IL CONSIGLIO DELLA MAGISTRATURA MILITARE Nel procedimento disciplinare n. 3/1997 a carico del dott. Antonino Intelisano, riunito in camera di consiglio, ha emesso la seguente ordinanza. Il Consiglio, d'ufficio, solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 3 e 4, della legge 30 dicembre 1988, n. 561, il quale non prevede che le decisioni disciplinari nei confronti dei magistrati militari siano adottate da apposita sezione disciplinare del C.M.M. e non prevede la possibilita' di sostituzione dei componenti dello stesso Consiglio impediti, astenuti o ricusati. All'udienza di trattazione del procedimento del 4 giugno 1997 sono stati sentiti sulla questione il difensore ed il Procuratore generale militare i quali hanno concluso per la manifesta infondatezza. Ritenuto La questione e' rilevante, considerato che essa investe la stessa fonte normativa da cui discende la composizione dell'odierno giudice del procedimento disciplinare e la legittimazione a conoscere e decidere in ordine ai fatti oggetto di incolpazione; ed invero ove la tesi sostenuta dalla difesa dell'incolpato dovesse risultare fondata e, pertanto, si dovesse ritenere che il C.M.M., in sede disciplinare, non puo' decidere se non con la partecipazione di tutti i suoi membri, il Collegio nella composizione odierna non sarebbe regolarmente costituito per l'assenza di due componenti. Quanto alla non manifesta infondatezza, il Consiglio si riporta, innanzitutto, alla motivazione della sentenza della Corte costituzionale n. 71 del 22 febbraio-1 marzo 1995 con la quale si riconosce la natura giurisdizionale della funzione disciplinare esercitata dal C.M.M a causa dell'equiparazione della Magistratura militare a quella ordinaria (art. 1, legge 7 maggio 1981, n. 180) ed in ragione della esigenza di salvaguardare, anche per questo giudice speciale, la scelta legislativa "per un procedimento disciplinare che si esprime nei modi e nelle forme, quindi con le garanzie proprie della giurisdizione". Cosi' la Corte delle leggi ribadisce che "la condizione dei magistrati militari e' oggi del tutto assimilata, per stato giuridico, garanzie di indipendenza (omissis) a quella dei magistrati ordinari". Per questa generale esigenza di garanzia, con la legge n. 561/1988 si istitui' il C.M.M., prendendo a modello il C.S.M., definendone attribuzioni e procedure mediante il rinvio a quelle previste per l'organo di garanzia dell'indipendenza della magistratura ordinaria, considerate - evidentemente - le piu' idonee a dare concreta attuazione al disposto dell'art. 108 Cost. Sicche' e' ragionevole ritenere che proprio la natura sanzionatoria delle "pene disciplinari" che "sono destinate ad incidere sullo stato della persona" e "sulla sua sfera lavorativa", richiedendo il massimo rispetto possibile di garanzie in tutto il procedimento disciplinare fino al giudizio, debba illuminare sulla necessita' che la legge assicuri la massima effettivita' possibile del principio di indipendenza del magistrato militare, non sottraendogli alcuna garanzia che sia apprestata nei confronti del magistrato ordinario sottoposto a procedimento disciplinare. Non v'e' dubbio che la previsione normativa nella materia, riguardante i magistrati ordinari, che prevede un'apposita sezione disciplinare composta da componenti effettivi e supplenti, assicurando l'invariabilita' numerica del Collegio, realizzi un sistema diverso e maggiormente garantista di quello che deriva dalla legge istitutiva del C.M.M. che pure espressamente prevede all'art. 1, comma 3 che "il procedimento disciplinare nei confronti dei magistrati militari e' regolato dalle norme in vigore per i magistrati ordinari", riconoscendo, cosi', anche per questo aspetto, l'esigenza di principio prevista dall'art. 108 della Costituzione, ma non dandone concreta e totale attuazione. Infatti, la normativa del C.S.M. non e' applicabile - stante l'esistenza di una disciplina speciale sul punto ed il diverso numero dei componenti del C.M.M. - ne' per quanto riguarda la istituzione della sezione disciplinare ne' per la previsione di membri supplenti. Per valutare il livello di fondatezza della questione sollevata, soccorre il c.d. principio di ragionevolezza. Va da se', infatti, che la soluzione e' piu' agevole quando la Carta costituzionale segnali essa stessa il fine o la ratio che deve presiedere alla emanazione di una certa legge. Se invece - come nel caso in esame - non e' possibile il richiamo ad una particolare norma costituzionale, la mancanza di omogeneita' di talune previsioni normative ordinarie puo' essere valutata in rapporto all'art. 3, comma 1 della Costituzione, assunto quale "parametro" in un giudizio di eguaglianza a natura relazionale che non si svolge piu' in uno schema binario - confronto fra la norma impugnata e il parametro costituzionale richiesto - bensi' su tre termini: la norma impugnata, il principio costituzionale di eguaglianza e il tertium comparationis, in rapporto al quale possa dirsi che la differenziazione normativa all'esame sia ragionevole o arbitraria, provvista o carente di adeguato fondamento giustificativo, e quindi conforme o difforme rispetto alla disposizione dell'art. 3 della Costituzione. Se e' cosi', sembra al C.M.M. che il raffronto tra le due normative ordinarie (quella del C.M.M. e quella del C.S.M. in materia disciplinare) che devono ispirarsi allo stesso valore costituzionale, denunci un fondato dubbio di irragionevolezza per violazione del principio di uguaglianza portato dall'art. 3 della Costituzione. Il tertium comparationis, individuato nell'art. 4 della legge 24 marzo 1958, n. 195, consente di dubitare della coerenza delle norme positive impugnate rispetto al rimanente sistema legislativo, con un sospetto che il diverso trattamento normativo delle analoghe situazioni - magistratura ordinaria e magistratura militare nei procedimenti disciplinari - sia irragionevole. Al sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 va percio' disposta l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, va ordinata la sospensione del presente procedimento e vanno demandate alla segreteria le notifiche e le comunicazioni di rito.