ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale del capo IV della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attivita' urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), come modificato dall'art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), promosso con ordinanza emessa il 29 giugno 1996 dal pretore di Vallo della Lucania, sezione distaccata di Pisciotta, nel procedimento penale a carico di Tomei Biagio, iscritta al n. 1372 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 1997; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 4 giugno 1997 il giudice relatore Riccardo Chieppa; Ritenuto che il pretore di Vallo della Lucania, sezione distaccata di Pisciotta, ha sollevato, con ordinanza emessa il 29 giugno 1996, questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, delle disposizioni di cui al capo IV della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attivita' urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), come modificato dall'art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), nella parte in cui non consentono di potere fruire del beneficio del condono edilizio a colui il quale abbia spontaneamente provveduto alla riduzione in pristino, demolendo la costruzione abusiva; che, a parere del giudice a quo la causa estintiva dell'illecito penale non opererebbe in favore di colui che, tenendo una condotta meno censurabile rispetto a chi sia rimasto inerte di fronte alla realizzazione del manufatto abusivo, abbia sua sponte demolito la costruzione di cui all'illecito edilizio: dando cosi' luogo alla disparita' di trattamento affetta da irragionevolezza, tale da impingere nella violazione dell'art. 3 della Costituzione; che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata. Considerato che la questione, nei termini in cui viene sollevata, ha gia' formato oggetto di esame da parte della Corte con pronunzia di manifesta infondatezza (ordinanza n. 137 del 1996) e, per quanto attiene al sistema del condono edilizio di cui alla legge n. 47 del 1985, con pronunce di non fondatezza (sentenze n. 369 del 1988 e n. 167 del 1989); che e' stato in particolare chiarito che l'avvenuta demolizione del manufatto abusivamente realizzato non impedisce l'estinzione del reato, poiche' non e' ostativa alla facolta' da parte del responsabile dell'abuso di presentare comunque la domanda di condono-sanatoria; che l'ordinanza in epigrafe non introduce profili o argomenti nuovi rispetto a quelli gia' esaminati dalla Corte o, comunque, suscettibili di indurre a diverso avviso, sicche' la questione va dichiarata manifestamente infondata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.