ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 337 del  codice
 penale,  promosso  con  ordinanza  emessa  il  16  settembre 1996 dal
 pretore di Cagliari,  nel  procedimento  penale  a  carico  di  Todde
 Pietro,  iscritta  al  n. 51 del registro ordinanze 1997 e pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale,
 dell'anno 1997.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  21 maggio 1997 il giudice
 relatore Giuliano Vassalli.
   Ritenuto che il pretore di Cagliari ha  sollevato,  in  riferimento
 agli artt. 3, 27, terzo comma, e 97, primo comma, della Costituzione,
 questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 337 del codice
 penale nella parte in cui prevede la  pena  minima  di  sei  mesi  di
 reclusione;
     che  a  tale  proposito il rimettente, nel richiamare i principii
 posti a fondamento della sentenza n. 341 del 1994, ha rilevato che la
 sproporzione in eccesso del minimo  edittale  stabilito  dalla  norma
 impugnata  rispetto a fattispecie non qualificate dalla posizione del
 soggetto   passivo   determina   una   violazione  del  principio  di
 uguaglianza e compromette la funzione rieducativa della pena  nonche'
 il buon andamento della funzione giudiziaria;
     che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 Ministri, rappresentato e  difeso  dalla  Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
   Considerato  che  questa  Corte,  con  ordinanza  n.  425 del 1996,
 successiva  al  provvedimento  di  rimessione,  ha  gia'   dichiarato
 manifestamente  infondata  l'identica  questione,  osservando  che il
 maggior livello della sanzione  minima  prevista  dalla  disposizione
 oggetto  di  impugnativa non e' rivolto a punire la violazione di una
 privilegiata posizione personale connessa  ad  una  ormai  tramontata
 configurazione dei rapporti tra pubblici ufficiali e cittadini, ma la
 maggior offesa arrecata alla pubblica amministrazione da una condotta
 volta  ad  impedire  con  violenza  o minaccia l'attuazione della sua
 volonta';
     che  d'altra   parte,   ha   osservato   ancora   questa   Corte,
 l'accoglimento  del petitum determinerebbe l'assimilazione del minimo
 edittale sancito dall'art. 337 cod. pen. a quello ora previsto per il
 delitto  di  oltraggio,  in  contrasto  con  la   stessa   tradizione
 codicistica,  doverosamente  attenta a rimarcare la maggior lesivita'
 che presenta una sia pur "minima" violenza o minaccia ad un  pubblico
 ufficiale  rispetto  ad  una parimenti "minima" offesa al suo onore e
 prestigio;
     che, pertanto, non  essendo  stati  adottati  argomenti  nuovi  o
 diversi da quelli allora esaminati, la questione proposta deve essere
 dichiarata manifestamente infondata.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.