IL PRETORE
   Letti  gli  atti del procedimento relativo a De Cesaris Benedetto e
 Vaegiago Cesare,  esaminata  l'istanza  formulata  dal  p.m.  che  ha
 chiesto sollevarsi questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 52  del  decreto  legislativo  n.  22/1997  e  udite  conclusioni dei
 difensori degli imputati sul punto, rileva quanto segue.
   I prevenuti sono stati tratti a giudizio per  rispondere  entrambi,
 in  concorso  tra  loro, oltreche' del reato di stoccaggio di rifiuti
 tossico-nocivi in  assenza  della  prescritta  autorizzazione,  delle
 fattispecie  contravvenzionali  di omessa tenuta e/o compilazione dei
 registri  di  carico e scarico relativi ai predetti rifiuti e mancata
 comunicazione nei termini di legge alle  autorita'  competenti  della
 quantita'  e  qualita'  dei  rifiuti  tossici in questione prodotti e
 smaltiti nell'anno, sanzionate all'epoca della emissione del  decreto
 di  citazione  a  giudizio  dagli  artt.  3,  commi terzo e quinto, e
 9-octies del decreto-legge n.  397/1988.  Tali  norme  incriminatrici
 trovavano  la  loro  ragion  d'essere  nella  esigenza  di  garantire
 attraverso la comminazione di sanzioni penali un  accurato  controllo
 sulla  natura  e quantita' dei rifiuti tossico-nocivi, finalizzato ad
 assicurare  l'adozione  delle  opportune  cautele  per  la  legittima
 gestione  delle  suddette sostanze o oggetti destinati all'abbandono,
 dalla fase della raccolta alla fase residuale dello smaltimento delle
 stesse.
   Ebbene a seguito della entrata in vigore del d.lgs. 5 febbraio 1997
 e  nella  specie  dell'art.  52  del   citato   testo   normativo   i
 comportamenti   omissivi   sopra  delineati  configurano  attualmente
 soltanto illeciti di natura amministrativa.
   Tale sopravvenuta depenalizzazione ad avviso del p.m.  si  pone  in
 contrasto  con  il  dettato  costituzionale ed in particolare con gli
 artt. 10, 11, 76 e 77 Cost. in quanto non rispondente ai  principi  e
 criteri  direttivi  determinati  dalla  legge  delega del 22 febbraio
 1994, n. 146 contenente disposizioni per l'adempimento degli obblighi
 derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee.
   Invero ad avviso di questo pretore le argomentazioni  svolte  dalla
 pubblica  accusa  a  sostegno  della eccezione di incostituzionalita'
 appaiono condivisibili. In primo luogo l'art.  2,  lettera  d)  primo
 periodo, della sopra richiamata legge delega infatti fa espressamente
 salva  la  applicazione  delle  norme penali vigenti (deve intendersi
 ovviamente  all'epoca  della  sua  emanazione),  stabilendo  poi  che
 soltanto   "ove   sia  necessario"  (e  quindi  esclusivamente  nella
 situazione   di   vuoto   normativo)   saranno   previste    sanzioni
 amministrative  e  penali  per  le  infrazioni  alle disposizioni dei
 decreti legislativi delegati.  Risulta conseguentemente configurabile
 uno sconfinamento del Governo dai limiti delle direttive impartitegli
 dal Parlamento  laddove  ha  previsto  come  illecito  amministrativo
 all'art.  52  decreto  legislativo  n.  22/1997 un comportamento gia'
 penalmente sanzionato al momento della emanazione della legge  delega
 del 1994.
   In  secondo  luogo,  ad  avviso di questo pretore, il citato art. 2
 della legge da ultimo richiamata sempre alla lettera d) evidenzia  un
 ulteriore   motivo   di   contrasto   della   norma   sospettata   di
 incostituzionalita' con gli artt. 77  e  76  Cost.  statuendo  quanto
 segue:  "Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente dell'ammenda
 fino a L. 20.000.000 e dell'arresto fino a tre anni, saranno previste
 in via alternativa o congiunta, solo nei casi in  cui  le  infrazioni
 ledano  o  espongano  a  pericolo interessi generali dell'ordinamento
 interno del tipo di quelli tutelati dagli artt. 34 e 35  della  legge
 24  novembre  1981,  n.  689...".  Orbene  non  puo' dubitarsi che la
 predetta normativa in materia di tenuta e compilazione  del  registro
 di  carico  e  scarico nel caso in cui venga disattesa contribuisca a
 determinare la lesione o quanto meno la esposizione a pericolo di  un
 interesse  generale  dell'ordinamento  interno  che  e'  quello della
 tutela dell'ambiente  inteso  "come  un  bene  unitario  distinto  ed
 autonomo dai beni che lo compongono". In realta' la ottemperanza agli
 obblighi, apparentemente solo formali, inerenti ai predetti registri,
 si pone come fondamentale presupposto nella prospettiva del controllo
 e  della corretta gestione di quelle sostanze che per caratteristiche
 di tossicita' e nocivita'  possono  cagionare  se  non  adeguatamente
 classificate   e   trattate,   seri   danni  ambientali.  Tali  norme
 costituiscono quindi il necessario prodromo della  repressione  degli
 abusi in materia ambientale.
   Occorre  sottolineare  inoltre  che  il  richiamo fatto dall'art. 2
 della legge del 1994 agli artt. 34 e 35 della legge  n.  689/1981,  a
 soli   fini   esemplificativi   (la   legge   delega  recita  infatti
 testualmente "interessi generali ...  del  tipo  di  quelli  tutelati
 dagli  artt. 34 e 35 della legge 24 novembre 1981, n. 689"), non puo'
 ovviamente ritenersi preclusivo della individuazione  in  quell'ampio
 concetto  ("interessi  generali") delineato dal legislatore delegante
 delle  disposizioni  normative  in  materia   di   "registrazioni   e
 comunicazioni  concernenti  i rifiuti" dettate sicuramente a garanzia
 del  preminente  interesse  dell'ordinamento  interno   alla   tutela
 dell'ambiente.
   Appare infine utile sottolineare, seppur ad avviso di questo organo
 giudicante  il  rilievo  che  segue  travalica  da  quello  che e' il
 sommario giudizio di rilevanza e  non  manifesta  infondatezza  della
 questione  prospettata  dal  p.m.,  che  la  eventuale  pronunzia  di
 incostituzionalita'  da  parte  del   "giudice   delle   leggi"   non
 configurerebbe   quel  provvedimento  a  carattere  additivo  che  la
 Consulta,  in  forza  di  una  giurisprudenza  consolidata,   ritiene
 eccedente dall'ambito dei propri poteri.
   In  realta'  l'intervento  richiesto  alla Corte costituzionale non
 implicherebbe, nell'ipotesi di dichiarazione di  incostituzionalita',
 la creazione di un precetto penale o l'ampliamento di una fattispecie
 penale gia' definita, ma determinerebbe soltanto la caducazione della
 norma  in  contrasto  con  la carta costituzionale con la conseguente
 reviviscenza del precetto previgente o comunque  con  il  conseguente
 spianamento  della  strada al legislatore per riformulare il predetto
 precetto sulla base dei confini gia' delineati dal  Parlamento  nella
 legge delega.
   Alla  luce  di  quanto  sopra  evidenziato appare pertanto a questo
 pretore non manifestamente infondata  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  52  decreto  legislativo  n.  222/1997 per
 contrasto con l'art. 76 Cost.
   La questione si appalesa poi rilevante in quanto  il  giudizio  non
 puo' essere deciso indipendentemente dalla risoluzione della stessa.
   Non puo' essere infine disposta la separazione delle imputazioni in
 quanto  la  riunione delle stesse appare assolutamente necessaria per
 l'accertamento dei fatti.