IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Il giudice per le indagini preliminari presso la pretura di Ferrara, dott.ssa Piera Tassoni, nel procedimento penale a carico di Toschi Andrea, come in atti generalizzato, sottoposto ad indagini preliminari poiche' indagato del reato di cui all'art. 41 del d.P.R. n. 547155 e del reato di cui all'art. 590, comma terzo, c.p.; O s s e r v a II p.m. dott. Pierguido Soprani ha richiesto pronuncia di questo giudice in ordine all'ipotesi di non manifesta infondatezza e rilevanza della questione di legittimita' dell'art. 24, comma, 1 del d.lvo n. 758/1994 per violazione dell'art. 3 della Costituzione con trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Osserva il giudice che la richiesta e' fondata e ritiene pertanto di dover dichiarare rilevante e non manifestamente infondata, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 24, comma 1, d.lvo n. 758/1994; Violazione dell'art. 3 della Costituzione. L'art. 24, comma 1, del d.lvo n. 758/1994 prevede l'adempimento nel termine delle prescrizioni impartite dall'organo di vigilanza e l'avvenuto pagamento della oblazione amministrativa come causa esclusiva di estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro. In tal modo il legislatore, incentivando l'adempimento, ha mediato tra l'esigenza repressiva tipica dell'intervento penale e quella preventiva propria della legislazione di settore, prevedono comunque una sanzione di natura amministrativa a fronte di una violazione di legge, imponendo contestualmente la reintegrazione del bene (sicurezza ed igiene del lavoro) violato. Il modello sanzionatorio previsto privilegia ed e' connaturato evidentemente ad una tutela sostanziale del bene protetto, perseguendo la regolarizzazione della violazione. A fronte di questa evidente importanza fornita al ripristino della legalita' violata, il legislatore non ha invero considerato i casi in cui a tale risultato si giunga attraverso meccanismi diversi da quanto espressamente previsto dagli artt. 20 e ss. del decreto in esame, non prevedendo in tali ipotesi la possibilita' di estinguere la contravvenzione con le modalita' previste dalla legge pur in presenza del raggiungimento dell'obiettivo perseguito dal modello sanzionatorio. Nel caso sottoposto all'esame di questo giudice, la violazione venne regolarizzata prima che l'organo di vigilanza impartisse la prescrizione, che infatti non fu mai impartita proprio in ragione dell'accertata gia' avvenuta regolarizzazione. Pertanto oggettivamente l'obiettivo perseguito dalla legge in esame venne raggiunto; il contravventore inoltre, ripristinando autonomamente la tutela del bene protetto, ha dimostrato piena consapevolezza della illiceita' della propria condotta. Pare quindi irragionevole per violazione dell'art. 3 della Costituzione che in una situazione quale quella descritta non si produca l'effetto estintivo che invero si sarebbe prodotto qualora il modello sanzionatorio fosse stato attivato per il fatto che la violazione risultava ancora in essere. L'evidenziato profilo di irragionevolezza si coglie maggiormente considerando la natura permanente della maggior parte delle contravvenzioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro, tra le quali anche quella in contestazione nel presente procedimento (art. 41 del d.P.R. n. 547/1955), per il palese beneficio derivante al sistema della prevenzione degli infortuni e dell'igiene del lavoro da una cessazione celere della situazione antigiuridica. L'applicazione di una sanzione penale in casi come quello in esame discrimina oggettivamente il destinatario della stessa rispetto a coloro che possono accedere al sistema sanzionatorio previsto dal d.lvo n. 758/1994. Detta discriminazione pare ancor piu' evidente valutando l'atteggiamento della volonta' del soggetto agente che nel primo caso, cogliendo autonomamente il disvalore della propria condotta, volontariamente determina la cessazione della situazione illecita; questo aspetto della volonta' puo' anche non aversi in chi ripristina a seguito delle prescrizioni dell'organo di vigilanza potendo egli essere mosso esclusivamente dall'intento di sottrarsi alla sanzione penale, posto che la legge non attribuisce rilevanza alle finalita' perseguite dal contravventore. Non puo' inoltre argomentarsi che in situazioni quali quelle in esame il sistema offre comunque al contravventore la possibilita' di avanzare istanza di oblazione ai sensi dell'art. 162-bis, c.p. anche cosi' come rimodellata dall'art. 24, comma 3, del d.lvo (qualora si reputasse in via di interpretazione analogica applicabile detto istituto); invero l'istituto dell'oblazione non e' assimilabile al meccanismo delineato dagli artt. 20 e ss. del decreto stante le condizioni soggettive richieste all'istante per l'ammissione nonche' per la maggior gravosita' dell'onere pecuniario. Ritenendo pertanto applicabile nel caso in esame esclusivamente l'istituto dell'oblazione, si sottoporrebbe il contravventore che volontariamente ha ripristinato la situazione di legalita' violata ad un trattamento deteriore rispetto a chi ha agito esclusivamente dopo aver ricevuto diffida da parte dell'organo di vigilanza, nonostante nei confronti di costui il reato potrebbe ipotizzarsi come soggettivamente piu' grave in relazione alla condotta post-factum. La questione proposta, per le argomentazioni sopra esposte, appare non manifestamente infondata e rilevante nel caso di specie, che non puo' essere definito in modo indipendente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale giacche', sussistendo per il p.m. elementi di responsabilita' di Toschi Andrea in ordine alla contravvenzione in contestazione, non potendosi esperire il meccanismo sanzionatorio di cui agli artt. 20 e ss., d.lvo n. 758/1994, dovrebbe conseguentemente esercitarsi l'azione penale con pregiudizio e maggiori oneri di spese difensive per l'indagato anche nella ipotesi di successiva istanza di ammissione all'oblazione.