IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la seguente ordinanza sul ricorso n. 1549 del 1995
 proposto dalla  signorina  Olga  Calcabrina  rappresentata  e  difesa
 dall'avv.    Mario Sala con il quale e' elettivamente domiciliata, in
 Latina, nella segreteria del tribunale,  contro  il  Ministero  della
 pubblica  istruzione  e il Provveditorato agli Studi di Frosinone, in
 persona   del   Ministro   pro-tempore,   costituiti   in   giudizio,
 rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato presso la
 quale  sono  domiciliati,  ex  lege,  in Roma, per l'annullamento del
 provvedimento di esclusione dal concorso magistrale bandito con  d.m.
 20 dicembre 1994;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  dell'Amministrazione
 scolastica;
   Viste le memorie depositate dalle parti;
   Visti gli atti della causa;
   Relatore alla pubblica udienza del 6  giugno  1997  il  consigliere
 Salvatore Raponi;
   Uditi l'avv. A. Sala con delega dell'avv. M. Sala per la ricorrente
 e l'avvocato dello Stato A. Barbieri;
   Ritenuto e considerato quanto segue:
                               F a t t o
   Con ricorso notificato il 2 dicembre 1995, depositato il successivo
 9 dicembre, la signorina Olga Calcabrina impugna: a) il provvedimento
 n.  5749 del 25 agosto 1995 (conosciuto il 5 ottobre) con il quale il
 Ministro della pubblica istruzione ha respinto il ricorso  gerarchico
 avverso  l'esclusione  dal  concorso  magistrale  bandito con d.m. 20
 ottobre 1994; b) il decreto del Provveditore agli studi di  Frosinone
 n.  17  del 29 maggio 1995 con il quale e' stata disposta la predetta
 esclusione.
   Chiede  l'annullamento  dei  suddetti   atti   dei   quali   deduce
 l'illegittimita' per i seguenti motivi:
     1) Violazione e/o falsa applicazione del bando di concorso (artt.
 2  e  5)  ed eccesso di potere in relazione alla mancata applicazione
 dell'art. 3 legge n.  580/1965  che  consente  la  partecipazione  al
 concorso  magistrale  di coloro che compiano il 18 anno di eta' entro
 il 31 dicembre dell'anno in cui il concorso stesso viene bandito;
     2) Illegittimita' (eventuale)  del  bando  per  violazione  della
 legge  n.  580/1965  e  del  principio  di  buon andamento della p.a.
 Eccesso di potere non essendo consentita la partecipazione nemmeno ai
 fini del conseguimento dell'idoneita';
     3) Incostituzionalita' del decreto legislativo  n.  297/1994,  in
 relazione artt. 3, 4, 31 e 97 della Costituzione.
   Con  ordinanza  collegiale  n.  76  del  12  gennaio  1996 e' stata
 respinta la domanda incidentale di sospensiva.
   L'Avvocatura  dello  Stato,  costituita   in   giudizio,   sostiene
 l'infondatezza del ricorso del quale chiede il rigetto.
   Con  successiva  memoria  la  ricorrente  precisa  i  termini della
 questione di incostituzionalita' prospettata nell'atto  introduttivo,
 insistendo  per  l'accoglimento  del  ricorso trattenuto in decisione
 alla pubblica udienza del 6 giugno 1997.
                             D i r i t t o
   I - La ricorrente, nata il 16  marzo  1977,  avendo  conseguito  il
 diploma  di maturita' magistrale a 17 anni, ed avendo partecipato con
 riserva al concorso  a  posti  di  insegnante  di  scuola  elementare
 bandito  con  d.m. 20 ottobre 1994, superando brillantemente la prova
 scritta ed  orale,  si  duole  della  esclusione  disposta  nei  suoi
 confronti dal Provveditore agli Studi di Frosinone con decreto del 29
 maggio  1995,  confermato  dal  Ministero  in sede gerarchica, con la
 motivazione di non aver compiuto il 18 anno di eta' entro il  termine
 di scadenza per la presentazione delle domande.
   II  -  Con il primo e secondo motivo si propone una interpretazione
 estensiva dell'art. 3 della legge n. 580 del 1965 che,  limitatamente
 ai  concorsi  magistrali,  consentiva  la partecipazione a coloro che
 compivano il 18 anno di eta' entro  l'anno  in  cui  il  concorso  e'
 bandito.    Sull'assunto  che tale disposizione sia ancora in vigore,
 come  era  stato ritenuto anche da questa sezione con sentenza n. 113
 del 1982 e dal TAR  Veneto  con  sentenza  8  giugno  1984,  n.  152,
 confermata  dal  Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 ottobre 1986 n. 664,
 (posizione  peraltro  non   univoca   in   giurisprudenza   essendovi
 orientamenti  in  senso  contrario che ritengono abrogata la legge n.
 580/1965) si sostiene, infatti, che la  locuzione  "anno  in  cui  e'
 stato bandito il concorso" debba essere intesa come relativa all'anno
 in  cui scade il termine per la presentazione delle domande, cioe' il
 1995, tanto piu' che i posti messi a concorso saranno  disponibili  a
 partire dall'anno scolastico 1995/1996.
   E'  appena  il  caso  di  rilevare che siffatto modo di argomentare
 oltre ad essere in palese contrasto con il dato testuale, viola anche
 i piu' elementari canoni ermeneutici,  quantomeno  sotto  il  profilo
 logico.  Ne' sembra condivisibile il tentativo di sindacare l'operato
 dell'Amministrazione che  ha  ritenuto  di  pubblicare  il  bando  ad
 ottobre del 1994 e non nel 1995 essendo evidente che la p.a. non puo'
 e  non  deve  farsi  carico,  in  sede  di indizione di una procedura
 concorsuale, di situazioni particolari.
   III - Sulla  base  delle  esaminate  censure  il  ricorso  dovrebbe
 essere,  dunque,  respinto.  Il  Collegio  ritiene, peraltro, che sia
 rilevante  e   non   manifestamente   infondata   la   questione   di
 costituzionalita'  relativa  alla  norma  del  decreto legislativo n.
 297/1994 che richiede il possesso del requisito del 18 anno  di  eta'
 all'atto  della  presentazione  della  domanda, prospettata nel terzo
 motivo e sviluppata nella successiva memoria.
   L'art. 403 del d.lgs. 16 aprile 1994 n. 297, contenente i requisiti
 generali di ammissione al concorso, prevede  (al  quarto  comma)  che
 alla  data  di  scadenza  del  termine di presentazione della domanda
 debbono essere posseduti i requisiti per l'ammissione ai concorsi  di
 accesso agli impieghi civili dello Stato.
   Tale  previsione,  come pure quella contenuta nell'art. 2 del Testo
 unico degli impiegati civili  dello  Stato  alla  quale  viene  fatto
 rinvio,  non  considera  una  serie  di  circostanze,  a giudizio del
 Collegio estremamente rilevanti che ne dimostrano  l'irragionevolezza
 e il palese contrasto con i principi fondamentali sanciti negli artt.
 3, 4, 34 e 97 della nostra Costituzione.
   Innanzitutto  occorre  rilevare  che il limite minimo di 18 anni di
 eta' richiesto per l'instaurazione del rapporto d'impiego  (salve  le
 eccezioni  di  legge)  ha  una  portata  generale  coincidendo con il
 raggiungimento della maggiore eta' e, quindi della capacita' di agire
 e si giustifica nella misura in cui e' inteso a conferire certezza ai
 requisiti necessari per accedere al pubblico  impiego  collegando  la
 maggiore  eta' all'instaurazione del rapporto. E' logico, allora, che
 esso sia posseduto al momento in cui tale rapporto sorge, ma non  che
 sia  richiesto come requisito di partecipazione da possedere entro il
 termine stabilito per la presentazione della domanda.  In  tal  senso
 appare  contraddittorio  che  l'art.  2  del  d.PR.  n.  3/1957,  nel
 prevedere, giustamente, il 18 anno di eta' tra i  requisiti  generali
 per l'accesso al pubblico impiego, stabilisca, poi, all'ultimo comma,
 che esso debba essere posseduto alla data di scadenza del termine per
 la  presentazione  della  domanda  di ammissione al pubblico concorso
 stabilendo una irragionevole identita' tra partecipazione al concorso
 e costituzione, tra l'altro eventuale, del rapporto d'impiego.
   Da  quest'angolo di visuale, sembrerebbe, invero, potersi sostenere
 sul piano interpretativo che, in realta', l'art. 2 del T.U. n. 3/1957
 richiede la maggiore eta' come requisito per l'accesso agli impieghi,
 onde distingue, implicitamente, tra partecipazione al  concorso  (per
 la  quale  non  occorrerebbe  la  maggiore  eta')  e costituzione del
 rapporto; ma tale strada non sembra facilmente  percorribile  essendo
 la  giurisprudenza  costante  e consolidata nel ritenere che anche il
 requisito in questione debba essere  posseduto  gia'  all'atto  della
 partecipazione   al   concorso,   in   cio',  del  resto,  confortata
 dall'espressa previsione dell'ultimo comma dell'art. 2 citato.
   Tanto precisato, non  si  vede,  francamente,  quale  possa  essere
 l'interesse  pubblico  che si vuole tutelare precludendo l'ammissione
 alle prove di concorso di un aspirante, pur in possesso  del  titolo,
 ma  non  ancora  maggiorenne,  specie se si considera che la maggiore
 eta' sara' sicuramente raggiunta nelle more  dell'espletamento  delle
 prove.
   Cio'  e' di una palmare evidenza nel caso di specie in cui il bando
 di concorso emanato nell'ottobre 1994 e' preordinato,  attraverso  la
 formazione  di una graduatoria con validita' triennnale da utilizzare
 negli anni scolastici 1995-96, 1996-97 e 1997-98, alla copertura  dei
 posti  che  si  renderanno  disponibili  all'inizio  di  ciascuno dei
 suddetti anni, onde l'indizione del successivo  concorso  non  potra'
 logicamente  avvenire  prima che sia decorso il triennio di validita'
 (decorrente dall'approvazione ai sensi dell'art. 13 del bando)  della
 graduatoria.
   Ne  consegue  che la costituzione del rapporto avviene, di norma, a
 distanza  di  tempo  dallo  svolgimento  delle  prove  di  esame   e,
 ammettendo  che  la  ricorrente  sia  collocata in posizione utile in
 graduatoria,  non  potra',   comunque,   avvenire   prima   dell'anno
 scolastico  1995-96,  quando  cioe', il requisito della maggiore eta'
 sara' stato ampiamente maturato.
   Appare, allora, ingiusto e  non  giustificabile  sotto  il  profilo
 della  ragionevolezza  e  della  imparzialita' amministrativa, che la
 ricorrente la quale ha conseguito il diploma di maturita'  magistrale
 nell'anno  scolastico  1993-94, all'eta' di 17 anni, essendo il corso
 di studi quadriennale, ed e' stata ammessa con riserva al concorso di
 cui trattasi superando brillantemente sia la prova scritta che quella
 orale (rispettivamente, con la votazione di 34/40 e  38/40)  si  veda
 esclusa  da  un  concorso  pur superato, relativo a posti che saranno
 disponibili solo dopo che ella avra' compiuto il 18 anno di  eta'  (a
 marzo  1995),  cio', in applicazione ottusa di una norma la cui ratio
 e', a ben vedere, quella di costituire il rapporto di lavoro  con  un
 soggetto  che abbia la capacita' di agire (che abbia, cioe', compiuto
 il 18 anno  di  eta')  la  quale  non  sembra  debba  necessariamente
 sussistere in sede di ammissione al concorso.
   La   partecipazione   ad  un  concorso  non  implica,  infatti,  la
 costituzione del rapporto d'impiego, onde richiedere, gia' in  quella
 sede,  il  possesso  della maggiore eta' significa confondere aspetti
 che  sono  e  devono  restare  autonomi  non  sembrando   ragionevole
 richiedere il possesso di un requisito, indispensabile - si ribadisce
 -  per  la  costituzione  del  rapporto, nella fase dell'accertamento
 delle capacita' tecnico-culturali in  cui  rileva  essenzialmente  il
 possesso del titolo di studio prescritto e regolarmente conseguito.
   Appare,  invero,  iniquo  far  ricadere su un soggetto meritevole e
 dotato di capacita' le conseguenze di quelle che altro  non  sono  se
 non  disfunzioni  di  un sistema di reclutamento che, nella misura in
 cui non ha recepito e non  recepisce  le  innovazioni  connesse  alla
 validita'  triennale (e tendenzialmente permanente) delle graduatorie
 di concorso ed  alla  disponibilita'  differita  dei  posti,  non  si
 sottrae ai rilievi di irragionevolezza e di illogicita'.
   Non bisogna dimenticare che la nostra Costituzione prevede all'art.
 3,  secondo  comma,  che la Repubblica rimuove gli ostacoli di ordine
 economico  e  sociale  che,  limitando  di  fatto   la   liberta'   e
 l'uguaglianza  dei  cittadini,  impediscono  il  pieno sviluppo della
 persona umana.
   Ora, prevedere il requisito della maggiore  eta'  gia'  al  momento
 della  scadenza  del  termine  per  la presentazione delle domande di
 partecipazione ai pubblici concorsi, anche se i  posti  da  ricoprire
 saranno  disponibili successivamente, quando, come nel caso in esame,
 il  requisito  sara'  sicuramente  maturato,  configura  proprio   un
 ostacolo sociale.
   E'  evidente,  infatti,  che  in  tal modo si procrastina l'entrata
 della ricorrente nel mondo del lavoro,  costringendola  ad  attendere
 altri  tre  anni  dandosi  inevitabilmente luogo ad una inaccettabile
 disparita' di trattamento rispetto a coloro  che  hanno  compiuto  18
 anni  alla  scadenza  del termine ovvero entro l'anno 1994, giusta la
 legge n. 565/1980 che, pur ritenuta dalla Sezione,  con  la  sentenza
 prima  citata, ancora vigente, non puo' soccorrere nel caso di specie
 nonostante il tentativo della difesa di dilatare il concetto di "anno
 in  cui  viene   bandito   il   concorso"   fino   a   ricomprendervi
 l'espletamento  delle  relative prove. Con la conseguenza che, ove si
 ritenga legittima l'esclusione oggetto di impugnativa, la  ricorrente
 sara'  fatalmente destinata a vedersi superata, nella graduatoria, da
 tali soggetti, pur essendo  gia'  state  accertate  le  sue  indubbie
 capacita'. Mai come in questo caso e' appropriato il richiamo al noto
 brocardo  summum  ius  summa  iniuria, anche perche' l'esclusione non
 consente alla ricorrente nemmeno la  possibilita'  di  conseguire  il
 beneficio minore dell'idoneita' da valutare nei concorsi successivi.
   Si  consideri  ancora che, ai sensi dell'art. 4 della Costituzione,
 la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto  al  lavoro  e
 promuove  le  condizioni che rendono effettivo tale diritto: nel caso
 di  specie  il  precetto  costituzionale  viene  palesemente  violato
 precludendosi  alla  ricorrente,  che pure ha conseguito il titolo di
 studio in conformita' all'ordinamento e  nei  termini  di  legge,  la
 possibilita'  di accedere a posti che saranno disponibili solo quando
 ella avra' compiuto 18 anni.
   Sembra anche configurabile  una  violazione,  in  senso  lato,  del
 principio  del  diritto  allo  studio  contenuto  nell'art.  34 della
 Costituzione dal momento che, da un lato si consente  all'interessata
 di  conseguire  il  diploma  a 17 anni, nel rispetto delle regole che
 disciplinano  il   corso   quadriennale   dell'istituto   magistrale,
 dall'altro,  si preclude l'utilizzazione legittima del titolo ponendo
 come condizione per la partecipazione ai concorsi relativi  a  futuri
 posti  di  insegnamento  il  compimento  del 18 anno di eta' all'atto
 della presentazione della domanda o, eventualmente, entro  l'anno  in
 cui viene pubblicato il bando di concorso.
   Va,   infine,   evidenziato   il   contrasto   con   il   principio
 costituzionale di uguaglianza poiche' se  e'  vero  che  nel  secondo
 comma  dell'art.    3  e' contenuto, come ha ritenuto la stessa Corte
 costituzionale (v.  sentenza n. 217/1988), un inderogabile imperativo
 a ridurre la distanza  o  la  sproporzione  nel  godimento  dei  beni
 giuridici  primari  e  se la stessa disposizione, come ha rilevato la
 dottrina, offre  un  ancoraggio  ai  diritti  sociali  garantendo,  a
 seconda  dei  diversi  settori  (tra  cui quello dell'istruzione), la
 necessita' dell'eguaglianza delle  "possibilita'";  ne  consegue  che
 l'ampia  discrezionalita'  di cui gode il legislatore nel valutare la
 diversita' delle situazioni anche sotto  il  profilo  temporale,  non
 puo'  spingersi  sino ad imporre che il requisito della maggiore eta'
 in materia di pubblici  concorsi  debba  essere  posseduto  entro  il
 termine  di  scadenza per la presentazione delle domande, pur volendo
 considerare   l'importanza   delle   esigenze    organizzative    che
 caratterizzano  lo  svolgimento  dell'attivita'  amministrativa.    A
 parte, poi, il  vulnus  che  viene  arrecato  ai  principi  del  buon
 andamento  e imparzialita', sanciti nell'art. 97 Cost., ai quali deve
 sempre ispirarsi l'attivita' della pubblica amministrazione se  vuole
 conservare le caratteristiche della logicita' e della ragionevolezza.
   IV  -  Alla luce delle considerazioni sopra esposte la questione di
 legittimita' dell'art. 403, quarto comma del decreto  legislativo  16
 aprile  1994,  n.  297 e dell'art. 2 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3
 (contenente il Testo unico delle norme sugli impiegato  civili  dello
 Stato) al quale viene fatto espresso rinvio, appare rilevante ai fini
 della  decisione  del  ricorso  in  esame  (diversamente destinato ad
 essere respinto) e  non  manifestamente  infondata,  con  conseguente
 sospensione  del  presente  giudizio  e  trasmissione degli atti alla
 Corte costituzionale per  la  soluzione  della  questione,  ai  sensi
 dell'art.    134  Cost.,  dell'art.  1  della  legge costituzionale 9
 novembre 1948, n. 1 e dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.