IL PRETORE
   Ha pronunciato e dato lettura nel pubblico dibattimento la seguente
 ordinanza.
   Il  26  maggio  1997  gli  agenti  di  p.g.  del  Comando  stazione
 carabinieri di Guidonia, maresciallo ordinario Imperato  Ciro  traeva
 in  arresto  Colombi  Angelo  colto  nella flagranza del reato di cui
 all'art. 385 c.p. nel termine di legge era presentato, in tale stato,
 dinanzi a questo pretore per la convalida ed il contestuale  giudizio
 a norma dell'art. 556, c.p.p.
   Il  pretore, convalidava l'arresto con ordinanza del 27 maggio 1997
 e disponeva che il Colombi fosse ritradotto agli arresti domiciliari.
   Instauratosi il giudizio, il pretore rileva che sussistono  profili
 di incostituzionalita' come di seguito evidenziati: sul merito com'e'
 noto  la Corte costituzionale, dopo le ultime pronunce del 1995 (vedi
 la n. 149  e  la  432)  ha  rivisto  i  limiti  dell'incompatibilita'
 prevenendo all'affermazione secondo cui anticipa il giudizio (tale da
 creare  pre-giudizio)  una  valutazione  di contenuto sulla probabile
 fondatezza dell'accusa.
   E, con  specifico  riguardo  al  giudizio  direttissimo  avanti  al
 pretore,  ha  dichiarato  la  manifesta infondatezza della questione,
 radicandola sulla circostanza che in tale eventualita'  la  convalida
 dell'arresto  implica  una  valutazione sulla riferibilita' del reato
 all'imptato condotto in giudizio, attribuita proprio alla  cognizione
 del  giudice  competente per il merito direttamente investito, cui e'
 devoluta la convalida e il contestuale giudizio al  quale  si  accede
 ogni  altro  provvedimento  cautelare; aggiungendovi che, "il giudice
 del dibattimento, al quale e' presentato l'imputato per  il  giudizio
 direttissimo,   si  pronuncia  pregiudizialmente,  con  la  convalida
 dell'arresto, sulla esistenza dei presupposti che gli  consentono  di
 procedere  immediatamente  al  giudizio  ed e' competente ad adottare
 incidentalmente misure cautelari, attratte nella  competenza  per  la
 cognizione del merito.
   Non    puo'    dunque    essere    configurata    una   menomazione
 dell'imparzialita' del giudice, che adotta decisioni  preordinate  al
 proprio giudizio o incidentali rispetto ad esso".
   Orbene, al riguardo, ritiene il remittente che proprio in relazione
 alle  superiori  argomentazioni  adottate  dalla Corte, si imponga la
 rivalutazione di aspetti di incostituzionalita' afferenti al  momento
 di  formazione  della  prova  per  la decisione di merito ed al tema,
 dunque,  della  corretta  utilizzazione  degli  elementi   di   prova
 (rectius:  di conoscenza) acquisiti per la conseguente formazione del
 libero convincimento del giudice.
   Invero,  muovendo  dalla  indicata  premessa  che  il giudice della
 convalida e' il giudice di merito  solo  incidentalmente  chiamato  a
 verificare la sussistenza dei presupposti per la valida instaurazione
 del  relativo  processo  e  posto  che, tale fase di snoda attraverso
 l'acquisizione di elementi di valutazione influenti sulla  formazione
 del convincimento del giudice, e' indubbio che l'acquisizione di tali
 elementi dovrebbe avvenire nel rispetto delle forme e con le garanzie
 fatte  proprie  dalle rergole vigenti per la fase di giudizio in modo
 che ne resti salvaguardata la loro pacifica utilizzabilita' in  senso
 formale    e    conseguentemente    non    intaccato    il    profilo
 dell'imparzialita'  (altrimenti   riposante   solo   sulla   generica
 affermazione che comunque si e' fronte al giudice del merito) nonche'
 i connessi profili del contraddittorio e della iniziativa delle parti
 nella  acquisizione  e  formazione  della  prova. In particolare cio'
 concerne i  qualificanti  momenti  della  cosidetta  relazione  orale
 dell'ufficiale  o  agente  di  p.g.  procedente e della dichiarazione
 dell'arrestato  che, a norma dell'art. 566 c.p.p.  viene "sentito" ai
 fini di convalida.
   Poiche' tali momenti anticipano, contenutisticamente, in tale  fase
 incidentale  e  antecedente  al  giudizio,  la  prova  testimoniale e
 l'esame dell'imputato, a salvaguardare la loro compatibilita'  con  i
 parametri  costituzionali  rappresentati  dall'art. 3 (sottospecie di
 parita'  di  trattamento  con  gli  altri  imputati),  dall'art.   24
 (sottospecie  di  garanzie  difensive),  dagli  artt.  3, 24, secondo
 comma, 25 e 27, secondo comma (sottospecie di interconnessione tra  i
 richiamati  profili  con  quello  della  indipendenza  del giudice di
 merito e, dunque, nella prospettiva funzionale  dell'esercizio  della
 giurisdizione   con   riferimento  al  momento  acquisitivo  di  dati
 contenutistici e di  merito  dell'imputazione,  influenti  come  tali
 sulla formazione di libero convincimento del giudice) a salvaguardare
 come  detto,  la  loro  compatibilita'  con  i  suddetti parametri di
 constituzionalita' si impone il rispetto delle forme previste per gli
 atti  a   contenuto   congenere   nel   dibattimento,   in   funzione
 anticipatoria (cosi' come avviene per i casi di incidente probatorio)
 cosi'  da  risultare salvaguardato anche l'aspetto della loro diretta
 utilizzabilita' ai fini di giudizio.
   In     conclusione     di     ritiene     pertanto      ravvisabile
 l'incostituzionalita'  dell'art.  566  laddove  non  prescrive che la
 relazione  dell'ufficiale  o  agente  p.g.  procedente   nonche'   le
 dichiarazioni  dell'imptato  vengano  assunte  con  rispetto e con le
 forme dettate nella fase dibattimentale per la  testimonianza  e  per
 l'esame  dell'imputato con conseguente invalidita' della stessa norma
 e dell'art. 138 disp. att. al  c.p.p.    in  relazione  all'art.  431
 c.p.p.  laddove  non  prescrive  l'inserimento degli atti suddetti da
 acquisire  nelle  forme  dianzi  individuate  nel  fascicolo  per  il
 dibattimento.
   E'  indubbia  la rilevanza della prospettata questione nel presente
 giudizio, che si trova proprio nella fase dibattimentale  conseguente
 alla   convalida   con   diretta   influenza,  dove  trovano  diretta
 applicazione le norme censurate.