora  vengano  coinvolti
 interessi  di rilievo nazionale - con la presenza, in questo caso, di
 rappresentanti statali. Anche in questo caso tuttavia e'  illegittima
 la  previsione  di  poteri  sostitutivi  statali  di  quelle funzioni
 amministrative che, ai sensi dell'art. 1 della legge medesima,  siano
 trasferite  o  comunque  attribuite  alle  regioni in via devolutiva,
 all'infuori dei limitati casi in cui occorra salvaguardare un  valore
 costituzionale   fondamentale  (come  da  consolidata  Giurisprudenza
 costituzionale:    es.  diritto  alla  salute,  diritto  all'ambiente
 salubre).
   7. - Avvalimento di uffici regionali da parte dello Stato.
   La disposizione dell'art. 3, lett. f), della legge in oggetto e' di
 dubbia  legittimita'  a Costituzione vigente. La carta costituzionale
 infatti  prevede  la  possibilita'  di  delegare  ulteriori  funzioni
 amministrative  alle  regioni,  ma  non  la semplice deconcentrazione
 burocratica (con  riserva  dei  poteri  decisori  all'amministrazione
 statale  deconcentrante).  In ogni caso pero' e' ancor piu' grave che
 la disposizione in oggetto non preveda che  tra  le  modalita'  e  le
 condizioni  con le quali l'amministrazione dello Stato puo' avvalersi
 di  uffici  regionali  vi  debba  essere  la   necessaria   copertura
 finanziaria   degli   oneri   aggiuntivi   da   parte   della  stessa
 amministrazione statale. Sembra dunque evidente la  violazione  degli
 artt. 118 e 119 della Costituzione.
   8.    -   Delegificazione   di   norme   concernenti   procedimenti
 amministrativi.
   La portata delle disposizioni di cui ai primi sette commi dell'art.
 20 della  legge  in  oggetto  e',  specie  per  quanto  di  interesse
 regionale, di particolare oscurita'.
   In  ogni  caso,  se dal combinato disposto di tali commi si volesse
 dedurre  che   regolamenti   di   delegificazione   statali   possano
 intervenire  in  materie  di  competenza  regionale  sino  alla nuova
 disciplina regionale, ai sensi del comma  7,  vale  ricordare  quanto
 gia' fissato dalla Corte costituzionale, da ultimo con la sentenza n.
 482  del  1995  (v. anche sent. n. 333 del 1995), nella quale si puo'
 chiaramente leggere il principio di cui: "i regolamenti  governativi,
 compresi quelli delegati, non sono legittimati a disciplinare materie
 di  competenza  regionale  o  privinciali.  Ne'  lo  strumento  della
 delegificazione, previsto dall'art.  17 legge n. 400 del  1988,  puo'
 operare  per  fonti di diversa natura, tra le quali vi e' un rapporto
 di competenza e non di gerarchia".