IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente ordinanza nei confronti di I.S., libera-presente, imputata, con la diminuente della minore eta' (art. 98 c.p.) del reato di cui all'art. 584 c.p. perche', spingendo violentemente in Brescia il 29 giugno 1996, Tira Rosa e facendola cadere a terra cagionava alla stessa trauma contusivo produttivo di rottura di milza, chirurgicamente trattata, a causa della quale, tra l'altro la stessa Tira decedeva in Brescia in data 26 agosto 1996 a seguito di sindrome anemico-discrasica e secondaria, e processo settico localizzato determinanti episodio terminale di insufficienza cardio-circolatoria e respiratoria. Il giudice dell'udienza preliminare del tribunale per i minorenni di Brescia; sull'eccezione sollevata dal p.m. d'udienza, di legittimita' costituzionale dell'art. 222, quarto comma, c.p., in relazione agli artt. 2, 3, 10, 27 e 31 della Costituzione, in quanto prevede che al minore prosciolto ex art. 88 c.p. per delitto non colposo astrattamente punibile con pena superiore a due anni di reclusione e in presenza di giudizio di pericolosita' sociale sia disposta la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, e che tale misura possa essere applicata in via provvisoria, ex artt. 206 c.p. e 312 c.p.p. O s s e r v a Il p.m. in sede ha richiesto il rinvio a giudizio dell'imputata minore I.S. per il reato di cui all'art. 584 c.p., commesso allorche' la stessa aveva sedici anni. Il consulente tecnico, nel corso delle indagini preliminari, concludeva per la totale incapacita' per vizio di mente della minore al momento del fatto allegando altresi' un giudizio di pericolosita' sociale; tali conclusioni sono pienamente condivisibuli in quanto frutto di una profonda elaborazione e di una esaustiva e convincente disamina delle problematiche sottese. All'odierna udienza il p.m. ha invocato l'applicazione provvisoria della misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, ai sensi del combinato disposto normativo di cui agli artt. 206, 222, quarto comma c.p. e 312 c.p.p. atteso che il proscioglimento ex art. 88 c.p. non rientra nel novero di quelli contemplati all'art. 37, decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988, e che inoltre non e' ipotizzabile il ricorso alle misure di sicurezza specifiche disciplinate processualmente nel capo IV del citato decreto del Presidente della Repubblica, contestualmente prospettando un problema di compatibilita' costituzionale delle citate norme. Giova rilevare che e' impossibile rimediare a tale situazione di causa patologica e non fisiologica d'immaturita' facendo ricorso all'applicazione dell'art. 425 c.p.p., con tutto il ventaglio di soluzioni in esso contenute, in virtu' dell'ostacolo costituito dal contenuto della pronuncia n. 41/1993 della Corte costituzionale, che in buona sostanza ha statuito l'impossibilita' di declaratoria da parte del giudice di improcedibilita' per vizio di mente senza il supporto di un'indagine che si addentrasse nel recinto di merito. Il collegio aderisce all'opinione espressa dal p.m. d'udienza circa la natura squisitamente processuale della normativa di cui agli artt. 36 e ss. decreto del Presidente della Repubblica n. 448/1988, peraltro confortata dalle pronunce della Corte costituzionale (Ordinanza n. 360/1990 e sentenza n. 182/1991), che hanno messo in risalto l'aspetto della giurisdizionalizzazione del procedimento applicativo delle misure di sicurezza specifiche. Non e' revocabile in dubbio poi la piena vigenza ed applicabilita' nei confronti dei minori di quelle altre misure di sicurezza che trovano la loro disciplina al di fuori della normativa speciale, tra le quali si ricomprende quella del ricovero in o.p.g. Da cio' muovendo, si deduce la rilevanza della questione sollevata, volta che nella specie si versa in tema di applicabilita' in via provvisoria della misura di sicurezza da ultimo citata nei confronti di imputato minorenne affetto da vizio di mente e da reputarsi socialmente pericoloso. Del pari, va ravvisata la non manifesta infondatezza della questione sollevata, per contrasto con gli artt. 2, 3, 10, 27 e 31, secondo comma, della Costituzione. In linea generale, va premesso che tutto il sistema normativo minorile e la giurisprudenza della Corte costituzionale in proposito hanno sempre piu' accentuato dai loro rispettivi versanti la disomogeneita' per carenza di elementi costitutivi comuni delle situazioni giuridiche in cui si ritrovano minori ed adulti, con particolare riferimento alla necessita' di favorire soluzioni diversificate per gli imputati minorenni, e cio' sia nella sfera sostanziale che nel campo di applicazione propriamente processuale; del diritto penale minorile, infatti, e' stata sempre piu' acutamente avvertita la necessita' di un'adeguata considerazione del fattore personale con la conseguenza di una divaricazione rispetto a quello comune, in virtu' della peculiarizzazione di esso piu' come diritto della personalita' che come diritto del fatto. Rilevante punto di emersione di tale orientamento, di cui costituisce probante esemplificazione e' ravvisabile nella sentenza n. 168/1994 che ha sancito l'illegittimita' costituzionale della previsione della pena dell'ergastolo per gli imputati minorenni perche' contrastante con l'art. 31, in relazione all'art. 27 della Costituzione, focalizzando il punto che in funzione del suo inserimento maturo nel consorzio sociale, la pena applicata al minore deve rivestire una connotazione educativa piu' che rieducativa. Va considerato che non vi e' piu' disputa intorno alla natura della misura di sicurezza, convergendo univocamente la dottrina e la giurisprudenza nell'indicarne la valenza di sanzione criminale, onde la piena riferibilita' in subiecta materia del dettato di cui all'art. 27 della Costituzione, il cui campo d'intervento varia dal principio della personalita' della responsabilita' penale a quello per cui le pene devono tendere alla rieducazione del condannato, fine precipuo, quest'ultimo, pure delle misure di sicurezza. Cio' posto, nell'ottica minorile, all'operatore giuridico non puo' sfuggire come l'applicazione di una misura di sicurezza classificamente detentiva quale quella del ricovero in o.p.g., una volta calata nella sua concreta applicazione nei confronti di minori confligga palesemente con quelle esigenze di specificita' che sovraintendono alla disciplina penale minorile; tano piu' in considerazione del fatto che, essendo notoria la mancanza di strutture contenitive, del tipo degli o.p.g., speciali per i minorenni, questi ultimi andrebbero fatalmente a scontare il periodo d'internamento in stabilimenti comuni ai maggiorenni. Ad avviso del collegio rimettente la totale assenza di differenziazione nel trattamento che verrebbe riservato ai minori rispetto a quello degli adulti, con cio' trascurandosi del tutto ogni attenzione finalizzata alle esigenze educative dei giovani, determina un contrasto anche con le norme piu' generali di cui agli artt. 2 e 3 della Costituzione, sotto il presupposto del mancato trattamento differenziato di situazioni diverse e della rinuncia alla tutela dei diritti di un soggetto per definizione debole, oltre che di una personalita' in formazione, attraverso l'approntamento sia di politiche legislative appropriate che di istituti specifici mirati. Ne' va tralasciato il possibile conflitto con norme internazionali pattizie, costituzionalizzate attraverso l'art. 10; a tale proposito appare integralmente richiamabile l'esauriente motivazione contenuta nella citata sentenza n. 168/1994 della Corte costituzionale che, passando in rassegna molteplici dichiarazioni dei diritti dell'uomo e del fanciullo, fino alle c.d. "Regole di Pechino", ha collegato altresi' agli impegni contratti in sede internazionale l'esigenza di un trattamento differenziato per il minore in relazione alle preicpue esigenze di tutela dello stesso, anche se sottoposto a procedimento penale.