ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3, primo e quinto comma, della legge 24 gennaio 1978, n. 27 (Modifiche al sistema sanzionatorio in materia di tasse automobilistiche), promosso con ordinanza emessa il 30 marzo 1995 dalla Commissione tributaria di primo grado di Perugia, sul ricorso proposto da Caseti Giuseppe contro l'Ufficio del registro di Perugia, iscritta al n. 588 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1996; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 7 maggio 1997 il giudice relatore Cesare Ruperto; Ritenuto che, nel corso di un procedimento promosso onde ottenere l'annullamento di un processo verbale di accertamento per tasse automobilistiche non pagate, la Commissione tributaria di primo grado di Perugia, con ordinanza emessa il 30 marzo 1995 ha sollevato - in riferimento agli artt. 3, 24 e 113, secondo comma, della Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, primo e quinto comma, della legge 24 gennaio 1978, n. 27, recante modifiche al sistema sanzionatorio in materia di tasse automobilistiche; che - secondo la Commissione rimettente - il legislatore, non ricomprendendo il tributo in questione nell'elenco delle controversie spettanti alla cognizione delle Commissioni tributarie ai sensi dell'art. 1, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, avrebbe trascurato di considerare l'effettiva natura delle tasse automobilistiche, riferite alla utilita' e produttivita' del bene posseduto (autoveicolo), da sempre ritenuto uno dei mezzi per la produzione del reddito, e quindi espressione della conseguente capacita' contributiva; che, proprio in ragione di tale natura delle tasse automobilistiche, le relative controversie dovrebbero appartenere alla competenza delle Commissioni tributarie, in modo da evitare che il cittadino, con riguardo a "tributi di importi generalmente non rilevanti", possa tutelarsi senza dover sostenere "spese processuali e di difesa generalmente di importo superiore al tributo contestato" e senza subire "le maggiori lungaggini rivenienti dalla eventuale tutela innanzi all'autorita' giudiziaria ordinaria"; che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la non fondatezza della sollevata questione; Considerato che questa Corte ha ripetutamente affermato che un determinato modulo procedimentale non puo' essere assunto a modello costituzionale del giusto processo, per cui appare non lesiva della garanzia del diritto di difesa l'adozione di un rito piuttosto che di un altro, venendo in discussione non gia' l'an sibbene il quomodo dell'accesso alla tutela giurisdizionale (v., da ultimo, sentenza n. 500 del 1995); che la mancata ricomprensione di talune materie nell'a'mbito della giurisdizione delle Commissioni tributarie costituisce manifestazione dell'ampio grado di discrezionalita' di cui gode il legislatore nel conformare i singoli istituti processuali (v. ordinanza n. 5 del 1996 e sentenza n. 295 del 1995) e nel ripartire la giurisdizione fra i vari organi previsti dalla legge, in base ad una non vincolata valutazione di ordine politico e sociale; che nessun rilievo assumono - in relazione al diritto di difesa e al principio di uguaglianza - le eventuali difficolta' pratiche prospettate dalla rimettente, attinendo esse al dato meramente fattuale della concreta applicazione della norma in connessione col funzionamento del sistema generale di tutela giudiziaria; che, pertanto, la questione e' manifestamente infondata; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.