ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  38,  secondo
 comma,  della  legge  28  febbraio  1985,  n. 47 (Norme in materia di
 controllo dell'attivita' urbanistico-edilizia, sanzioni,  recupero  e
 sanatoria  delle opere edilizie), promosso con ordinanza emessa il 10
 gennaio 1996 dal pretore di Udine, sezione distaccata  di  Cervignano
 del  Friuli,  nel  procedimento  penale a carico di Peressin Livio ed
 altre, iscritta al n. 273 del registro ordinanze  1996  e  pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  14,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1996.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  9  aprile 1997 il giudice
 relatore Riccardo Chieppa.
                           Ritenuto in fatto
   1. -  Nel corso di un procedimento penale per violazioni edilizie a
 carico degli amministratori delegati da una ditta che aveva  eseguito
 una  costruzione  abusiva,  la  difesa  di  uno di essi richiedeva, a
 seguito dell'avvenuto rilascio della  concessione  in  sanatoria,  la
 declaratoria  di  estinzione  del  reato per avvenuto pagamento della
 oblazione. Il pretore di Udine, sezione distaccata di Cervignano  del
 Friuli,  rilevato  che  la  estinzione  del  reato  si sarebbe potuta
 pronunciare solo nei  confronti  dell'imputato  che  aveva  richiesto
 l'oblazione  ed effettuato il pagamento, con ordinanza del 10 gennaio
 1996 (r.o. n. 273 del 1996), ha sollevato questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  38, secondo comma, della legge 28 febbraio
 1985, n. 47, nella parte in cui non prevede l'effetto  estintivo  del
 reato  a  favore  di  tutti  i  legali  rappresentanti della societa'
 qualora uno solo di essi abbia versato l'oblazione.
   Ad avviso del giudice rimettente, tale disciplina  si  porrebbe  in
 contrasto  con  l'art.  3  della  Costituzione sotto il profilo della
 disparita' di trattamento rispetto al caso in cui  siano  imputati  i
 comproprietari.  In tale ipotesi, infatti, l'oblazione versata da uno
 dei contitolari giova anche agli altri,  alla  stregua  dello  stesso
 art.  38, secondo comma, nel testo risultante a seguito dell'aggiunta
 apportata dall'art. 6 del d.-l. 12 gennaio 1988,  n.  2,  convertito,
 con modificazioni, nella legge 13 marzo 1988, n. 68.
   Questa  norma,  rileva  il  pretore, e' stata introdotta al fine di
 ovviare alle  iniquita'  derivanti  dall'applicazione  del  principio
 generale  della  necessita' del pagamento dell'intera oblazione nella
 ipotesi di coniugi in regime di comunione di beni.
   La differenziazione evidenziata non sarebbe giustificata, in quanto
 fondata esclusivamente sul  diverso  status  rivestito  dal  soggetto
 imputato,  senza  che  ad esso siano ricollegabili distinti valori da
 tutelare.
   Il  pretore,  pur  dando atto che la comunione e' una collettivita'
 organizzata, la cui capacita' e' minore di un ente morale  e  la  cui
 finalita'  e'  quella  della  gestione  della  cosa, esclude che tali
 diversita' possano incidere sulla realta' di cui si tratta, in quanto
 la comunione agisce all'interno e all'esterno  attraverso  il  gruppo
 dei  comunisti,  cosi'  come i rappresentanti della societa' agiscono
 per  la  persona  giuridica:  e  la   responsabilita'   personale   e
 individuale  "si  incentra  su chi fa vivere, fa agire una pluralita'
 organizzata, sia essa persona giuridica, sia essa comunione  a  scopo
 di godimento".
   2.  -  Nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  che  ha  concluso  per  la  inammissibilita'  o  la manifesta
 infondatezza della questione.
   Sotto il primo profilo, ha osservato l'autorita' intervenuta che la
 questione investe una scelta rimessa alla  discrezionalita'  politica
 del legislatore, tanto piu' ove si consideri che si tratta di materia
 penale.  Del  resto,  la  norma  che estende a tutti i comproprietari
 l'effetto estintivo del reato oggetto  di  oblazione,  introduce  una
 deroga  al  principio generale per il quale l'estinzione del reato ha
 carattere personale, avendo effetto solo per coloro ai quali la causa
 di estinzione si riferisce.
   Nel merito, la diversita' di trattamento evidenziata dal giudice  a
 quo    si  ricollegherebbe  alle  caratteristiche fiscali del condono
 edilizio.  Ne'  la  posizione  degli  amministratori  della  societa'
 appaltatrice  dei  lavori sarebbe pienamente confrontabile con quella
 dei comproprietari.  Lo scopo perseguito dal legislatore  sarebbe  da
 individuare  nell'ordinato  ed  omogeneo  assetto  della comunione di
 proprieta'  soprattutto  nell'ambito  familiare,  finalita'  estranea
 all'intento strettamente speculativo dell'impresa edilizia.
                        Considerato in diritto
   1.   -  La  questione  di  legittimita'  costituzionale  sottoposta
 all'esame della Corte concerne l'art. 38, secondo comma, della  legge
 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attivita'
 urbanistico-edilizia,  sanzioni,  recupero  e  sanatoria  delle opere
 edilizie), nella parte in cui non  prevede  l'effetto  estintivo  del
 reato a favore di tutti i legali rappresentanti di impresa esecutrice
 di  lavori  edilizi  abusivi,  qualora uno solo di essi abbia versato
 l'oblazione. Secondo il pretore rimettente, tale norma si porrebbe in
 contrasto con l'art. 3 della Costituzione,  sotto  il  profilo  della
 ingiustificata   disparita'  di  trattamento  rispetto  al  caso  dei
 comproprietari, nel quale l'oblazione versata da  uno  solo  di  essi
 giova anche agli altri.
   2. - La questione non e' fondata.
   Sul  piano generale deve anzitutto essere riconfermato il principio
 alla  stregua  del  quale  rientra  nella  scelta  discrezionale  del
 legislatore   la   previsione  di  cause  di  estinzione  del  reato,
 sindacabile  quando  integri  arbitrio  perche'  irrazionale  o   non
 giustificata (sentenze n. 148 del 1994; n. 211 del 1993).
   In   secondo   luogo,   il  principio  in  materia  di  conseguenze
 dell'oblazione  nel  campo  penale  e'  che  l'effetto  estintivo  di
 quest'ultima  si  verifica  nei  soli  confronti  del soggetto che si
 avvale dell'oblazione  stessa,  e  non  si  estende,  di  norma,  nei
 confronti  degli  altri coimputati, in quanto l'estinzione del reato,
 salvo che la legge  disponga  altrimenti,  ha  effetto  soltanto  per
 coloro  ai  quali  la causa di estinzione si riferisce (art. 182 cod.
 pen.).  In  altri  termini,  la  causa  estintiva   derivante   dalla
 effettuata oblazione ha carattere personale.
   Tale  principio  e'  stato  ribadito,  con specifico riferimento al
 condono-oblazione nel campo edilizio, dall'art. 38,  quinto  e  sesto
 comma,  della  legge  28  febbraio 1985, n. 47, per quanto riguarda i
 soggetti  responsabili  indicati  dall'art.  6  della  stessa   legge
 (titolare della concessione, committente, costruttore e direttore dei
 lavori) diversi dal proprietario, pur prevedendosi una misura ridotta
 al 30% rispetto a quella applicabile al proprietario.
   3.   -   La   posizione   del   proprietario,  in  armonia  con  la
 legittimazione dello stesso (o del comproprietario nel rispetto della
 volonta' della maggioranza) a chiedere la concessione edilizia  (art.
 4,   primo  comma,  della  legge  28  gennaio  1977,  n.  10)  e  con
 l'impostazione del condono edilizio (art. 31, primo  e  terzo  comma,
 della  legge n. 47, del 1985), e' stata differenziata, perche' il suo
 rapporto  con  l'immobile  abusivo  e'  sistematicamente  diverso   e
 privilegiato  nella  richiesta  di  domanda  di  sanatoria diretta ad
 ottenere  sia  la  concessione  edilizia   in   sanatoria,   con   la
 regolarizzazione  del  bene  dal  punto di vista urbanistico-edilizio
 (per l'interesse a conservare il  bene  ed  escludere  gli  eventuali
 effetti  reali  delle  sanzioni amministrative, anche nel caso che il
 proprietario non sia autore dell'illecito edilizio),  sia  gli  altri
 effetti,   compresi   quelli   estintivi   penali,   derivanti  dalla
 presentazione  della  domanda  e  dal  pagamento   della   oblazione,
 rimanendo  egli  esposto  a  rivalsa  da  parte degli altri soggetti,
 abilitati  in  via  concorrente  a  presentare  la  domanda,  ove  ne
 sussistano i presupposti.
   Inoltre   gli   altri   responsabili   diversi   dal  proprietario,
 normalmente, sono interessati solo ad una autonoma domanda diretta  a
 conseguire  i semplici effetti penali dell'oblazione, beneficiando di
 una sostanziale riduzione della somma dovuta  al  30%,  rapportata  a
 quella  cui  sarebbe  tenuto  il  proprietario,  anche  se questi non
 presenti domanda.
   La ulteriore particolare facilitazione introdotta  a  favore  delle
 posizioni  dei  beni  in  comunione,  quale  che  sia l'origine della
 comproprieta' (art. 6 del d.-l. 12 gennaio 1988, n. 2, convertito  in
 legge  13  marzo  1988,  n.  68), e' stata espressamente prevista per
 evitare  una  sostanziale  iniquita'  di  separati   adempimenti   di
 sanatoria  e di distinti ed autonomi pagamenti di oblazione (come del
 resto pone in rilievo il giudice a quo)  in  caso  di  pluralita'  di
 proprietari,  ed  in  particolare  nei casi frequenti di comunione di
 beni  tra  coniugi,  cui  si  puo'  aggiungere  quello  di  comunione
 nell'ambito familiare o ereditario o di altro genere.
   La  posizione  dei comproprietari e' del tutto diversa da quella di
 pluralita' degli amministratori di societa'  che  debbano  rispondere
 (non  nella  qualita'  di proprietari) quali soggetti che hanno agito
 (in concorso tra loro) nella attivita' dell'impresa, che ha  eseguito
 i lavori edilizi abusivi, o per un altro titolo previsto dall'art.  6
 della legge n. 47, del 1985.
   4.  -  Ne'  si opera una discriminazione tra soggetto individuale e
 soggetto societario, in quanto anche quest'ultimo puo' avvalersi  dei
 particolari  benefici  in  discussione - ovviamente al di fuori degli
 effetti esclusivamente  penali  -  quando  rivesta  la  qualifica  di
 comproprietario  del bene abusivo e vi sia stata l'oblazione da parte
 di altro comproprietario. Ipotesi  che  certamente  non  si  verifica
 quando gli amministratori di societa' hanno agito - come nella specie
 sottolinea  l'Avvocatura dello Stato - nell'esercizio di impresa, che
 ha semplicemente eseguito i lavori, e cosi' in tutte le altre ipotesi
 che beneficiano della riduzione dell'oblazione al 30%.
   5. - Infine non si puo' operare alcun raffronto con  la  estinzione
 del  reato  ex  art. 13 della medesima legge n. 47 che si comunica ai
 compartecipi,  in  considerazione  della  particolare  natura   della
 sanatoria  stessa, che e' semplice sanatoria formale e non condono, e
 che viene concessa (in via ordinaria e permanente)  a  seguito  dell'
 accertamento  dell'inesistenza  del  danno urbanistico, e cioe' della
 inesistenza ab origine dell'antigiuridicita'  sostanziale  del  fatto
 (sentenza  n.  370 del 1988), mentre il capo IV della legge n. 47 del
 1985 riguarda il condono-sanatoria di opere abusive  anche  sotto  il
 profilo sostanziale (art. 31 della legge n. 47 del 1985) ed una serie
 di tipologie di abusi (Tabella allegata alla stessa legge).
   6.  -  Pertanto non puo' ritenersi arbitraria la mancata estensione
 dell'effetto estintivo del reato edilizio a favore di tutti i  legali
 rappresentanti  della societa' esecutrice dei lavori abusivi, qualora
 uno solo di essi abbia effettuato l'oblazione, in  difformita'  dalla
 previsione  dell'art.  38,  secondo comma, della legge n. 47 del 1985
 riferita al caso diverso di imputati comproprietari.