ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 2, comma 4,
 della legge 29  gennaio  1994,  n.  87  (Norme  relative  al  computo
 dell'indennita'   integrativa  speciale  nella  determinazione  della
 buonuscita dei pubblici dipendenti), promosso con ordinanza emessa il
 29 agosto 1995  dal  pretore  di  Venezia,  nel  procedimento  civile
 vertente tra Bagato Lorenzo ed altri e Ferrovie dello Stato s.p.a. ed
 altri,  iscritta  al  n. 777 del registro ordinanze 1995 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  48,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1995;
   Visti gli atti di costituzione delle Ferrovie dello Stato s.p.a.  e
 di   Moretti  Danilo  ed  altri  nonche'  l'atto  di  intervento  del
 Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nella camera di consiglio  del  23  aprile  1997  il  giudice
 relatore Cesare Ruperto.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -    Nel  corso  di  un  giudizio civile - promosso con ricorso
 depositato il 20 giugno 1994 da ex dipendenti  delle  Ferrovie  dello
 Stato,  cessati  dal  servizio successivamente al 1 dicembre 1984, al
 fine di ottenere la riliquidazione  delle  rispettive  indennita'  di
 buonuscita   comprensiva   del  computo  dell'indennita'  integrativa
 speciale per effetto della  legge  29  gennaio  1994,  n.  87  (Norme
 relative   al  computo  dell'indennita'  integrativa  speciale  nella
 determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti) - il pretore
 di Venezia, con ordinanza emessa il  29  agosto  1995,  ha  sollevato
 questione di legittimita' costituzionale dell'art.  2, comma 4, della
 citata legge n. 87 del 1994.
   Rilevata  l'inapplicabilita'  nella  fattispecie  della  norma  che
 prevede l'estinzione d'ufficio, con compensazione  delle  spese,  dei
 giudizi  pendenti  al  momento  dell'entrata in vigore della predetta
 legge ed affermata quindi la rilevanza della questione nel giudizio a
 quo, ritiene il  rimettente  che  la  norma  censurata  si  ponga  in
 contrasto  con  gli  artt. 36 e 38 della Costituzione, nella parte in
 cui sancisce la  non  corresponsione  di  interessi  e  rivalutazione
 monetaria sulle somme dovute in base alla predetta legge.
   Secondo  il  rimettente - il quale sottolinea come, con le sentenze
 n. 156 del 1991 e n. 196 del 1993,  la  stessa  Corte  costituzionale
 abbia  riconosciuto  il  diritto al pagamento degli interessi e della
 rivalutazione (nella misura di cui  all'art.  429  cod.  proc.  civ.)
 anche   nel   caso   di  prestazioni  di  natura  previdenziale,  sul
 presupposto che tali prestazioni hanno  la  medesima  funzione  della
 retribuzione,   dovendone   essere   garantita   la   sufficienza   e
 l'adeguatezza - la disposizione  de  qua  comporta  un'ingiustificata
 diminuzione   del   contenuto  economico  delle  prestazioni  dovute,
 ponendosi dunque in contrasto col dettato costituzionale.
   2. - E' intervenuto in giudizio il  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha
 concluso  per  l'inammissibilita'  della  questione,  richiamando  la
 sentenza n. 103 del 1995 di questa Corte.
   3.  - Con due diverse memorie - depositate entrambe fuori termine -
 si  sono  costituiti  alcuni  dei  ricorrenti  nel  giudizio  a  quo,
 concludendo  per l'accoglimento della sollevata questione, nonche' le
 Ferrovie dello Stato, societa' di trasporti  e  servizi  per  azioni,
 concludendo per l'inammissibilita' o l'infondatezza.
                         Considerato in diritto
   1.   -      Il   pretore   di  Venezia  dubita  della  legittimita'
 costituzionale dell'art. 2, comma 4, della legge 29 gennaio 1994,  n.
 87  (Norme  relative  al computo dell'indennita' integrativa speciale
 nella determinazione della buonuscita dei pubblici dipendenti), nella
 parte in cui sancisce che "le somme dovute a titolo di prestazioni ai
 sensi della presente legge... non danno  luogo  a  corresponsione  di
 interessi, ne' a rivalutazione monetaria".
   Secondo   il   rimettente   la   norma   censurata   -  comportando
 un'ingiustificata diminuzione del contenuto economico di  prestazioni
 che, seppur di natura previdenziale, hanno la medesima funzione della
 retribuzione,   cui   deve   essere   garantita   la   sufficienza  e
 l'adeguatezza - si porrebbe in contrasto con gli artt. 36 e 38  della
 Costituzione.
   2.  - Preliminarmente dev'essere dichiarata l'irricevibilita' degli
 atti di costituzione nel presente giudizio delle  parti  private  del
 processo  a  quo  (le  Ferrovie dello Stato e alcuni dei ricorrenti).
 Infatti l'ordinanza di rimessione e' stata pubblicata nella  Gazzetta
 Ufficiale  del 22 novembre 1995 (prima serie speciale, n. 48), mentre
 le  due memorie di costituzione sono state depositate rispettivamente
 il 2 febbraio e  l'11  luglio  1996,  quindi  ben  oltre  il  termine
 previsto dall'art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e dall'art. 3
 delle   norme   integrative   per   i   giudizi  davanti  alla  Corte
 costituzionale.
   3. - Nel merito, la questione non e' fondata.
   3.1. - Giova premettere che  al  giudizio  a  quo  -  promosso  con
 ricorso  depositato  il  20 giugno 1994 - non e' applicabile, ratione
 temporis la previsione dell'art. 4, comma 1, della legge  n.  87  del
 1994,  secondo cui i processi pendenti alla data di entrata in vigore
 della legge, aventi ad oggetto la riliquidazione del  trattamento  di
 fine  servizio  comunque denominato con l'inclusione della indennita'
 integrativa  speciale,  sono   dichiarati   estinti   d'ufficio   con
 compensazione   delle   spese   tra   le  parti.  Si  rende  pertanto
 inutilizzabile  nella   specie   lo   schema   decisionale   che   ha
 ripetutamente  portato  alla  dichiarazione  di  non  fondatezza - in
 ragione del carattere  pregiudiziale  del  positivo  scrutinio  della
 norma  processuale  rispetto  a  tutte le altre censure - di numerose
 altre  questioni  riguardanti  anche   la   disposizione   sottoposta
 all'odierno  vaglio di costituzionalita' (v. sentenza n. 103 del 1995
 e, da ultimo, ordinanze n. 125 del 1996 e n. 55 del 1997).
    3.2. - Tanto premesso, va notato che questa Corte, con la sentenza
 n. 243 del 1993, nel dichiarare l'illegittimita' costituzionale delle
 norme allora censurate "nella parte  in  cui  non  prevedono,  per  i
 trattamenti  di fine rapporto ivi considerati, meccanismi legislativi
 di computo dell'indennita' integrativa speciale secondo i princi'pi e
 i tempi indicati in motivazione", sottolineava come tale decisione  -
 pur  comportando  il  riconoscimento  della  titolarita',  in capo ai
 soggetti, del diritto ad un adeguato computo del beneficio,  ai  fini
 della  quantificazione  del rispettivo trattamento di fine rapporto -
 lasciasse tuttavia al legislatore la funzione di determinare  secondo
 il  suo  discrezionale apprezzamento, "la misura, i modi e i tempi di
 detto computo, onde  rendere  in  concreto  realizzabile  il  diritto
 medesimo".  Nella  stessa  sentenza  si  precisava  poi  che  a  tale
 apprezzamento  doveva  procedersi  -  nel  rispetto  del  canone   di
 ragionevolezza  e  degli altri princi'pi costituzionali - "tenendo in
 debito conto i contributi e gli accantonamenti posti  dalla  legge  a
 carico   dei   lavoratori,   in   rapporto   a   quelli   corrisposti
 dall'amministrazione, e, piu' in generale, equilibrando e compensando
 vantaggi e svantaggi che emergono dalle  vigenti  normative  riguardo
 alle modalita' di calcolo delle indennita'".
   Successivamente,  investita  del  vaglio  di  costituzionalita'  di
 diverse norme della legge ora in esame, la Corte ha ribadito come  le
 aspettative  degl'interessati, in virtu' della citata sentenza n. 243
 del 1993, avessero "bensi'  assunto  il  rango  di  diritti,  ma  non
 (fossero)  ancora  immediatamente  determinabili".  Sicche'  la legge
 stessa e' stata ritenuta quale risposta, adeguata e  sufficientemente
 tempestiva,  a  quanto la Corte aveva ritenuto non eludibile da parte
 del legislatore, al fine di una graduale soddisfazione delle  pretese
 a  suo  tempo  azionate  (sentenza  n.  103  del  1995):  come  tale,
 prodromica rispetto alla  omogeneizzazione  (poi  realizzata  con  la
 legge   8   agosto  1995,  n.  335)  dei  trattamenti  retributivi  e
 pensionistici per i  lavoratori  dei  vari  comparti  della  pubblica
 amministrazione e per i lavoratori privati.
   La  legittimita'  costituzionale dell'intervento normativo e' stata
 cosi' affermata per via del riconosciuto suo carattere  satisfattivo,
 correlato  al  grado  di  realizzazione  delle aspettative nate dalla
 sentenza n. 243 del 1993, e  valutato  in  rapporto  alle  scelte  di
 politica   economica   necessarie   al   reperimento   delle  risorse
 finanziarie (cfr., oltre alla citata sentenza n. 103 del 1995,  anche
 la sentenza n.  320 del 1995).
   3.3.  -  L'inserimento  dell'indennita'  integrativa speciale nella
 base  di  calcolo  dell'indennita'  di  buonuscita  e   di   analoghi
 trattamenti   di  fine  servizio,  secondo  la  percentuale  prevista
 dall'art. 1 della legge  n.  87  del  1994,  comporta  che  solo  con
 l'entrata   in  vigore  di  questa  il  relativo  diritto  e'  venuto
 concretamente ad esistenza, diventando certo, liquido  ed  esigibile.
 La  mancata  corresponsione  di  interessi  e rivalutazione monetaria
 sulle somme dovute a se'guito  di  tale  riconoscimento  ex  lege  va
 dunque    rapportata    al   contenuto   di   carattere   costitutivo
 dell'intervento normativo in questione:    carattere  certamente  non
 incompatibile  con  la  scelta  legislativa di estendere il beneficio
 della  riliquidazione  nei  limiti   temporali   della   prescrizione
 ordinaria (art. 3, comma 1).
   Tale  non  illogica  correlazione  trova  riscontro  nella coerente
 speculare  previsione,  da  parte  della  stessa  norma   denunciata,
 dell'esclusione  degli accessori anche riguardo alle somme dovute per
 i relativi contributi previdenziali obbligatori con decorrenza dal  1
 dicembre  1984,  che  dunque  rimangono  a  carico  del personale (in
 servizio o in pensione) per la  sola  quota  capitale.  E  cosi',  in
 sostanza,  s'e' venuta a realizzare la compensazione, auspicata nella
 sentenza n. 243 del 1993, tra svantaggi e vantaggi riferiti  al  lato
 attivo  e  al  lato passivo del rapporto che lega il personale stesso
 con la gestione previdenziale.
   3.4. - L'adeguatezza di codesto complessivo  bilanciamento  operato
 nell'assetto  dei contrapposti interessi coinvolti, in rapporto anche
 alle necessarie esigenze di reperimento  delle  risorse  finanziarie,
 rende   la   norma   censurata   immune   dai   prospettati  vizi  di
 incostituzionalita'.
   In proposito non  si  puo'  non  rammentare  che  questa  Corte  ha
 ripetutamente  affermato  la  possibilita'  per  il  legislatore - in
 ragione delle concrete disponibilita' del bilancio pubblico, a carico
 del quale e' in  parte  finanziato  il  sistema  previdenziale  -  di
 incidere  in senso riduttivo sui trattamenti pensionistici, senza con
 cio' vulnerare gli artt.  36 e 38 della Costituzione  (cfr.  sentenze
 n.  516  del  1995  e  n.  240  del  1994);  tanto  piu', poi, quando
 l'incisione riguarda, come nella specie, unicamente gli accessori del
 credito a favore dei pensionati (v. sentenza n. 361 del 1996).