LA CORTE DI APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile in primo grado iscritta a ruolo in data 21 aprile 1994 al n. 153/94 r.g. promossa con atto di citazione in opposizione a stima notificato in data 15 aprile 1994 da Dalcolmo Ezio, Dalcolmo Carmen e Dalcolmo Pia, tutti rappresentati e difesi dall'avv.to Mario Casari di Trento, domiciliato per delega a margine dell'atto di citazione in opposizione a stima, attori, contro il comune di Pergine Valsugana, convenuto, contumace. Oggetto: opposizione ad indennita' espropriativa. Causa ritenuta in decisione all'udienza collegiale del 27 maggio 1997. F a t t o Dal Colmo Ezio, Carmen e Pia, proprietari della p.f. 459 C.C. Madrano, si opponevano al decreto determinativo della indennita' di espropriazione fissata con decreto del presidente della G.P.A. di Trento in L. 10.197.335 assumendone l'incongruita'. Nel giudizio cosi' radicato non si costituiva il comune di Pergine che veniva dichiarato contumace. Il C.T.U. nominato accertava una indennita' di L. 26.640.374 oltre all'ulteriore somma di L. 2.703.000 dovuta ai beni dell'art. 20, comma secondo, legge provinciale 19 febbraio 1993, n. 6, trattandosi di imprenditore agricolo. Sulle conclusioni del solo opponente la causa e' passata in decisione all'udienza del 27 luglio 1997. Motivazione Ritiente il Collegio giudicante che conformemente all'indirizzo assunto con precedenti ordinanze n. 222/95, 223/95, 224/95 di questa Corte in relazione alle stesse norme, debba sollevarsi d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 17, 18, 19 della legge provinciale di Trento 19 febbraio 1993, n. 6 in relazione agli artt. 3, 24 e 42 della Costituzione. Il sistema indennitario introdotto dalla citata legge provinciale si incentra su parametri tabellari senza alcun collegamento o mediazione con elementi di valore reale. Il che conduce (come nella fattispecie) ad una ingiustificata compressione dei diritti dei singoli, largamente al di sotto della soglia minima del serie ristoro. Nel caso particolare il C.T.U. ha indicato il valore venale del terreno in L. 120.000 mq e quindi e' indubitabile che l'indennita' calcolata ai sensi della suddetta legge risulterebbe perfino inferiore a quella ricavabile dall'applicazione dell'art. 5-bis della legge statale di grande riforma n. 359 del 1992 i cui principi si impongono e prevalgono (Corte cost. sent. n. 80 del 1996) anche sugli ordinamenti regionali e provinciali. (La suddetta osservazione presuppone, s'intende, che dal conteggio di cui al citato art. 5-bis venga escluso l'ulteriore abbattimento del 40%, considerandosi che il privato non risulta esser stato, a suo tempo, posto in condizione di accettare l'indennizzo offerto: rif. Corte cost. 16 giugno 1993, n. 283). La violazione dell'art. 3 della Costituzione deriva, invece, dalla discriminazione tra piu' espropriati titolari di aree nella stessa zona, a seguito di una classificazione convenzionale, rimessa a scelte urbanistiche disancorate dal reale valore dei terreni; per cui il proprietario di un bene sito all'interno del centro storico (ctg. A) godrebbe di un trattamento indennitario ingiustificatamente privilegiato rispetto a quello riservato al proprietario di un bene immediatamente adiacente, ma sito al di fuori del perimetro storico (cat. B e segg.). D'altro canto l'indennizzo su base tabellare appare rigido e vincolante per il giudice, per cui non sarebbe neppure garantita all'espropriato una difesa che possa comportare, in sede giudiziale, una riparazione della lesione del diritto compresso al di sotto della soglia del serio ristoro con evidente violazione dell'art. 24 della Costituzione. Cio' posto si ritiene di denunziare l'illegittimita' costituzionale non solo degli artt. 17, 18, 19 della legge provinciale n. 6 del 1993, che si pongono in diretto contrasto con le citate disposizioni della Costituzione, ma anche degli articoli da 11 a 16 e 20 che sono strettamente collegate a quelle di cui agli artt. 17, 18, 19; talche' ove queste ultime venissero abrogate e fossero (automaticamente) sostituite dall'art. 5-bis della legge nazionale n. 359 del 1992 si creerebbe grave scoordinamento normativo, con insolubili problemi di concreta applicabilita'.