LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE
   Ha  emesso  la seguente ordinanza sull'appello r.g. appelli 6574/95
 spedito il 31 gennaio 1995 avverso la sentenza n. 373 settembre  1994
 emessa  dalla  Commissione tributaria provinciale di Roma da: ufficio
 registro di Roma pubblici.
   Controparti: Bracaglia Vittorio, residente  a  Roma  in  via  delle
 Aleutine  136, e Quondamcarlo Costante, residente a Roma in via delle
 Aleutine 151.
   Atti impugnati: avv. di accert.  n.  val.  608279  -  reg  invim  -
 fabbricati.
   L'Ufficio  del registro atti pubblici di Roma impugna la impugna la
 decisione n. 373 settembre 1994 d.d. 28 settembre 1994,  con  cui  la
 sez.  9  della  Commissione  tributaria  di primo grado di Roma aveva
 dichiarato cessata la materia del contendere per avere i contribuenti
 definito per condono la  controversia,  sostenendo  l'erroneita'  del
 decisum  perche'  i  primi  giudici  non si sarebbero accorti che era
 stata definita solo l'INVIM e non anche l'imposta di registro.
   Resiste con memoria il sig. Vittorio  Bracaglia  che  eccepisce  il
 difetto di motivazione dell'avviso di accertamento impugnato.
   All'udienza  del  5  dicembre  1995  questa  sezione  sospendeva il
 giudizio in quanto il coobbligato solidale al pagamento  dell'imposta
 di  registro  sig.  Costante Quondamcarlo aveva presentato istanza di
 definizione della controversia ex art. 53 della legge n. 413/1991.
   Successivamente entrambi i contribuenti nominavano  loro  difensore
 il  consulente  del  lavoro  rag. Oreste Bertucci il quale depositava
 i.d. 5 marzo e i.d. 12 marzo 1997 copia delle ricevute  di  pagamento
 di  quanto  dovuto  per  condono  sia  ai  fini  INVIM  che  ai  fini
 dell'imposta di registro nonche' istanza  per  la  trattazione  della
 controversia in pubblica udienza ex artt. 33 e 34 decreto legislativo
 n. 546/1991.
   In  data 24 marzo 1997, infine, il rag. Bertucci depositava memoria
 difensiva in cui, dopo aver ribadito la legittimita' della sua nomina
 a difensore dei  contribuenti  appellati,  solleva  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 12 comma 2 decreto legislativo
 n. 546/1992 cosi' come modificato dall'art. 69 comma 3 lett. A) e  B)
 del  decreto-legge  n.  331/1993, ulteriormente modificato in sede di
 conversione della legge n. 427/1993 integrato dall'art. 2 comma 1 del
 decreto-legge n. 259/1996 (che sancisce una limitata  competenza  dei
 consulenti  del lavoro) nonche' dell'art. 30, lett. I, della legge n.
 413/1991 per violazione degli artt. 76, 3, 33 comma 5, 4 e  35  della
 Costituzione, chiedendo la sospensione del giudizio e la trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale.
                                Osserva
   Gli  appellati Bracaglia Vittorio e Quondamcarlo Costante risultano
 difesi nel presente giudizio di  appello  dal  rag.  Oreste  Bertucci
 iscritto  all'albo  dei  consulenti  del  lavoro  di Roma al n. 10 in
 virtu' di delega conferita ai  sensi  del  combinato  disposto  degli
 artt.  54  e  23  d.lgs.  31  dicembre  1992  n. 546, resistendo alla
 amministrazione finanziaria  mediante  richiesta  di  conferma  della
 impugnata sentenza.  In via preliminare deve essere rilevata la piena
 ritualita'   della   procura   rilasciata   in  calce  all'avviso  di
 trattazione notificato al contribuente. Deve infatti  ritenersi  atto
 del  processo,  in  relazione  a  quanto  disposto  dal  comma  terzo
 dell'art. 12 decreto legislativo n. 546/1992  l'avviso  di  cui  agli
 artt.  61 e 31 decreto legislativo n. 546/1992, analogamente a quanto
 gia' considerato in giurisprudenza e  in  dottrina  sotto  il  vigore
 della  precedente normativa sul contenzioso tributario (cosi' la nota
 ministeriale 8 ottobre 1957 n. 805120 in Boll. Trib. 1958, 95).
   Oggetto del mandato difensivo per entrambi  gli  appellanti  e'  la
 resistenza   in   giudizio   avverso   l'atto   di  appello  proposto
 dall'Ufficio del registro - atti pubblici di Roma nei confronti della
 decisione di I grado della sez. IX n. 373 settembre  1994  pubblicata
 il  2 dicembre 1994 che, accogliendo la richiesta dei contribuenti ha
 dichiarato cessata la materia del contendere in presenza di  condono.
 L'appello   dell'ufficio  riguarda  l'avvenuta  definizione  mediante
 condono, in presenza di atto di  compravendita  con  accertamento  di
 valore  difforme  rispetto  a quanto indicato nell'atto pubblico, sia
 dell'INVIM che dell'imposta di registro, mentre, in difformita' della
 pronuncia della Commissione  di  I  grado  ritiene  che  la  suddetta
 definizione  possa  riguardare soltanto l'INVIM. Trattasi, dunque, di
 imposte che pacificamente  non  possono  essere  ricomprese  tra  "le
 materie  concernenti  le  ritenute  alla  fonte sui redditi di lavoro
 dipendente ed assimilabili e gli obblighi del  sostituto  di  imposta
 relativo  alla  ritenute  medesime"  cui l'art. 12 d.P.R. 31 dicembre
 1992 n. 546 limita la legittimazione  difensiva  dei  consulenti  del
 lavoro,  a  differenza  di  altre  categorie professionali e di altri
 esperti.
   Poiche'   il   difetto   di   assistenza   tecnica   incide   sulla
 ammissibilita'  della  costituzione  in  appello  dell'appellato, non
 diversamente da quanto avviene per il ricorrente (vedi art. 18 quarto
 comma decreto  legislativo  546/1992)  la  questione,  dell'eventuale
 contrasto  con  norme  costituzionali  e  con  la stessa legge delega
 dell'attuale disciplina dell'assistenza tecnica prevista dall'art. 12
 citato per i consulenti del lavoro, appare preliminare e rilevante ai
 fini della decisione del presente giudizio.
   Gli appellati con la memoria depositata ai sensi degli artt.  61  e
 32  decreto legislativo n. 546 a firma del loro difensore "consulente
 del lavoro rag.  Oreste  Bertucci,  hanno  chiesto  alla  Commissione
 tributaria  regionale  di  ritenere  non  manifestamente infondate le
 questioni di legittimita' costituzionale degli  artt.  30,  lett.  I,
 legge  413/1991  contenente la delega al Governo della Repubblica per
 la riforma del contenzioso  tributario  in  relazione  all'assistenza
 tecnica  nei  relativi  giudizi  e  12 comma 2 decreto legislativo n.
 546/1992,  cosi'  come  modificato  dall'art.  69  decreto-legge   n.
 331/1993  convertito  dalla legge n. 427/1993 e integrato dall'art. 2
 comma 1 lett. A del  decreto-legge  n.  259/1996  con  riferimento  a
 quanto  disposto  dagli  artt.  76,  3,  33,  5 c.p.v., 4 e 35 Cost.,
 allegando da un lato un presunto eccesso di delega operato  dall'art.
 12  citato  in  relazione  dell'art.  30,  lett.  I,  legge  n.  413,
 interpretato dagli appellati come ricomprendente  tra  i  soggetti  a
 competenza difensiva piena anche i consulenti del lavoro, dall'altro,
 nel  caso in cui si voglia riferire allo stesso legislatore delegante
 la volonta' di limitare la competenza dei consulenti del lavoro  alle
 sole  materie  poi richiamate dal legislatore delegato, la violazione
 del principio di uguaglianza e della  obbligatorieta'  della  riserva
 dell'attivita'   professionale  di  difesa  a  soggetti  che  abbiano
 superato  gli  esami  di  Stato  e  che  siano   iscritti   in   albi
 professionali,   specie  con  riferimento  a  esperti  tributari  non
 iscritti ad  alcun  albo  e  abilitati  alla  difesa  dalla  medesima
 normativa  non competenza persino piu' ampia di quella prevista per i
 consulenti del lavoro. Facendo inoltre  riferimento  alla  precedente
 disciplina   processuale   che   riconosceva   la   competenza  senza
 limitazione alcuna dei consulenti del lavoro ai fini della assistenza
 dei contribuenti, gli  appellati  hanno  sostenuto  una  lesione  del
 diritto al lavoro professionale in relazione agli artt. 4 e 35 Cost.,
 conseguente  al  divieto di una attivita' professionale pacificamente
 esercitata quantomeno dal 1981,  data  di  entrata  in  vigore  della
 normativa  che ha riconosciuto ai consulenti del lavoro la competenza
 piena  in  materia,  e'  costituente  ormai  parte   non   secondaria
 dell'attivita' e del reddito della categoria professionale.
   Rilevanti  e  non  manifestamente infondate appaiono - per i motivi
 che   verranno   in   seguito   spiegati   -    le    questioni    di
 incostituzionalita'   sollevate   dagli  appellati  in  relazione  ai
 principi previsti  dagli  artt.  3,  33  e  5  c.  e  4  e  35  della
 Costituzione.
   Deve,  invece,  ritenersi  manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 12 comma 2 d.lgs.  31  dicembre
 1992  n. 546 in rapporto dell'art. 76 Cost. per l'asserita violazione
 dei principi contenuti nella legge delega, art. 30, lett. I, legge n.
 413/1991. Contrariamente, infatti, a quanto  sostenuto  dalla  difesa
 degli  appellati e conformemente alla opinione unanime della dottrina
 (il  breve  tempo  trascorso  dall'entrata  in   vigore   del   nuovo
 contenzioso   tributario   non  consente  di  ravvisare  orientamenti
 giurisprudenziali in materia), l'art. 30, lett. I, della legge delega
 introduce  una  netta  distinzione   tra   le   categorie   abilitate
 all'assistenza tecnica nel giudizio tributario a seconda che trattasi
 di  giudizio  ordinario  o di procedure abbreviate, siano esse quelle
 originariamente previste dall'art.  48  decreto  legislativo  n.  546
 ovvero l'istituto della conciliazione giudiziale introdotto dall'art.
 2  comma  1  del decreto-legge n. 259/1996.   Nel giudizio ordinario,
 ritenuto evidentemente di maggior complessita', la competenza "piena"
 nella difesa viene riconosciuta  solo  alle  categorie  professionali
 degli   avvocati,   procuratori   legali,   dottori   commercialisti,
 ragionieri  e  periti  commerciali   iscritti   nei   relativi   albi
 professionali,  nonche'  ai  soggetti  iscritti in elenchi da tenersi
 presso gli uffici dell'Amministrazione  finanziaria  individuati  con
 decreto  del  Ministro  delle  finanze,  mentre  sono  considerati  a
 competenza limitata gli ingegneri,  gli  architetti,  i  geometri,  i
 periti  edili,  i  dottori agronomi gli agrotecnici e i periti agrari
 nonche' appunto i consulenti del lavoro. Che tale fosse  la  volonta'
 del  legislatore  delegante  emerge  chiaramente dall'art. 78 comma 4
 della stessa legge n. 413/1991 contenente la delega che ha  istituito
 i  centri  di assistenza fiscale e che ha coerentemente (anche se poi
 la ratio appare smentita  dalla  successiva  evoluzione  legislativa)
 disciplinato  il  visto  di  conformita'  a favore dei consulenti del
 lavoro limitatamente agli adempimenti del datore di lavoro  sostituto
 di  imposta.  Non  puo'  pertanto  ritenersi  che  l'art.  12 decreto
 legislativo n. 546 abbia arbitrariamente e in violazione dei principi
 della delega ravvisato le "materie di rispettiva competenza"  di  cui
 all'art.  30,  lett.  I,  relativamente  ai consulenti del lavoro con
 riferimento alle sole materie concernenti le ritenute alla fonte  sui
 redditi  di  lavoro  dipendente  e  assimilabili  e  gli obblighi del
 sostituto di imposta relativi alle ritenute medesime, avendo  invece,
 con tale limitazione, seguito i principi, desumibili come si e' detto
 da  altra  norma,  del  legislatore  delegante.  Se vizio puo' essere
 ravvisato nella normativa vigente, lo stesso, non puo' che colpire la
 stessa legge delega.
   Profili di incostituzionalita' della legge delega e della normativa
 delegata  non  possono   neppure   dedursi,   secondo   il   costante
 orientamento  della  Corte  costituzionale,  dal riconoscimento nella
 normativa che ha  preceduto  la  riforma  del  1992  della  capacita'
 difensiva  piena  nei  giudizi  tributari a favore dei consulenti del
 lavoro.  Non  puo'  infatti  sostenersi   che   non   rientri   nella
 discrezionalita'  del legislatore regolare diversamente il diritto di
 difesa in funzione di un potenziamento del  diritto  medesimo  in  un
 settore  che  da  anni attendeva una regolamentazione piu' puntuale e
 una  maggiore  tutela  del  contribuente,   secondo   quanto   appare
 confermato    dalla    introduzione   del   nuovo   principio   della
 obbligatorieta' dell'assistenza tecnica. Una violazione del principio
 di uguaglianza potra' dunque essere  considerata  non  manifestamente
 infondata   solo   ove   si   dimostri   comparativamente   che  tale
 potenziamento della difesa tecnica non  si  avvenuto,  essendo  stati
 abilitati soggetti o categorie prive dei dovuti requisiti tecnici.
   Si  ritiene,  peraltro,  che  il  sistema  dell'assistenza  tecnica
 nell'odierno contenzioso tributario presenti numerosi profili di  non
 ragionevolezza   sia  con  riferimento  alla  sancita  disparita'  di
 trattamento operata  ai  danni  di  una  categoria  professionale  in
 possesso  di  requisiti  tecnici garantiti da esami di stato a favore
 invece di soggetti non iscritti ad alcun albo professionale  e  privi
 di   qualsiasi   controllo   pubblicistico   sulla   loro   idoneita'
 tecnico-giuridica, sia  in  relazione  alla  medesima  disparita'  di
 trattamento  attuata  ai danni di una categoria professionale che, ai
 fini della difesa del contribuente presenta le medesime  garanzie  di
 professionalita'   e   di   conoscenza  tecnica  di  altre  categorie
 professionali ammesse alla competenza "piena", in primis i ragionieri
 e i periti commerciali. Secondo quanto  e'  stato  esattamente  fatto
 rilevare  dalla  difesa  degli appellati nella mens legis la limitata
 abilitazione  all'assistenza  da  parte  dei  consulenti  del  lavoro
 discende  dalla  ritenuta  limitata  competenza  degli  stessi  nella
 materia fiscale sostanziale e  non  certo  dalla  mancata  conoscenza
 delle norme e dei principi di rito.
   Tale   conclusione  puo'  agevolmente  arguirsi  sotto  il  profilo
 prettamente logico  dal  fatto  che  anche  una  limitata  competenza
 difensiva nel nuovo processo tributario implica la piena conoscenza e
 utilizzazione  di  tutti  gli  istituti  processuali che governano il
 primo e il secondo grado di giudizio, non incidendo in alcun modo  il
 profilo  sostanziale  del  rapporto  tributario  sulla  ampiezza  del
 riferimento alla normativa processuale.
   Anzi l'avvenuto riconoscimento della capacita' difensiva, sia  pure
 limitata,  a  soggetti  che  non  hanno  alcuna  idoneita' tecnica in
 materia giuridica quali i professionisti tecnici, lascia supporre che
 sia del tutto irrilevante ai fini della  scelta  del  legislatore  il
 tecnicismo  del  rito  tributario,  sia  esso  maggiore  o minore del
 passato.  Comunque  sul  punto  non  e'  irrilevante  considerare  la
 conoscenza  del  rito  tributario  quale bagaglio ormai acquisito del
 consulente del lavoro, dopo la scelta legislativa  significativamente
 effettuata con il d.P.R. n.  739/1981 che ebbe a modificare l'art. 30
 d.P.R.  n.  636/1972  riconoscendo  esplicitamente  la competenza dei
 consulenti del lavoro in materia di assistenza tecnica.
   L'esame dell'attuale ordinamento professionale  di  consulenti  del
 lavoro, contenuto nella legge 12 gennaio 1979 n. 12 e della normativa
 fiscale   sostanziale   che   disciplina  la  competenza  in  materia
 tributaria di  tali  professionisti  consente  di  affermare  che  il
 presupposto   che   sembra   essere   all'origine  della  scelta  del
 legislatore  delegante,  di  una  limitata  competenza   in   materia
 tributaria  sostanziale dei consulenti del lavoro, sia errato. L'art.
 2 della legge n. 12/1979, pur prevedendo  quale  attivita'  riservata
 della professione tutti gli adempimenti previsti da norme vigenti per
 l'amministrazione   del   personale   dipendente   riconosce  a  tali
 professionisti la competenza "in  ordine  allo  svolgimento  di  ogni
 altra  funzione  che  sia  affine,  connessa  e  conseguente a quanto
 previsto" relativamente a detta attivita' riservata. In  applicazione
 di  tale  competenza  piu' generale il legislatore tributario ha, con
 pari significativi attribuito il visto in conformita' per  tutti  gli
 adempimenti  fiscali  per  tutti i soggetti IRPEF anche ai consulenti
 del  lavoro,   con   una   evoluzione   legislativa   che   smentisce
 drasticamente   la   tesi  di  una  competenza  limitata  in  materia
 tributaria, riconoscendo un ruolo ai consulenti del lavoro  di  primo
 piano  nella  tutela  del  contribuente  di  fronte agli accertamenti
 fiscali di natura piu' complessa secondo quanto confermano i principi
 giurisprudenziali vigenti in  materia.  E'  sufficiente  a  tal  fine
 ripercorrere  l'iter dell'istituto del visto di conformita' per avere
 la  conferma  di  tale  indiscutibile  competenza,   secondo   quanto
 evidenziato  dall'art.  78 comma 4 legge n. 413/1991 che inizialmente
 limitava la facolta' dei consulenti del lavoro di porre il  visto  ai
 soli adempimenti del datore di lavoro sostituto di imposta, dall'art.
 10  comma  5  ter  legge  14  novembre  1992 n. 438 che ampliava tale
 competenza di carattere sostanziale fino a  ricomprendere  tutti  gli
 adempimenti fiscali dei soggetti IRPEF, dal recentissimo art. 1 comma
 6  d.-l.  26  febbraio 1996 n. 75 che ha praticamente sancito la pari
 competenza in relazione ai compiti di competenza dei  centri  fiscali
 degli  iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri
 liberi professionisti e dei consulenti del lavoro.
   Conferma ulteriore di tale significativo riconoscimento progressivo
 della competenza sostanziale tributaria dei consulenti del lavoro  si
 trae   dall'esame   di   giurisprudenza   della   suprema  Corte  che
 reiteratamente  ha  riconosciuto  la  liceita'  dell'esercizio  della
 consulenza  tributaria  da parte dei consulenti del lavoro in giudizi
 penali in cui si dibatteva della ricorrenza o meno nel caso del reato
 di cui all'art. 348 c.p., nonche' l'inesistenza  in  materia  di  una
 attivita'  riservata a favore della professione di commercialista (v.
 Cass. sez. VI pen. 23 settembre 1993 n. 1093; Cass. sez. VI  pen.  n.
 4276 del 23 aprile 1996, che hanno inquadrato lo svolgimento di detta
 attivita'  come  "affine,  connessa  e  conseguente"  a  quella degli
 adempimenti in materia di lavoro e previdenza sociale).
   Occorre, inoltre, rilevare  che  la  prevalente  giurisprudenza  e'
 orientata   nel   senso   della  odierna  liberta'  della  consulenza
 tributaria nell'ordinamento vigente (v. ad esempio Cass. sez. VI pen.
 6 febbraio 1985 n. 1207 e 20 giugno 1985 n. 6157).
   Il riconoscimento  della  erroneita'  del  presupposto  da  cui  e'
 partito  il  legislatore  del 1991 per sancire la competenza limitata
 dei  consulenti  del  lavoro  nel  processo  tributario  consente  di
 affermare  che  appaiono  di  sospetta  costituzionalita' in rapporto
 all'art. 3 Cost. norme, come quella di  cui  all'art.  30,  lett.  I,
 legge  n.  413/1991  e  12  decreto legislativo 546/1992 in relazione
 all'art. 3 Cost. che attribuiscono  legittimazione  diversa  in  sede
 processuale   a   soggetti   cui   l'ordinamento,   nella  disciplina
 sostanziale nel rapporto tributario, riconosce pari competenza.  Tale
 e'  il  caso delle professioni di commercialista, ragioniere e perito
 commerciale rispetto ai consulenti del lavoro,  la  cui  obbligatoria
 competenza   in  materia  tributaria  e'  riconosciuta  ulteriormente
 nell'ordinamento professionale dalla previsione in sede di  esame  di
 abilitazione  all'esercizio della professione di una prova scritta ed
 una orale che deve "comunque" vertere su diritto tributario.
   Tale sospetta incostituzionalita' diventa  ancora  piu'  palese  in
 presenza  del  recente  riconoscimento  di  una  capacita'  difensiva
 sostanzialmente "piena" (perche'  riguarda  il  90%  dei  tributi)  a
 favore  di  soggetti  che  non  risultano  neppure  iscritti  ad albi
 professionali e che quindi non sono in grado di offrire all'effettivo
 utente  del  sistema  processuale,  cioe'  al  contribuente,   quelle
 garanzie  pubblicistiche  di  idoneita' tecnica che, secondo la Corte
 costituzionale, solo l'esame di cui all'art. 33 quinto comma Cost. e'
 in grado di offrire. La suddetta normativa sembra smentire del  tutto
 i  propositi  di  potenziamento  della  difesa  tecnica  nel giudizio
 tributario che dovevano ispirare il  legislatore  delegante,  secondo
 gli   auspici   della  migliore  dottrina  ed  emergenti  dagli  atti
 parlamentari, rinnegando da un lato  il  principio  di  un  controllo
 pubblicistico sulla idoneita' tecnica del difensore imposto dall'art.
 33   comma  quinto  Cost.,  secondo  la  giurisprudenza  dalla  Corte
 costituzionale formatasi specialmente in occasione  dell'esame  delle
 norme  che  regolano la professione di avvocato e procuratore legale,
 ammettendo  dall'altro  alla  difesa  tecnica  soggetti  iscritti  in
 elenchi   delle   Camere   di   commercio  reiteratamente  dichiarati
 illegittimi dalla giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato sez.  VI
 17 maggio 1993 n. 358 in Cons. Stato, 1993 parte I; 708; T.A.R. Lazio
 sez.  III 30 marzo 1994 n. 718 in Amm. Reg. 1994, 1, 1361).
   Alla  mancanza  del controllo pubblicistico sulla idoneita' tecnica
 di detti soggetti, identificabile soltanto, come  si  e'  detto,  con
 esame   di   stato   sembra  aggiungersi  una  palese  disparita'  di
 trattamento rispetto ad una professione, quale quella del  consulente
 del  lavoro,  da  un  lato,  piu'  garantita perche' inquadrata in un
 ordinamento  professionale  che  prevede  detto   esame   di   stato,
 dall'altro  certamente  con  idoneita'  tecnica  in campo sostanziale
 certamente ben maggiore rispetto ai soggetti di  cui  sopra,  perche'
 riconosciuta dal legislatore fiscale in piu' occasioni, come sopra e'
 stato  ricordato.  Tale  disparita' di trattamento appare ancora piu'
 eclatante ove si consideri la competenza  ancor  piu'  ampia  che  un
 soggetto  ancor  meno  dotato  di  garanzie  viene  ad avere nel rito
 tributario rispetto  al  professionista  consulente  del  lavoro  con
 aspetti  di  macroscopica  illogicita'  ove  il consulente del lavoro
 agisca quale dipendente di una associazione di categoria rispetto  ai
 suoi  colleghi  iscritti all'albo, con competenza piena rispetto alle
 controversie tributarie degli iscritti alla associazione medesima.
   Infine non sembrano manifestamente infondate le osservazioni  della
 difesa  degli  appellati  in  ordine  alla possibile violazione degli
 artt. 4 e 35 Cost.. E' certo,  infatti,  che  da  quasi  20  anni  la
 professione di consulente del lavoro e i relativi studi professionali
 operano in materia di assistenza tributaria in modo non secondario ed
 irrilevante  e  non  si ravvisano nella attuale normativa ragionevoli
 motivazioni per un mutamento di indirizzo, che tra  l'altro,  risulta
 smentito dall'ampliamento, senza alcuna garanzia per il contribuente,
 nei  confronti  di  altri  soggetti  in grado di svolgere l'attivita'
 professionale di difesa del contribuente.
   Conseguentemente debbono ritenersi non manifestamente infondate  le
 questioni di costituzionalita' sollevate dalla difesa degli appellati
 in  rapporto agli artt. 3, 33 quinto comma 4 e 35 Cost. relativamente
 alla legge delega n. 413/1991 art. 30, lett. I, e 12 comma 2  decreto
 legislativo n. 546/1992 nella parte in cui non riconoscono competenza
 "piena"  nella  assistenza  tecnica  dei  contribuenti  nel  processo
 tributario ai consulenti del  lavoro  iscritti  nei  rispettivi  albi
 professionali,  in  presenza  di  pacifica  rilevanza delle questioni
 medesime ai fini della stessa ammissibilita' della costituzione degli
 appellati.