LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria sul ricorso proposto da Bosso Annibale, Romagnolo Luigia, elettivamente domiciliati in Roma, via Flaminia 109, presso l'avv. Biagio Bertolone, che li rappresenta e difende unitamente all'avv. Sebastiano Zuccarello, giusta delega in calce al ricorso; ricorrente, contro il comune di Buriasco; intimato, avverso l'ordinanza del pretore di Pinerolo, depositata il 23 dicembre 1994 (n. 7768 cron.); Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12 febbraio 1997 dal relatore consigliere dott. Vincenzo Baldassarre; Udito per il ricorrente, l'avv. Bertolone, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso; Udito il p.m., in persona del sostituto procuratore generale dott. Vincenzo Gambardella, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. Svolgimento del processo In data 21 dicembre 1994 i coniugi Annibale Bosso e Luigia Romagnolo proponevano opposizione avverso l'ordinanza ingiunzione di pagamento di lire dieci milioni, a titolo di sanzione amministrativa ex art. 16 legge regionale (Piemonte) n. 20/B9, emessa dal sindaco del comune di Buriasco e notificata il 26 ottobre 1994, la quale recava l'avvertenza che era ammesso l'opposizione avanti al pretore competente entro il termine di 60 giorni dalla notifica. Il pretore di Pinerolo, con l'ordinanza 22-23 dicembre 1994, qui impugnata, dichiarava inammissibile il ricorso, rilevando che I'opposizione era stata proposta oltre il termine di decadenza fissato dall'art. 22 della legge n. 689/1981 e "che nessun valore ha, a tal fine, l'indicazione erronea dell'autorita' amministrativa (nella specie, il sindaco di Buriasco) alla quale la legge non conferisce alcun potere di modificare il termine fissato dalla legge n. 689/1981" Il ricorso dei coniugi Bosso e' affidato a un unico motivo. Non resiste l'intimato comune. Motivi della decisione 1. - I ricorrenti denunciano errata e insufficiente motivazione; mancata applicazione dell'istituto dell'errore scusabile; errata applicazione degli artt. 22, primo comma, 23, primo comma, legge 24 novembre 1981 n. 689, in relazione all'art. 3, quarto comma, legge 7 agosto 1990, n. 241, nonche' dell'art. 1, terzo comma, d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199. Addebitano al pretore di non avere tenuto conto, nella concisa motivazione, degli obblighi che gia' l'art. 1 della legge n 1199/1971 e ora, in via generale, l'art. 4 della legge n. 241/1991 impongono all'amministrazione a tutela del diritto di difesa, ne' della giurisprudenza amministrativa (ampiamente citata nel ricorso) formatosi in tema di riammissione in termini in caso di condotta fuorviante dell'amministrazione; di non avere considerato che l'erronea indicazione del termine per impugnare l'ordinanza ingiunzione implicava l'ammissibilita' dell'opposizione proposta nel termine indicato dall'autorita' nel provvedimento. 2. - In fatto risulta accertato che l'opposizione e' stata proposta oltre il trentesimo, ma nel sessantesimo giorno dalla notifica dell'ordinanza ingiunzione. Per tanto il pretore, dichiarando inammissibile l'opposizione, ha fatto corretta applicazione dell'art. 22 primo comma, e dell'art. 23, primo comma, della legge 24 novembre 1981 n. 689, avendo accertato l'inosservanza del termine di trenta giorni, previsto dalla prima di dette norme a pena di decadenza e, in conseguenza, non suscettibile di modifica ad opera del provvedimento amministrativo d'ingiunzione. Ne' potrebbe accogliersi la tesi di parte ricorrente fondata sull'istituto della riammissione in termini per errore scusabile, previsto per il processo innanzi al giudice amministrativo dall'art. 36 del r.d. 26 giugno 1924 n. 1054 e, per l'appello in detto processo, dall'art. 29, primo comma, e 34 cpv, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, posto che quello della citata legge n. 689/1981 per l'irrogazione delle sanzioni amministrative costituisce un sistema organico e compiuto, integrato da rinvii alle norme del processo civile, e che anche a questo e' estraneo l'istituto predetto. Ne deriva la rilevanza, nel caso in esame, della questione di legittimita' costituzionale che con la presente ordinanza si solleva. 3. - Nella legge n. 689/1981 non si rinviene una disposizione analoga (ne' il rinvio) a quella dell'art. 1 del d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199, che imponeva l'indicazione, negli atti amministrativi non definitivi, del termine e dell'organo a cui il ricorso deve essere presentato (al riguardo v. Corte costituzionale sent. 5 luglio 1990 n. 241). Successivamente (ma in data anteriore a quella dell'ordinanza-ingiunzione in parola) e' entrata in vigore l'art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241 sul procedimento amministrativo, che al quarto comma prescrive che "in ogni atto notificato al destinatario devono essere indicati il termine e l'autorita' a cui e' possibile ricorrere". La norma, sebbene di carattere generale, deve ritenersi applicabile - tenuto conto della sua categorica e incondizionata formulazione nel quadro di una riforma del procedimento amministrativo, fondamentale e introduttiva di nuovi principi, che si ispirano al dettato costituzionale dell' art. 97 - anche allo speciale atto amministrativo in esame (ordinanza-ingiunzione per sanzione amministrativa) (in tal senso, ma per incidens, Cass. 1 luglio 1995 n. 10726). 4. - Accertata l'obbligatorieta' delle indicazioni di cui sopra risulta non solo irrazionale, ma anche altamente lesivo del diritto di difesa il permanere del dovere del pretore, ai sensi dell'art. 23, primo comma della legge n. 689/1981, di rilevare la decadenza comminata dall'articolo precedente e di rendere cosi' definitivo l'illegittimo atto amministrativo opposto, senza poter valutare se l'ingiunto sia incorso in errore incolpevole per effetto diretto di tale illegittimita', ossia per l'erroneo convincimento in lui ingenerato dalla indicazione di un temine per l'opposizione maggiore di quello prescritto di trenta giorni. E, in tema di irrogazione di sanzione amministrativa, l'indicazione assume particolare rilevanza, essendo ammessa la presentazione personale del ricorso, ai sensi dell'art. 22, quarto comma, senza necessita' dell'assistenza di difensore. Ne deriva l'ingiusta compressione della tutela giudiziale dei diritti soggettivi dell'interessato a non vedere depauperato il proprio patrimonio dalla sanzione pecuniaria e da provvedimenti ablativi (confisca) e a non subire le sanzioni accessorie previste dalle singole norme. Tutto cio' con non giustificata diversita' di trattamento rispetto alle ipotesi di allegate lesioni di interessi legittimi, oltre che, nei casi consentiti, di diritti soggettivi, tutelabili innanzi al giudice amministrativo. Per tanto, deve essere dichiarata, oltre che rilevante, non manifestamente infondata - per contrasto con gli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione - la questione di parziale illegittimita' costituzionale dell'art. 23, primo comma, citato.