IL PRETORE A scioglimento della riserva di cui all'udienza 19 febbraio 1997 ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa promossa da Rigobon Massimo + 19, ricorrenti, contro Ente Poste italiane, resistente, avente ad oggetto: trasformazione di rapporti di lavoro a termine in rapporti a tempo indeterminato. I ricorrenti sopraepigrafati con distinti ricorsi poi riuniti ex art. 151 d. att. c.p.c. hanno promosso contro l'Ente Poste italiane controversie di lavoro perche' venisse accertata e dichiarata l'instaurazione tra le parti di un rapporto a tempo indeterminato. Tutti infatti erano stati assunti a tempo determinato, dopo la trasformazione dell'ente convenuto in ente pubblico economico e, quindi, con contratti di diritto privato, e allegavano variamente o l'assenza dei presupposti stabiliti dalla legge ovvero previsti dal contratto collettivo, o vizi di forma nelle proroghe, o, ancora, reiterazioni non consentite di contratti a termine in rapida successione. Di conseguenza invocavano l'applicazione dell'art. 2 legge 18 aprile 1962, n. 230 che prevede la trasformazione dei contratti a termine non regolari in contratti a tempo indeterminato. Nelle more del giudizio veniva emanato il d.-l. 1 ottobre 1996, n. 510, conv. in legge 28 novembre 1996, n. 608, che all'art. 9 comma 21 prevede che "le assunzioni di personale con contratto di lavoro a tempo determinato effettuate dall'ente ''Poste italiane'', a decorrere dalla data della sua costituzione e comunque non oltre il 30 giugno 1997, non possono dar luogo a rapporti di lavoro a tempo indeterminato e decadono allo scadere del termine finale di ciascun contratto". Appare evidente la rilevanza della norma sopravvenuta nel presente giudizio, in quanto la sua applicazione reciderebbe in radice le questioni portate all'esame di questo pretore, comportando il rigetto delle domande. Il chiaro tenore letterale della citata disposizione la pone come norma imperativa, cosicche' non puo' opporsi, come prospettato dalla difesa di alcuni ricorrenti, che la previsione della contrattazione collettiva, in quanto piu' favorevole al lavoratore e riproduttiva della normativa privatistica in materia di contratto a termine, comunque prevarrebbe. Le questioni di legittimita' costituzionale sollevate dai ricorrenti in ordine a tale norma non risultano manifestamente infondate. Si puo' osservare come la mera trasformazione "nominalistica" dell'azienda di Stato in ente economico non vanifichi le ragioni che motivavano legittime deroghe alla normale disciplina del rapporto a tempo determinato. Peraltro non puo' dirsi manifestamente infondato, e quindi non puo' essere rimesso alla soluzione di questo giudice, il dubbio che una disciplina eccezionale del rapporto a termine per un unico ente pubblico economico non trovi ragionevole giustificazione e violi quindi l'art. 3, comma primo, Cost., ponendo in deteriore posizione i dipendenti dell'Ente Poste rispetto a tutti gli altri lavoratori di enti pubblici economici. La disposizione denunciata, per di piu', autorizza assunzioni a tempo determinato senza alcuna previsione di circostanze particolari che giustifichino il ricorso al lavoro a termine, in contrasto con quanto stabilito anche per il settore pubblico e per lo stesso Ente Poste prima della trasformazione in ente pubblico economico (legge 14 dicembre 1965, n. 1376, d.P.R. 31 marzo 1971, n. 276, cfr. Corte cost. 3 marzo 1986, n. 40). Inoltre il decreto-legge n. 510/1996 dichiara retroattivamente la inapplicabilita' dell'art. 2 della legge n. 230/1962 in casi in cui gli elementi costitutivi della fattispecie di conversione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato erano ormai perfezionati. Un tale intervento su diritti acquisiti pare violare sia l'art. 3 che l'art. 35 Cost., in quanto la nuova disposizione, incide su situazioni sostanziali poste in essere nella vigenza di precedente normativa e frustra l'affidamento nella sicurezza giuridica, elemento fondamentale dello Stato di diritto (Corte cost. 10 febbraio 1993, n. 39, 23 novembre 1994, n. 397), colpendo proprio i lavoratori, la cui tutela ha specifico rilievo costituzionale (art. 1, 35 Cost.). I caratteri transitori e di generalizzata "sanatoria" nonche' la concomitanza con l'instaurazione di controversie "seriali" in materia (cfr. ord. pret. Genova, 16 ottobre 1996 in Gazzetta Ufficiale - prima serie speciale - n. 49 del 4 dicembre 1996), fanno infine sorgere il sospetto che l'intervento legislativo sia stato intenzionalmente diretto ad incidere su giudizi in corso, ledendo la funzione giurisdizionale e violando gli artt. 101, 102 e 104 della Costituzione (Corte cost. 19 gennaio 1995, n. 15).