IL PRETORE
   Ha  pronunziato in data 27 maggio 1997, la seguente ordinanza nella
 causa civile iscritta  al  n.  405/1995  del  registro  generale  tra
 Crescenzo Immacolata rappresentati e difesi dal dott. proc. M. Gallo,
 ricorrenti   e  l'I.N.P.S.,  in  persona  del  legale  rappresentante
 pro-tempore,  rappresentato   e   difeso   dall'avv.   R.   Grimaldi,
 resistente.
   Con  ricorso  depositato  il  24  gennaio 1994 Crescenzo Immacolata
 premettendo di essere titolare di pensione diretta e di  pensione  di
 reversibilita',  chiedeva  al  pretore,  in  funzione  di giudice del
 lavoro, di dichiarare il suo diritto al ricalcolo della  pensione  di
 reversibilita'  in misura del 60% della pensione spettante al coniuge
 deceduto, comprendendo nel calcolo anche l'integrazione al minimo  da
 quest'ultimo   percepita,  o  che  costui  avrebbe  avuto  diritto  a
 percepire, cosi' come  statuito  dalla  sentenza  n.  495  del  29-31
 dicembre   1993  della  Corte  costituzionale;  chiedeva  inoltre  di
 condannare l'I.N.P.S.   al  pagamento  in  suo  favore  dei  relativi
 importi.
   Si  costituiva  l'I.N.P.S.  nel  termine di cui all'art. 416 c.p.c.
 eccependo l'avvenuta decadenza della parte ricorrente dal  potere  di
 proporre l'azione giudiziaria, la prescrizione del diritto vantato, e
 comunque  la  carenza  di  prova in ordine ai fatti costitutivi della
 domanda.
   Nelle more del giudizio veniva promulgata dal Parlamento  la  legge
 23  dicembre  1996  n.  662,  che  all'art.  1,  commi 181, 182 e 183
 introduceva nuove  regole,  applicabili  anche  ai  giudizi  pendenti
 all'entrata  in  vigore della predetta legge, con la sola preclusione
 del giudicato, per il pagamento da parte degli istituti previdenziali
 delle  somme  maturate  fino  al  31  dicembre  1995  in  conseguenza
 dell'applicazione delle sentenze n. 495 del 1993 e n. 240 del 1994.
   All'udienza  del  27  maggio  1997,  il  procuratore dei ricorrenti
 sollevava questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi
 181, 182 e 183 della legge n. 662/1996, in riferimento agli artt. 24,
 3 e 38 della Costituzione nei termini che appresso si riportano.
   1) In primo luogo ravvisava il contrasto del comma 181  con  l'art.
 3 della Costituzione, nella parte in cui stabilisce che "il pagamento
 delle  somme  maturate  fino  al  31  dicembre  1995  sui trattamenti
 pensionistici  erogati  dagli  enti  previdenziali  interessati,   in
 conseguenza    dell'applicazione    delle    sentenze   della   Corte
 costituzioriale n. 495 del 1993 e n.  240  del  1994,  e'  effettuato
 mediante  assegnazione  agli  aventi  diritto  di  titoli  di  Stato,
 sottoposti  allo  stesso  regime  tributario  dei  titoli  di  debito
 pubblico,  aventi  libera circolazione. Tale pagamento avviene in sei
 annualita' ...", asseriva infatti che tale disciplina realizza  sotto
 un  duplice  aspetto una deroga al diritto comune delle obbligazioni,
 innanzitutto  perche'  consente  all'ente  tenuto  al   rimborso   di
 estinguere  il  proprio  debito  in  sei  annualita',  precludendo al
 creditore la possibilita' di  esigere  tempestivamente  l'adempimento
 dell'obbligazione  nella  sua  interezza, ed in secondo luogo perche'
 prevede che il rimborso  delle  somme  in  questione  sia  effettuato
 mediante  assegnazione  agli aventi diritto di titoli di stato aventi
 libera circolazione, legittimando cosi' l'estinzione  delle  relative
 obbligazioni  mediante  una  datio  in  solutum,  a  prescindere  dal
 consenso del creditore.   Ad avviso del  procuratore  dei  ricorrenti
 tale  sistema di adempimento e' inidoneo a realizzare un'immediata ed
 integrale ricostituzione del patrimonio del creditore, e per di  piu'
 dotato  di  un carattere aleatorio in relazione alle oscillazioni che
 si verificano nel mercato dei titoli di Stato, e  tale  situazione  e
 tanto piu' grave quando si pensi che i destinatari di tale sistema di
 adempimento  coincidono  con l'area piu' svantaggiata dei pensionati,
 essendo titolari del diritto all'integrazione al trattamento minimo.
   2) Sosteneva inoltre la ravvisabilita' di un contrasto  tra  l'art.
 3  della  Costituzione  ed  il  comma  182 dell'art. 1 della legge n.
 662/1996,  nella  parte  in  cui  quest'ultimo  dispone  che   "nella
 determinazione   dell'importo   maturato  al  31  dicembre  1995  non
 concorrono gli interessi e la rivalutazione  monetaria",  in  quanto,
 essendo  ormai  assodato  il  diritto alla rivalutazione monetaria ed
 agli interessi legali in favore del titolare del diritto ad  ottenere
 una  prestazione  di  natura  previdenziale, appare illogico sancirne
 l'esclusione  nei  confronti  di  talune  categorie  di  crediti;  in
 particolare  appare  ingiustificata  la disparita' di trattamento che
 viene a verificarsi nei confronti dei destinatari della  disposizione
 legislativa   in   discorso,   che   appartengono   a  fasce  sociali
 svantaggiate.
   3) In relazione al comma 182 ravvisava il contrasto con  gli  artt.
 3  e  38  della  Costituzione,  nella parte in cui stabilisce che "il
 pagamento delle somme arretrate di cui al comma 181  spetta  ai  soli
 soggetti interessati e ai loro superstiti aventi titolo alla pensione
 di  reversibilita' alla data del 30 marzo 1996; affermava infatti che
 tale norma, escludendo gli eredi dalla possibilita'  di  azionare  il
 diritto  al rimborso spettante ai soggetti individuati dalle sentenze
 n.  495/1993   e   240/1994,   ha   effettuato   una   ingiustificata
 discriminazione,  resa  ancora piu' marcata dal fatto, obiettivamente
 riscontrabile, che i soggetti destinatari dei rimborsi sono tutti  di
 eta'  avanzata;  la norma in esame, inoltre, se posta in relazione al
 comma  181, che dispone che il pagamento "avviene in sei annualita'",
 appare poi in contrasto con l'art. 38 della  Costituzione  in  quanto
 abilita l'ente debitore a corrispondere la somme dovute ai pensionati
 in  lungo  margine  di tempo, senza tener conto che l'elevata eta' di
 questi ultimi rende probabile il  verificarsi  di  numerosi  decessi,
 prima  che  sia  intervenuto l'integrale pagamento, e senza che alcun
 diritto possa trasmettersi agli eredi, con il  risultato  pratico  di
 esonerare  in  molti  casi  l'ente  dal  pagamento  della prestazione
 previdenziale.
   4) Infine prospettava il possibile contrasto con  l'art.  24  della
 Costituzione  del  comma  183, norma che dispone: "I giudizi pendenti
 alla data di entrata in vigore della presente legge aventi ad oggetto
 le questioni di cui ai commi 181 e 182  del  presente  articolo  sono
 dichiarati  estinti  d'ufficio  con  compensazione delle spese tra le
 parti. I provvedimenti giudiziari non  ancora  passati  in  giudicato
 restano  privi  di  effetto". Asseriva infatti che intanto puo' dirsi
 ammissibile,   e   compatibile   con   il   disegno   costituzionale,
 l'intervento  del  legislatore  nel processo teso a definirne l'esito
 attraverso  la  declaratoria  di  estinzione,  quando  la  situazione
 soggettiva di cui sono titolari gli interessati risulti, anche se non
 pienamente  soddisfatta,  comunque  arricchita dalla nuova previsione
 normativa; nel caso di specie, invece, la nuova normativa ha  escluso
 che  sugli  importi  maturati  fino al 31 dicembre 1995 in favore dei
 pensionati interessati possano essere computati gli interessi  legali
 e    la    rivalutazione   monetaria,   nonostante   la   consolidata
 interpretazione giurisprudenziale di senso  contrario,  menomando  in
 maniera   pregnante   il  diritto  di  difesa  degli  interessati,  e
 sottraendo la controversia al controllo giurisdizionale.
   Ritiene questo pretore che la questione di costituzionalita'  cosi'
 sollevata  dal  procuratore  ricorrenti,  oltre che rilevante al fine
 della definizione del presente  giudizio,  in  quanto  esso  riguarda
 proprio,  come  sopra  si e' esposto, la materia che e' oggetto della
 pronuncia della Corte costituzionale n.  495/1993,  poi  disciplinata
 dall'art.  1,  commi  181, 182 e 183, della legge 23 dicembre 1996 n.
 662, non sia manifestamente infondata per tutti  i  rilievi  poc'anzi
 riferiti  ai punti 1), 2), 3) e 4), sia singolarmente considerati che
 nel loro complesso.