LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio di responsabilita', iscritto al n. 351/R del registro di segreteria, promosso dal procuratore regionale nei confronti del signor Leo Pasquale, rappresentato e difeso in giudizio dall'avv. Italo Foggetti; Uditi nella pubblica udienza dell'11 aprile 1996, il relatore, nella persona del primo referendario dott. Vittorio Raeli; l'avv. Italo Foggetti, per il convenuto ed il procuratore regionale, nella persona del procuratore regionale, dott. Giuseppeantonio Stanco; Visto l'atto di citazione, iscritto al n. 303/r del registro di segreteria; Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa. Ritenuto in fatto Il procuratore regionale, con atto di citazione ritualmente notificato il 17 gennaio 1996, ha convenuto innanzi a questa sezione giurisdizionale il signor Leo Pasquale per sentirsi condannare, in favore dell'Ente "Poste italiane", al pagamento della somma di lire 362.464.710, oltre agli interessi legali ed alle spese di giustizia, per essersi reso responsabile di comportamenti fraudolenti consistenti in appropriazioni di somme di denaro, relative a n. 48 libretti di risparmio, consumate nel periodo dal 30 maggio 1988 fino al 31 dicembre 1993 ai danni dei cittadini utenti dell'agenzia postale di Casamasella (Lecce), nella quale prestava servizio nella sua qualita' di dirigente d'esercizio. Espone l'organo requirente che, a seguito di ispezione straordinaria espletata a partire dal 26 aprile 1995, presso la suddetta agenzia P.T. era emerso che il convenuto, operando su n. 107 libretti, si era appropriato, frau-dolentemente, di una somma complessiva superiore al miliardo, e, propriamente, di lire 1.044.786.050, annotando sui libretti degli utenti le operazioni come realmente effettuate dagli interessati, mentre sui documenti conservati per l'ufficio e su quelli di partecipazione alla direzione provinciale riportava somme differenti: ossia, importi inferiori per le operazioni di deposito ed importi superiori per i rimborsi. In particolare per le operazioni di deposito, il contabile utilizzava le ricevute mod. D1 e verosimilmente usando la semplice tecnica dell'eliminazione della carta carbone tra le prime due matrici, consegnava ai depositanti la ricevuta attestante l'avvenuto deposito, le cui scritture concordavano tra libretto e mod. D1 consegnato; mentre il mod. D1 conservato in ufficio e quello rimesso alla direzione provinciale attestavano l'avvenuto deposito sui libretti di risparmio postale, contraddistinti dai numeri 898 e 1044 - intestati al presidente del Circolo sport e tempo libero - di cui aveva la gestione, per un importo quasi sempre minore rispetto a quanto depositato. Per i rimborsi, verosimilmente il convenuto faceva sottoscrivere per ricevuta, dagli utenti, l'apposita cedola prima che la stessa fosse stata compilta nella sua interezza, talche' sulla stessa veniva, poi, riportata, per l'uso dell'amministrazione, una somma superiore. In sede penale, il Leo, che in relazione ai fatti di causa e' stato denunciato all'autorita' giudiziaria e sottoposto a misure cautelari privative della liberta' personale - custodia cautelare in carcere e, poi, arresti domiciliari -, ha parzialmente ammesso gli addebiti contestatigli, adducendo di essere stato indotto a commettere le operazioni fraudolente per fronteggiare le spese conseguite ad una grave malattia della moglie. Il predetto, in un primo tempo sospeso cautelarmente dal servizio, successivamente con provvedimento, in data 28 giugno 1995, del direttore della sede Puglia dell'"Ente Poste", e' stato licenziato senza preavviso con effetto dal 4 luglio 1995. Il p.m., ritenuta la giurisdizione di questa Corte per gli illeciti consumati entro il 31 dicembre 1993 pur dopo l'entrata in vigore dell'articolo 1, comma 1, del d.-l. 1 dicembre 1993, n. 487 (convertito con legge 29 gennaio 1994, n. 71), che ha trasformato, a decorrere dal 1 gennaio 1994, l'amministrazione delle Poste e telecomunicazioni in Ente pubblico economico "Poste Italiane", ha contestato, dunque, al Leo di essersi appropriato fraudolentemente delle somme di denaro gia' pervenute nella disponibilita' dell'amministrazione PP.TT., cagionando alla stessa un danno pari all'importo di L. 362.464.710, essendo tenuta nei confronti dei depositanti all'adempimento delle obbligazioni risultanti dalla documentazione agli stessi regolarmente rilasciata ed attestativa delle operazioni dai medesimi effettuate. Gli artifizi posti in essere dal convenuto per la perpetrazione delle frodi, nonche' la ripetitivita' degli episodi appropriativi sarebbero di ostacolo, ad avviso del p.m., all'esercizio del potere riduttivo. Con decreto presidenziale del 10 ottobre 1995, confermato nell'udienza del 22 novembre 1995 con provvedimento del magistrato designato (depositato in segreteria il 29 novembre 1995), e' stato accordato il sequestro conservativo, a cautela delle ragioni dell'Ente danneggiato, di tutte le somme dovute al Leo a titolo di indennita' di fine rapporto e di eventuali arretrati, nonche' di un quinto del trattamento pensionistico al medesimo spettante, fino alla concorrenza di lire 362.464.710. Si e' costituito in giudizio il convenuto mediante memoria dell'avv. Italo Foggetti, depositata in segreteria il 25 marzo 1996. Il difensore ha eccepito, preliminarmente, il difetto di giurisdizione di questa Corte, trovando la stessa il limite temporale del 31 dicembre 1993. Nel merito, ha eccepito: il difetto di prova del denaro e del suo ammontare, non essendo sufficiente da solo il richiamo alle comunicazioni dell'ente P.T. ad assolvere l'onere della prova dell'attore, senza altri riscontri oggettivi; il rilascio da parte del convenuto di dichiarazioni confessorie sulla commissione dei fatti limitatamente al biennio 1993-1995; la necessita' di far fronte sul piano economico, improvvisamente, a gravi situazioni determinatesi nella sua famiglia (il tumore della moglie e la patologia all'apparato visivo del figlio, che si risolse in breve nella cecita'). Ha invocato, pertanto, l'assoluzione del Leo, con conseguente revoca del provvedimento di sequestro e, in via subordinata, la riduzione (ex art. 52 del t.u. n. 1214 del 1934) del danno fino alla concorrenza della somma per la quale e' stato adottato il provvedimento di sequestro. Infine, in via istruttoria, nel caso di ritenuta responsabilita' del convenuto, il difensore ha chiesto l'acquisizione di consulenza tecnica volta ad accertare e quantificare il pregiudizio economico arrecato all'ente P.T. nel periodo 1988-1993 e dell'attestato dell'ente sulle ispezioni effettuate durante il detto periodo nell'agenzia di Casamassella e loro esito. Alla pubblica udienza dell'11 aprile 1996, le parti hanno confermato le rispettive richieste. Considerato in diritto 1. - Ritiene questa Sezione, d'ufficio, di sollevare questione la legittimita' costituzionale dell'art. 10 del d.-l. 1 dicembre 1993, n. 487, convertito (con modificazioni) nella legge 29 gennaio 1994, n. 71, nella parte in cui devolve alla autorita' giudiziaria ordinaria ogni controversia concernente le materie di contabilita' pubblica di pertinenza dell'"Ente Poste", in quanto ente pubblico economico. Ed invero, la predetta disposizione va interpretata alla luce dell'indirizzo giurisprudenziale assolutamente prevalente della Corte di cassazione che ammette la giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilita' amministrativa e contabile dei dipendenti e degli amministratori degli enti pubblici economici solo in relazione a quegli atti che si configurino come espressione di poteri di autorganizzazione e, viceversa, la esclude per quegli atti posti in essere, come nella fattispecie, nell'a'mbito della gestione con strumenti privatistici dell'attivita' imprenditoriale di detti enti (Cass. s.u. 1282/1982; Cass. s.u. 6178/1983; Cass. s.u. 6179/1983; Cass. s.u. 6444/1985; Cass. s.u. 2489/1988). 2. - Cosi' interpretata nel "diritto vivente", la norma si pone in contrasto con gli artt. 103, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione. 2.1. - Sotto il primo profilo, rileva il Collegio che ad un iniziale orientamento espansivo della Corte costituzionale, favorevole ad affermare il carattere assolutamente generale della giurisdizione della Corte dei conti (sent. n. 110 del 1979 e n. 68 del 1971), e' subentrato nella giurisprudenza costituzionale (a partire dalla sentenza n. 641 del 1981) un indirizzo piu' restrittivo, volto a riaffermare il carattere tendenziale della giurisdizione della Corte dei conti e, pertanto, la necessita' della interpositio legislatoris, "al quale sono rimesse valutazioni che non toccano solo gli aspetti procedimentali del giudizio, investendo la stessa disciplina sostanziale della responsabilita'" (sentenza n. 24 del 1993). E nella disciplina sostanziale della responsabilita' sono state fatte rientrare le "Apposite qualificazioni legislativi e (le) puntuali specificazioni non solo rispetto all'oggetto ma anche rispetto ai soggetti" (sentenza n. 641 del 1987 cit.). Tale orientamento e' stato ribadito, di recente, nella sentenza n. 385 del 1996, con l'aggiunta significativa che la discrezionalita' del legislatore "deve essere circoscritta all'apprezzamento ragionevole dei motivi di carattere ordinamentale e, particolarmente, di quelli riconducibili agli equilibri costituzionali" nella "definizione concreta della materia di contabilita' pubblica". Venendo al caso di specie, nel quale si tratta della responsabilita' per danno erariale dei dipendenti dell'ente "Poste Italiane", non sembra a questa sezione che risponda a razionalita' la scelta legislativa di attribuire la giurisdizione al giudice ordinario, in quanto la Corte dei conti, non il giudice civile, forma garanzia per l'ordinamento, perche' il riconoscimento della giurisdizione contabile comporta la sostituzione della legittimazione attiva dell'ente nei riguardi dei propri dipendenti con la legittimazione attiva del pubblico ministero ai sensi dell'art. 195 del regolamento di contabilita' 23 maggio 1924, n. 827 e dell'art. 43, comma 1, del regolamento di procedura 13 agosto 1933, n. 1038. Il giudizio di responsabilita' innanzi alla Corte dei conti e, infatti, caratterizzato dalla costante presenza e dalla attiva partecipazione del pubblico ministereo, sempre e soltanto nell'interesse della legge. La questione in parola si differenzia, percio', da ogni altra questione di giurisdizione, perche' qui si tratta non di determinare soltanto il giudice su un ambito di controversie dato ed indipendente della soluzione della questione medesima, bensi' di rendere, o meno, praticamente promovibili, nell'interesse pubblico, azioni che senza una legittimazione officiosa potrebbero anche non essere mai esercitate: ed infatti nel regime della giurisdizione contenziosa civile l'amministrazione interessata resta libera di agire o meno per il risarcimento del danno. Le controversie nelle materie di contabilita' pubblica, che si togliessero alla Corte dei conti, non passerebbero, dunque, necessariamente al giudice civile, ma in pratica potrebbero anche essere cancellate e soppresse. La norma impugnata, pertanto, e' sotto tale profilo in contrasto con l'art. 103, secondo comma, della Costituzione. 2.2. - Essa e', inoltre, in contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione, inteso come principio di coerenza dell'ordinamento giuridico. Dalle vigenti disposizioni (art. 58, comma primo, legge n. 142/1990 e 1, legge n. 20/1994), le quali prevedono la giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilita' riguardo a tutti i soggetti appartenenti agli enti pubblici puo' trarsi, infatti, agevolmente il principio generale secondo cui la Corte dei conti ha giurisdizione, nell'ordinamento giuridico, riguardo a tutti gli enti pubblici, anche economici, sia in materia di responsabilita' amministrativa che di responsabilita' contabile; essendo riconducibili a questi due a'mbiti tutta l'attivita' degli enti stessi, attesa l'assoluta prevalenza dell'elemento pubblicistico nella loro struttura soggettiva, nel loro patrimonio e nelle loro finalita' istituzionali. Del che nella fattispecie si ha la prova evidente, dal momento che l'ente "Poste Italiane" svolge esattamente le stesse attivita', con gli stessi mezzi ed agli stessi fini, dell'amministrazione-azienda cui e' subentrata, alla quale di certo non mancava, almeno in potenza, la propensione a conseguire profitti aziendali. 3. - Oltre che non manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale sollevata d'ufficio si presenta come rilevante. Cio' in quanto, la natura sindacatoria del giudizio di responsabilita' amministrativo-contabile giustifica l'ampliamento dell'oggetto del presente giudizio al maggior danno in relazione ai fatti successivi al 1 gennaio 1994 (non contestati dal Pubblico ministero per effetto della preclusione normativa della cui costituzionalita' si dubita), essendo l'allargamento del petitum ritenuto da questa Sezione necessario ai fini decisori, attesa la continuita' e la conseguenzialita' tra i fatti predetti e quelli contestati; e, dunque, la conseguente necessita' di una loro cognizione complessiva per una pronuncia secondo giustizia.