ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 11,  comma  26,
 della  legge  24  dicembre  1993,  n.  537  (Interventi correttivi di
 finanza pubblica), promosso con ordinanza emessa il 9 aprile 1996 dal
 pretore di Rieti sui ricorsi riuniti proposti da  Marchetti  Enzo  ed
 altri contro l'ENPAV, iscritta al n. 1119 del registro ordinanze 1996
 e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima
 serie speciale, dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di  costituzione  dell'ENPAV   nonche'   l'atto   di
 intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  21 maggio 1997 il giudice
 relatore Cesare Ruperto.
   Ritenuto che  nel  corso  di  un  giudizio  in  cui  i  ricorrenti,
 veterinari iscritti all'albo prima dell'entrata in vigore della legge
 12    aprile   1991,   n.   136,   avevano   chiesto   l'accertamento
 dell'inesistenza  del  loro  obbligo   contributivo   nei   confronti
 dell'ENPAV,  sancito dall'art.  11, comma 26, della legge 24 dicembre
 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), il  pretore
 di  Rieti,  con  ordinanza emessa il 9 aprile 1996, ha sollevato - in
 riferimento agli artt. 3, 38 e 97 della Costituzione -  questione  di
 legittimita' costituzionale di tale norma nella parte in cui prevede,
 interpretando l'art. 32 della legge n. 136 del 1991, che l'iscrizione
 all'ENPAV e la relativa contribuzione siano obbligatorie soltanto per
 i veterinari iscritti all'albo anteriormente all'entrata in vigore di
 detta legge;
     che,  a  parere del rimettente, la norma violerebbe "il principio
 ontologico del diritto" di irretroattivita' della legge prevedendo il
 ripristino dell'obbligo di iscrizione all'ENPAV e cosi'  contrastando
 per  l'irragionevolezza  con  l'art. 3 della Costituzione, richiamato
 anche quanto a disparita' tra veterinari liberi professionisti da  un
 lato e lavoratori dipendenti dall'altro, penalizzati questi ultimi da
 una  doppia  contribuzione,  lesiva  dell'art.  38 della Costituzione
 (poiche'  creativa  di  oneri  superiori  a  quelli   necessari   per
 assicurare "mezzi adeguati");
     che, secondo il giudice a quo sarebbe infine vulnerato l'art.  97
 della  Costituzione  in  quanto, assoggettandosi a contribuzione solo
 alcuni  lavoratori  iscritti   all'albo,   risulterebbe   compromessa
 l'imparzialita' della pubblica amministrazione;
     che  e'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato e difeso  dall'Avvocatura  dello  Stato,  il  quale  ha
 chiesto   dichiararsi  la  manifesta  infondatezza  della  questione,
 richiamandosi alla sentenza di questa Corte n. 88 del 1995;
     che  nel  medesimo  senso  ha  concluso  l'ENPAV, intervenuto nel
 giudizio dinanzi a questa Corte.
   Considerato che questa Corte ha gia' ritenuto non fondata,  con  la
 sentenza  n. 88 del 1995 (anche in riferimento ad ulteriori parametri
 rispetto a quelli evocati dal giudice  rimettente)  e  manifestamente
 infondata  con  ordinanze  nn.  252  e  455  del  1995,  la questione
 sollevata dal pretore di Rieti;
     che quest'ultimo non offre  argomenti  ulteriori  o  diversi  ne'
 profili  di  censure  nuovi  rispetto a quelli esaminati nelle citate
 decisioni, tutte peraltro anteriori all'emissione  dell'ordinanza  di
 rimessione ma non considerate dal giudice a quo;
     che pertanto la questione va dichiarata manifestamente infondata.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.