LA CORTE DEI CONTI
   Ha emesso la seguente ordinanza;
   Visti i decreti n. 1934 del  27  giugno  1995  e  n.  4107  dell'11
 novembre 1994 della Direzione dei servizi di quiescenza del personale
 della  regione siciliana, concernenti la liquidazione del trattamento
 di pensione ai signori Salvatore Meli e Concetta Ficarra;
   Visto  il  foglio  di  osservazioni  n.  144  del  20  marzo   1996
 dell'Ufficio  di controllo agli atti del personale regionale, nonche'
 la risposta dell'amministrazione, pervenuta al  predetto  ufficio  in
 data 2 settembre 1996;
   Vista  la  relazione  n.  572  del  6 dicembre 1996 del consigliere
 delegato al controllo sugli atti del personale regionale;
   Vista l'ordinanza in  data  13  dicembre  1996,  con  la  quale  il
 Presidente  della  sezione  di  controllo per la regione siciliana ha
 deferito  alla  sezione  stessa  la  pronuncia  sul  visto  e   sulla
 registrazione  dei  decreti  suindicati,  all'uopo  convocandola  per
 l'adunanza odierna;
   Vista la nota, di pari data, con cui la segreteria della sezione ha
 dato  comunicazione  di  tale ordinanza alla Presidenza della regione
 siciliana e all'Assessorato regionale del bilancio e delle finanze;
   Visti l'art. 24 del testo unico approvato con r.d. 12 luglio  1934,
 n. 1214, nel testo sostituito con l'art. 1 della legge 21 marzo 1953,
 n.  161, l'art. 2 del d.lgs. 6 maggio 1948, n. 655, e l'art. 3, comma
 8, della legge 14 gennaio 1994, n. 20;
   Uditi,  nell'odierna  adunanza,  il  relatore,  consigliere   dott.
 Ignazio Faso, nonche' i rappresentanti della Presidenza della regione
 e dell'Assessorato regionale del bilancio e delle finanze.
                               F a t t o
   Con  i provvedimenti indicati in epigrafe, la Direzione dei servizi
 di  quiescenza  del  personale  dipendente  dalla  regione  siciliana
 determinava  il    trattamento  di  pensione  in  favore  dei signori
 Salvatore Meli e Concetta Ficarra, che, alla data del collocamento  a
 riposo  (rispettivamente,  1 giugno 1995 e 1 settembre 1994), avevano
 maturato l'anzianita' di anni 22, il primo, e di anni 30, l'altra.
   Col foglio di osservazioni n. 144 del 20 marzo 1996,  l'ufficio  di
 controllo   sugli  atti  del  personale  regionale  rappresentava  la
 necessita' che l'Amministrazione facesse conoscere i motivi  in  base
 ai  quali non era stato applicato il disposto dell'art. 11, comma 16,
 della legge n. 537/1993, che dispone la riduzione del trattamento  di
 quiescenza  nei confronti dei dipendenti "che conseguono il diritto a
 pensione  anticipata  con  un'anzianita'  contributiva  inferiore   a
 trentacinque  anni",  considerato  che, ai sensi del successivo comma
 18, tale norma si  applica  a  tutti  i  dipendenti  delle  pubbliche
 amministrazioni di cui all'art. 1 del decreto legislativo n. 29/1993,
 "ivi  comprese  le  regioni  a  statuto speciale"; cio', anche tenuto
 conto del fatto che il  predetto  art.  11,  comma  16,  "costituisce
 sviluppo  e  integrazione delle norme del decreto-legge n. 384/1992",
 che l'amministrazione regionale "ha ritenuto di applicare  fin  dalla
 sua emanazione e che e' stato formalmente recepito con l'art. 4 della
 legge regionale n. 9/1993".
   Nella  risposta,  la  Direzione  regionale,  dopo  avere  messo  in
 evidenza  che  il  trattamento  pensionistico  dei  dipendenti  della
 regione   siciliana   e'   disciplinato   da   una   norma  di  rango
 costituzionale, art. 14, lett.  q, dello statuto speciale),  "con  il
 solo  vincolo  di  trattamenti  non inferiori a quelli corrisposti al
 personale civile  dello  Stato",  nega  che  le  c.d.  penalizzazioni
 introdotte  dall'art.  11  della  legge  n.  537/1993  possano  avere
 "automatico ingresso nell'ordinamento regionale in  virtu'  dell'art.
 36  della  legge  regionale  n. 2/1962" (che chiaramente si riferisce
 alle "disposizioni statali.... piu' favorevoli"), anche tenendo conto
 del fatto che l'applicazione del  predetto  art.  11  "incentiverebbe
 tutti  i  dipendenti a restare fino al raggiungimento del massimo del
 trattamento, con effetti sicuramente distorsivi anche sotto l'aspetto
 finanziario".  In  ogni   caso   -   prosegue   l'amministrazione   -
 l'applicazione  dell'art.  11,  comma  16,  non puo' farsi discendere
 neppure dal successivo comma 18, in quanto, come rilevato dalla Corte
 costituzionale, le regioni a statuto speciale non  sono  destinatarie
 del  decreto  legislativo  n.  29/1993  ma  solo  dei  principi della
 relativa legge di delega (n.  421/1992).
   La  direzione  regionale  - dopo avere richiamato le sentenze della
 Corte costituzionale n. 219/1984 (in merito al fatto che  "la  natura
 di  riforma  economico-sociale  di  una  normativa  non  puo'  essere
 determinata  dalla  sola  apodittica  affermazione  del   legislatore
 statale")  e  n.    127/1996  (concernente  la  "discrezionalita' del
 legislatore regionale" nel dettare norme in materia di quiescenza)  -
 conclude  la  risposta richiamando l'art. 10 della legge regionale n.
 21/1986 - la cui interpretazione  autentica,  contenuta  nell'art.  2
 (recte:  1),  comma 5, della legge regionale n. 31/1996, "ha superato
 positivamente il vaglio della Corte costituzionale"  -,  in  base  al
 quale  ai  dipendenti  assunti  dopo  l'entrata in vigore della legge
 stessa  si  applica  la  normativa  pensionistica   concernente   gli
 impiegati civili dello Stato.
   Nel  corso  della  discussione  orale,  il  direttore regionale dei
 servizi di quiescenza,  nel  confermare  integralmente  il  contenuto
 della  risposta al foglio di osservazioni dell'ufficio di controllo e
 nel fare presente  che  l'amministrazione,  con  i  provvedimenti  in
 esame,  "ha  inteso  attenersi  alle prescrizioni, indirizzi, rilievi
 della Corte dei conti in fattispecie analoghe",  richiama la sentenza
 n. 21/1959 della Corte costituzionale circa il rapporto fra normativa
 regionale e  normativa  statale  nelle  materie  in  cui  la  regione
 siciliana  ha competenza legislativa "esclusiva", concludendo poi nel
 senso che, in ogni caso, l'amministrazione regionale "ha  bisogno  di
 certezze"  e  resta  quindi in attesa della pronuncia della Corte dei
 conti.
                             D i r i t t o
   Premesso che, per gli effetti che saranno in seguito evidenziati, i
 due decreti risultanti dall'epigrafe vanno tenuti nettamente distinti
 quanto alla rispettiva decorrenza del  trattamento  pensionistico  di
 anzianita',  la  sezione  passa  a  motivare  in  ordine alla propria
 decisione di rimettere, d'ufficio, gli atti al  giudice  delle  leggi
 per questione di legittimita' costituzionale in via incidentale.
   La  prima  questione  che la sezione  chiamata a risolvere consiste
 nell'accertare se  sia  applicabile  al  personale  dipendente  dalla
 regione  siciliana l'art. 11, comma 16, della legge 24 dicembre 1993,
 n. 537, in base al quale "con effetto dal 1 gennaio  1994,......  nei
 confronti  di  coloro che conseguono il diritto a pensione anticipata
 con un'anzianita' contributiva inferiore  a  trentacinque  anni,.....
 l'importo   del  relativo  trattamento  pensionistico,  ivi  compresa
 l'indennita' integrativa speciale, e'  ridotto  in  proporzione  agli
 anni  mancanti al raggiungimento del predetto requisito contributivo,
 secondo le percentuali di cui all'allegata tabella A".  La  soluzione
 ruota  attorno a due problemi fondamentali: da una parte, l'eventuale
 attribuzione a tale  disposizione  delle  caratteristiche  di  "norma
 fondamentale  delle  riforme  economico-sociali" della Repubblica, e,
 dall'altra,  l'eventuale  ascrivibilita'  del   personale   regionale
 all'ambito operativo del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, stante che il
 comma  18 dell'art. 11 della legge n. 537/1993 sancisce espressamente
 che le disposizioni di cui al comma 16  si  applicano  ai  dipendenti
 delle  pubbliche  amministrazioni  di  cui  all'art.  1  del  decreto
 legislativo medesimo.
   E' ben noto  che  l'art.  14,  lett.  q),  dello  statuto  speciale
 riconosce  alla regione siciliana la competenza legislativa esclusiva
 in materia di stato giuridico ed economico  dei  propri  impiegati  e
 funzionari,  "in ogni caso non inferiore a quello del personale dello
 Stato"  ed e' altrettanto noto che la Corte costituzionale - partendo
 dalla considerazione che "non esiste una disciplina statale  generale
 in  tema  di retribuzioni del pubblico impiego da cui possa trarsi un
 limite che sia in grado di operare  nei  confronti  della  competenza
 legislativa  primaria  delle  regioni a statuto speciale" - ha, a suo
 tempo,  escluso  che  il  trattamento  economico  differenziato   dei
 dipendenti  della  regione  siciliana possa ritenersi, di per se', in
 contrasto con gli artt. 3 e 36 Cost., anche in relazione all'art.  97
 della  Carta  fondamentale  (sentenza  n.  21/1978).  Senonche',  non
 essendo revocabile in dubbio  che  anche  la  competenza  legislativa
 esclusiva  delle  regioni  a  statuto  speciale trova un invalicabile
 limite giuridico con riferimento sia  ai  "principi  dell'ordinamento
 dello   Stato",   sia   alle   "norme   fondamentali   delle  riforme
 economico-sociali della Repubblica", la sezione e' chiamata in  primo
 luogo  a  valutare  se  l'art.  11, comma 16, della legge n. 537/1993
 abbia l'una o l'altra di tali caratteristiche.  In merito -  premesso
 che,  nonostante  l'entrata a regime dei meccanismi di contrattazione
 della legge-quadro 29 marzo 1983, n. 93), e' difficile ipotizzare che
 la situazione sia radicalmente cambiata rispetto a  quella  presa  in
 considerazione  dalla  Corte  costituzionale  nella  sentenza  appena
 citata e che siano del tutto superate le osservazioni contenute nella
 successiva sentenza n. 219/1984 in merito alle "sperequazioni" e alla
 "rincorsa di retribuzioni" - il  Collegio  intende  limitare  la  sua
 indagine   al   profilo   delle  "norme  fondamentali  delle  riforme
 economico-sociali".
   I riscontri giurisprudenziali circa i requisiti che deve  possedere
 una  norma  per  meritare la predetta connotazione sono cosi' copiosi
 nelle pronunce della Corte costituzionale da esimere il  Collegio  da
 qualsiasi  citazione  di  carattere  generale,  apparendo sufficiente
 segnalare che - secondo le affermazioni  piu'  recenti  (sentenze  n.
 296/1993  e  n.  153/1995,  le  quali,  peraltro, richiamano numerosi
 precedenti)  -  tali  requisiti  vanno  ricercati   nella   "incisiva
 innovativita'  del  contenuto  normativo,  tenuto  anche  conto delle
 finalita' perseguite dal legislatore in ordine ad un  fenomeno  vasto
 di  primaria  importanza  nazionale";  nella "incidenza su settori di
 importanza essenziale per la  vita  della  comunita'  intera";  nella
 "caratterizzazione  delle  norme previste come principi generali, che
 esigono una attuazione uniforme su tutto il territorio nazionale"; e,
 in tale ottica, ritiene la sezione che la norma di cui sopra possieda
 per intero le rilevate caratteristiche.
   Invero, l'art. 11, comma 16, della legge 24 dicembre 1993, n.  537,
 si   propone   come   autentica   cerniera   di  collegamento  fra  i
 provvedimenti  di  sospensione  dei  trattamenti   pensionistici   di
 anzianita'  (di  cui  si  dira' diffusamente in seguito) e la riforma
 organica del sistema pensionistico (attuata con  la  legge  8  agosto
 1995, n. 335), e, in quanto tale, ha voluto rappresentare un ostacolo
 (attraverso  un  sistema  progressivo  di  riduzioni del trattamento,
 dall'1% al 35%, in base agli  anni  mancanti  per  il  raggiungimento
 dell'anzianita' contributiva di 35 anni) ai pensionamenti anticipati,
 anche al fine di non pregiudicare, almeno in parte, gli effetti della
 successiva  riforma, rispetto alla quale, comunque, e' stato posto un
 argine ancora piu' sicuro con le "sospensioni" di cui si e  detto  in
 precedenza.    Viene  quindi  in  evidenza  tutta la problematica del
 sistema pensionistico italiano (sia pubblico che privato) e della sua
 enorme  incidenza  -  diretta  e indiretta - sul bilancio dello Stato
 (peraltro destinata  ad  ulteriormente  incrementarsi,  non  solo  in
 termini    assoluti   ma,   principalmente,   in   proporzione   alle
 disponibilita' finanziarie complessive, per effetto - fra  l'altro  -
 dell'allungamento della vita media dell'individuo), tanto che gia' si
 parla  da  piu'  parti  della  necessita'  di  rivedere  i meccanismi
 temporali della riforma varata nell'agosto del 1995, che, per  quanto
 giudicata buona nell'impianto complessivo, viene ritenuta di limitata
 valenza  finanziaria  per il breve e medio periodo; e, in relazione a
 cio', la sezione ritiene proprio che, per il caso in  esame,  possano
 essere     utilmente     invocate     tutte     le    caratteristiche
 giuridico-economiche che la Corte costituzionale (con la gia'  citata
 sentenza n. 296/1993) ha individuato per attribuire valenza di "norma
 fondamentale  delle  riforme  economico-sociali" all'art. 7 del d.-l.
 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, nella legge
 14 novembre 1992, n. 438, concernente il blocco della  contrattazione
 nel  settore  del  pubblico  impiego  per  il  triennio 1991-1993 (in
 particolare, "perseguimento di una rigorosa politica di  contenimento
 del  disavanzo  finanziario  nel  settore pubblico", da cui consegue,
 "con  riferimento  all'imperativo   costituzionale   comportato   dal
 principio   di   eguaglianza",  che  il  legislatore  sia  tenuto  "a
 distribuire i  sacrifici  derivanti  da  una  politica  economica  di
 emergenza  nel  piu'  totale   rispetto di una sostanziale parita' di
 trattamento fra tutti i cittadini").  Anzi, sembra al remittente che,
 nei confronti dell'art. 7 del decreto-legge  n.  384,  il  quale,  in
 definitiva, altra funzione non aveva che quella di evitare ai bilanci
 dello  Stato  e  degli  enti pubblici gli oneri derivanti dai rinnovi
 contrattuali del triennio 1991-1993), l'art.   11,  comma  16,  della
 legge  n.  537/1993,  assuma  una  valenza  piu' pregnante e organica
 nell'ottica di cui sopra, considerato che opera sia  sul  piano  piu'
 direttamente finanziario (economie conseguenti all'applicazione delle
 riduzioni  percentuali del trattamento di quiescenza, riduzioni che -
 e' bene ricordare - hanno durata illimitata e si  riverberano  quindi
 anche  sui  trattamenti  di reversibilita'); sia con riferimento alla
 necessita' di evitare che,  in  attesa  della  riforma  organica  del
 sistema  pensionistico rispetto alla quale tale disposizione, e tutte
 quelle concernenti la sospensione dei pensionamenti anticipati, hanno
 costituito eventi prodromici), si verificasse un massiccio esodo  dal
 settore del pubblico impiego.
   Pertanto  anche  nella considerazione che - secondo il giudizio del
 remittente - la norma di cui si sta trattando muove  chiaramente  "da
 una   non  irragionevole  valutazione  della  situazione  sociale  ed
 economico-finanziaria operata dal legislatore nella sua insindacabile
 discrezionalita' politica" (sentenza n. 296/1993), all'art. 11, comma
 16, della legge n. 537/1993 puo' essere riconosciuta  la  valenza  di
 "norma    fondamentale   delle   riforme   economico-sociali"   della
 Repubblica. Ne' a diversa soluzione potrebbe condurre il rilievo  che
 tale  norma  ha, in definitiva, una portata temporanea, per un verso,
 perche' e' costante nella giurisprudenza della  Corte  costituzionale
 l'affermazione  della  irrilevanza di tale carattere quando la natura
 sostanziale  dell'intervento  legislativo  sia  idoneo  a  consentire
 l'attribuzione  della valenza di cui si discute alla disposizione che
 lo prevede; e, per altro verso, perche', in ogni caso, si  tratta  di
 temporaneita'  solo apparente, ove appena si consideri che, come gia'
 detto, tale norma si collega - per mezzo degli ulteriori  periodi  di
 sospensione  dei  pensionamenti  di  anzianita',  con  decorrenza  19
 settembre 1994 - alla legge 8 agosto 1995, n. 335, la quale, oltre  a
 prevedere  un  autonomo meccanismo di "penalizzazioni" (art. 1, comma
 27, lett. b, e tabella D, fa rinvio proprio - per altra fattispecie -
 alle "riduzioni percentuali sulle prestazioni" di  cui  all'art.  11,
 comma 16, della legge n. 537 (art. 1, comma 27, lett. a).
   A  questo  punto  dell'analisi si deve rilevare, che, ove la natura
 della norma di cui si sta trattando e' proprio quella che ritiene  la
 sezione,   abbastanza   singolare   si   appalesa   quanto  affermato
 dall'Amministrazione  regionale   nella   risposta   al   foglio   di
 osservazioni  dell'ufficio  di  controllo  in  ordine  al  fatto  che
 l'eventuale applicabilita' dell'art.  11, comma 16,  della  legge  n.
 537  al  personale  della  regione  siciliana "incentiverebbe tutti i
 dipendenti  a  restare  fino  al  raggiungimento  del   massimo   del
 trattamento, con effetti sicuramente distorsivi anche sotto l'aspetto
 finanziario". In merito, due osservazioni sono possibili.
   Da una parte, infatti, c'e' subito da dire che - come e' stato gia'
 messo  in  evidenza  -  la  vera  ratio  della  norma  di  cui si sta
 discutendo e' proprio quella di "disincentivare" i  pensionamenti  di
 anzianita',  per  cui  individuare  in  tal meccanismo un presupposto
 della  non   applicabilita'   si   prospetta   come   una   autentica
 "contraddizione   in   termini";   dall'altra,   pero',  la  predetta
 affermazione scaturisce con ogni evidenza da  un  problema  reale,  e
 cioe'  dal  fatto che, tenuto conto del trattamento di estremo favore
 di  cui  godono  i  pensionati  della  regione   siciliana,   sarebbe
 addirittura   piu'  conveniente,  dal  punto  di  vista  finanziario,
 incentivarne il pensionamento anticipato.    (Basti  un  esempio:  ai
 sensi  dell'art.  4,  comma  1,  della  legge  regionale n. 2/1962, e
 successive modificazioni, il trattamento di  quiescenza  e'  pari  al
 108,3  per  cento  dell'ultima  retribuzione,  ivi  compreso l'intero
 importo  della  indennita'  integrativa  speciale,  quale   che   sia
 l'anzianita'  di  servizio.  Comunque  merita  segnalazione  anche il
 notevolissimo - e,  sul  piano  giuridico-finanziario,  difficilmente
 giustificabile  -  "bonus  fiscale" di cui i dipendenti della regione
 siciliana  fruiscono  in  sede  di  liquidazione  dell'indennita'  di
 buonuscita,  per effetto dell'art. 17 della legge regionale 15 giugno
 1988, n.  11, in collegamento con la sentenza n. 178/1986 della Corte
 costituzionale e con l'art. 4, comma 3-ter, del d.-l. 14 marzo  1988,
 n. 70, aggiunto con la legge di conversione, 13 maggio 1988, n. 154).
 Ma  la  sezione  non ritiene che valutazioni del genere possano avere
 legittimo ingresso in questa sede, al  fine  di  revocare  in  dubbio
 l'applicabilita'  al  personale dipendente dalla regione siciliana di
 una normativa statale cui fosse riconosciuta la  valenza  piu'  volte
 richiamata.
   D'altra  parte, il riconoscimento di tale natura all'art. 11, comma
 16, della legge n. 537, renderebbe superflua ogni indagine  circa  la
 riferibilita'  anche  alla  regione  siciliana  del d.lgs. 3 febbraio
 1993,  n.  29,  in  quanto  la  predetta  disposizione   risulterebbe
 applicabile  in  virtu' della sua connotazione sostanziale e non gia'
 per il richiamo contenuto nel  comma  18  dell'art.  11  della  legge
 medesima  (anche  su  questo aspetto, cfr. sentenza n. 296/1993). Per
 completezza, tuttavia, il collegio  remittente  ritiene  opportuno  e
 conducente   soffermarsi   brevemente   anche   su   tale   specifica
 problematica.
   In questa sede non si tratta di accertare se il decreto legislativo
 appena citato sia, di per se' e in toto    applicabile  alla  regione
 siciliana, in quanto la risposta non potrebbe che essere negativa, ai
 sensi  dell'art. 2, comma 2, della legge (di delega) 23 ottobre 1992,
 n. 421,  il  cui  contenuto  e'  stato  letteralmente  trasfuso  (con
 riferimento  alle regioni a statuto speciale e alle province autonome
 di Trento e Bolzano) nell'art. 1, comma 3,  del  decreto  legislativo
 medesimo;   quanto  piuttosto  di  rilevare  che  fra  le  "pubbliche
 amministrazioni di cui all'art. 1 del decreto legislativo n. 29/1993"
 non possono non rientrare anche tali  regioni  e  tali  province  (in
 quanto  formalmente  richiamate),  fermo  ovviamente  rimanendo  che,
 relativamente ad esse, risulta predisposta la garanzia di cui  si  e'
 appena  detto  (consistente nel fatto che solo "i principi desumibili
 dall'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n.  421,  costituiscono  ...
 norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica"). E
 la  sezione  non  ritiene che tale impostazione si ponga in contrasto
 con la sentenza. n. 383/1994 della Corte costituzionale.
   Da tutto quanto e' stato fin qui detto consegue che  il  meccanismo
 delle   riduzioni   percentuali   dei  trattamenti  pensionistici  di
 anzianita' di cui all'art. 11,  comma  16,  della  legge  n.  537,  e
 all'annessa  tabella A, e' da ritenere applicabile anche al personale
 dipendente dalla regione siciliana.
   Le considerazioni che precedono valgono, pero', solo  per  uno  dei
 due  provvedimenti  che  sono  alla  base della presente ordinanza, e
 cioe' quello concernente la sig.ra Concetta Ficarra (decreto n.  4107
 dell'11  novembre  1994),  in  quanto  in tale caso il collocamento a
 riposo e' stato disposto con decorrenza 1 settembre 1994, vale a dire
 in un periodo in cui, essendo venuti a cessare gli effetti del  primo
 provvedimento  di sospensione dei pensionamenti di anzianita' (di cui
 si dira' immediatamente), risultava ripristinato il  diritto  a  tale
 tipo  di  pensionamento, ma era stato introdotto (appunto, con l'art.
 11, comma 16, della legge n. 537)  il  sistema  delle  riduzioni  del
 trattamento  di  quiescenza.  Per contro, nell'altro caso (decreto n.
 1934 del 27 giugno 1995; sig.  Salvatore  Meli),  il  collocamento  a
 riposo  e'  avvenuto  il  1  giugno 1995, vale a dire durante uno dei
 periodi di sospensione. Cio' stante,  la  seconda  questione  che  la
 sezione  deve risolvere consiste nell'accertare se i provvedimenti di
 sospensione dei pensionamenti di anzianita' siano  applicabili  anche
 al personale dipendente dalla regione siciliana.
   L'art. 1, comma 1, del d.-l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito,
 con  modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, ha disposto
 che fosse sospesa nel periodo ricompreso fra il 19 settembre  1992  e
 il 31 dicembre 1993, e salve specifiche eccezioni) "l'applicazione di
 ogni  disposizione  dl  legge, di regolamento e di accordo collettivo
 che preveda il diritto, con  decorrenza  nel  periodo  suindicato,  a
 trattamenti  pensionistici di anzianita' a carico del regime generale
 obbligatorio,....  anticipati  rispetto   all'eta'   pensionabile   o
 all'eta'  prevista  per la cessazione dal servizio in base ai singoli
 ordinamenti".  Il "blocco"  venne a cessare - appunto - a partire dal
 1 gennaio 1994 (in coincidenza con l'attivazione del meccanismo delle
 "penalizzazioni") ma venne ripristinato a decorrere dal 28  settembre
 1994  con  l'art.    1  del  d.-l.  28  settembre  1994,  n. 553, che
 addirittura  (a  differenza di quanto aveva disposto la normativa del
 1992)  non  faceva  salve  nemmeno  le   domande   di   pensionamento
 anticipato,   "ancorche'   accettate   da   parte   degli   enti   di
 appartenenza", per le quali la decorrenza fosse successiva alla  data
 di entrata in vigore del decreto-legge (28 settembre 1994); il tutto,
 "fino  alla  data di entrata in vigore del riordinamento organico dei
 sistemi   previdenziali   privato   e   pubblico   e    della    loro
 omogeneizzazione,  con  particolare  riferimento  agli  istituti  del
 pensionamento anticipato, e comunque non oltre il 1 febbraio 1995" Le
 disposizioni di tale decreto-legge, non convertito, vennero  trasfuse
 nel d.-l. 26 novembre 1994, n. 654, che sostanzialmente ne confermava
 l'impostazione   anche   se   conteneva   norme   piu'  specifiche  e
 particolareggiate. A sua volta, la legge 23 dicembre  1994,  n.  724,
 nell'abrogare   le   disposizioni  del  decreto-legge  appena  citato
 (facendo salvi tuttavia, la validita' degli atti e dei  provvedimenti
 adottati, gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti in base
 al  medesimo  decreto-legge e a quello precedente: art. 13, comma 9),
 estendeva fino  al  30  giugno  1995  (ma  sempre  nella  prospettiva
 dell'entrata   in   vigore  della  legge  di  "riordino  del  sistema
 previdenziale" la  sospensione  dei  pensionamenti,  con  gli  stessi
 meccanismi, di cui al piu' recente provvedimento di urgenza (art. 13,
 commi  da  1  a 8), ivi comprese determinate ipotesi di pensionamenti
 anticipati (dal 1 luglio 1995,. dal 1 gennaio 1996 e  dal  1  gennaio
 1997),   a  seconda  dell'anzianita'  contributiva  posseduta  al  28
 settembre 1994 (37, 31 o 30 anni). Senonche', stante  che  alla  data
 del  30 giugno 1995 la legge di riordino non era stata ancora varata,
 venne emanato il d.-l. 30 giugno 1995, n. 262,  che,  con  l'art.  3,
 prorogava  il  termine  della  sospensione fino al 31 agosto 1995; ma
 prima della scadenza di tale termine, entrava  in  vigore  17  agosto
 1995) l'attesa legge di riforma (n. 335 dell'8 agosto 1995).
   Dalla   superirore   descrizione   si   evince  agevolmente  che  i
 provvedimenti  di  sospensione  dei  trattamenti   pensionistici   di
 anzianita'  costituiscono un efficace strumento di politica economica
 e  finanziaria,  necessario  (e  quasi  necessitato)   al   fine   di
 salvaguardare  e  di  non  pregiudicare  gli  effetti  della  riforma
 organica, attesa da tanti anni e, in  quel  periodo,  ormai  prossima
 alla  sua  approvazione  (come  gia' si e' detto, legge n. 335/1995);
 tanto e' vero che il primo comma dell'art. 13 della legge n. 724/1994
 indica proprio gli effetti (in termini  di  contenimento  del  "saldo
 netto da finanziare" e del "fabbisogno di cassa. del settore statale"
 per  gli  anni  1995, 1996 e 1997), che dovranno derivare dall'azione
 sinergica della legge di riforma e dei provvedimenti di  sospensione.
 Ed  e'  alquanto  difficile  non  riconoscere  a tali interventi (per
 quanto parziali, per quanto temporanei, ma coerentemente  finalizzati
 nel senso appena visto) la stessa connotazione di "norme fondamentali
 delle  riforme  economico-sociali" che la sezione ha gia' ritenuto di
 potere attribuire all'art. 11, comma 16,  della  legge  n.  537/1993,
 considerato,  oltre  tutto,  che,  a  differenza del meccanismo delle
 riduzioni percentuali del trattamento di quiescenza,  la  sospensione
 dei  pensionamenti  di  anzianita'  operava per "tutti" i lavoratori,
 pubblici e privati; e, anche in  tale  ottica,  la  non  applicazione
 delle   relative   disposizioni  solo  ai  dipendenti  della  regione
 siciliana costituirebbe un autentico vulnus all'ordinamento  unitario
 dello  Stato,  probabilmente  in  contrasto  col  principio contenuto
 nell'art. 5 della Costituzione.
   Cio'  premesso,  e'  da  segnalare  che, a dire il vero, la regione
 siciliana, con l'art. 4 della legge regionale 12 gennaio 1993, n.  9,
 apporto' delle modifiche (di adattamento  alla  normativa  regionale)
 all'art. 1, comma 2, lettere e) ed f), del decreto-legge n. 384/1992,
 dando   cosi'   piena   e   palmare   dimostrazione   della   propria
 consapevolezza che tale decreto-legge  era  direttamente  applicabIle
 nel  proprio  ambito operativo senza alcun bisogno di recepimento; ma
 questa normativa non rileva nel caso in esame. Lo stesso, pero', puo'
 dirsi per l'art.  1 della legge regionale 25 maggio 1995, n. 46, che,
 per quanto, nella sua formulazione, sembri contenere  una  disciplina
 autonoma  all'ulteriore  sospensione  dei pensionamenti di anzianita'
 disposta col decreto-legge n. 553/1994,  in  realta'  necessariamente
 presuppone  l'avvenuta  operativita'  di  quest'ultima  normativa  in
 ambito regionale. Infatti, ove si consideri che la legge regionale n.
 46/1995, pur essendo entrata in vigore il 29 maggio 1995 (data  della
 pubblicazione),  dispone  che  i  pensionamenti  di  anzianita' siano
 sospesi "a decorrere dal 28 settembre 1994", non appare revocabile in
 dubbio la  consapevolezza  del  legislatore  regionale  che,  gia'  a
 partire da quest'ultima data, nessun dipendente regionale era stato -
 di  fatto  -  collocato  in  pensione,  se non per raggiungimento dei
 limiti di eta' (65 anni) o per raggiungimento del massimo di servizio
 utile ai sensi dell'art. 3 della legge regionale 23 febbraio 1962, n.
 2  (35  anni);  ma,  in  concreto,  non  di   situazione   di   fatto
 evidentemente  si trattava, quanto piuttosto, ancora una volta, della
 consapevolezza  della  applicabilita'   in   ambito   regionale   del
 decreto-legge n. 553 (che, appunto, aveva disposto la sospensione con
 decorrenza  28 settembre 1994) e delle norme successive, come esposte
 in precedenza nella loro sequenza cronologica; tanto e  vero  che  la
 domanda  di  pensionamento  anticipato  presentata dal sig. Salvatore
 Meli in data 12 settembre  1994  (quando,  addirittura,  non  era  in
 vigore  alcuna sospensione) non venne accolta proprio con riferimento
 ai decreti-legge n. 384/1992 e n. 654/1994. Per tali  motivi,  l'art.
 1 della legge regionale n. 46/1995 sarebbe sostanzialmente superfluo,
 oppure  si  dovrebbe  ritenere  costituzionalmente  illegittimo  (per
 violazione degli artt. 3 e 5 Cost.) avendo apportato  alla  normativa
 statale  non  adeguamenti  di  mero  dettaglio, ma modifiche idonee a
 stravolgere  l'impianto  di  tale   normativa   nella   sua   portata
 complessiva  (come  in  particolare,  la  prevista non applicabilita'
 della sospensione dei pensionamenti anticipati a coloro  che  avevano
 presentato  domanda di dimissioni entro la data del 28 settembre 1994
 - art. 1, comma  2  -  senza  tenere  conto,  cioe'  dell'intervenuta
 accettazione  della domanda e della necessita' che il collocamento in
 pensione avesse comunque decorrenza non successiva a tale  data).  Ne
 consegue  che  il  collocamento a riposo del sig. Salvatore Meli al 1
 giugno 1995 appare illegittimo perche' a tale data non  erano  ancora
 operativi  ne'  i  meccanismi  di  pensionamento  anticipato di   cui
 all'art. 13, comma 5, della legge n. 724/1994 (nell'ambito dei quali,
 peraltro, il dipendente non  poteva  essere  utilmente  collocato  in
 quanto  la  relativa  istanza  non  risultava  accettata  entro il 28
 settembre 1994; e comunque, in base  all'anzianita'  posseduta  -  22
 anni  -  il collocamento a riposo non avrebbe potuto avvenire in data
 anteriore al 1 gennaio 1997), ne' quelli previsti dall'art. 1,  comma
 27, lettere a) e b), della legge n. 335/1995 (entrata in vigore il 17
 agosto 1995).
   D'altra  parte, prescindere - per un momento - dalla considerazione
 che  il  Collegio  ritiene  la  normativa  statale   direttamente   e
 immediatamente  applicabile  al  personale  dipendente  dalla Regione
 siciliana, c'e' da dire che, mentre tale  normativa  (per  quanto  di
 carattere  transitorio)  si  presenta coerente e organica rispetto al
 fine (l'entrata in vigore della legge di riforma generale del sistema
 pensionistico), l'art.   1 della  legge  regionale  n.  46/1995,  pur
 essendo,  anch'esso,  correlato  - in senso temporale e finalistico -
 alla "riforma organica del trattamento di  quiescenza,  previdenza  e
 assistenza  del  personale  della regione", inopinatamente interrompe
 (interromperebbe, a giudizio della sezione) al  30  giugno  1995  gli
 effetti della sospensione dei collocamenti a riposo anticipati, senza
 che tale riforma organica (regionale) fosse stata ancora varata (e la
 situazione  non  risulta  affatto  modificata alla data dell'adunanza
 collegiale); il che, fra l'altro, potrebbe creare, nell'ambito  degli
 stessi dipendenti regionali, ingiustificate disparita' di trattamento
 fra coloro che dei benefici del pensionamento anticipato hanno potuto
 fruire  e coloro che (causalmente, si potrebbe dire) non hanno potuto
 invece giovarsene, anche nell'ottica della violazione  del  principio
 di buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione. Ma cio' - in
 base  all'impostazione  che  e'  stata data alla vicenda - non appare
 rilevante.
   A questo punto, va fatta qualche (ulteriore)  considerazione  sulla
 risposta  dell'Amministrazione  regionale  al contenuto del foglio di
 osservazioni dell'Ufficio di controllo.
   In primo luogo, c'e da dire che, nei casi in esame,  la  natura  di
 "norme fondamentali delle riforme economico-sociali" e' stata dedotta
 solo ed esclusivamente dalla connotazione sostanziale della normativa
 e non dalla "apodittica affermazione del legislatore"; e, del resto -
 in  aggiunta a quanto e' stato detto in precedenza in merito all'art.
 11, comma 16, della legge n. 537/1993 - i decreti-legge n. 553/1994 e
 n.  654/1994  e  la  legge  n.   724/1994   non   contengono   alcuna
 autoqualificazione   di   tal   genere,   che,   oltre   tutto,  come
 ripetutamente affermato  dalla  Corte  costituzionale,  non  avrebbe,
 appunto,  alcuna  portata  vincolante  per  l'interprete, potendo, al
 piu',  costituire  un  utile  orientamento  per  chi  la  legge  deve
 applicare  (sul  punto,  cfr. sentenza n. 40/1994).   Inoltre, nessun
 dubbio puo' essere  prospettato  in  merito  alla  sussistenza  della
 potesta'  legislativa esclusiva della regione siciliana nella materia
 del  trattamento  di  quiescenza  del  proprio  personale   e   sulla
 conseguente  "discrezionalita'" del legislatore regionale, purche' si
 tenga  sempre  presente  il  carattere  recessivo  di  tale  potesta'
 rispetto  alle  norme  del  tipo di quelle che sono state analizzate.
 Infine, nessun rilievo  puo'  essere  dato  in  questa  sede  a  casi
 esaminati  in  precedenza, non definiti in sede collegiale, e che non
 possono ritenersi analoghi a quelli ora in esame.
   Tutto cio' premesso, la  sezione  ritiene  di  sollevare  d'ufficio
 questione di legittimita' costituzionale, per violazione dell'art.  3
 Cost.  (decreto n. 4107) e degli artt. 3 e 5 Cost. (decreto n. 1934),
 dell'art. 36 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, in base al
 quale "per tutto quanto non e'  previsto  nella  presente  legge,  si
 applicano,  in  quanto  compatibili,  le  norme relative al personale
 civile dello Stato", considerato che, per effetto dell'art. 14, lett.
 q),  dello  Statuto  speciale,  tale  norma  e'  stata  costantemente
 interpretata - come evidenziato anche dall'Amministrazione  regionale
 nella  risposta al foglio di osservazioni dell'ufficio di controllo -
 nel  senso  che  la  compatibilita'  sussiste  solo  in  presenza  di
 disposizioni  statali piu' favorevoli. In subordine, limitatamente al
 decreto  n.  1934   viene   sollevata   questione   di   legittimita'
 costituzionale,  per  violazione degli artt. 3 e 5 Cost., dell'art. 1
 della legge regionale 25 maggio 1995, n. 46.
   L'art. 3 della Costituzione risulterebbe  violato  in  ragione  del
 fatto    che  la  funzione  precipua  della  categoria  delle  "norme
 fondamentali delle riforme economico-sociali" della Repubblica  e  da
 ricercare  nella  sicura  volonta' del legislatore di una reductio ad
 unitatem  di  situazioni   disciplinate   in   modo   palesemente   o
 tendenzialmente  diversificato  proprio  da  parte  delle  regioni ad
 autonomia speciale e delle province  autonome  di  Trento  e  Bolzano
 nell'ambito della competenza legislativa primaria.
   La violazione del principio di unita' e indivisibilita' dello Stato
 (art.  5 Cost.) e' da collegare alla circostanza che, come gia' messo
 in  evidenza,  la  normativa  sulla  sospensione  dei   pensionamenti
 anticipati  ha  riguardato  tutti i lavoratori dello Stato, privati e
 pubblici.
   La non manifesta infondatezza deriva da tutte le argomentazioni fin
 qui svolte. La rilevanza e', a sua volta, da  individuare  nel  fatto
 che,  ove  l'impostazione del remittente fosse accolta, i due decreti
 indicati in epigrafe sarebbero da  ritenere  illegittimi;  ma  merita
 qualche  ulteriore e piu' specifica puntualizzazione. Cio' in quanto,
 avendo la sezione ipotizzato  l'immediata  applicabilita'  in  ambito
 regionale   della  normativa  statale  di  riferimento,  si  potrebbe
 argomentare che  la  censura  riguardi  non  l'art.  36  della  legge
 regionale  n.  2/1962  (o  l'art. 1 della legge regionale n. 46/1995)
 quanto piuttosto i provvedimenti sottoposti  all'esame  del  Collegio
 remittente;  di  tal  che,  la  questione  proposta potrebbe apparire
 inammissibile.
   La sezione e' infatti ben consapevole che la Corte  costituzionale,
 ai sensi dell'art. 10, comma 1, della legge 10 febbraio 1953, n.  62,
 ha  affermato  che  il sopravvenire di leggi statali recanti principi
 che siano in grado di vincolare  le  competenze  normative  regionali
 comporta,  nei casi di accertata e diretta incompatibilita' fra legge
 statale e legge regionale, l'abrogazione di quest'ultima, e che  tale
 regola,  direttamente prevista per le regioni a statuto ordinario, e'
 stata piu' volte applicata anche per la competenza  "primaria"  delle
 regioni  a  statuto  speciale  (sentenze n. 151/1974, n. 296/1993, n.
 497/1993, n. 153/1995). Tuttavia, essendosi nella specie in  presenza
 di  normativa  statale  che,  per  la  rilevanza  ad essa attribuita,
 dovrebbe prevalere su una disposizione  come  l'art.  14,  lett.  q),
 dello  statuto  siciliano,  rispetto  alla  quale. non risulta che la
 Corte costituzionale abbia mai adottato  pronunce  di  illegittimita'
 costituzionale  di  disposizioni  regionali piu' favorevoli di quelle
 vigenti per il personale  dello  Stato,  sussistono  quelle  "ragioni
 essenziali  di  certezza  del  diritto" che il Giudice delle leggi ha
 posto a base della declaratoria di illegittimita'  costituzionale  di
 alcune norme della regione siciliana proprio in materia di competenza
 esclusiva   (espropriazioni   per   pubblica  utilita';  sentenza  n.
 153/1995) , per quanto di tali disposizioni -  in  applicazione,  per
 l'appunto,   del   citato   meccanismo   che   regola   i   casi   di
 incompatibilita' fra leggi statali e leggi regionali - avrebbe potuto
 pronunciare l'avvenuta abrogazione lo stesso giudice a quo.
   Per quanto del tutto irrilevante in questa sede,  la  sezione,  per
 motivi  di  completezza  espositiva,  ritiene di dovere evidenziare -
 come peraltro segnalato anche  dall'Amministrazione  regionale  nella
 risposta  al  foglio di osservazioni dell'ufficio di controllo - che,
 in base all'art. 10 della legge regionale 9 maggio 1986, n.  21,  per
 il  personale  regionale assunto dopo l'entrata in vigore della legge
 stessa (11 maggio 1986) "in esito ai concorsi pubblici i cui  decreti
 di indizione" risultino gia' adottati a tale data (cfr. art. 1, comma
 5,  della  legge  regionale  7  maggio  1996,  n.  31,  positivamente
 riscontrato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 127/1996), "il
 trattamento di quiescenza e tutte le  prestazioni  previdenziali  ...
 sono disciplinati
  .. dalle norme relative agli impiegati civili dello Stato".