ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 23, lettera a),
 della legge 4 dicembre 1956, n. 1450 (Trattamento di  previdenza  per
 gli  addetti  ai  pubblici servizi di telefonia in concessione), come
 modificato dall'art. 8 della legge 22 ottobre 1973, n. 672,  promosso
 con  ordinanza  emessa il 25 gennaio 1996 dal tribunale di Urbino sul
 ricorso proposto da Frattini Edo contro l'INPS iscritta al n. 533 del
 registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1996;
   Visti gli atti di costituzione di Frattini Edo e dell'INPS;
   Udito  nell'udienza pubblica dell'8 aprile 1997 il giudice relatore
 Fernando Santosuosso;
   Uditi gli avvocati Salvatore Cabibbo per  Frattini  Edo  e  Antonio
 Todaro per l'INPS.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -    Nel  corso  della  controversia  in  materia di previdenza
 promossa da Frattini Edo contro l'Istituto nazionale della previdenza
 sociale (INPS) a  seguito  della  sospensione  dell'erogazione  della
 quota  di  pensione di riversibilita' percepita dal ricorrente per la
 propria figlia, in conseguenza del di lei matrimonio, il tribunale di
 Urbino,  adito  in   sede   di   riassunzione   dal   Frattini   dopo
 l'annullamento  della  precedente sentenza del tribunale di Pesaro da
 parte  della  Corte  di  cassazione,  ha  sollevato,  in  riferimento
 all'art.  3  della  Costituzione,  con ordinanza emessa il 25 gennaio
 1996, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 23,  lettera
 a),  della  legge 4 dicembre 1956, n. 1450 (Trattamento di previdenza
 per gli addetti ai pubblici servizi  di  telefonia  in  concessione),
 nella  parte  in  cui prevede la cessazione del diritto alla pensione
 per le figlie quando contraggano matrimonio.
   Il giudice rimettente, nel ricostruire le tappe della controversia,
 rileva che nel giudizio conclusosi con  la  sentenza  successivamente
 annullata  dalla  Cassazione,  si era ritenuto che la norma impugnata
 potesse  considerarsi  implicitamente  caducata  sulla   base   della
 sentenza  n.  164 del 1975 di questa Corte, la quale aveva dichiarato
 l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  secondo  comma,  del
 decreto  legislativo luogotenenziale 18 gennaio 1945, n. 39, norma di
 contenuto analogo a quella del presente giudizio.
   La Cassazione, pero', e' andata di contrario avviso sostenendo  che
 gli  effetti  di  una  sentenza  di illegittimita' costituzionale non
 possono  estendersi  oltre  le  norme  esplicitamente   colpite,   ed
 osservando  che  il  giudice  di  merito  avrebbe dovuto sollevare la
 questione dinanzi a questa Corte.
   Il tribunale di Urbino chiede pertanto l'accoglimento dell'indicata
 questione richiamandosi espressamente alla motivazione della sentenza
 n. 164 del 1975 della Corte costituzionale.
   2. - Nel giudizio davanti a questa Corte si e' costituito  Frattini
 Edo, chiedendo l'accoglimento della questione sollevata dal tribunale
 di Urbino.
   A  sostegno  di tali conclusioni, la parte privata ha osservato che
 la norma impugnata costituisce un'evidente violazione  del  principio
 di    uguaglianza   tra   i   sessi,   oltre   che   un'anacronistica
 discriminazione non avente alcun fondamento nella realta' sociale.
   3. - Si e' costituito in giudizio  anche  l'INPS,  concludendo  per
 l'infondatezza della questione.
   Ha   rilevato   l'ente   previdenziale   che  la  norma  dichiarata
 illegittima con la sentenza da ultimo citata si  riferiva  al  regime
 generale  dell'assicurazione  obbligatoria;  poiche'  la  norma  oggi
 impugnata,  invece,  riguarda  un   regime   assicurativo   speciale,
 specificamente   quello   dei   dipendenti  telefonici,  non  sarebbe
 possibile un'equiparazione tra le due situazioni, dal momento che  la
 scelta  del  legislatore  di togliere la quota di riversibilita' alle
 figlie  che  contraggono  matrimonio  risponde   ad   una   ponderata
 valutazione dei diversi interessi in gioco.
   In  subordine,  l'INPS  ha  chiesto  alla Corte di voler dichiarare
 l'illegittimita' costituzionale della norma impugnata nella parte  in
 cui  non  prevede la cessazione del diritto alla pensione per i figli
 maschi ultradiciottenni, qualora gli stessi contraggano matrimonio.
                         Considerato in diritto
   1. -  Il tribunale di Urbino dubita  che  l'art.  23,  lettera  a),
 della  legge  4 dicembre 1956, n. 1450 (Trattamento di previdenza per
 gli addetti ai pubblici servizi di telefonia in  concessione),  nella
 parte in cui prevede la cessazione del diritto alla quota di pensione
 di  riversibilita'  per  le figlie che contraggono matrimonio, sia in
 contrasto con  l'art.  3  Costituzione;  e  cio'  per  il  differente
 trattamento riservato nella medesima situazione ai figli maschi.
   L'ordinanza  di  rimessione,  nell'indicare la citata legge n. 1450
 del 1956, menziona anche la legge modificativa del 22  ottobre  1973,
 n.  672,  la  quale  pero'  non riguarda la norma impugnata in questa
 sede.
   2. -  L'INPS  eccepisce  preliminarmente  l'inammissibilita'  della
 questione  per  irrilevanza,  deducendo  che  il  giudice  a quo, nel
 soffermarsi soltanto  su  una  delle  condizioni  per  conservare  il
 diritto  della  figlia  alla pensione di riversibilita' (il permanere
 cioe' del suo stato di nubile), non ha motivato sull'altra condizione
 necessaria, e cioe' l'essere la figlia stessa  ancora  a  carico  del
 genitore.
   L'eccezione va disattesa in quanto l'ordinanza non soltanto afferma
 espressamente   che  la  beneficiaria  era  tuttora  studentessa,  ma
 riferisce che l'Istituto aveva chiesto la restituzione delle somme da
 essa percepite successivamente al matrimonio; con  cio'  riconoscendo
 implicitamente  che fino a quel momento sussisteva il requisito della
 vivenza a carico.
   3. - Nel merito la questione e' fondata.
   Nel corso del  giudizio  a  quo,  la  Cassazione  ha  annullato  la
 sentenza  del  tribunale  di  Pesaro per aver applicato alla presente
 fattispecie gli effetti della  dichiarazione  di  incostituzionalita'
 pronunciata  con  sentenza  n.  164  del  1975  da  questa  Corte. In
 proposito   ha   osservato   la   Cassazione   che   l'illegittimita'
 costituzionale  di  una  disposizione di legge non puo' essere estesa
 dal giudice ad altre norme, ancorche' esse costituiscano applicazione
 dello stesso principio generale contenuto in quella  gia'  dichiarata
 incostituzionale.  Ed  ha precisato che la citata sentenza n. 164 del
 1975 riguardava un caso diverso, disciplinato  dall'art.  2,  secondo
 comma, del d.lgs.lgt. 18 gennaio 1945, n. 39.
   In realta', non solo la sentenza del 1975 si riferiva ad una norma,
 contenuta  nel  testo  legislativo  citato, riguardante la disciplina
 generale  del  trattamento  di  riversibilita'  delle   pensioni   di
 invalidita'  e  vecchiaia,  mentre il presente caso e' regolato dalla
 disciplina speciale del trattamento di previdenza per gli addetti  ai
 pubblici  servizi di telefonia in concessione (legge 4 dicembre 1956,
 n. 1450), ma sussisteva l'ulteriore  differenza  che  la  fattispecie
 oggetto  di  quella  sentenza  atteneva  al momento concessorio della
 pensione (art.  2) e non a quello della cessazione del diritto  (art.
 3).
   4.  - Proprio valorizzando il fatto che qui si versa nell'ambito di
 una disciplina speciale, l'INPS deduce che la  particolare  posizione
 degli iscritti al Fondo dei telefonici non consente l'omologazione di
 costoro alla generalita' dei lavoratori che godono dell'assicurazione
 generale  obbligatoria.  La  considerazione degli speciali e maggiori
 vantaggi attribuiti - osserva l'Istituto - renderebbe ragionevole  la
 scelta  del  legislatore di realizzare alcune economie in presenza di
 situazioni ritenute meritevoli di minore tutela.
   Tale deduzione non puo' essere  condivisa,  non  tanto  perche'  la
 giustificazione delle specifiche "economie" si pone in contraddizione
 con   l'affermata  vantaggiosita'  della  legge  speciale,  quanto  e
 soprattutto perche' la legge generale e quella speciale -  del  tutto
 simili  nel  prevedere  la  cessazione  della  pensione a seguito del
 matrimonio delle figlie - pongono la stessa questione di legittimita'
 costituzionale circa il differente trattamento dei figli basato sulla
 diversita' di sesso.
   5. -  Nel  valutare  se  questa  disparita'  di  trattamento  fosse
 giustificata,  la  menzionata  pronuncia di questa Corte (sentenza n.
 164 del 1975) osservava che la norma escludeva la concessione di quel
 diritto solo alle figlie maritate, implicitamente presumendo  che  le
 stesse,  in  generale,  non  si trovassero piu' in stato di bisogno e
 quindi non piu' a carico del genitore al momento della di lui  morte.
 Ma,  soggiungeva  la Corte, "la vivenza a carico e' una situazione di
 fatto che  in  concreto  puo'  esistere  o  mancare:  e  puo'  aversi
 ugualmente  nei  confronti  di  ogni  superstite, figlio o figlia che
 sia".
   In una successiva occasione, la Corte  costituzionale,  affrontando
 piu'  specificamente  l'ipotesi  della  cessazione  del  diritto alla
 pensione di riversibilita' a seguito del matrimonio di una figlia, ha
 osservato, con la sentenza n. 140 del 1979, che la norma  "presuppone
 in maniera evidente che l'orfano maschio conserva tale diritto ove si
 sposi  per  poter  mantenere  la  moglie  e  la  famiglia che viene a
 costituire.  Viceversa il legislatore dell'epoca ritenne che l'orfana
 che fosse passata a nozze sarebbe stata mantenuta dal  marito  e  che
 quindi  dovesse  perdere  la  precedente  pensione".  Ma - osserva la
 citata   sentenza   -   "tale   differenziazione   non   trova   piu'
 giustificazione nell'attuale realta' giuridica e sociale".
   Questa  motivazione appare valida anche in ordine al caso in esame,
 poiche' l'art. 3, lettera a), del decreto legislativo luogotenenziale
 n.  39   del   1945,   allora   considerato,   contiene   una   norma
 sostanzialmente  identica,  nel testo come nella ratio ispiratrice, a
 quella oggetto del presente giudizio.
   6. - L'INPS deduce in subordine che,  ove  si  volesse  riconoscere
 nella  fattispecie  de qua agitur la parita' di trattamento dei figli
 senza    distinzione    di     sesso,     occorrerebbe     dichiarare
 l'incostituzionalita'  della norma, non per riconoscere la permanenza
 del diritto alla pensione per la  figlia  passata  a  nozze,  ma  per
 estendere  anche  al  figlio  la  perdita  della  pensione  quando il
 medesimo contrae matrimonio.
   Tale deduzione non puo' essere accolta, dal momento che - come gia'
 affermato nella citata sentenza n. 164 del 1975 - non puo'  ritenersi
 che  il matrimonio costituisca presunzione iuris et de iure della non
 vivenza del figlio a carico del  genitore;  fermo  restando,  quindi,
 senza  distinzione di sesso, la perdita del diritto solo nel caso che
 venga dimostrato il venir meno della vivenza a carico del genitore  o
 la mancanza degli altri requisiti previsti dalla legge.
   7.  -  Nella  presente occasione, pertanto, anche con riguardo alla
 speciale disciplina del trattamento pensionistico dei lavoratori  dei
 pubblici servizi telefonici in concessione, non si puo' che pervenire
 alla  stessa  conclusione  delle  predette  sentenze di questa Corte,
 dichiarando l'illegittimita' costituzionale della disposizione che fa
 dipendere la cessazione della pensione  di  riversibilita'  dal  solo
 fatto  che,  diversamente  da quanto previsto per l'orfano, la figlia
 abbia contratto matrimonio.