IL PRETORE
   Ha pronunciato nel pubblico dibattimento la seguente ordinanza.
   Il 17 luglio 1997 i carabinieri della stazione di  Tivoli  traevano
 in  arresto  Popescu  Ramona  colta  nella flagranza del reato di cui
 all'art. 624 c.p., nel termine di legge era presentata in tale stato,
 dinanzi a questo pretore per la convalida ed il contestuale  giudizio
 a norma dell'art. 566 c.p.p.
   Il  pretore, convalidava l'arresto con ordinanza del 18 luglio 1997
 e  disponeva  procedersi  immediatamente   al   giudizio   con   rito
 direttissimo.
   In  punto rileva che sussistono profili di incostituzionalita' come
 di  seguito  evidenziati:   sul   merito   com'e'   noto   la   Corte
 costituzionale, dopo le ultime pronunce del 1995 (vedi la n. 149 e la
 432)   ha   rivisto   i   limiti   dell'incompatibilita'   prevenendo
 all'affermazione secondo cui anticipa il  giudizio  (tale  da  creare
 pre-giudizio) una valutazione di contenuto sulla probabile fondatezza
 dell'accusa.
   E,  con  specifico  riguardo  al  giudizio  direttissimo  avanti al
 pretore, ha dichiarato la  manifesta  infondatezza  della  questione,
 radicandola  sulla  circostanza che in tale eventualita' la convalida
 dell'arresto implica una valutazione sulla  riferibilita'  del  reato
 all'imputato condotto in giudizio, attribuita proprio alla cognizione
 del  giudice  competente per il merito direttamente investito, cui e'
 devoluta la convalida e il contestuale giudizio al  quale  si  accede
 ogni  altro  provvedimento  cautelare; aggiungendovi che, "il giudice
 del  dibattimento,  al quale e' presentato l'imputato per il giudizio
 direttissimo,  si  pronuncia  pregiudizialmente,  con  la   convalida
 dell'arresto,  sulla  esistenza dei presupposti che gli consentono di
 procedere immediatamente al giudizio ed  e'  competente  ad  adottare
 incidentalmente  misure  cautelari,  attratte nella competenza per la
 cognizione del merito.
   Non   puo'    dunque    essere    configurata    una    menomazione
 dell'imparzialita'  del  giudice, che adotta decisioni preordinate al
 proprio giudizio o incidentali rispetto ad esso.
   Orbene, al riguardo, ritiene il remittente che proprio in relazione
 alle superiori argomentazioni adottate dalla  Corte,  si  imponga  la
 rivalutazione  di aspetti di incostituzionalita' afferenti al momento
 di formazione della prova per la decrizione di  merito  ed  al  tema,
 dunque,   della   corretta  utilizzazione  degli  elementi  di  prova
 (rectius:  di conoscenza) acquisiti per la conseguente formazione del
 libero convincimento del giudice.
   Invero, muovendo dalla  indicata  premessa  che  il  giudice  della
 convalida  e'  il  giudice  di merito solo incidentalmente chiamato a
 verificare la sussistenza dei presupposti per la valida instaurazione
 del relativo processo e posto che,  tale  fase  si  snoda  attraverso
 l'acquisizione  di elementi di valutazione influenti sulla formazione
 del convincimento del giudice, e' indubbio che l'acquisizione di tali
 elementi dovrebbe avvenire nel rispetto delle forme e con le garanzie
 fatte proprie dalle regole vigenti per la fase di  giudizio  in  modo
 che  ne resti salvaguardata la loso pacifica utilizzabilita' in senso
 formale    e    conseguentemente    non    intaccato    il    profilo
 dell'imparzialita'   (altrimenti   riposante   solo   sulla  generica
 affermazione che comunque si e' fronte al giudice del merito) nonche'
 i connessi profili del contraddittorio e della iniziativa delle parti
 nella acquisizione e formazione  della  prova.  In  particolare  cio'
 concerne  i  qualificanti  momenti  della  cosidetta  relazione orale
 dell'ufficiale o agente di  p.g.  procedente  e  della  dichiarazione
 dell'arrestato  che, a norma dell'art. 566 c.p.p.  viene "sentito" ai
 fini di convalida.
   Poiche' tali momenti anticipano, contenutisticamente, in tale  fase
 incidentale  e  antecedente  al  giudizio,  la  prova  testimoniale e
 l'esame dell'imputato, a salvaguardare la loro compatibilita'  con  i
 parametri  costituzionali  rappresentati  dall'art. 3 (sottospecie di
 parita'  di  trattamento  con  gli  altri  imputati),  dall'art.   24
 (sottospecie  di  garanzie  difensive),  dagli  artt.  3, 24, secondo
 comma, 25 e 27, secondo comma, (sottospecie di interconnessione tra i
 richiamati profili con  quello  della  indipendenza  del  giudice  di
 merito  e,  dunque, nella prospettiva funzionale dell'esercizio della
 giurisdizione  con  riferimento  al  momento  acquisitivo   di   dati
 contenutistici  e  di  merito  dell'imputazione,  influenti come tali
 sulla  formazione   del   libero   convincimento   del   giudice)   a
 salvaguardare  come  detto,  la  loro  compatibilita'  con i suddetti
 parametri di costituzionalita' si  impone  il  rispetto  delle  forme
 previste  per  gli  atti  a  contenuto congenere nel dibattimento, in
 funzione anticipatoria (cosi' come avviene per i  casi  di  incidente
 probatorio)  cosi'  da  risultare salvaguardato anche l'aspetto della
 loro diretta utilizzabilita' ai fini di giudizio.
   In      conclusione     si     ritiene     pertanto     ravvisabile
 l'incostituzionalita' dell'art. 566  laddove  non  prescrive  che  la
 relazione   dell'ufficiale   o  agente  p.g.  precedente  nonche'  le
 dichiarazioni dell'imputato vengano assunte con  rispetto  e  con  le
 forme  dettate  nella  fase dibattimentale per la testimonianza e per
 l'esame dell'imputato con conseguente invalidita' della stessa  norma
 e  dell'art.  138  disp.  att.  al c.p.p.   in relazione all'art. 431
 c.p.p. laddove non prescrive l'inserimento  degli  atti  suddetti  da
 acquisire  nelle  forme  come dianzi individuate nel fascicolo per il
 dibattimento.
   E' indubbia la rilevanza della prospettata questione  nel  presente
 giudizio,  che si trova proprio nella fase dibattimentale conseguente
 alla  convalida  con  diretta   influenza,   dove   trovano   diretta
 applicazione le norme censurate.