LA CORTE DI CASSAZIONE
   Ha pronunciato la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  proposto  da:
 Consiglio  nazionale  degli  ingegneri,  in  persona  del  presidente
 pro-tempore, elettivamente domiciliato in Roma, viale  Parioli,  180,
 presso lo studio dell'avv. Mario Sanino, che lo rappresenta e difende
 unitamente  all'avv.  Pietro  Rescigno,  giusta  delega a margine del
 ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, ricorrente;
   Contro Corte dei conti,  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,
 Ministero  del  tesoro,  domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12,
 presso l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  che  li  rappresenta  e
 difende ope legis, controricorrenti;
   Per   regolamento  preventivo  di  giurisdizione  in  relazione  al
 giudizio  pendente  n.  13249/1995   del   tribunale   amministrativo
 regionale di Roma;
   Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16
 gennaio 1997 dal relatore consigliere dott. Giuseppe Borre';
   Uditi  gli  avvocati  Mario  Sanino  per il ricorrente e l'avvocato
 Stipo dell'Avvocatura generale dello Stato per i resistenti;
   Udito il p.m. in persona del sostituto procuratore  generale  dott.
 Fabrizio  Amirante  che ha concluso per la rimessione degli atti alla
 Corte costituzionale per la questione di  legittimita'  dell'art.  3,
 comma 4, della legge n. 20/1994.
                             O s s e r v a
   Con   ricorso  al  tribunale  amministativo  regionale  del  Lazio,
 notificato alla Corte dei conti, alla Presidenza  del  Consiglio  dei
 Ministri  ed al Ministro del tesoro, il Consiglio nazionale ingegneri
 ha impugnato la determinazione n. 43/1995 della  Corte  dei  conti  -
 sezione  controllo enti, adottata il 20 luglio 1995, con cui la Corte
 stessa aveva, tra l'altro, dichiarato la sottoposizione  a  controllo
 del Consiglio nazionale predetto ai sensi della legge n. 20 del 1994,
 nonche'  ogni  altro atto presupposto, connesso o conseguenziale, ivi
 compresa, in particolare, la deliberazione n. 2/1995 della Corte.
   Gli  intimati,  costituendosi  innanzi  al  Tar,  hanno   sollevato
 questione   di   difetto   assoluto  di  giurisdizione,  non  essendo
 sindacabili in sede giurisdizionale gli atti emanati dalla Corte  dei
 conti nell'esercizio della funzione di controllo.
   Il  Consiglio  nazionale  in  epigrafe ha proposto innanzi a questa
 Corte regolamento preventivo di giurisdizione, rilevando  che  l'art.
 3,  comma  4,  della  legge  14 gennaio 1994, n. 20, cui la Corte dei
 conti faceva riferimento, presenta tratti di  ambiguita'  per  quanto
 concerne  il  procedimento da seguire ai fini della sottoposizione di
 un'amministrazione pubblica al controllo della Corte stessa.  Qualora
 si  ritenga che il citato art. 3, comma 4, attribuisca alla Corte dei
 conti la funzione di determinare i  singoli  enti  assoggettabili  al
 controllo,  risulterebbe  assegnata alla Corte stessa una funzione di
 "amministrazione attiva", con perdita della terzieta'/neutralita' che
 ne   caratterizza   in   generale   le   funzioni    e    conseguente
 assoggettabilita'  degli  atti  in questione al sindacato del giudice
 amministrativo.   Ove, invece, si  ritenga  che,  per  sottoporre  le
 amministrazioni  pubbliche a controllo, sia necessario seguire l'iter
 di  cui  alla  legge  21  marzo  1958,  n.  259   (che   prevede   la
 individuazione degli enti merce' un decreto presidenziale adottato su
 proposta  della  Presidenza del Consiglio di concerto con il Ministro
 del  tesoro  e  il  Ministro  competente),  dovrebbe   la   impugnata
 determinazione della Corte dei conti, in quanto assunta in difetto di
 tale  previa individuazione, considerarsi affetta da carenza assoluta
 di  potere,  donde  la  spettanza  della  giurisdizione  al   giudice
 ordinario.
   La   Corte  dei  conti  e  litisconsorti  si  sono  costituiti  con
 controricorso  ed  hanno  opposto   che   la   individuazione   delle
 amministrazioni  da  sottoporre a controllo non spetta ne' alla Corte
 stessa  ne'  all'autorita'   governativa   (attraverso   il   decreto
 presidenziale  di  cui  alla  citata  legge n.   259 del 1958), ma e'
 contenuta nella legge n. 20 del  1994  (art.  3,  comma  4),  ove  il
 controllo e' riferito alle amministrazioni pubbliche in genere; e che
 la interpretazione di tale norma rientra - costituendone esplicazione
 interna - nella funzione attribuita alla Corte.
   Cio'  premesso,  ritengono  le sezioni unite di dover richiamare il
 proprio precedente (sentenza 8 ottobre 1979, n. 5186) secondo cui non
 e' ammesso sindacato  giurisdizionale  nei  riguardi  degli  atti  di
 controllo  della  Corte  dei conti, perche' esso contrasterebbe con i
 caratteri di imparzialita'  e  terzieta'  che  sono  propri  di  tale
 attivita' della Corte.
   Ritengono  altresi'  le  sezioni  unite  che la norma dell'art. 100
 della  Costituzione,  nel  prevedere  il  "controllo  sulla  gestione
 finanziaria  degli  enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria",
 non  preclusa  al  legislatore  ordinario  di  introdurre  forme   di
 controllo  diverse  e  ulteriori, purche' caratterizzate da un sicuro
 ancoraggio  a  interessi  costituzionalmente  tutelati  (cosi'  Corte
 cost.,  sentenza  n.  29/1995), e che in tale possibilita' rientri il
 fatto che la legge n. 20/1994, nell'art. 3, comma 4,  abbia  previsto
 una  piu'  ampia dimensione di controllo coinvolgente (almeno secondo
 la lettera della norma) la gestione del  bilancio  e  del  patrimonio
 delle  "amministrazioni  pubbliche"  in  genere,  nonche' le gestioni
 fuori bilancio e i fondi di provenienza comunitaria, precisando,  nel
 successivo comma 7, che "restano ferme,
  ....  relativamente  agli  enti  cui  lo  Stato  contribuisce in via
 ordinaria, le disposizioni della legge 21 marzo 1958, n. 259".
   Tutto  cio'  premesso,  suscita  perplessita'  il  fatto   che   il
 meccanismo  gia'  previsto dalla legge del 1958 per la individuazione
 degli  enti  da   sottoporre   a   controllo,   meccanismo   affidato
 all'autorita'   di  governo  ed  espresso  nella  forma  del  decreto
 presidenziale, non sia esteso  al  piu'  ampio  ambito  di  controllo
 contemplato  dalla  nuova legge, sicche' la individuazione degli enti
 (anche nel nuovo sistema nient'affatto automatica, come  dimostra  la
 istruttoria  nella specie compiuta e la relativa ricerca di parametri
 valutativi) sembra in definitiva rimessa al potere,  per  giunta  non
 sorretto da criteri predeterminati, della Corte stessa.
   Queste  sezioni unite, in altra occasione sollecitate a delibare la
 questione di costituzionalita' della legge del 1958, in  quanto  essa
 rimette  la  individuazione degli enti da sottoporre a controllo alla
 autorita' di governo, che, da vertice della pubblica amministrazione,
 potrebbe essere controinteressata ad estendere l'ambito del controllo
 concernente l'amministrazione stessa, hanno ritenuto  tale  questione
 manifestamente  infondata (cfr. sentenza 9 agosto 1996 n. 7327). Cio'
 hanno ritenuto sia facendo leva sulla  responsabilita'  politica  del
 Governo   verso  il  Parlamento,  sia  osservando  che  la  eventuale
 alternativa, rappresentata dall'attribuzione alla  stessa  Corte  dei
 conti   del   potere   di  individuazione  degli  enti,  non  sarebbe
 praticabile, "non potendosi affidare al medesimo organo  deputato  al
 controllo  la valutazione e determinazione di cui si tratta, senza un
 mezzo di tutela degli  enti,  che  sarebbe  difficile  costruire  nei
 riguardi  della Corte dei conti". Ma e' proprio questa considerazione
 che induce, ora, a un diverso avviso di fronte al contesto  normativo
 qui  in  esame. Desta in effetti ragione di perplessita' il fatto che
 la  determinazione,  non  priva  di  profili  valutativi,  diretta  a
 individuare  gli  enti  da  sottoporre  a controllo, sia rimessa alla
 Corte medesima dall'art.  3, comma 4, della legge n. 20/1994 (pur con
 la salvezza del precedente regime nei limiti di cui al gia' segnalato
 comma 7),  quando  al  tempo  stesso  e'  da  ritenere  di  difficile
 costruzione  l'ipotesi  di  un sindacato giurisdizionale nei riguardi
 della Corte.
   Se si considera che l'art. 100 Cost. appare imperniato  sul  rinvio
 alla  legge  come  fonte di determinazione dei casi e delle forme del
 controllo successivo sugli enti da parte della Corte dei conti (anche
 attraverso la previsione  di  procedure  eterodeterminative  che  non
 coinvolgano la Corte stessa nella individuazione, come appunto accade
 con  la  legge  n. 259 del 1958), la perplessita' di cui sopra riesce
 confermata e sembra  percio'  doveroso  ritenere  non  manifestamente
 infondata  la  questione,  sollevata  dal  procuratore  generale,  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 3,  comma  4,  della  legge  14
 gennaio  1994,  n. 20, nella parte in cui affida alla Corte stessa la
 individuazione (non automatica e, come si  e'  visto,  caratterizzata
 dalla  ricerca di parametri di riferimento) degli enti assoggettabili
 al controllo da tale norma previsto, pur nella riconosciuta immunita'
 della Corte predetta dal sindacato giurisdizionale, per contrasto con
 il richiamato art. 100 Cost., in riferimento anche agli artt.  103  e
 113 Cost.
   La  risposta  che  la  Corte  costituzionale  dara'  al  quesito di
 legittimita' influira' in ogni caso sulla soluzione da  adottarsi  in
 punto  di  giurisdizione,  come  e'  dimostrato  dall'alternativa  di
 ipotesi in cui si articola il proposto regolamento.