LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO
   Ha pronunciato in data 21 ottobre 1988 la seguente decisione  nella
 vertenza tributaria tra: Velardi Ivana, via Garibaldi, 36 - Mignanego
 appellante/appellato,  contro  IRPEF/ILOR  anno: ufficio distrettuale
 imposte dirette - Sampierdarena 1983 appellato/appellante.
   Sentito il relatore, visti gli atti;
   Letto l'appello della contribuente e la memoria dell'ufficio;
   Sentito  il  contribuente  Velardi  Ivana   regolarmente   convocto
 rappresentato da avv. Marongiu, via Dessie, 2, giusta delega esibita;
   Sentito il rappresentante dell'ufficio.
   La  Commissione  tributaria  di secondo grado di Genova, sezione 9,
 nelle persone dei signori:  dott.  Gianfranco  Bonetto  (Presidente),
 geom.  Masini  e  prof.  Franco  De  Longis  (componenti), riunita in
 collegio giudicante per decidere sul ricorso rubricato sub.  n.  2755
 di  protocollo  generale  e  proposto  in  data  10 agosto 1987 dalla
 signora Velardi Ivana, residente nel comune  di  Mignanego  (Genova),
 via   Garibaldi   n.  36,  avverso  la  decisione  della  Commissione
 tributaria di primo grado di Genova, del 15 maggio 1987, con  cui  la
 stessa  aveva  dichiarato  irricevibile  il  ricorso  proposto  dalla
 contribuente avverso accertamento a suo  carico  ai  fini  IRPEF/ILOR
 1983, per intempestivita', ha pronunziato la seguente ordinanza.
   In  data 10 agosto 1987 la contribuente presentava ricorso a questa
 Commissione di secondo grado, per vedere annullata la decisione della
 Commissione tributaria di primo grado di Genova del 15 maggio 1987,
  con cui il suo ricorso veniva respinto  per  intempestivita',  senza
 che la Commissione entrasse nel merito della  controversia.
   La   Commissione   tributaria   di   primo   grado,   rilevato  che
 l'accertamento fu notificato in data 20 maggio 1986, ed il ricorso fu
 presentato il 30 dicembre  1986,  lo  ha  ritenuto  irricevibile  per
 tardivita', in violazione dell'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n.
 636,  che stabilisce che il ricorso va proposto entro sessanta giorni
 dalla sua notifica. Benche' la notifica dell'avviso  di  accertamento
 fosse   stata   consegnata  al  marito,  convenuto,  pur  concernente
 soltanto la rettifica dei redditi della coniuge, svolgente  altra  ed
 autonoma  attivita',  la  Commissione tributaria   di primo grado, ha
 ritenuto la notifica legittima,  perche'  effettuata  in  conformita'
 all'art.  17 della legge  13 aprile 1977, n. 114.
   Il  gravame,  in  appello,  e'  invece,  motivato  con  richiamo al
 presente contrasto dell'art. 17 della legge 13 aprile 1977,  n.  114,
 con  gli  artt.  3 e 24 della Costituzione italiana. Nell'emettere la
 propria decisione, ex  art.  37  del  decreto  del  Presidente  della
 Repubblica  n.  636/1972, questa Commissione rileva come non appaiano
 manifestatamente infondati i dubbi di incostituzionalita' del  quarto
 comma,  art.  17 della legge 13 aprile 1977, n. 114, con  riferimento
 agli artt. 3 e 24 della Costituzione italiana.
   La Commissione di primo grado ha dichiarato irricevibile il ricorso
 per intempestivita', in quanto presentato il 30 dicembre 1986  contro
 un atto di accertamento notificato il 20 maggio 1986.
   Peraltro:
     1)  i  due  coniugi  Bruno  Raso  e  Ivana  Velardi, che svolgono
 attivita'  economiche   distinte,   presentarono   la   dichiarazione
 congiunta dei redditi;
     2)  l'ufficio  delle  imposte,  che ha rettificato i soli redditi
 della moglie, ha notificato un solo atto di accertamento al marito.
   Questi essendo i fatti, la tesi della moglie (appellante) e' che ad
 essa non puo' essere opposta la tardivita' del ricorso  (per  decorso
 del  termine di sessanta giorni) perche' detto termine, non essendole
 stata notificata una copia dell'accertamento che recava la  rettifica
 del  reddito  dichiarato,  non e' neppure iniziato a decorrere con la
 conseguente tempestivita' del ricorso proposto.
   Non si ignora che contro l'interpretazione qui  prospettata  sembra
 militare la lettera della legge.
   Ma  non si puo' sottacere che essa va letta ed applicata anche alla
 luce del disposto delle norme costituzionali.
   Al riguardo si ricorda che, dopo la dichiarazione di illegittimita'
 costituzionale del c.d. cumulo dei redditi (avvenuta  nel  1976),  il
 legislatore,  nel  ridisciplinare  la  materia,  diede  ai coniugi la
 facolta' di presentare la dichiarazione congiunta dei redditi.
   La legge statui' che:
     a) e' in facolta' dei coniugi, non legalmente  ed  effettivamente
 separati,  presentare  su un unico modello la dichiarazione unica dei
 redditi di ciascuno di essi;
     b) i  coniugi  sono  responsabili  in  solido  per  il  pagamento
 dell'imposta,  sopratasse,  pene  pecuniarie  e  interessi iscritti a
 ruolo a nome del marito;
     c) che gli accertamenti in rettifica sono effettuati a  norme  di
 entrambi i coniugi e notificati al solo marito (cosi' l'art. 17 della
 legge 13 aprile 1977, n. 114).
   Orbene,  questa  essendo  la  disciplina,  pare a chi scrive che se
 logico e coerente (rispetto ad a) e' quanto si   statuisce  al  punto
 b),  assolutamente  incoerente rispetto a) e b) e quanto si statuisce
 sub c).
   E' insegnamento assolutamente pacifico e consolidato  che,  secondo
 la  disciplina  dettata dal codice civile, nell'obbligazione solidale
 non v'e' un rapporto  solo,  ma  una  pluralita'  di  vincoli,  o  di
 rapporti  obbligatori  (rel.  min.  n.  597),  i quali sono collegati
 dall'interesse comune che hanno i vari debitori o creditori. Percio',
 sempre per il principio della pluralita' dei vincoli, la solidarieta'
 non richiede identita' di modalita' tra le obbligazioni; una di  esse
 puo'  essere  sottoposta  a  termine  o  a  condizione  e l'altra no.
 Inoltre,  non  si  ha  bisogno  di  chiamare  in  giudizio  tutti   i
 condebitori  per farsi pagare da uno di essi l'intero (esclusione del
 liticonsorzio necessario:  Cass. 28 giugno 1950, n. 1688,  in    Foro
 it., Mass. 1950, 349).
   Questa  natura  dell'obbligazione solidale spiega anche perche', se
 uno  dei  condebitori  o  dei  creditori  solidali  compie  un   atto
 pregiudizievole  per  gli  atri,  gli effetti dell'atto stesso non si
 comunicano: si estendono, invece, gli effetti favorevoli. Quindi,  il
 pagamento  fatto  da  uno  dei  condebitori solidali libera tutti: la
 rinunzia alla prescrizione fatta da uno dei condebitori solidali  non
 ha  effetto  riguardo  agli altri (art. 1310, ultimo comma; v. anche,
 artt. 1305, 1309).
   Lo stesso principio di applica ai fatti verificatisi  in  confronto
 di   un   debitore  o  di  un  creditore  solidale,  per  esempio  la
 costituzione in mora di uno dei debitori in  solido  non  ha  effetto
 riguardo  agli  altri  (art.  1308  cod. civ. anche artt. 1300, 1301,
 1302,  1303);   eccezionalmente,   peraltro,   l'interruzione   della
 prescrizione  nei  confronti di uno vale contro tutti (art. 1310 cod.
 civ.). Inoltre, la sospensione della  prescrizione,  in  quanto  essa
 costituisce   conseguenza   sempre   di   una   situazione  giuridica
 particolare al soggetto nel cui favore e' disposta  (per  esempio  il
 minore), non si comunica.
   Altro  effetto  del  principio  della  pluralita'  dei  vincoli  e'
 l'inopponibilita' delle eccezioni personali agli altri    (art.  1297
 cod. civ.).
   Orbene,  se l'obbligazione solidale va concepita e ricostruita come
 una pluralita' di obbligazioni quanti sono i  soggetti  debitori,  ne
 consegue  che ognuno   dei soggetti condebitori deve essere informato
 del contenuto dell'obbligazione medesima.
   In  altre  parole  se  il  legislatore  puo'  meglio  garantire  il
 soddisfacimento   della  pretesa  del  creditore  statuendo  che  "il
 creditore possa pretendere l'intero da uno quualsiasi dei debitori il
 quale, dopo  avere  pagato,  dovra'  rivolgersi  ai  condebitori  per
 ottenere  da  ciascuno il rimborso della sua parte e questa regola si
 chiama solidarieta' passiva" (cosi' Trimarchi, Istituzioni di diritto
 privato,  Milano,  Giuffre',  1981,  pag.  402),   ebbene   tutti   i
 condebitori debbono essere informati della possibilita' del creditore
 di agire sul patrimonio di uno qualunque di essi.
   E  questa  informazione,  nel  settore fiscale, puo' essere attuato
 solo notificando  a  ciascuno  dei  condebitori  solidali  l'atto  di
 accertamento che reca la pretesa del fisco.
   Una   regola   che   (come   l'art.   17)   sancisce  l'opposto  e'
 intrinsecamente  contradditoria  con  l'affermata  esistenza  di   un
 vincolo  solidale  tra  il  marito e la moglie che abbiano provveduto
 alla dichiarazione congiunta.
   Una norma quale e' quella dettata dall'art. 17 della legge  n.  114
 del  1977  suscita,  quindi,  ineluttabilmente  dubbi di legittimita'
 costituzionale.
   E sotto piu' profili.
   In  primo  luogo  per  apparente  constrasto  con  l'art.  3  della
 Costituzione  che sancisce e garantisce il principio di uguaglianza e
 vieta ogni discriminazione  fondata  sul  sesso  e  sulle  condizioni
 personali.
   E il dubbio e' di palmare evidenza.
   La  legge  infatti  statuisce  la solidarieta' passiva tra marito e
 moglie ma impone di notificare l'atto che rende concreto tale vincolo
 al solo coniuge maschio.
   Ne'  puo'  dirsi,  specie  oggi,  che  tale  regola  trova  la  sua
 giustificazione  nella constatazione che i redditi sono prodotti solo
 dall'uomo e quindi anche gli atti di accertamento interessano solo il
 sesso maschile.  Si obietta che se anche mediamente fosse  cosi',  la
 regola sarebbe egualmente incostituzionale.
   E si soggiunge che nei fatti non e' piu' cosi' perche' centinaia di
 migliaia sono le donne che lavorano (in tutti i settori) e che quindi
 hanno  un diritto, costituzionalmente garantito, a conoscere in prima
 persona se il fisco ha rettificato  i  redditi  da  esse  denunciati.
 Puo'  infatti  accadere,  come  e'  accaduto  proprio  nella presente
 controversia, che i redditi rettificati  siano  quelli  della  moglie
 (imprenditrice).
   Si  avrebbe,  quindi,  l'assurda  situazione per la quale la moglie
 deve sottoscrivere la dichiarazione per assumersi la  responsabilita'
 di cio' che dichiara in proprio e per assumerla solidalmente per cio'
 che dichiara  il marito, ma, a differenza di questi, non ha diritto a
 conoscere  direttamente  l'atto che reca la rettifica di cio'  che ha
 dichiarato||
   In secondo luogo, la norma pare contrastare  con  l'art.  24  della
 Costituzione che garantisce il diritto di difesa.
   E'  evidente  che,  sancire  una  responsabilita'  solidale tra due
 soggetti ed imporre la notifica dell'atto che reca il debito dell'uno
 e non all'altro, significa rendere difficile e aleatorio  il  diritto
 alla  difesa del soggetto non notificato, che viene a dipendere dalla
 solerzia, dalla cortesia,  dall'interesse  del  notificato  (che,  in
 ipotesi, per essere divenuto assolutamente incapiente puo' essere del
 tutto  indifferente  alla rettifica del coobbligato piu' facoltoso ed
 agli esiti della solidarieta').
   Si pensi che, proprio per cio', il Consiglio di  Stato,  nella  sua
 attivita'  di  consulenza, ha imposto all'amministrazione finanziaria
 di notificare anche ai soci della societa' di  persone  gli  atti  di
 accertamento  che  attengono alle societa' stesse (ancorche' soggetto
 dell'attivita' di rettifica sia la societa' e non il socio).
   Ma queste considerazioni sono tanto piu' vere e fondate se riferite
 ai coniugi.
   La legge concede, infatti, all'amministrazione un termine lungo per
 la rettifica della dichiarazione.
   Orbene, proprio tra i coniugi, in cinque anni, possono  verificarsi
 mutamenti di affetti e di sentimenti antitetici a quelli esistenti al
 momento in cui i due avevano pre sentato la dichiarazione congiunta.
   Ed e' facile immaginare quale arma di pressione, puo' costituire la
 criticata  regola  fiscale  a favore del coniuge maschio (che avrebbe
 l'onere dell'informazione) e a sfavore del  coniuge  femmina,  specie
 quanto  l'una,  la  seconda,  sia  piu'  benestante  del  primo  che,
 dall'affermata solidarieta', in concreto, nulla abbia a temere.
   In conclusione, la regola,  come  dettata  dalla  legge  ed  intesa
 dall'amministrazione,  sembra  porsi  in  radicale  contrasto con gli
 artt. 3 e 24 della Costituzione.
   La soluzione dei dubbi interpretativi  di  cui  sopra  si  delinea,
 ovviamente, rilevante ai fini della determinazione della soluzione da
 darsi  alla  vertenza  instauratasi  nel caso di specie con l'ufficio
 delle imposte,  impedendosi  altrimenti,  di  fatto,  ogni  possibile
 facolta' di difesa alla contribuente.