IL PRETORE
   Pronuncia la seguente ordinanza di rimessione degli atti alla Corte
 costituzionale nella causa iscritta al n. 2428 r.g.l. 1997,  promossa
 da: Ferrovie dello Stato S.p.a., in persona del legale rappresentante
 pro-tempore,  rappresentata  e  difesa  dagli avv. prof. Paolo Tosi e
 Raffaele   De   Luca   Tamajo   nonche'   dall'avv.  Vincenzo  Garufi
 (domiciliatario), dell'ufficio legale territoriale nord  ovest  delle
 F.S.,  parte  ricorrente,  contro Associazione sindacale "Unione Capi
 Stazione - U.C.S.", in persona  del  coordinatore  regionale  per  il
 Piemonte,  sig. Pellicano' Pasquale, rappresentata e difesa dall'avv.
 Massimo  Molinero  (domiciliatario),  del  Foro  di   Torino,   parte
 convenuta.
   Oggetto: opposizione a decreto ex art. 28, comma terzo, della legge
 20 maggio 1970, n. 300.
   1.   -   La   difesa  della  societa'  ricorrente  chiede,  in  via
 preliminare, che il  giudice  incaricato  del  presente  giudizio  di
 opposizione  ex  art. 28, comma terzo, della legge 20 maggio 1970, n.
 300, voglia astenersi dalla trattazione di esso, ai  sensi  dell'art.
 51,  primo  comma,  n.  4,  e comma secondo, c.p.c., avendo emesso il
 decreto oggetto  della  vertenza  e  di  cui  viene  in  questa  sede
 domandato  il  riesame.    E,  al fine di fondare la propria istanza,
 richiama l'orientamento espresso dalla Corte costituzionale  in  tema
 di  terzieta'  del  giudice e di incompatibilita' tra le funzioni del
 giudizio penale (cfr. sentenza n. 131/1996)  nonche'  le  riflessioni
 sviluppate  di  recente  in  dottrina,  con riferimento all'incidenza
 delle pronunce del  giudice  delle  leggi  nell'ambito  del  processo
 civile  (cfr. Terzieta' e processo civile, in Foro it., 1996, I, 1316
 e ss.).
   In subordine chiede che il giudice voglia rimettere gli  atti  alla
 Corte  costituzionale,  ritenendo  non  manifestamente  infondata  la
 questione di legittimita'  costituzionale  del  citato  disposto  del
 codice di rito, in riferimento al principio costituzionale del giusto
 processo  e  del  diritto di difesa ex art. 24, comma secondo, Cost.,
 che ne e' componente essenziale.
   In ordine alla richiesta avanzata in  via  principale,  il  pretore
 osserva quanto segue.
   Presso  questa sezione lavoro sono vigenti da circa un quindicennio
 criteri automatici e predeterminati di  distribuzione  degli  affari,
 approvati   dal   C.S.M.   ed   inseriti  nelle  tabelle  annuali  di
 composizione  dell'ufficio.  Secondo  tali  criteri  "le   cause   di
 opposizione  a  decreto ex art. 28 legge 300/1970, le cause di merito
 conseguenti a provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. o a sequesto
 ante causam...  sono  assegnate  al  giudice  della  prima  fase  del
 procedimento".
   La   richiesta   avanzata   in   via   principale  appare  pertanto
 inaccoglibile, sia con riferimento all'ipotesi disciplinata dal primo
 comma, n.  4, dell'art. 51 c.p.c. sia a  quella  di  cui  al  secondo
 comma di esso.
   Non  si  versa  infatti in un caso di incompatibilita' tra funzioni
 processualmente  rilevante,  trattandosi  di  interventi   giudiziari
 correlati  a  fasi  diverse  dello  stesso  grado di giudizio. Ne' la
 vicenda in esame puo'  metter  capo  ad  una  richiesta  del  giudice
 designato di astenersi per gravi ragioni di convenienza, prevedendo i
 criteri di assegnazione vigenti presso questo ufficio l'incarico, per
 il  giudizio  di  opposizione, proprio dello stesso magistrato autore
 del provvedimento impugnato.
   2.  -  Venendo quindi alla questione di legittimita' costituzionale
 prospettata  dalla  difesa   della   societa'   ricorrente   in   via
 subordinata, il pretore osserva quanto segue.
   La   questione   posta   appare  indubbiamente  non  manifestamente
 infondata, tenuto conto sia della causa di incompatibilita' enucleata
 dal giudice delle leggi in materia processuale penale,  rappresentata
 dalla c.d.  forza della prevenzione, sia dei riflessi di essa, quanto
 al  processo civile, quali risultano ipotizzati nella nota dottrinale
 sopra citata.
   Valutera' peraltro la Corte se i principi elaborati con riferimento
 al procedimento penale e che  di  fatto  hanno  costituito  ulteriori
 occasioni per paralizzare (ove possibile e con buona pace dei diritti
 negati  delle  vittime dell'illecito), un meccanismo processuale gia'
 sostanzialmente votato all'immobilita', siano da estendere  anche  al
 procedimento civile.
   Il  processo (ogni processo) deve essere, oltre che giusto ed equo,
 anche possibile.
   L'accoglimento dell'impostazione  sollecitata  dalla  difesa  della
 societa'  ricorrente  rischia  viceversa di introdurre nella gestione
 degli uffici, gia' appesantita da lentezze di varia origine e natura,
 nuove  difficolta'  e   tortuosita'.   Il   tutto   in   un   momento
 particolarmente delicato per la giustizia del lavoro, chiamata di qui
 a poco ad occuparsi del vasto comparto del pubblico impiego.
   Negli  uffici  giudiziari  di  piu'  ridotte dimensioni si rendera'
 infatti necessario, come conseguenza  dell'introduzione  della  nuova
 ipotesi  di  incompatibilita',  il  reperimento  di altro giudice, in
 sostituzione di quello gravato dell'obbligo di astensione.
   L'ipotesi  qui  contemplata  sara'   inoltre   solo   all'apparenza
 circoscritta  e limitata, essendo viceversa suscettibile di ulteriori
 estesissime  applicazioni.  Si  pensi,  ad  es.,   al   giudizio   di
 opposizione  a  decreto  ingiuntivo,  ancorato ad una fase sommaria e
 destinato   pertanto   ad    evidenziare    nuove    situazioni    di
 incompatibilita';  con  conseguenze  non  facilmente  risolvibili sul
 piano gestionale, ove il contenzioso  rappresentato  dai  giudizi  di
 opposizione   costituisca   (come  presso  questo  ufficio)  un  dato
 numericamente assai rilevante.
   Valutera' la Corte, nel sapiente bilanciamento che  le  spetta  tra
 processo equo e processo possibile, l'effettiva portata e consistenza
 di tali preoccupazioni.