ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  10, primo
 comma, numero 4 e secondo comma (recte: ultimo  comma),  della  legge
 della  regione  Sicilia  20  marzo 1951, n. 29 (Elezione dei deputati
 all'Assemblea regionale siciliana), promosso con ordinanza emessa l'8
 novembre 1996 dal  tribunale  di  Palermo  sul  ricorso  proposto  da
 Vincenzo  Pezzino  contro  Emanuele Di Betta ed altri, iscritta al n.
 1335  del  registro  ordinanze  1996  e  pubblicata  nella   Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  1,  prima serie speciale, dell'anno
 1997;
 @  Visti gli atti di costituzione di Vincenzo Pezzino e  di  Emanuele
 Di Betta, nonche' l'atto di intervento della regione Sicilia;
   Udito  nell'udienza  pubblica del 3 giugno 1997 il giudice relatore
 Piero Alberto Capotosti;
   Uditi gli avvocati Liborio Armao per Vincenzo Pezzino, Guido  Corso
 per  Emanuele  Di  Betta  e  gli avvocati Francesco Torre e Francesco
 Castaldi per la regione Sicilia.
                           Ritenuto in fatto
   1. -   Il tribunale di  Palermo,  adito  per  la  dichiarazione  di
 ineleggibilita'  a  consigliere dell'Assemblea regionale siciliana di
 Emanuele Di Betta, in quanto componente del  Comitato  direttivo  del
 Consorzio  per  l'area  di  sviluppo  industriale  della provincia di
 Agrigento (di seguito:  Consorzio Asi), con ordinanza dell'8 novembre
 1996, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 10, primo comma, numero 4 e  secondo  comma  (recte:  ultimo  comma),
 della  legge  regionale  siciliana 20 marzo 1951, n. 29, e successive
 modificazioni, nella parte in cui stabilisce che non sono  eleggibili
 alla  carica  di  deputato  dell'Assemblea  regionale  siciliana:  "i
 commissari, i liquidatori, i presidenti o componenti di  consigli  di
 amministrazione   ...  di  enti  pubblici  soggetti  per  legge  alla
 vigilanza o tutela della regione, ovvero enti  in  genere  che  siano
 ammessi  a  godere  o  godano  effettivamente  in  via  ordinaria, in
 dipendenza  di  disposizione  di  legge,  o  di  atti  amministrativi
 vincolati, di contributi, concorsi o sussidi da parte della Regione",
 tranne  che,  "in conseguenza di tempestive dimissioni od altra causa
 siano effettivamente  cessati  dalle  loro  funzioni  almeno  novanta
 giorni  prima  del  compimento  di  un  quinquennio  dalla data delle
 precedenti elezioni regionali", in riferimento agli artt. 3, 122 e 51
 della Costituzione.
   2. - I giudici rimettenti, in punto  di  rilevanza,  osservano  che
 Emanuele  Di  Betta  ha  rivestito la carica almeno sino al 20 giugno
 1996 ed il ricorso per la dichiarazione di ineleggibilita'  e'  stato
 tempestivamente  proposto.  Inoltre, deducono che il Consorzio Asi e'
 ente  vigilato  e  non  sussistono,  quindi,  ne'  la  relazione   di
 dipendenza tra regione e Consorzio, ne' la rappresentativita' esterna
 dell'amministratore  che,  secondo  la  giurisprudenza della Corte di
 cassazione, fondano, nella legislazione statale, la previsione di una
 causa di ineleggibilita'.
   La fattispecie sarebbe, quindi, riconducibile  a  quella  regolata,
 per  le  altre  regioni, dall'art. 3, numero 1 della legge n. 154 del
 1981, che stabilisce una mera incompatibilita' fra la cariche.
   La norma in esame prevede, invece, una piu'  restrittiva  causa  di
 ineleggibilita',  benche'  non  sussistano situazioni peculiari della
 regione che possano giustificarla.  A  conforto  di  tale  assunto  i
 giudici  richiamano  la sentenza di questa Corte n. 171 del 1984, che
 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della  norma  in  esame
 limitatamente alla previsione dell'ineleggibilita' dei componenti del
 consiglio   di   amministrazione   degli   enti  ospedalieri  le  cui
 argomentazioni,  a  loro   avviso,   risulterebbero   pertinentemente
 richiamabili in riferimento al caso in esame.
   Dunque,  ad avviso del Tribunale, la norma viola gli articoli 3, 51
 e  122  della  Costituzione,  in  quanto   prevede   una   causa   di
 ineleggibilita',  laddove  la legge statale stabilisce una mera causa
 di incompatibilita', in assenza di situazioni  che  giustifichino  la
 diversita'  di  disciplina, stabilendo una restrizione del diritto di
 elettorato passivo non giustificata da motivi adeguati e ragionevoli.
   3.  -  Nel  giudizio  innanzi  a  questa  Corte  si sono costituiti
 Vincenzo Pezzino, Emanuele Di Betta e la regione Sicilia.
   4. - Vincenzo Pezzino, ricorrente nel giudizio a quo nella  memoria
 di  costituzione  ed in quella depositata in prossimita' dell'udienza
 pubblica, ha chiesto che la questione sia dichiarata non fondata.
   La parte privata sostiene  che,  secondo  la  giurisprudenza  della
 Corte,  la  norma  regionale,  che  disciplina  l'accesso alla carica
 elettiva piu' restrittivamente  di  quella  statale,  deve  ritenersi
 ragionevole,   qualora  sia  diretta  ad  "impedire  il  formarsi  di
 clientele elettorali", in considerazione dell'esistenza di  peculiari
 situazioni  locali,  che, nella specie, sussisterebbero. Il Consorzio
 Asi, a suo avviso, in virtu' delle previsioni contenute  nella  legge
 della  regione  Sicilia  4  gennaio  1984, n. 1, e' ente pubblico non
 economico, ha lo scopo di favorire  gli  insediamenti  di  piccole  e
 medie   industrie,  fruisce  di  contributi  a  carico  del  bilancio
 regionale, e' sottoposto alla vigilanza ed alla tutela dell'Assessore
 regionale  all'industria  e,  quindi,  va   qualificato   come   ente
 strumentale  della  Regione.  Il Comitato direttivo del Consorzio e',
 inoltre,  organo  titolare   di   poteri   particolarmente   intensi,
 astrattamente  idonei  a  consentire  ai suoi membri di esercitare la
 captatio benevolentiae o  il  metus  publicae  potestatis,  ossia  di
 influire  sulla libera manifestazione del voto, rischio peculiarmente
 intenso in una provincia  quale  quella  di  Agrigento,  afflitta  da
 gravissimi problemi occupazionali ed economici.
   Per   siffatti   rilievi,   la   norma  censurata  appare,  dunque,
 ragionevole e non viola le  norme  della  Costituzione  indicate  dal
 tribunale   rimettente,   anche  perche'  la  facolta'  accordata  al
 candidato di rimuovere la causa di  ineleggibilita',  rassegnando  le
 dimissioni  dall'incarico,  consente comunque di escludere l'eccepita
 compressione del diritto di elettorato passivo.
   5. - Emanuele Di Betta,  resistente  nel  processo  di  merito,  ha
 svolto argomentazioni a conforto della tesi sviluppata nell'ordinanza
 di rimessione.
   La  parte  privata sostiene che la norma censurata contrasta con il
 principio   affermato   da   questa   Corte,   secondo    il    quale
 "l'eleggibilita'  e' la norma, l'ineleggibilita' e' l'eccezione" e la
 prima puo', quindi, essere stabilita solo qualora, per  la  posizione
 rivestita  dal  soggetto,  siano  ipotizzabili pericoli di turbamento
 della par condicio tra i candidati e della libera formazione del voto
 dell'elettore.  L'identita'  dei  poteri  degli  amministratori   dei
 Consorzi  Asi  in  Sicilia  e  nelle  altre  regioni  non giustifica,
 infatti, la diversa disciplina di fattispecie identiche.  La  carica,
 peraltro,   neppure   consente   di  influire  sulla  liberta'  della
 competizione  elettorale,  anche  in  considerazione  della  limitata
 competenza  territoriale del Consorzio e della circostanza che, nella
 specie, l'ente opera in una zona pressoche' priva di industrie ed ha,
 quindi, un'utenza limitata.
   Il resistente deduce, altresi',  che  la  correttezza  di  siffatta
 conclusione  non  e' inficiata dalle decisioni della Corte (ordinanza
 n. 16 del 1989; sentenza n. 127 del 1987) che hanno, rispettivamente,
 affermato la legittimita'  della  previsione  dell'ineleggibilita'  a
 deputato  all'Assemblea regionale del Presidente dell'Ente acquedotti
 siciliano (Eas) ed a consigliere provinciale o comunale in comuni con
 oltre 25.000 abitanti degli amministratori e revisori dei conti degli
 enti pubblici economici. La Corte ha, infatti, qualificato  il  primo
 ente come "dipendente" dalla regione, relazione che, anche secondo la
 legislazione  statale,  integra  una causa di ineleggibilita', ma non
 sussiste per il Consorzio Asi, che e' solo "vigilato" dalla prima. In
 ogni caso, anche qualora lo si riconduca  tra  gli  enti  dipendenti,
 comunque   l'amministratore   del   Consorzio  Asi  non  puo'  essere
 assimilato al presidente dell'Eas, sia per la diversita'  dei  poteri
 connessi  alle  due  cariche,  sia per la diversita' della competenza
 territoriale dei due organismi.
   6. - La regione Sicilia ha chiesto che la questione sia  dichiarata
 infondata.
   La  resistente,  sintetizzate  le  finalita' cui mirano le cause di
 ineleggibilita' ed incompatibilita', deduce che ne' la prima  ne'  la
 seconda  determinano un sacrificio del diritto di elettorato passivo.
 Entrambe possono, infatti, essere rimosse  da  un  atto  di  volonta'
 dell'interessato,  si  differenziano solo quanto al tempo in cui deve
 essere dismessa la carica ed il legislatore regionale  puo'  comunque
 legittimamente  stabilire l'una o l'altra, in difformita' dalle norme
 della legislazione statale, purche' la scelta  sia  sorretta  da  una
 valida giustificazione, rinvenibile nel caso in esame.
   Il  legislatore  siciliano,  osserva  testualmente  la  regione, ha
 infatti "considerato rischioso, per la liberta' e la genuinita' delle
 elezioni in  Sicilia,  lasciare  in  carica  amministratori  di  enti
 pubblici  regionali  impegnati  ad  assicurarsi il seggio di deputato
 regionale", analogamente peraltro a quanto  previsto  in  riferimento
 alla  fattispecie disciplinata dall'art. 24, primo comma, della legge
 regionale n. 212 del 1979, giudicata legittima  dalla  Corte  con  la
 sentenza n. 127 del 1987.
   La  ratio  della  norma  deve  essere  individuata  nel "realistico
 apprezzamento dello specifico ambiente in cui le  elezioni  regionali
 siciliane  sono  destinate  a svolgersi" e nell'inopportunita' di una
 norma di contenuto analogoa quella statale  per  una  regione  che  -
 secondo    le   testuali   affermazioni   della   resistente   -   e'
 "tradizionalmente improntata dalla prassi del  clientelismo  e  della
 sopraffazione elettorale, in un contesto degradato dalla interferenza
 mafiosa".
   Il  richiamo al principio dall'art. 3 della Costituzione, ad avviso
 della regione, e'  inesatto,  per  la  diversita'  delle  situazioni,
 derivante  dalla  peculiarita'  della  "realta' storica, culturale ed
 ambientale dell'isola", che ha fondato  il  riconoscimento  in  norme
 costituzionali   della   potesta'  legislativa  primaria  in  materia
 elettorale, finalizzata a porre in condizioni  di  eguaglianza  tutti
 coloro   che   aspirano   alla   carica  di  deputato  regionale.  La
 disposizione  e',  quindi,   anche   conforme   all'art.   51   della
 Costituzione,  secondo quanto affermato dalla Corte nella sentenza n.
 130 del 1987 e, soprattutto, nell'ordinanza n.  16 del 1989,  che  ha
 dichiarato  manifestamente  infondata  la  questione  di legittimita'
 costituzionale della norma censurata e quindi consente  di  pervenire
 ad identica soluzione nel caso in esame.
   7.  - Le parti costituite, nel corso della discussione orale, hanno
 insistito nelle conclusioni rassegnate nelle difese scritte.
                         Considerato in diritto
   1. -   La questione di legittimita'  costituzionale  sollevata  con
 l'ordinanza  in  epigrafe riguarda l'art. 10, primo comma, numero 4 e
 secondo comma (rectius: ultimo comma) della legge regionale siciliana
 20 marzo 1951, n. 29 (Elezione dei deputati  all'Assemblea  regionale
 siciliana),  come  modificato  dall'art.  1  della legge regionale 13
 luglio 1972, n. 33 e dall'art. 33 della  legge  regionale  6  gennaio
 1981,  n.  6,  nella  parte in cui stabilisce che non sono eleggibili
 alla  carica  di  deputato  dell'Assemblea  regionale  siciliana   "i
 commissari,  i  liquidatori, i presidenti o componenti di consigli di
 amministrazione....    di  enti  pubblici  soggetti  per  legge  alla
 vigilanza  o  tutela  della  regione, ovvero enti in genere che siano
 ammessi a  godere  o  godano  effettivamente  in  via  ordinaria,  in
 dipendenza  di  disposizione  di  legge,  o  di  atti  amministrativi
 vincolati, di contributi, concorsi o sussidi da parte della regione",
 salvo che, "in conseguenza di tempestive dimissioni  od  altra  causa
 siano  effettivamente  cessati  dalle  loro  funzioni  almeno novanta
 giorni prima del  compimento  di  un  quinquennio  dalla  data  delle
 precedenti elezioni regionali".
   Ad  avviso del giudice rimettente, la norma denunciata viola l'art.
 3 della Costituzione, in quanto stabilisce, anche se  non  sussistono
 situazioni  peculiari  ed  esclusive  della  Sicilia,  una  causa  di
 ineleggibilita', diversamente dall'art. 3 della legge 23 aprile 1981,
 n. 154, che prevede invece una mera causa di incompatibilita' tra  la
 carica  di  consigliere  regionale e quella di amministratore di ente
 vigilato dalla regione, quale,  secondo  lo  stesso  giudice  a  quo,
 sarebbe  il  Consorzio  Asi.  La  stessa  norma,  secondo  il giudice
 rimettente, viola altresi'  l'art.  51  della  Costituzione,  perche'
 limita  il  diritto  di  elettorato  passivo,  in  assenza  di motivi
 adeguati e ragionevoli,  finalizzati  alla  tutela  di  un  interesse
 generale  e  contrasta  infine  con l'art. 122 della Costituzione, in
 quanto stabilisce una causa di ineleggibilita' in luogo di una  causa
 di incompatibilita'.
   2.  -  La  questione  non  e'  fondata,  in  riferimento ai profili
 prospettati.
   Preliminarmente  va  rilevato  che  non  spetta  a   questa   Corte
 qualificare  la  natura  giuridica  del  Consorzio Asi in oggetto, in
 presenza di un'ordinanza di  rimessione  che,  utilizzando  i  comuni
 canoni  ermeneutici  e  con  motivazione  specifica non implausibile,
 sostiene la tesi della natura di ente vigilato del Consorzio  stesso.
 D'altra  parte,  la  Corte  ha gia' affermato in altra occasione, con
 riguardo alla locuzione "ente dipendente", di cui alla legge  n.  154
 del  1981,  che  "spetta al giudice ordinario l'interpretazione della
 norma, mentre questa Corte ha la funzione di  porre  a  confronto  la
 norma   nel   significato   comunemente  attribuitole  o  assegnatole
 dall'interprete con i precetti costituzionali invocati" (sentenza  n.
 280 del 1992).
   3.  -  Cio'  premesso,  va  innanzi tutto osservato che, secondo il
 costante indirizzo di  questa  Corte,  l'ordinamento  costituzionale,
 prevedendo  che  il  sistema  dell'ineleggibilita'  nelle  Regioni ad
 autonomia particolare, sia regolato da leggi  speciali,  regionali  o
 statali,  consente  una  regolamentazione  differenziata (tra le piu'
 recenti, sentenza n. 162 del 1995), dato che altrimenti si priverebbe
 il potere legislativo della sua stessa ragion d'essere  (sentenza  n.
 130 del 1987).
   Tale regolamentazione differenziata delle cause di ineleggibilita',
 del resto, appare tanto meno discriminatoria, ove si consideri che la
 potesta'  legislativa  della  regione  Sicilia,  per  quanto concerne
 l'elezione dell'Assemblea regionale, e' particolarmente  ampia.  Essa
 infatti,  ai  sensi  dell'art.  3  dello  statuto, ha natura primaria
 (sentenza n. 20 del 1985), che specificamente  comporta  il  vincolo,
 anche  in  una materia, come quella dell'elezione dell'assemblea, non
 disciplinata  direttamente  dalla  Costituzione,  "al  rispetto   dei
 principi  ricavabili dalla Costituzione stessa in materia elettorale"
 e  non  gia'  a  seguire  i  principi  e  tanto  meno  le  specifiche
 disciplinedelle  leggi  elettorali  delle Camere (sentenza n. 372 del
 1996). Oltre tutto, il principio di eguaglianza  non  puo'  ritenersi
 vulnerato   dalla  mera  diversita'  di  disciplina  delle  cause  di
 ineleggibilita', qualora "tale diversita' di disciplina sia  sorretta
 da  motivi  adeguati  e  ragionevoli,  finalizzati  alla tutela di un
 interesse generale" (ex plurimis: sentenze n. 162 del 1995 e  n.  539
 del   1990)  o  comunque  correlati  a  condizioni  peculiari  locali
 (sentenza n. 539 del 1990).
   Nell'ambito di tali interessi  o  situazioni,  che  debbono  essere
 congruamente  e ragionevolmente apprezzati dal legislatore siciliano,
 non solo puo' essere annoverato  il  rischio  che  l'esercizio  della
 carica  in  questione  possa  determinare  indebite  influenze  sulla
 competizione  elettorale  e  comunque  alterare  la  autenticita'   o
 genuinita' del voto mediante la captatio benevolentiae degli elettori
 (sentenza  n.  539 del 1990, ordinanza n. 16 del 1989), ma puo' anche
 essere annoverato l'obiettivo di garantire il corretto andamento  dei
 pubblici uffici ricoperti dagli aspiranti candidati; e questo proprio
 perche' il naturale carattere bilaterale dell'ineleggibilita' finisce
 con  il  tutelare,  attraverso il divieto a candidarsi in determinate
 condizioni, non solo la carica per la quale l'elezione  e'  disposta,
 ma  anche la carica il cui esercizio e' ritenuto incompatibile con la
 candidatura in questione.
   Non e' infatti irragionevole che  la  cura  degli  interessi  della
 comunita'  regionale,  i  quali  hanno carattere di "specialita'" per
 espresso  riconoscimento   dell'ordinamento   costituzionale,   possa
 giustificare  la  necessita' di mantenere piu' rigorosamente separati
 compiti e funzioni propri di un determinato  ufficio  pubblico  dalla
 candidatura  al  mandato  elettivo.  Si  tratta  naturalmente  di una
 valutazione che,  ove  non  irragionevole,  rientra,  nei  limiti  di
 esplicazione  della  relativa  potesta',  nella  discrezionalita' del
 legislatore regionale, per una migliore garanzia  dell'autonomia  sul
 piano politico-istituzionale.
   Tutto  cio',  del  resto, trova un'ulteriore conferma nel fatto che
 anche lo stesso legislatore statale ha stabilito per la Valle d'Aosta
 l'ineleggibilita'  degli  amministratori  degli  enti  sottoposti   a
 vigilanza  della Regione (art. 6, primo comma, lettera e) della legge
 3 agosto 1962, n. 1257 e successive modificazioni).
   In   questa   ottica,   la   rilevanza   specifica   dell'attivita'
 dell'ufficio  pubblico  ricoperto,  ai  fini  dell'apprezzamento  del
 legislatore siciliano nel configurare i vari casi di ineleggibilita',
 puo' anche essere desunta dalla  particolare  vicenda  relativa  alla
 norma  impugnata,  che  fu  modificata  con legge regionale 13 luglio
 1972, n. 33, la quale sottrasse alla originaria categoria degli enti,
 i cui amministratori dovevano considerarsi ineleggibili,  quelli  che
 svolgevano   attivita'  culturali,  sportive,  di  culto,  sindacali,
 sanitarie (queste ultime poi reinserite nell'elenco originario  dalla
 legge  6  gennaio  1981,  n.  6),  di  beneficenza  ed assistenza, di
 rappresentanza     del    movimento    cooperativistico;    attivita'
 probabilmente non ritenute tali da  coinvolgere,  diversamente  dagli
 altri  casi,  interessi  regionali,  la  cui  cura, in relazione alle
 specifiche condizioni della regione, dovesse comunque  comportare  la
 piu' rigorosa separazione con la candidatura al mandato elettivo.
   4. - Nel quadro di tali principi appare pertanto non ingiustificata
 la preoccupazione che l'amministratore di un ente, quale il consorzio
 Asi,  versi  in  una  situazione che possa determinare il pericolo di
 alterazioni della par condicio elettorale. Neppure  e'  irragionevole
 che  il  legislatore siciliano abbia ritenuto opportuno assicurare la
 separazione tra la candidatura all'Assemblea regionale e la carica di
 amministratore degli  enti  in  questione,  in  considerazione  della
 particolare rilevanza sia degli interessi affidati a quegli enti, sia
 dell'intervento  regionale su di essi. Questi intenti del legislatore
 siciliano in ordine alle cause che giustificano  la  restrizione  del
 diritto di elettorato passivo provano dunque l'infondatezza dei dubbi
 di  costituzionalita'  relativi sia all'art. 3, sia all'art. 51 della
 Costituzione.
   E' altresi' infondata la censura nella parte in cui si  dubita  del
 contrasto  della  norma  con  l'art.  122  della  Costituzione.  Tale
 disposizione, infatti, non disciplina i casi  di  ineleggibilita'  ed
 incompatibilita'  alla  carica  di  consigliere  regionale,  ma  solo
 stabilisce nella materia una riserva di  legge  che  -  relativamente
 alla regione Sicilia - non e' una riserva di legge statale, cosicche'
 non  e'  in  alcun  modo  violata  dalla  norma  oggetto del presente
 giudizio.