LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE
   Ha  emesso la seguente ordinanza su ricorso proposto da Nardi Maria
 Elisa, rappresentata e difesa dal dott. Zucchi Claudio, con studio in
 Ornavasso, via A. Di Dio n. 44.
   Nardi Maria Elisa, residente in Ornavasso, vicolo  dell'Aia  n.  4,
 rappresentata  e  difesa  giusta  procura  speciale dal dott. Claudio
 Zucchi, con studio in Ornavasso, via A. Di Dio  n.  44,  con  ricorso
 depositato in data 12 aprile 1977 impugnava alcune iscrizioni a ruolo
 aventi  per  oggetto  contributo  sanitario  nazionale  e imposta sul
 reddito delle persone fisiche per  il  1992  e  il  1993  e  relativi
 interessi  e  soprattasse  per complessive L. 11.889.000 e chiedeva a
 questa commissione tributaria, ai  sensi  dell'art.  47  del  decreto
 legislativo  n. 546/1992, la sospensione delle impugnate iscrizioni a
 ruolo e, nel merito, di "dichiarare la  spettanza  all'esonero  dalla
 minimum tax della ricorrente".
   Questa  commissione  tributaria, all'udienza del 7 maggio 1997, con
 sua ordinanza sospendeva l'esecuzione degli atti impugnati e  fissava
 per la trattazione della controversia l'udienza odierna.
   L'Ufficio  imposte  dirette  di  Verbania in data 13 maggio 1997 si
 costituiva  in  giudizio  presentando  proprie  deduzioni  e   alcuni
 documenti  e  chiedendo  il  rigetto  del ricorso e la condanna della
 ricorrente al pagamento delle spese processuali.
   In   particolare   l'anzidetto    Ufficio    tributario    eccepiva
 l'impossibilita'  per  la  ricorrente di impugnare, in riferimento al
 "Contributo  diretto  lavorativo",  la  decisione  della  commissione
 provinciale  di  Novara  e,  in  riferimento al "Contributo sanitario
 nazionale", il difetto di giurisdizione delle commissioni  tributarie
 sulle relative controversie e, a sostegno della sua difesa, produceva
 due  sentenze  (sentenza  n.  1  e 2/1997) emesse da altra sezione di
 questa stessa commissione tributaria.
   La decisione del presente ricorso, a  parere  di  questo  collegio,
 deve   essere   preceduta   dalla   soluzione  di  una  questione  di
 legittimita' costituzionale.
   La ricorrente non e' "difesa" da  un  avvocato  ma  da  un  dottore
 commercialista  il quale, indubbiamente, in base alla disposizione di
 cui  al  secondo  comma  dell'art.  12  del  decreto  legislativo  n.
 546/1992,  e'  compreso tra i tanti soggetti abilitati all'assistenza
 tecnica dinanzi alle commissioni tributarie.
   Ma questo collegio, i cui componenti non esercitano la  professione
 forense,  dubita  della  legittimita'  costituzionale  dell'anzidetta
 norma e la relativa questione e' rilevante ai fini della  definizione
 della  causa  in  quanto  concerne  la  costituzione  delle  parti in
 giudizio e, in particolare, lo jus postlandi del difensore.  E  cio',
 ovviamente,  ma e' opportuno evidenziarlo, a prescindere dal "valore"
 del suddetto professionista, il quale, peraltro,  potrebbe  "vantare"
 di  aver  ottenuto  l'accoglimento  dell'istanza di sospensione degli
 atti impugnati.
   La natura giurisdizionale delle commissioni tributarie  (organi  di
 giurisdizione  amministrativa  speciale),  oggi pacificamente ammessa
 dalla dottrina e dalla giurisprudenza, e' stata il risultato  di  una
 lunga e lenta evoluzione legislativa (ved. sent. Corte costituzionale
 n. 50/1989).
   Cio'  spiega,  ma  non  giustifica,  la  deroga apportata prima con
 l'art.  30, terzo comma, del d.P.R.  n.  636/1972  e  successivamente
 confermata  anche  con l'art. 12 del decreto legislativo n. 546/1992,
 al principio generale concernente il patrocinio davanti  a  qualsiasi
 giurisdizione speciale.
   Stabilisce,  infatti,  la norma di cui all'art. 7, primo comma, del
 r.d.-l. 27 novembre 1933, n. 1578, convertito nella legge 22  gennaio
 1934,   n.   37   "ordinamento   delle   professioni  di  avvocato  e
 procuratore", che "davanti  a  qualsiasi  giurisdizione  speciale  la
 rappresentanza,  la  difesa  e  l'assistenza  possono  essere assunte
 soltanto da un avvocato ovvero da un procuratore assegnato ad uno dei
 tribunali del distretto della Corte d'appello e  sezioni  distaccate,
 nel quale ha sede la giurisdizione speciale".
   Invece,  la  norma di cui al citato art. 12 del decreto legislativo
 n. 546/1992, con la disposizione di cui al  secondo  comma,  consente
 l'assistenza  tecnica  davanti  alle  commissioni tributarie non solo
 agli avvocati, ma anche ad una vasta categoria  di  soggetti,  alcuni
 dei quali, presumibilmente, senza alcuna preparazione giuridica o con
 una  preparazione  giuridica  del  tutto  insufficiente  ed altri non
 iscritti  in  alcun  albo  professionale   (dottori   commercialisti,
 ragionieri,  consulenti  del lavoro, ingegneri, architetti, geometri,
 periti  edili,  dottori   agronomi,   tributaristi,   dipendenti   di
 associazioni di categorie o di imprese) e, con la disposizione di cui
 al sesto comma, consente agli anzidetti soggetti la facolta' di stare
 in giudizio personalmente.
   La  norma  anzidetta manca di "ragionevolezza" -- per eccesso e per
 difetto -- per eccesso, perche' consente anche a  persone,  prive  di
 preparazione  giuridica,  di  assistere e rappresentare contribuenti;
 per difetto,  perche'  non  comprende  altri  soggetti  indubbiamente
 preparati nelle discipline giuridiche.
   E  tra  coloro  che,  a  ragione, potrebbero dolersi per non essere
 stati compresi tra gli "abilitati" all'assistenza tecnica, vi sono di
 certo i notai, i quali sono professionisti  di  elevata  preparazione
 giuridica,  i  revisori contabili, non meno affidabili di tanti altri
 professionisti ritenuti "idonei",  i  praticanti  procuratori  legali
 (rectius  avvocati),  gli  ex  giudici  tributari e l'elenco potrebbe
 continuare.
   L'anzidetta disposizione (art. 12, comma 2, del decreto legislativo
 n. 546/1992), nella parte in cui  non  riserva  l'assistenza  tecnica
 davanti  alle  commissioni  tributarie  agli  avvocati,  e' di dubbia
 legittimita' costituzionale in relazione agli artt. 3,  primo  comma,
 (ragionevolezza  ed  eguaglianza),  e  24, secondo comma, (diritto di
 difesa) della Costituzione.
   La difesa, solennemente  garantita  dalla  Costituzione  (art.  24,
 secondo comma), deve essere "effettiva" e non e' tale se il difensore
 manca della necessaria preparazione giuridica.
   Le  norme  che  regolano  il  patrocinio  davanti  alle commissioni
 tributarie mancano di ragionevolezza e non danno adeguata  attuazione
 al citato principio.
   Ne' potrebbe addursi, per giustificare un patrocinio cosi' diffuso,
 una   presunta,   ma   non  dimostrata,  "semplicita'"  del  processo
 tributario perche' anche nel processo tributario,  specialmente  dopo
 la riforma introdotta con il decreto legislativo n. 546/1992, vi sono
 oneri  e  termini  da  osservare  a  pena  di  decadenza  e  la parte
 soccombente  puo'  essere  condannata  al   pagamento   delle   spese
 processuali etc.
   E'  notorio  che  molti  degli  "abilitati"  all'assistenza tecnica
 davanti alle commissioni tributarie, esclusi ovviamente gli avvocati,
 pur essendo, non di rado,  ottimi  professionisti  al  di  fuori  del
 "processo",  mancano  della necessaria preparazione giuridica, quanto
 meno nel diritto processuale, con conseguenze facilmente prevedibili.
   Costoro, molto piu' opportunamente  e  piu'  utilmente,  potrebbero
 svolgere,   nelle  materie  di  rispettiva  competenza,  funzioni  di
 consulente tecnico per conto del contribuente o nell'interesse  della
 giustizia.
   La  presente  questione  di  legittimita'  costituzionale  e' stata
 sottoposta al giudizio della Corte costituzionale, quando  pero'  era
 ancora  in  vigore il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, quando cioe' la
 difesa tecnica non era ancora obbligatoria nel processo tributario.
   La Corte costituzionale, con la sua  ordinanza  n.  251/1994,  dopo
 aver  ritenuto  non  irragionevole  la facolta', attribuita dal primo
 comma dell'art.  30  del  d.P.R.  n.  636/1992  al  contribuente,  di
 difendersi    personalmente    "in    un   procedimento...   vertente
 prevalentemente  su  fatti"  ed  altresi'  "caratterizzato  da  forme
 semplificate",  ha  affermato  che  a  fortiori  non poteva ritenersi
 irragionevole la facolta' prevista dalla normativa allora in  vigore,
 di farsi assistere e rappresentare in giudizio da altri soggetti.
   Dopo l'anzidetta pronuncia della Corte costituzionale, pero', vi e'
 stata  (o  meglio  e'  entrata  in  vigore)  una radicale riforma del
 processo tributario che non puo' piu' dirsi "caratterizzato da  forme
 semplificate" ed e' anche venuta meno la facolta' del contribuente di
 stare  in  giudizio  personalmente  almeno  nelle cause di valore non
 inferiore a L. 5.000.000 (lire cinquemilioni).