IL PRETORE
   Ha emesso la seguente ordinanza, visti gli  atti  del  procedimento
 penale  contro  Vantaggi  Gianfranco,  Vantaggi  Simonetta e Vantaggi
 Alessandra imputati dei reati di cui: A) art. 110 c.p., art. 20 lett.
 c) legge n. 47/1985; B) art. 110  c.p.,  artt.  1,  2,  13  legge  n.
 1086/1971;  C)  art.  110 c.p., artt. 1, 4, 14 legge n. 1068/1971; D)
 artt.  81  cpv, 110 c.p., artt. 1, 3, 17, 18, 20 legge n. 64/1974; E)
 art. 110 c.p., art. 221 T. U.LL.SS.; F) art. 110  c.p.,  artt.  1  ed
 1-sexies legge n. 431/1985; G) artt. 110, 81 cpv, 483 c.p.
   Il  giudice  remittente e' chiamato ad applicare tra l'altro l'art.
 1-sexies della legge n. 431/1985  in  merito  al  quale  si  sospetta
 l'incostituzionalita'  come  da  motivazione  che  qui  di seguito si
 esprime.
   Tanto  premesso  in  punto  di  rilevanza   sulla   non   manifesta
 infondatezza,  si  osserva:  la  norma incriminatrice di cui all'art.
 1-sexies legge n. 431/1985 richiamato, rimanda  ad  aree  considerate
 protette,  desumibili  dalla  espressa  elencazione  normativa di cui
 all'art. 1.
   L'individuazione dei beni oggetto di tutela per categorie  -  quale
 presupposto   normativo,   che   attraverso   il   meccanismo   della
 incorporazione concorre ad identificare la fattispecie incriminatrice
 -  confligge,  gia'  di  per  se',  con  i  parametri  costituzionali
 contenuti negli artt.  42 e 97 della Costituzione.
   In  effetti la proclamazione di principio secondo cui la proprieta'
 e' inviolabile - salvo le limitazioni nei modi e forme previsti dalla
 legge - postula che, se  e'  vero  che  esistono  beni  con  naturale
 attitudine  al  vincolo,  con  conseguenti  limitazioni al diritto di
 disposizione e godimento, cio' non di  meno  la  loro  individuazione
 deve  avvenire  attraverso  le  forme del giusto procedimento, la cui
 rilevanza e necessarieta' si desume  dal  generale  canone  del  buon
 andamento  amministrativo  codificato all'art. 97 della Costituzione.
 Cio' al duplice fine di rendere conoscibile, attraverso procedure  di
 esternazioni  ad  evidenza  pubblica,  le  ragioni  che  connotano il
 particolare  pregio  di  un  determinato   bene   e   di   consentire
 parallelamente  ai  privati  di  poter  introdurre  nel  procedimento
 medesimo le  loro  osservazioni  e  istanze.  Cio'  e'  evidentemente
 precluso  qualora  il  vincolo risulti introdotto per via legislativa
 anziche' provvedimentale.
   Ulteriore negativo riflesso di tale situazione  e'  la  sostanziale
 perdita  di  concretezza  della  stessa  ratio  punitiva sottesa alle
 speciali  norme  incriminatrici  introdotte  proprio  per  assicurare
 protezione  accentuata a beni e valori di particolare considerazione.
 Conseguentemente le stesse norme incriminatrici  solo  apparentemente
 risultano  rispettose  del  principio  di  tipicita' inteso nella sua
 stretta correlazione con l'interesse o bene da salvaguardare che,  in
 tali  eventualita',  giova  ribadirlo,  solo in termini assiomatici e
 senza alcun riscontro di concretezza, se non in via di vera e propria
 astrazione, risulta sussistente.
   In questa ottica,  in  cui  la  tutela  del  valore  ambientale  e'
 affidata  piuttosto  a  illusioni  repressive che non a concreti atti
 della pubblica autorita' di  individuazione  del  bene  da  tutelare,
 viene  ad essere inciso lo stesso principio di ragionevolezza, atteso
 che si introduce un regime particolarmente  afflittivo  senza  alcuna
 certezza  che  lo  stesso  sia  in rapporto di sintonia con interessi
 effettivamente sussistenti.    Di  tale  disarmonia  del  sistema  e'
 espressione  la norma richiamata nella rubrica del presente processo,
 come puo' evincersi dalla irragionevole e non giustificabile maggiore
 afflittivita' della predetta norma incriminatrice,  che  presenta  un
 carattere  prevalentemente  formale,  quale  risposta punitiva per la
 mancata acquisizione del titolo autorizzatorio da  parte  degli  enti
 preposti  alla  tutela  del  vincolo, rispetto alla previsione di cui
 all'art. 734 c.p., che considera  la  deturpazione  di  fatto  ed  in
 concreto  del bene ambientale, con evidente maggio spregio del valore
 paesaggistico ed ambientale.
   Ne' puo' pretermettersi la sospetta  incostituzionalita'  dell'art.
 1-sexies  legge  n.  431/1985,  in  se' considerato, in raffronto con
 l'art. 25, secondo  comma,  della  Costituzione  per  violazione  del
 principio di legalita' essendo indeterminata la pena da applicare. Al
 riguardo  non  appaiono  persuasive le precisazioni giurisprudenziali
 che individuano in quella riportata dall'art. 20, lett. c), legge  n.
 47/1985,  fondando  sull'argomento  che soltanto l'art. 20, lett. c),
 richiamato si riferisce a zone vincolate.
   Tale argomentazione non incide affatto sulla problematica di  fondo
 concernente la mancanza, nel testo della norma incriminatrice, di una
 specifica  sanzione  tra  quelle gradatamente riportate nell'art.  20
 richiamato e, da qui, la  palese  indeterminatezza  della  previsione
 sanzionatoria.  A  tacere del rinvio, qualora volesse condividersi la
 richiamata  impostazione   giurisprudenziale,   alla   gia'   cennata
 problematica   insistente   sulla   irragionevole  concentrazione  di
 previsioni  sanzionatorie  distinte  per  un  medesimo  fatto   e   a
 salvaguardia dello stesso interesse.
   Neppure  puo' dirsi rispettato, sempre nel caso dell'art. l-sexies,
 l'obbligo di specificazione  della  condotta  incriminata,  che,  nel
 testo  della  norma  in  discorso,  viene  individuata  con  generico
 riferimento alla violazione delle disposizioni della stessa legge  n.
 431/1985.   Come autorevolmente osservato in dottrina, infatti non e'
 sempre chiara l'individuazione della  condotta  vietata,  in  quanto,
 esaminando  le disposizioni degli artt. 1/1-quinquies, solo in alcuni
 casi si possono identificare norme a contenuto  precettivo.  Come  si
 puo'  notare,  infatti,  nella  legge n. 431/1985 non e' compresa una
 specifica disposizione che pone l'obbligo  della  autorizzazione  per
 ogni  opera realizzata in zona vincolata in base alla stessa legge o,
 comunque, soggetta a vincolo paesaggistico,  e  non  sembra  che  una
 soluzione  interpretativa assai disinvolta, che si fondi sul richiamo
 ad un presupposto logico della disciplina in questione, vale  a  dire
 l'obbligo  della autorizzazione di cui alla legge n. 1497/39, sarebbe
 del tutto corretta dal punto di vista del gia'  citato  principio  di
 legalita' di rango costituzionale.
   In  altre parole, se si interpretasse rigorosamente la disposizione
 in parola,  l'art.  1-sexies  non  sarebbe  applicabile  in  caso  di
 realizzazione  di  opere  in  zone vincolate senza autorizzazione per
 mancanza  dell'estremo  delle  condotte  vietate,  stante   la   gia'
 ricordata  carenza  di  norme,  nel  corpo  della  legge  medesima, a
 contenuto precettivo.