IL PRETORE
   Rilevato che con ricorso depositato in data 1 luglio 1996 la sig.ra
 Lucia  Del  Bianco ha esposto di essere titolare di pensione I.N.P.S.
 cat. VO con decorrenza 1 giugno 1995 e con importo mensile  inferiore
 al trattamento minimo e di aver inutilmente richiesto all'Istituto il
 riconoscimento   dell'integrazione   al  minimo,  vedendosi  respinta
 l'istanza in applicazione dell'art. 11, comma 38, legge  24  dicembre
 1993, n. 537;
     che  la  ricorrente ha chiesto quindi che, previa rimessione alla
 Corte costituzionale della questione  di  legittimita'  dell'art.  3,
 comma  1,  lettera  s),  legge 23 dicembre 1991, n. 421, dell'art. 4,
 comma 1, lettera b), d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503,  dell'art.  11,
 comma  38,  legge  24 dicembre 1993, n. 537 in riferimento agli artt.
 3, commi 1 e 2, 4, 29, comma 2, 31, comma 1, 38, comma  2,  53  e  76
 della  Costituzione,  l'I.N.P.S.  venga  condannato  a corrispondenre
 l'integrazione al minimo sulla pensione di cui era titolare;
     che l'Istituto,  costituendosi  in  giudizio,  ha  contestato  la
 fondatezza della domanda;
                                Osserva
     che  la  ricorrente  dubita della legittimita' costituzionale del
 combinato disposto dell'art. 6, comma primo, lettera  b),  del  d.-l.
 12  settembre  1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983,
 n. 638 e dell'art. 4, comma 1, lettera b), d.-l. 30 dicembre 1992, n.
 503, come modificato dall'art. 11, comma 38, della legge 24  dicembre
 1993,  n.  537 e dall'art. 2, comma 14, della legge 8 agosto 1995, n.
 335, nonche' dell'art. 3, comma 1, lettera s) legge 23 dicembre 1991,
 n. 421, nella parte in cui tali  norme  escludono  l'integrazione  al
 minimo  del  trattamento pensionistico nel caso di persona coniugata,
 non legalmente  ed  effettivamente  separata,  che  sia  titolare  di
 redditi propri per un importo inferiore a due volte l'ammontare annuo
 del  trattamento  minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, ma
 che sia invece titolare di redditi cumulati con  quelli  del  coniuge
 per  un  importo superiore a quattro volte il trattamento minimo (con
 elevazione del limite a cinque volte  il  trattamento  minimo  per  i
 lavoratori  andati  in pensione successivamente al 31 dicembre 1993 e
 fino al 31 dicembre 1994);
     che   la   prospettata   questione   di   costituzionalita'    e'
 indubbiamente  rilevante, emergendo dalla documentazione acquisita in
 giudizio relativamente ai redditi della ricorrente  che  quest'ultima
 nell'anno  1995  non  e'  stata  titolare  di altri redditi se non la
 pensione VO per cui e' causa (circostanza del  resto  non  contestata
 dall'Istituto);
     che  pertanto,  ove  la  normativa  impugnata  venisse dichiarata
 costituzionalmente illegittima, la ricorrente  avrebbe  diritto  alla
 richiesta integrazione al trattamento minimo;
     che  la  questione  appare anche, ad avviso di questo giudicante,
 non manifestamente infondata quantomeno con  riferimento  agli  artt.
 3, 31, comma 1, 36, comma 1 e 38, comma 2, della Costituzione;
     che    infatti,    secondo    la   giurisprudenza   della   Corte
 costituzionale, al pari della retribuzione percepita in costanza  del
 rapporto   di   lavoro,   il  trattamento  pensionistico,  che  della
 retribuzione  costituisce  un  prolungamento  a  fini  previdenziali,
 dev'essere   proporzionato  alla  qualita'  e  quantita'  del  lavoro
 prestato;
     che, infatti, per il tramite e nella misura di  cui  all'art.  38
 della  Costituzione,  si  rende  applicabile  anche  alle prestazioni
 previdenziali l'art.  36,  comma  primo,  della  Costituzione,  quale
 parametro delle "esigenze di vita" del lavoratore (Corte cost. n. 156
 del 1991);
     che  pertanto  i  "mezzi" che le prestazioni previdenziali devono
 garantire  non  sono  soltanto  "quelli  che  soddisfano  i   bisogni
 elementari e vitali, ma anche quelli che siano idonei a realizzare le
 esigenze   relative   al  tenore  di  vita  conseguito  dallo  stesso
 lavoratore in rapporto al reddito e alla posizione sociale  raggiunta
 in  seno  alla  categoria  di appartenenza per effetto dell'attivita'
 lavorativa svolta" (Corte cost., n. 173 del 1986);
     che, ancorche' la commisurazione del trattamento pensionistico al
 reddito percepito in costanza di lavoro sia rimessa alle  valutazioni
 discrezionali  del  legislatore, che, nel contemperare i valori e gli
 interessi   coinvolti   nell'attuazione   graduale    dei    principi
 costituzionali,   tengono  conto  anche  della  concreta  ed  attuale
 disponibilita' delle risorse finanziarie e dei  mezzi  necessari  per
 far fronte ai relativi impegni di spesa, le prestazioni previdenziali
 devono  assicurare  in  ogni  caso  al lavoratore e alla sua famiglia
 mezzi adeguati alle  esigenze  di  vita  per  un'esistenza  libera  e
 dignitosa (Corte cost.  n. 119 del 1991);
     che,  in  particolare,  l'istituto  dell'integrazione  al minimo,
 essendo  rivolto  a  garantire  ai  "lavoratori"  (e  non   gia'   ai
 "cittadini"),  ai  sensi  dell'art.  38, comma secondo, Cost., "mezzi
 adeguati alle loro esigenze di vita", non ha natura assistenziale, ma
 essenzialmente previdenziale (Corte cost. n. 31 del 1986);
     che, infatti, funzione  del  trattamento  minimo  e'  quella  "di
 integrare  la  pensione  quando  dal  calcolo  in  base ai contributi
 accreditati al lavoratore risulti un importo inferiore  a  un  minimo
 ritenuto  necessario,  in  mancanza  di  altri  redditi  di una certa
 consistenza, ad assicurargli mezzi adeguati alle  esigenze  di  vita,
 giusta  il  precetto dell'art.  38, comma secondo, Cost. Tal funzione
 qualifica  l'integrazione  al  minimo  come  istituto   previdenziale
 fondato sul principio di solidarieta'" (Corte cost. n. 240 del 1994);
     che  la  garanzia  prevista  dall'art.  38,  comma secondo, viene
 specificatamente riferita al singolo quale  lavoratore  e  non  quale
 elemento  di  un  nucleo del quale occorra eventualmente accertare lo
 stato di bisogno o di non abbienza;
     che  se  le   prestazioni   previdenziali,   secondo   la   Corte
 costituzionale,  devono  essere  adeguate alle esigenze di vita anche
 della famiglia del soggetto protetto, giusta  l'innegabile  relazione
 intercorrente tra l'art. 38, comma secondo, e l'art. 36, comma primo,
 della  Costituzione,  cio'  significa  che la garanzia costituzionale
 deve "estendersi" anche alla famiglia del lavoratore e non  che  deve
 "venire limitata" dall'esistenza di una famiglia;
     che  invero soltanto in materia di prestazioni assistenziali puo'
 essere giustificato il ricorso al criterio  del  cumulo  dei  redditi
 dell'interessato  con  quelli  del  coniuge  ai  fini di accertare la
 sussistenza di un effettivo stato di bisogno;
     che  inoltre  la  normativa  impugnata   introduce   una   palese
 irrazionalita'  e  un'ingiustificata  disparita'  di  trattamento,  a
 seconda del reddito percepito dal coniuge, tra titolari  di  pensione
 diretta   con   identica  situazine  contributiva,  per  i  quali  il
 trattamento costituisce comunque corrispettivo differito  nel  tempo,
 di  una  prolungata  prestazione lavorativa svolta durante il cessato
 rapporto di lavoro;
     che in tal modo la disciplina viola anche l'art. 31, comma primo,
 della Costituzione, che  impone  alla  Repubblica  di  agevolare  con
 misure  economiche  la  formazione  della  famiglia,  mentre le norme
 impugnate favoriscono ed incoraggiano  le  famiglie  di  fatto  e  le
 separazioni tra coniugi;
     che  la normativa viola il precetto costituzionale di uguaglianza
 anche sotto altro profilo, ignorando che le condizioni economiche del
 singolo e della famiglia dipendono non soltanto dai redditi  dei  due
 coniugi,  ma  da  quelli dell'intero nucleo familiare in relazione al
 numero delle persone che compongono tale nucleo;
     che in tal modo al pensionato  il  cui  coniuge  e'  titolare  di
 redditi  superiore  al limite di cui all'art. 6, comma primo, lettera
 b) del d.-l. 12 settembre 1983, n. 463 (e successive  modifiche)  non
 viene riconosciuto il diritto all'integrazione al trattamento minimo,
 mentre,   a  parita'  delle  altre  condizioni,  tale  diritto  viene
 mantenuto per l'assicurato i cui redditi,  cumulati  con  quelli  del
 coniuge,  non  superino  tale limite, ma che pero' conviva ad esempio
 con uno o  piu'  figli  titolari  di  propri  redditi,  magari  anche
 rilevanti  (ed  in tal senso, ad esempio, l'art. 1, comma 3, legge 23
 dicembre 1994, n.   724, che  modifica  l'art.  8,  comma  16,  della
 medesima  legge  24 dicembre 1993, n. 537, fa riferimento ai fini del
 godimento di buona parte delle  prestazioni  del  servizio  sanitario
 nazionale al "reddito complessivo del nucleo familiare";
     che  pertanto appare non manifestamente infondata la questione di
 illegittimita' costituzionale  delle  disposizioni  sopra  richiamate
 nella   parte   in   cui   tali  norme  danno  rilievo  ai  fini  del
 riconoscimento dell'integrazione della pensione al trattamento minimo
 al reddito del coniuge dell'assicurato, escludendo l'integrazione  al
 minimo  del  trattamento pensionistico nel caso di persona coniugata,
 non legalmente  ed  effettivamente  separata,  che  sia  titolare  di
 redditi propri per un importo inferiore a due volte l'ammontare annuo
 del  trattamento  minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, ma
 che sia invece titolare di redditi cumulati con  quelli  del  coniuge
 per  un  importo superiore a quattro volte il trattamento minimo (con
 elevazione del limite a cinque volte  il  trattamento  minimo  per  i
 lavoratori  andati  in pensione successivamente al 31 dicembre 1993 e
 fino al 31 dicembre 1994).