IL CONSIGLIO DELLA MAGISTRATURA MILITARE Nel procedimento disciplinare n. 2/1997 a carico del dott. Bruno Rocchi, riunito in camera di consiglio, ha emesso la seguente ordinanza. Con atto depositato il 6 maggio 1997 il difensore del dott. Rocchi ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1, commi 3 e 4, legge 30 dicembre 1988, n. 561 e 2, comma 1, lett. b) del d.P.R. 24 marzo 1989, n. 158, in relazione agli artt. 3 e 108 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono che le decisioni disciplinari nei confronti dei magistrati militari siano adottate da apposita sezione disciplinare del C.M.M. e, comunque, nella parte in cui non prevedono la possibilita' di sostituzione dei componenti dello stesso Consiglio, in funzione di giudice disciplinare, che siano impediti, astenuti o ricusati. Osserva il difensore che l'art. 105 della Costituzione stabilisce che spetta al Consiglio superiore della magistratura l'adozione dei provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario. La legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla Costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura), in attuazione del dettato costituzionale, prevede all'art. 4 che ".... la cognizione dei procedimenti disciplinari a carico dei magistrati e' attribuita ad una sezione disciplinare, composta di nove componenti effettivi e di sei supplenti". La nomina dei componenti supplenti della sezione disciplinare, come e' evidente, serve a fronteggiare i casi di impedimento, astensione o ricusazione dei componenti effettivi e il successivo art. 6 della legge citata stabilisce le modalita' di sostituzione per tali ipotesi. La natura di organo giurisdizionale della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura e indubbia, ed e stata oggetto di conferma da parte di numerose decisioni sia della stessa sezione, sia delle sezioni unite della Corte di cassazione. Considerando la legge istitutiva dell'Organo di autogoverno della magistratura militare, si rilevano immediatamente delle diversita' di disciplina che contrastano con il dettato costituzionale e non trovano alcuna giustificazione nella limitatezza dell'organico e nel conseguente diverso assetto organizzativo della magistratura militare. L'art. 1, comma 3, della legge 30 dicembre 1988, n. 561 prevede per il C.M.M. le stesse attribuzioni del Consiglio superiore della magistratura, "... ivi comprese quelle concernenti i procedimenti disciplinari, sostituiti al Ministro di grazia e giustizia e al procuratore generale presso la Corte di cassazione, rispettivamente, il Ministro della difesa e il procuratore generale militare presso la Corte di cassazione". La stessa disposizione stabilisce che il procedimento disciplinare nei confronti dei magistrati militari e' regolato dalle norme in vigore per i magistrati ordinari e che il procuratore generale militare presso la Corte di cassazione esercita le funzioni di pubblico ministero e non partecipa alle deliberazioni. Gia' tali previsioni evidenziano chiare difformita' di disciplina rispetto a quanto stabilito per i magistrati ordinari. Infatti, non e' prevista una sezione disciplinare e le decisioni disciplinari sono adottate dallo stesso Consiglio della magistratura militare, privato di uno dei suoi componenti, cioe' del Procuratore generale militare presso la Corte di cassazione, cui sono affidate le funzioni di pubblico ministero. Nessuna disposizione particolare e' dettata per l'adozione delle decisioni disciplinari e neppure e' contemplata l'ipotesi dell'astensione o ricusazione dei componenti del C.M.M., nonostante l'espresso richiamo alla normativa in tema di procedimento disciplinare per i magistrati ordinari, che prevede tali eventualita' espressamente ed anche attraverso il rinvio alle norme sui dibattimenti penali (art. 34 r.d.lgs: 31 maggio 1946, n. 511). Data la diversa composizione della Sezione disciplinare del C.S.M. rispetto a quella del C.M.M. in sede disciplinare, invero, non sarebbero dovute mancare specifiche previsioni per tali ipotesi. Ne' d'altra parte, e' possibile colmare la lacuna applicando le norme previste per il C.S.M. - in virtu' del richiamo di cui all'art. 7 del d.P.R. n. 158/1989 - non essendovi all'evidenza, le condizioni per tale estensione. Siffatta difformita' di disciplina e' del tutto priva di giustificazione ed e' cosi' marcata da determinare un'evidente disparita' di trattamento. Applicando le disposizioni vigenti, infatti, un magistrato militare - diversamente da quello ordinario - puo' essere giudicato da un giudice disciplinare a costituzione "variabile", giacche' in conseguenza di eventuali impedimenti, astensioni o ricusazioni dei componenti del Consiglio non e' possibile provvedere a sostituzioni. Cio' puo' comportare l'ulteriore eventualita' che decisioni disciplinari in diversi procedimenti nei confronti di diversi magistrati militari promanino da Collegi disciplinari con ineguale numero di componenti. La Sezione disciplinare, come si e' ricordato sopra, ha natura di organo giurisdizionale e, pertanto, deve operare come collegio "perfetto" (o reale), con la conseguente impossibilita' di adottare decisioni in assenza di alcuno dei suoi componenti e con l'ineludibile necessita' di predisporre criteri e modalita' per la sostituzione. Il Consiglio della magistratura militare avendo competenza in materia disciplinare per i magistrati militari, ha parimenti natura di organo giurisdizionale, come peraltro espressamente riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 71 del 22 febbraio-1 marzo 1995. In tale decisione, il giudice delle leggi ha affermato, tra l'altro, che per il C.M.M. "... la giurisdizionalita' della funzione disciplinare trova radicamento in quella gia' prevista per la magistratura ordinaria, cui anche la magistratura militare, ormai ad essa pienamente equiparata, accede". Il difensore conclude osservando che proprio il principio affermato dalla Corte costituzionale evidenzia il contrasto, costituzionalmente illegittimo tra la normativa prevista per la sezione disciplinare del C.S.M. e quella stabilita per il C.M.M. in funzione di giudice disciplinare. All'udienza di trattazione del procedimento del 2 giugno 1997 sono stati sentiti sulla questione il difensore ed il procuratore generale militare i quali hanno concluso rispettivamente per l'accoglimento e per il rigetto.