IL TRIBUNALE
   Ha  emesso  la  seguente  ordinanza ai sensi dell'art. 23, comma 3,
 della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  per  la   dichiarazione   di
 incostituzionalita'  dell'art.  4, comma 2, primo inciso, della legge
 30 luglio 1990, n.   217, rubricata  "Istituzione  del  patrocinio  a
 spese dello Stato per i non abbienti", per violazione degli artt. 3 e
 24, commi 2 e 3, della Costituzione.
                           Rilevato in fatto
   Nell'ambito  del  procedimento  penale iscritto al n. 6/96 r.g. del
 tribunale di Saluzzo per i reati previsti e puniti  agli  artt.  2621
 c.c.  e  224, 217 e 223 legge fall. a carico di Borello Agostino piu'
 altri tre imputati (procedimento definito con sentenza resa  in  data
 28 gennaio 1997), il predetto Borello veniva ammesso al beneficio del
 gratuito  patrocinio  a  spese  dello  Stato  ai  sensi dell'art. 1 e
 seguenti della legge 30 luglio 1990, n. 217, con  decreto  di  questo
 tribunale in data 21 febbraio 1997.
   In  data  19 maggio 1997 veniva depositata presso la cancelleria la
 richiesta di liquidazione del  compenso  per  la  consulenza  tecnica
 espletata,  nell'interesse  dell'imputato,  dal  dott.  Sandro Aceto,
 commercialista in Torino, che aveva provveduto - depositando apposita
 relazione scritta acquisita dal tribunale all'udienza del 20  gennaio
 1997  -  ad  analizzare  la correttezza tecnico-contabile dei bilanci
 d'esercizio della societa' Sadorca  S.p.A.,  il  cui  fallimento  era
 stato all'ordine dei fatti contestati all'imputato.
   Il  pubblico ministero, durante la fase delle indagini preliminari,
 non aveva disposto consulenza tecnica ai sensi degli artt. 359 e  360
 c.p.p.,  ne'  il  Tribunale aveva disposto nel corso del dibattimento
 perizia contabile ex art. 220 e ss. c.p.p.
   Competente per l'emissione del decreto di  liquidazione  rimane  il
 tribunale remittente, ai sensi del combinato disposto degli artt.  32
 disp.  att.  c.p.p. e 12, comma 2, della citata legge 30 luglio 1990,
 n. 217.
                          Ritenuto in diritto
   Ravvisa il tribunale l'illegittimita' costituzionale dell'art.   4,
 comma  2,  primo  inciso, della legge 30 luglio 1990, n. 217, che - a
 mente dell'art. 225, comma  2,  c.p.p.  -  dovrebbe  applicarsi  alla
 presente  fattispecie.  Dispone  infatti la suddetta norma che "Per i
 consulenti tecnici gli effetti di cui al comma 1  (ossia  i  benefici
 del  gratuito  patrocinio, n.d.r.) si producono limitatamente ai casi
 in cui e' disposta perizia", con cio'  integrando  -  a  giudizio  di
 questo   tribunale  -  la  violazione  del  diritto  di  difesa,  con
 particolare  riferimento  ai  cittadini   non   abbienti,   garantito
 dall'art.  24,  commi secondo e terzo della Costituzione, nonche' del
 principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione.
   1.a. - Sotto la prima censura di incostituzionalita' - al  fine  di
 dimostrarne  la  manifesta  fondatezza  -  si  premette  un  breve ma
 necessario   excursus   sull'evoluzione   normativa    del    diritto
 dell'imputato   a   difendersi  non  solo  attraverso  il  patrocinio
 dell'avvocato, bensi' anche ricorrendo all'ausilio di  un  consulente
 tecnico,  che  possa  assicurargli  un'adeguata  e compiuta difesa in
 materie (come quella contabile  nella  fattispecie)  ove  necessitano
 particolari competenze tecniche.
   La  facolta' per l'imputato di nominare un consulente tecnico al di
 fuori dei casi in cui fosse disposta perizia da parte  dell'autorita'
 giudiziaria,  non  era espressamente prevista dall'abrogato Codice di
 rito penale del 1930 - che prevedeva agli artt. 323 e 324 soltanto la
 nomina di consulenti tecnici in  occasione  di  incarico  peritale  -
 anche  se  la  prassi  giudiziaria  ben  conosceva la figura del c.d.
 perito stragiudiziale, le cui indicazioni tecniche (prive  di  valore
 probatorio  intrinseco)  avevano  al  massimo la dignita' di semplici
 memorie difensive, da  sottoporre  eventualmente  all'attenzione  del
 giudice procedente.
   Con  l'entrata  in  vigore del nuovo Codice di procedura penale del
 1988, interveniva l'art. 233,  che  espressamente  formalizzava  tale
 ricordata  prassi,  prevedendo  che,  fuori dai casi in cui sia stata
 disposta perizia (per i quali sovviene l'art. 230 c.p.p.),  "ciascuna
 parte puo' nominare, in numero non superiore a due, propri consulenti
 tecnici".
   Gia'  all'indomani  della  riforma  del  processo  penale non erano
 mancate opinioni dottrinarie, pur autorevoli, che ritenevano -  sulla
 scorta anche dei ragguagli interpretativi espressi dalla Relazione al
 progetto  preliminare  del  Codice  di  procedura penale (in Gazzetta
 Ufficiale, serie generale, 24 ottobre 1988, n. 250, pag. 66) - che la
 ratio dell'art. 233  c.p.p.  fosse  nel  senso  di  riconoscere  alla
 consulenza  extraperitale  una funzione, tuttalpiu', "sollecitatoria"
 della perizia giudiziale (l'unica che potesse rivestire  la  dignita'
 di   prova   in   dibattimento),   ovvero   una   funzione  meramente
 "illustrativa" al giudice  (o  al  pubblico  ministero  ex  art.  360
 c.p.p.)   cfrca   l'opportunita'  del  conferimento  di  un  incarico
 peritale.
   Tuttavia,  una  siffatta   interpretazione   -   che,   di   fatto,
 disconosceva  alla  consulenza extraperitale una dignita' superiore a
 quella della semplice memoria difensiva - mal si  conciliava  con  lo
 spirito  accusatorio  del  nuovo  Codice,  nonche'  con  il principio
 dispositivo  della  prova  ex  art.  190  c.p.p.,   e,   soprattutto,
 dimostrava  di  trascurare  la piena conformita' dell'art. 233 c.p.p.
 alla garanzia costituzionale del diritto di difesa.  Non  solo:  essa
 pure contraddiceva il dato sistematico del nuovo rito penale, che, al
 contrario,  attribuisce  alla  consulenza  tecnica di parte autentico
 valore probatorio. Basti pensare al disposto  dell'art.  422  c.p.p.,
 laddove  consente  al  g.u.p.  di ammettere l'audizione di consulenti
 tecnici di parte quando tale prova appaia manifestamente decisiva per
 la decisione (ed e' chiaro che trattasi dei consulenti  ex  art.  233
 c.p.p.,  in  quanto  gli  eventuali  consulenti "peritali" hanno gia'
 esercitato  il  proprio  contributo   nella   fase   delle   indagini
 preliminari  o nell'incidente probatorio). Si pensi altresi' all'art.
 38, comma 1, disp. att. c.p.p., che prevede espressamente la facolta'
 per i difensori di avvalersi, al fine di esercitare il  diritto  alla
 prova, dell'opera di consulenti tecnici.
   Neppure  sono  mancati segnali della giurisprudenza di legittimita'
 questo processo di "valorizzazione" della  funzione  difensiva  della
 consulenza tecnica extraperitale ex art. 233 c.p.p., in quanto alcune
 pronunce  della  suprema  Corte  di  cassazione - interpretando cosi'
 l'art. 501  c.p.p.  -  hanno  addirittura  equiparato  il  consulente
 tecnico al testimone, affermando che "...la corte puo' legittimamente
 desumere  elementi  di  prova  dall'esame  dei consulenti tecnici dei
 quali le parti abbiano chiesto l'ammissione, la cui posizione  e'  in
 tutto  assimilata  a  quella  dei  testi,  senza  necessita' di dover
 disporre ulteriore perizia" (Cass. sez. I, 13 giugno 1994,  n.  6792;
 conforme, Cass. sez. VI, 16 marzo 1995, n. 2793).
   1.b.  -  Da  tutto quanto finora sostenuto si rileva la centralita'
 della  "difesa  tecnica"  (meritevole  di  garanzia  non  meno  della
 tradizionale  difesa  esercitata  dall'avvocato) nel vigente processo
 "di parti", centralita' che risulta perdipiu'  confermata  (oltreche'
 da  inequivoche  e legittime tendenze de iure condendo circa la piena
 realizzazione della parita' processuale tra accusa e difesa) anche da
 altri non meno  significativi  elementi  normativi:  in  primo  luogo
 l'art.  103,  commi 2 e 5, c.p.p., che assicura ai consulenti tecnici
 le stesse garanzie previste per i difensori;  in  secondo  luogo  gli
 arrt.  380 e 381 c.p., che puniscono, assieme al patrocinio, anche la
 consulenza infedele; in terzo luogo l'art. 200,  comma  1  lett.  b),
 c.p.p.,  che  assicura  anche  ai  consulenti  tecnici,  oltreche' ai
 difensori, la tutela del segreto professionale.
   Anche  codesto  collegio costituzionale ha avuto modo di esprimersi
 in subiecta materia, stabilendo  autorevolmente  come  il  consulente
 tecnico  debba  essere  "...pacificamente  ritenuto  parte integrante
 dell'ufficio di difesa dell'imputato, nel  cui  interesse  presta  la
 propria  opera  di  apporto  tecnico,  mediante argomenti, rilievi ed
 osservazioni che hanno sostanzialmente natura di  atti  difensionali"
 (Corte cost., 27 giugno - 4 luglio 1974, n. 199).
   1.c.  -  Traendo  quindi  le conclusioni da questa premessa, appare
 ictu oculi lo stridente  contrasto  tra  l'art.  4,  comma  2,  primo
 inciso,  della  legge  30  luglio  1990,  n.  217, e l'art. 24, commi
 secondo e terzo, Cost.,  giacche'  l'applicazione  testuale  di  tale
 norma  (che  appare  essere  una  secca replica dell'art. 3, comma 2,
 disp. att.  c.p.p. 1930) importerebbe l'impossibilita' per l'imputato
 di  godere  dei  benefici  del  gratuito  patrocinio  laddove  -  per
 esercitare  il  proprio  diritto  alla  prova e alla difesa tecnica -
 avesse ritenuto necessario rivolgersi all'assistenza di un consulente
 tecnico ex art. 233 c.p.p. nei casi in cui non fosse  stata  disposta
 perizia.
   Cio'  appare quanto piu' evidente in considerazione della finalita'
 di "difesa del cittadino  non  abbiente"  perseguita  dalla  suddetta
 legge  (art. 1), in precisa attuazione del precetto costituzionale di
 cui all'art. 24, comma terzo, della Costituzione,  che  assicura  "ai
 non  abbienti,  con  appositi  istituti, mezzi per agire e difendersi
 davanti  a  ogni  giurisdizione".  Ma  risulta  comunque  palese   la
 violazione  del  diritto  di  difesa  tout court - costituzionalmente
 garantito dall'art.   24, comma  secondo,  della  Costituzione  -  in
 quanto  un  cittadino  non  abbiente,  che  sia  pur  teoricamente in
 condizione di beneficiare del gratuito patrocinio, dovrebbe  tuttavia
 rinunciare ad avvalersi di una consulenza di parte (a prescindere dal
 conferimento  della  perizia dibattimentale) per illustrare in chiave
 tecnica i propri argomenti  difensivi  all'autorita'  giurisdizionale
 chiamata a giudicarlo.
   2.a.  -  Il vizio di costituzionalita' della suddetta norma risulta
 parimenti evidente in riferimento al canone di eguaglianza, formale e
 sostanziale, espresso dall'art. 3 della Costituzione.
   La  norma  qui  impugnata  determina  invero,  sotto   il   profilo
 dell'eguaglianza  formale, una ingiustificata e immotivata disparita'
 di trattamento tra l'imputato, ammesso il gratuito patrocinio, che si
 sia avvalso di un consulente tecnico in costanza di perizia (che puo'
 cosi'  contare  sull'accollo  statale  delle  spese)  e   l'imputato,
 anch'egli  ammesso  al  gratuito  patrocinio,  che  invece  non  puo'
 ricorrere a tale ausilio difensivo (se non a  proprie  spese)  quando
 non sia stata disposta perizia.
   2.b.  -  Non  meno  manifesta  la censurabilita' della norma de qua
 sotto il profilo dell'eguaglianza sostanziale;  il  fatto  che  venga
 disposta  una  perizia  -  decisione  questa  ovviamente rimessa alla
 discrezionalita'  dell'autorita'  giurisdizionale  che   puo'   anche
 disporre  perizia  d'ufficio  ex  artt. 224 e 70 c.p.p., senza che le
 parti possano interferire in qualche modo in  tale  determinazione  -
 assurge  a irragionevole e arbitrario discrimen per il riconoscimento
 o meno all'imputato del beneficio in oggetto.
   3. - Per cio' che riguarda, infine, il giudizio  di  rilevanza  del
 motivo  di  incostituzionalita'  qui  rilevato,  si  fa  presente che
 l'istanza di liquidazione proposta dal consulente  tecnico  di  parte
 nel   procedimento  penale  sopramenzionato,  dovrebbe,  allo  stato,
 rigettarsi  per  inammissibilita',  visto il divieto di legge; il che
 non consente dunque  al  tribunale  di  provvedere  indipendentemente
 dalla risoluzione della presente questione di costituzionalita'.
   Ne',  infine,  puo'  ritenersi  superfluo  il ricorso dell'imputato
 Borello  Agostino  all'ausilio  di  un   consulente   tecnico,   data
 intrinseca complessita' delle imputazioni contestategli.
   Si  ribadisce,  infine,  la  piena  convinzione  maturata da questo
 tribunale  in  ordine   alla   necessita'   della   declaratoria   di
 illegittita' costituzionale dell'art. 4, comma 2, primo inciso, della
 legge  30  luglio 1990, n.   217, per contrasto con gli artt. 3 e 24,
 commi secondo e terzo, della Costituzione, nella parte in cui  limita
 la  facolta' per l'imputato di godere degli effetti del beneficio del
 gratuito patrocinio per i consulenti tecnici di parte ai soli casi in
 cui e' disposta perizia.