LA CORTE DEI CONTI
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio  promosso  da  De
 Simone Mario, avverso la nota n. 2722518 in data 13 novembre 1987 del
 Ministero   del   tesoro  -  Direzione  generale  degli  istituti  di
 previdenza;
   Visto l'atto introduttivo del giudizio iscritto  al  n.  877/civili
 del registro di segreteria;
   Visti gli altri atti e documenti di causa;
   Udito  nella  pubblica  udienza  del 14 luglio 1995, il consigliere
 relatore prof. Michael Sciascia.
                           Ritenuto in fatto
   Con l'impugnata nota, il Ministero del tesoro - Direzione  generale
 degli  istituti  di  previdenza ha negato al ricorrente il diritto al
 riscatto del periodo di  studi  universitari  relativo  al  corso  di
 laurea  in  giurisprudenza  nella  considerazione  che  "il  suddetto
 periodo e' interamente contemporaneo al servizio civile gia' prestato
 al comune di S. Anastasia".
   Nel ricorso il De Simone sostiene di aver diritto a  riscattare  il
 periodo  dal 1 novembre 1959 (data di decorrenza del corso di laurea)
 al 1 aprile 1962  (giorno  precedente  a  quello  dell'assunzione  in
 servizio) per complessivi anni 2 e mesi 5.
   L'amministrazione,   costituitasi   direttamente  in  giudizio,  ha
 depositato in data 2 giugno 1995 una memoria, in cui sostiene che, ai
 sensi delI'art. 69 della legge 3 marzo 1938 n. 680,  "il  periodo  di
 studi  universitari  si  considera  come se avesse avuto inizio il 17
 novembre 1963 e termine il 16 novembre 1967. Cosi' calcolato,  pero',
 detto  periodo  non  puo'  essere  riscattato,  risultando totalmente
 contemporane al servizio prestato dal sig. De Simone presso il comune
 di Sant'Anastasia dal 1 aprile 1962 al 19 settembre 1974".
   Il ricorrente nella successiva memoria depositata in data 27 giugno
 1995, sul presupposto di essere in  possesso  di  tutti  i  requisiti
 richiesti dalla legge, ha insistito per l'accoglimento del ricorso ed
 in   via  subordinata  ha  eccepito  l'illegittimita'  costituzionale
 dell'art. 69, ultimo comma, del  r.d.-l.  3  marzo  1938  n.  680  in
 relazione  agli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto si viene a
 creare una difformita' rispetto ai dipendenti statali "per i quali e'
 riconosciuto il beneficio del riscatto della durata legale del  corso
 di  laurea  con  riferimento  alla  data di prima immatricolazione al
 suddetto corso".
                        Considerato in diritto
   Non consentendo il chiaro tenore della  disposizione  in  questione
 un'applicazione diversa da quella effettuata dall'amministrazione nel
 provvedimento  impugnato,  va  senz'altro  esaminata  l'eccezione  di
 costituzionalita' sollevata dal ricorrente, in riferimento agli artt.
 3 e 97 della Costituzione, dell'art. 69 ultimo comma del r.d.-l.    3
 marzo 1938 n. 680.
   Orbene  la  prima censura proposta dal ricorrente, sotto il profilo
 della  violazione  dell'art.  3  della  Costituzione,   riguarda   la
 discriminazione  che  si  e'  venuta  a determinare tra i destinatari
 della disposizione di cui all'art. 13 del d.P.R. 29 dicembre 1973  n.
 1092  e  i destinatari della norma in attuale considerazione, tra cui
 e' certo da includere il De Simone.
   In questo senso la censura  appare  non  manifestamente  infondata;
 infatti  il  ricorrente,  e  tutti  gli  altri  dipendenti degli enti
 locali, nel poter riscattare la durata legale del corso universitario
 calcolato "all'indietro" dalla data di conferimento della laurea,  si
 trovano  ingiustificatamente  in una situazione deteriore rispetto ai
 dipendenti statali, per i quali il comma secondo dell'art. 13 cit. ha
 ammesso  la  possibilita'  di  riscattare   il   periodo   di   studi
 universitari   calcolati   "in  avanti"  con  decorrenza  dall'inizio
 dell'anno accademico di iscrizione.
   Infatti, pur trattandosi di identici  benefici  giustificati  dalle
 stesse   circostanze   per   personale   in   servizio  a  favore  di
 amministrazioni pubbliche  a  struttura  omogenea,  si  e'  venuta  a
 determinare  un'ingiustificata  differenziazione, che oltre ad essere
 in se' palesemente irragionevole, pone i dipendenti degli enti locali
 in   posizione   deteriore   rispetto    ai    loro    corrispondenti
 nell'amministrazione dello Stato.
   Basti  por  mente  alle  circostanze  di  comune  esperienza che le
 possibilita' di impiego presso le pubbliche amministrazioni viene  ad
 aumentare  progressivamente  con  il passare degli anni successivi al
 compimento  della  maggiore  eta',  che  costituisce  il  presupposto
 obbiettivo  stabilito  dalla  legge, e che gli studi universitari non
 possono essere iniziati non prima del conseguimento  del  diploma  di
 scuola media superiore che avviene generalmente intorno al compimento
 di tale eta'.
   Pertanto il calcolo fittizio "in avanti" dalla data dell'inizio del
 primo  anno  accademico  per  la durata legale degli studi intrapresi
 appare  piu'  conveniente  rispetto  a  quello   parimenti   fittizio
 "all'indietro"  per  la  stessa durata, aumentando statisticamente le
 probabilita' di coincidenza con eventuali servizi svolti a favore  di
 pubbliche amministrazioni e quindi il mancato computo previsto sempre
 dalla legge.
   Ed  e'  questo  il caso del ricorrente, che si e' visto escluso dal
 calcolo dell'intero periodo di studi superiori, in quanto interamente
 coincidente con il servizio a favore del comune di Sant'Anastasia.
   Inoltre   appare   piu'   logico   e  conforme  alla  realta',  una
 considerazione del periodo di  studi  decorrente  dal  suo  effettivo
 inizio  nel  limite  comunque  della sua durata massima e senza poter
 calcolare  gli  anni  ulteriori,   soggettivamente   necessari   alla
 conclusione dei medesimi con il conseguimento del relativo diploma di
 laurea.
   Per  quanto riguarda poi l'altra censura proposta dal ricorrente in
 relazione  all'art.  97  della  Costituzione,  essa  non   e'   stata
 specificatamente motivata e comunque appare manifestamente infondata,
 in quanto la disposizione legislativa de qua non incide assolutamente
 sull'organizzazione  dei pubblici uffici, ma su aspetti marginali del
 trattamento pensionistico del personale ad essi addetto,  non  aventi
 l'idoneita'   a   pregiudicare  in  alcun  modo  la  struttura  o  il
 funzionamento delle pubbliche amministrazioni.
   Pertanto la disposizione di cui  all'art.  69,  ultimo  comma,  del
 r.d.-l.  3  marzo 1938 n. 680 appare contrastante con l'art. 3, comma
 primo, della Costituzione.
   Le questioni sollevate, poi,  appaiono  rilevanti  in  ordine  alla
 definizione del presente giudizio, in quanto la disposizione di legge
 impugnata risulta determinante per la soluzione della causa.
   Infatti,  permanendo  essa  nell'ordinamento  giuridico, il ricorso
 andrebbe rigettato nel merito.