LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
   Ha  emesso  la seguente decisione sul ricorso n. 1245/94 presentato
 il 3 ottobre 1994  (avverso:  car.  esattoriale  n.  33876,  Irpef  +
 Ilor/89)  da:  D'Archivio  Dante,  residente  a:  Pescara  in: via R.
 Paolini, 10, contro l'Ufficio imposte dirette di Pescara.
 Oggetto della  domanda,  svolgimento  del  processo  e  motivi  della
 decisione
                            LA COMMISSIONE
   Visto  il  ricorso  spedito  a mezzo raccomandata in data 5 gennaio
 1993  dal  dott.  Alessandro  Annibali,   procuratore   speciale   di
 D'Archivio  Dante, avverso la cartella di pagamento emessa dal Centro
 di servizio delle  imposte  dirette  di  Pescara,  relativa  all'anno
 d'imposta 1989;
                                Osserva
   Il  ricorrente,  nei  confronti  del  quale  il  Centro di servizio
 imposte dirette di Pescara ha provveduto alla emissione del ruolo  in
 base  alla  liquidazione  della  dichiarazione dei redditi per l'anno
 1989, indicato dallo stesso contribuente a  norma  dell'art.  80  del
 decreto  del Presidente della Repubblica n. 917/1986, come modificato
 dall'art.  8 del d.-l. 2 marzo 1989, n. 69 che dispone che le imprese
 ammesse al regime di  contabilita'  semplificata  e  con  ricavi  non
 superiori  a  lire  diciottomilioni determinino il reddito imponibile
 applicando ai ricavi i coefficienti  di  redditivita'  fissati  dallo
 stesso  articolo,  elevandolo  da  lire 6.172.000 di reddito negativo
 (perdita) a lire 15.797.000 di reddito positivo, solleva la questione
 di legittimita' costituzionale degli articoli 79 ed  80  del  decreto
 del Presidente della Repubblica n. 917/1986.
   A  sostegno  di  tale  assunto parte ricorrente argomenta che per i
 soggetti in regime di  contabilita'  semplificata  le  norme  per  la
 formazione  del  conto economico sono sostanzialmente uguali a quelle
 dei soggetti in regime di contabilita' ordinaria, per cui il  reddito
 e' determinato dalla contrapposizione di costi e ricavi, mentre per i
 minimi  si  applicano  i  coefficienti  di  redditivita'  determinati
 forfettariamente
  in mancanza di costi analitici che le  imprese  marginali  non  sono
 obbligate   a   dichiarare   fino   al   superamento  del  limite  di
 diciottomilioni di lire di ricavi.
   Ritenuto che l'art. 2 della legge n. 825/1971  "delega  legislativa
 al  Governo  della  Repubblica  per la riforma tributaria", di cui al
 decreto del  Presidente  della  Repubblica  n.  917/1986  costituisce
 attuazione,  statuisce,  al  sedicesimo  comma,  il  principio  che i
 redditi derivati da imprese commerciali vengano  determinati  secondo
 criteri di adeguamento al reddito imponibile calcolato con i principi
 di competenza economica e cio' in base alle scritture contabili (cfr.
 diciottesimo comma stessa norma).
   Orbene,  la  normativa sopra richiamata (artt. 79 ed 80 decreto del
 Presidente della Repubblica n. 917/1986) introduce un  meccanismo  di
 determinazione  automatica del reddito, in difformita' con i principi
 ed i criteri direttivi della legge delega e cio' in palese  contrasto
 con  l'articolo 76 della Costituzione. La stessa normativa (artt.  79
 ed 80 decreto del Presidente della  Repubblica  n.  917/1986)  impone
 invero  al  ricorrente  di dichiarare un reddito minimo quantunque in
 presenza di una perdita di esercizio, astraendo  dalla  tenuta  della
 contabilita'  semplificata,  violando  cosi' manifestamente, a parere
 del Collegio, non solo i principi informatori della legge delega,  ma
 anche  l'art.  53  della  Costituzione  che  fissa  il criterio della
 capacita' contributiva.
   Appare in conseguenza  evidente  che  il  legislatore  delegato  ha
 esorbitato  da  limiti  e  confini  ben precisi demarcati dalla Carta
 costituzionale e dalla legge delega, anche perche' nel caso di specie
 la questione di  legittimita'  costituzionale  e'  rappresentata  dal
 fatto  che  il  ricorrente,  attraverso  la documentazione contabile,
 dimostra il non conseguimento del reddito presunto ex lege.
   Tutto cio' premesso si ravvisa l'esigenza di  sottoporre  all'esame
 della Corte costituzionale la questione dianzi dibattuta.