IL GIUDICE DI PACE Ha pronunziato la seguente ordinanza nella causa civ. R.G. n. 12191/1997, a scioglimento della riserva di cui all'udienza che precede; letti gli atti e le istanze delle parti; Premesso che: nel presente procedimento la Cooperativa "Relufra Costruzioni" S.r.l. citava in giudizio la provincia di Napoli in persona del presidente pro-tempore per sentirla condannare - previo accertamento del proprio credito di L. 1.678.145, sorto anteriormente alla dichiarazione di dissesto finanziario dell'Ente ex art 25 decreto-legge n. 66/1989 con delera consiliare n. 34 del 26 maggio 1993 - al pagamento degli interessi legali ex art. 35 comma secondo d.P.R. n. 1063/1962, moratori, nonche' anatocistici. In particolare l'attrice richiedeva la condanna dell'Ente debitore al pagamento degli interessi successivi alla dichiarazione di dissesto; nella comparsa di costituzione e risposta, la convenuta provincia di Napoli in persona del presidente pro-tempore che rilevava la ultroneita' della richiesta di accertamento del credito, gia' riconosciuto con delibera della commissione di liquidazione n. 243/1995, regolarmente notificata all'istante e non impugnata dinanzi al TAR; relativamente alla maturazione degli interessi POST la data di adozione della delibera di dissesto, richiamava la disciplina ex art 21 d.-l 18 gennaio 1993 n. 8, confermata dal d.-l. 25 febbraio 1995 n. 77, assolutamente negatoria della pretesa attorea; su tale punto l'istante societa' chiedeva al giudicante di valutare la fondatezza di una questione di incostituzionalita' della predetta disciplina, con conseguente sospensione del presente procedimento e rimessione degli atti alla Corte costituzionale. Ai fini di un corretto inquadramento della questione, occorre richiamare innanzitutto l'art. 81 del decretolegge n. 77 del 25 febbraio 1995, come riformulato dall'art. 21 decreto-legge n. 336 del 11 giugno 1996 che al comma quarto recita: "Dalla data di deliberazione del dissesto e sino all'approvazione del rendiconto di cui all'art. 89 i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa gia' erogate non producono piu' interessi ne' sono soggetti a rivalutazioni monetarie. Uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell'Ente che rientrano nella competenza dell'organo straord. di liquidaz. a decorrere dal momento della loro liquidita' ed esigibilita'". Nel vigore dell'art 21 d.-l. 18 gennaio 1993 n. 8, confermato dall'art 121 d.-l. 25 febbraio 1995 n. 77, che al comma terzo esplicitamente prevedeva "Omissis, in deroga ad ogni altra disposizione, dalla data di deliberazione di dissesto i debiti insoluti non producono piu' interessi, rivalutazioni monetarie ed altro, sono dichiarate estinte dal giudice, previa liquidazione dell'importo dovuto per capitale, accessori e spese, le procedure esecutive pendenti e non possono essere promosse nuove azioni esecutive. Omissis". - Il giudice delle leggi preciso' (sentenze n. 149 e 242 del 1994) che la dizione "non producono interessi" andava intesa nel senso di un vero e proprio blocco, c.d. "cristallizzazione" degli interessi, e non come sospensione degli stessi. La Consulta rilevo' contemporaneamente l'esistenza di altra norma (art. 6, comma quinto, lettera g), del d.P.R.. n. 378/1993) che consentiva la maturazione degli interessi, rinviandone pero' l'esigibilita' al momento del ritorno in bonis dell'Ente dissestato. La Corte costituzionale chiari' anche che, se da un lato la cristallizzazione del credito avrebbe potuto effettivamente concretare una disparita' di trattamento rispetto alla procedura fallimentare, posto che in quest'ultima alla chiusura della procedura concorsuale i creditori riacquistano il libero esercizio della propria azione verso il debitore, tuttavia, tenendo presente il sistema normativo complessivo, anche dal d.P.R. n. 378/1993, art. 6, comma quinto, lettera g, si poteva intendere chiaramente che, dopo il ritorno in bonis dell'Ente dissestato, gli interessi maturavano e diventavano esigibili al pari di quanto avviene nella procedura fallimentare. Il 12 luglio 1996 e' entrato in vigore il decreto-legge n. 336 che: all'art. 44, comma quarto, lettera g, n. 6 ha abrogato il comma quinto, lettera g, dell'art. 6 d.P.R. n. 378/1993 innanzi citato; all'art. 21, comma quarto ha riformulato l'art 81, comma quarto, decreto-legge n. 77/1995 nei sensi esposti; all'art. 45 ha previsto l'applicazione del novellato art. 81 deceto-legge n. 77/1995 anche agli Enti che avessero gia' il bilancio stabilmente riequilibrato come avvenuto per la provincia di Napoli con delib. n. 57 del 26 aprile 1994. Alla luce di tali disposizioni appare incontestabile la definitivita' della c.d. "cristallizzazione" del credito, limitatamente al periodo che va dalla delibera di dissesto fino alla chiusura della procedura commissariale coincidente con l'approvazione del rendiconto di gestione. Tanto premesso, - ricordato che, mentre la esigibilita' degli interessi e' problema del giudice dell'esecuzione, l'accertamento e la condanna al pagamento investono la competenza del giudice di cognizione - appare non privo di spessore giuridico il dubbio di legittimita' costituzionale di tale disciplina in relazione ad alcuni fondamentali precetti costituzionali, in particolare: per violazione degli artt 23 e 53 della Costituzione in riferimento anche agli artt. 2 e 3 di essa: la cristallizzazione del credito implica la perdita definitiva di denaro legittimamente preteso da parte dei creditori dell'Ente in dissesto in favore della p.a., traducendosi in una surrettizia imposizione di prestazione patrimoniale nei confronti del cittadino, chiamato anche in tal modo a concorrere alle spese pubbliche. Infatti, - e' pur vero che l'Ente, ancorche' dissestato, "previsto in Costituzione, espressione di autonomia locale che costituisce un valore costituzionalmente tutelato" (sentenza n. 155 del 1994), "non appare in situazione omologa a quella dell'imprenditore privato, essendo quest'ultimo per sua natura guidato dalla cura del proprio interesse personale, laddove, il primo, per vocazione istituzionale, si spira alla cura degli interessi pubblici dei quali e' portatore come ente esponenziale della collettivita' di base e dei quali deve essere fedele interprete - ne' tantomeno l'Ente potrebbe essere condannato alla paralisi amministrativa per una in insussistente intangibilita' delle posizioni dei creditori, i cui diritti, e segnatamente il diritto di iniziativa economica (art. 41 Cost.) non risultano affatto lesi se si tiene conto che la procedura di liquidazione prevede la formazione della massa attiva in termini piu' favorevoli di una normale procedura esecutiva individuale, potendo i creditori contare su disponibilita' maggiori e nel rispetto del canone della par condicio creditorum, "sicche' il p. dell'uguaglianza risulta viceversa maggiormente attuato, realizza tuttavia una concreta, inaccettabile violazione dell'art. 23 della Costituzione ("nessuna prestazione personale o patrimoniale puo' essere imposta se non in base alla legge") e dell'art 53 della Costituzione ("Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione delle loro capacita' contributive") qualsiasi procedura che, anche indirettamente, impedendo al cittadino la normale realizzazione della sua legittima pretesa creditoria nei confronti della p.a., costringe in effetti lo stesso ad una ulteriore prestazione patrimoniale, che gli puo' essere imposta soltanto per legge ed in ragione della propria capacita' contributiva. Il che costituisce, tra l'altro, anche una palese violazione sia del diritto di uguaglianza (art. 3 Cost.), atteso che il creditore dell'ente in dissesto e' gia' tenuto a concorrere, al pari degli altri contribuenti, alla spesa pubblica, nonche' del principio della liberta' di iniziativa economica (art. 41 Cost.), compressa e penalizzata gravemente, non da ultimo, dalla previsione che non siano riconosciuti agli operatori economici gli interessi e la svalutazione monetaria per tempi quasi indefinibili quando si vantano crediti nei confronti degli Enti in dissesto (v. la retroattivita' della normativa tratteggiata anche ai dissesti dichiarati ai sensi dell'art. 25 decreto-legge n. 66/1989).