IL PRETORE
   A scioglimento della riserva assunta in data 31 gennaio 1997; letti
 gli  atti  di  causa;  ha  pronunciato  in  data  24 febbraio 1997 la
 seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 1132/95 del r.g.
 tra  Pennino  Consiglia,  rappresentata   e   difesa   dall'avv.   M.
 Santocchio,   ricorrente,   e   I.N.P.S.   in   persona   del  legale
 rappresentante  pro-tempore  rappresentato  e  difeso  dall'avv.   R.
 Grimaldi, resistente.
                            Fatto e diritto
   Con ricorso depositato in data 24 febbraio 1995, premesso di essere
 titolare  di  pensione  diretta  e  di  pensione  di  reversibilita',
 chiedeva al pretore adito di dichiarare il suo diritto ad ottenere la
 pensione di reversibilita' in misura pari al 60% di quella  spettante
 al dante causa, in essa compresa l'integrazione al minimo, cosi' come
 statuito  dalla  sentenza  n.  495/1993 del 29-31 dicembre 1993 della
 Corte costituzionale; chiedeva di condannare l'I.N.P.S. al  pagamento
 della  differenza  tra l'importo gia' liquidato e quello spettante in
 base  ad  una  corretta  applicazione  della  legge  903/1965,  oltre
 rivalutazione  monetaria  con decorrenza dal giorno della maturazione
 del diritto da calcolarsi in  conformita'  dall'art.  150  dis.  att.
 c.p.c  oltre interessi legali sulle somme rivalutate, in virtu' della
 sentenza  della  Corte  costituzionale  n.  156/1991,  ed   interessi
 anatocistici  ex  art.  1283  c.c.;  il  tutto con vittoria di spese,
 diritti ed onorari da attribuirsi al procuratore antistatario.
   Con memoria depositata nel termine di cui all'art.  416  c.p.c.  si
 costituiva   in   giudizio   l'I.N.P.S.,   in   persona   del  legale
 rappresentante   pro-tempore,   eccependo    l'inammissibilita'    ed
 improcedibilita' della domanda, per il mancato esperimento della fase
 amministrativa;  l'avvenuta  decadenza dal potere della ricorrente di
 proporre  l'azione  giudiziaria  ex  art.  4  del  decreto-legge   19
 settembre  1992 n. 384, convertito in legge 14 novembre 1992, n. 438,
 e l'avvenuto decorso del termine prescrizionale ex art. 2948 c.c. Nel
 merito rilevava l'infondatezza della domanda  per  insussistenza  del
 diritto  e carenza di prova in ordine alla circostanza che al coniuge
 defunto fosse stata  liquidata  una  pensione  diretta  integrata  al
 trattamento minimo.
   Concludeva  chiedendo  al pretore di: dichiarare l'inammissibilita'
 e/o   l'improcedibilita'   della   domanda   avversa   e,   comunque,
 l'intervenuta   prescrizione  del  diritto;  nel  merito  rigettarla,
 perche' infondata e non provata; compensare  integralmente  le  spese
 del giudizio.
   Nelle more del giudizio veniva emanata la legge 23 dicembre 1996 n.
 662,  che  all'art. 1, commi 181, 182 e 183 introduceva nuove regole,
 applicabili anche ai giudizi pendenti  all'entrata  in  vigore  della
 predetta  legge,  per  il  pagamento  delle somme maturate fino al 31
 dicembre 1995 in conseguenza dell'applicazione delle sentenze n.  495
 del 1993 e n. 240 del 1994.
   All'udienza del 31 gennaio 1997, il  procuratore  della  ricorrente
 sollevava questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi
 181,  182  e 183 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in riferimento
 agli artt. 3, 24, 25, 101, 102, 103  e  104  della  Costituzione  nei
 termini che si riportano:
     a) in primo luogo ravvisava il contrasto del comma 181, dell'art.
 1  della  legge 662/1996, in riferimento agli artt. 3, 102, 103 e 104
 della Costituzione, nella parte in  cui  prevede  che  "Il  pagamento
 delle  somme,  maturate  fino  al  31  dicembre  1995, su trattamenti
 pensionistici  erogati  dagli  enti  previdenziali  interessati,   in
 conseguenza    dell'applicazione    della    sentenza   della   Corte
 costituzionale  n.  495/1993  e  240/1994,  e'  effettuato   mediante
 assegnazione  agli  aventi  diritto  di titoli di Stato aventi libera
 circolazione....."; asseriva infatti che tale  disposizione  statuiva
 solo  in  ordine all'accertamento del diritto, comportando incertezza
 in ordine al tipo di prestazioni pensionistiche  ricomprese  in  tale
 previsione   normativa,   alla   loro   decorrenza,  con  conseguente
 violazione dell'art. 3 della Costituzione,  sotto  il  profilo  della
 ragionevolezza  e  dell'affidamento dei cittadini del principio della
 sicurezza giuridica, creando, altresi',  un  vuoto  legislativo,  con
 conseguente  contrasto  con  gli  art.  101,  102,  103  e  104 della
 Costituzione, in quanto si sottrae al giudice  ogni  possibilita'  di
 valutazione  e  di  accertamento  del rapporto sostanziale dedotto in
 giudizio, in particolare per quelle ipotesi nelle quali 1'INPS stesso
 contesta la sussistenza del diritto  all'erogazione  degli  arretrati
 (per prescrizione, decadenza o mancanza di altri requisiti);
     b)  sosteneva  inoltre  l'esistenza di un contrasto tra l'art. 24
 della Costituzione con il  comma  181  dell'art.  1  della  legge  n.
 662/1996,  nella  parte  in  cui  prevede che "Tale pagamento avviene
 ...........,  sulla  base  di  elenchi  riepilogativi  che  gli  enti
 provvederanno annualmente ad inviare al Ministero del tesoro";
     c) ravvisava, altresi', il contrasto costituzionale tra l'art.  3
 della  della  Costituzione  del comma 182 dell'art. 1, della legge n.
 662/1996 nella  parte  in  cui  quest'ultimo  dispone  che...  "nella
 determinazione   dell'importo   maturato  al  31  dicembre  1995  non
 concorrono gli interessi e la rivalutazione" in quanto,  snaturerebbe
 la  valenza  giuridica dei predetti accessori, ritenuti pacificamente
 componenti essenziali ed integranti del credito principale;
     d) infine rilevava il possiile contrasto con gli artt.  24  e  25
 della  Costituzione  del  comma  183  dell'art.  1,  della  legge  n.
 662/1996, in quanto prevede che "I  giudizi  pendenti  alla  data  di
 entrata in vigore della presente legge aventi ad oggetto le questioni
 di  cui  ai  commi  181  e  182 del presente articolo sono dichiarati
 estinti d'ufficio con compensazione  delle  spese  tra  le  parti.  I
 provvedimenti  giudiziari  non  ancora  passati  in giudicato restano
 privi di effetto".    Affermava  che  la  caducazione  degli  effetti
 sostanziali  della  domanda, anche sotto il profilo della sua valenza
 di atto interruttivo di eventuali prescrizioni o decadenze,  potrebbe
 privare il pensionato di qualsivoglia forma di tutela nel caso in cui
 l'I.N.P.S.  non  provveda  ad  erogare  le  somme  in  conformita' al
 disposto legislativo, vanificando, altresi', il diritto  alla  tutela
 giurisdizionale  con  riferimento  all'esercizio  di  una azione resa
 necessaria, a fronte del perdurante inadempimento dell'Istituto della
 previdenza, per la  difesa  di  posizioni  soggettive  che  la  Corte
 costituzionale  ha ritenuto direttamente garantite dalla Costituzione
 e che cio' nonostante l'I.N.P.S. ha sempre rifiutato  di  riconoscere
 in   fase  amministrativa  e  nel  presente  giudizio,  opponendo  un
 resistenza pervicace e non giustificata.
   Questo   pretore   ritiene   che   le   questioni  di  legittimita'
 costituzionale cosi' come sollevate dal procuratore della ricorrente,
 siano tutte rilevanti ai fini della decisione atteso che il  giudizio
 in   corso  non  potrebbe  essere  definito  indipendentemente  dalla
 risoluzione delle questioni di legittimita' costituzionale sollevate,
 in  quanto  implica  l'applicazione  dell'art.  22  della  legge   n.
 903/1965, di cui e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale,
 con  sentenza  n.  495  del  29-31  dicembre 1993, nella parte in cui
 prevede  che  la  pensione  di  reversibilita'   sia   calcolata   in
 proporzione  alla  pensione  diretta  integrata al trattamento minimo
 gia' liquidata al pensionato o  che  l'assicurato  avrebbbe  comunque
 diritto a percepire.
   Questo pretore ritiene, altresi', che le questioni come prospettate
 non  siano  manifestamente  infondate,  per  i  seguenti  motivi:  in
 relazione  al  punto  a)  la  disposizione  di  cui  al  comma   181,
 riguardando   solo  l'accertamento  del  diritto,  comporterebbe,  in
 contrasto con l'art.    101,  102,  103  e  104  della  Costituzione,
 l'impossibilita'  di  ottenere  una  valutazione globale sul rapporto
 sostanziale dedotto in giudizio, vanificando di fatto il diritto alla
 tutela giurisdizionale, che consente una decisione in ordine a  tutte
 le   questioni  proposte  dalle  parti  (eccezioni  di  prescrizioni,
 decadenze ecc);  e',  altresi',  in  contrasto  con  l'art.  3  della
 Costituzione,   in   quanto   nell'ambito   della   tutela  derivante
 dall'affermazione  del  principio  di   eguaglianza   vi   e'   oltre
 all'aspetto relativo alla tutela del cittadino di fronte ai privilegi
 ed  agli atti discriminatori anche quello comprendente una piu' ampia
 garanzia di fronte all'irrazionalita' dell'ordinamento;
     In relazione al punto b) il comma 181, nella parte relativa  alla
 predisposizione di elenchi a cura degli enti previdenziale, contrasta
 con  l'art.  24 Cost., in quanto l'ente previdenziale in cio' sarebbe
 del tutto arbitro di decidere in ordine all'esistenza ed  all'entita'
 delle  proprie  obbligazioni nei confronti del ricorrente privato dei
 normali rimedi giurisdizionali;
     In relazione al punto c) risulta evidente il contrasto con l'art.
 3  Costituzione,  essendo  oramai  pacifico  che  il   diritto   alla
 rivalutazione  ed  agli  interessi  legali  e'  strettamente connesso
 all'inadempimento della pubblica amministrazione  nell'erogazione  di
 prestazioni  previdenziali, e pertanto il ricorrente, privato di tale
 componente, subirebbe un trattamento diverso;
     Infine in relazione al punto d) vi e' contrasto con l'art.  24  e
 25   della  Costituzione,  in  quanto  la  previsione  indiscriminata
 dell'estinzione dei giudizi instaurati nega la piena soddisfazione  a
 diritti  preesistenti,  precludendo  l'esame  delle  varie  eccezioni
 avanzate dallo stesso ente convenuto; inoltre, l'ente potrebbe,  dopo
 aver  privato  della tutela giurisdizionale il ricorrente, opporre le
 medesime  eccezioni,  in  quanto  all'estinzione  del  giudizio   non
 consegue   automaticamente  il  riconoscimento  anche  parziale,  del
 diritto fatto valere.