IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza per la rimessione di questioni di legittimita' costituzionale alla Corte costituzionale nel procedimento r.g.l. n. 1822/97 promosso da Puccini Lorenzo (avv. M. Ubaldini) contro l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) (avv. R. De Lorenzi). Svolgimento del processo 1. - Con ricorso depositato il 29 maggio 1997 Lorenzo Puccini, che era stato dipendente della SIP dal 1 gennaio 1958 al 30 novembre 1977, e percio' iscritto al Fondo di previdenza per il personale addetto ai servizi pubblici di telefonia, ha esposto di essersi dimesso dal lavoro nel 1977 e di essere rimasto iscritto al Fondo. Egli aveva chiesto ed ottenuto dall'INPS la pensione di vecchiaia al compimento dei sessanta anni, dal settembre 1992. L'INPS aveva liquidato la pensione nella misura di lire 263.130 mensili, determinata in base alla retribuzione annua percepita nel 1977, calcolata nella misura di lire 6.841.405, secondo quanto previsto dall'art. 20, secondo comma della legge 4 dicembre 1956, n. 1450. L'INPS non aveva invece tenuto conto di quanto previsto dall'art. 3, comma 11 della legge 29 maggio 1982, n. 297, che aveva disposto per tutte le pensioni liquidate con decorrenza successiva al 1 gennaio 1982, tra l'altro, una rivalutazione della retribuzione pensionabile, con riferimento al quinquennio che precede la data della pensione. Tale norma era applicabile anche alle pensioni dei dipendenti telefonici, per il rimando di cui all'art. 37 della legge n. 1450/1956 alla disciplina dell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, per quanto non contemplato dalla legge n. 1450/1956, secondo quanto sostenuto. In via subordinata la difesa del ricorrente ha sollevato la eccezione di legittimita' costituzionale di cui alle conclusioni che si trascrivono di seguito: "1) dichiarare l'obbligo dell'INPS di assumere la retribuzione pensionabile nell'importo effettivo corrisposto in luogo di quello ridotto ai sensi dell'art. 20, comma 2, legge n. 1450/56; 2) dichiarare l'obbligo dell'INPS di rivalutare la retribuzione pensionabile tra l'anno solare di riferimento della contribuzione e quello antecedente la decorrenza della pensione secondo le disposizioni di cui all'art. 7, comma 4, del decreto legislativo n. 503/1992, od in subordine secondo l'art. 3, comma 11, legge n. 297/92; 3) in subordine, ai fini dell'accoglimento delle precedenti domande, sollevarsi, in via incidentale, questione di costituzionalita' dell'art. 20, comma 2, della legge 4 dicembre 1956, n. 1450, come modificato dall'art. 13, comma 1, legge n. 672 del 1973 nella parte in cui pone un limite alla dinamica della retribuzione dell'ultimo triennio, senza preventivamente rivalutare le retribuzioni dei due anai precedenti l'ultimo in base al tasso di inflazione relativo allo stesso periodo, nonche' questione di costituzionalita' dell'art. 20, comma 1, della legge n. 1450/56 nella parte in cui assume la retribuzione degli ultimi dodici mesi come retribuzione pensionabile senza preventivamente procedere alla sua rivalutazione, e conseguentemente sollevarsi questione di costituzionalita' alternativamente dell'art. 7, comma 4, decreto legislativo n. 503/92 nella parte in cui esso non ha effetti retroattivi, ovvero dell'art. 3, comma 11, legge n. 297/82, nella parte in cui esso non assicura la rivalutazione della retribuzione pensionabile a favore dei Fondi sostitutivi che manchino di un meccanismo di rivalutazione analogo; 4) condanni l'ente a corrispondere le differenze di pensione dal 1 settembre 1992 conseguenti alla rivalutazione della retribuzione pensionabile, maggiorate di interessi legali dal centoventesimo giorno successivo alla domanda di pensione al saldo". 2. - L'INPS si e' costituito; ha chiesto il rigetto della domanda ed ha sostenuto la infondatezza delle eccezioni di lettimita' costituzionale sollevate dal ricorrente. Motivi della decisione La rilevanza delle questioni. 1. - Le questioni di legittimita' costituzionale sollevate dalla difesa del ricorrente sono sicuramente rilevanti ai fini della decisione della controversia. Infatti, in relazione alle norme vigenti sul trattamento di pensione degli iscritti al Fondo di previdenza per il personale addetto ai pubblici esercizi telefonici, le domande dovrebbero essere respinte. La tesi sostenuta dalla difesa del ricorrente, per cui anche alle pensioni del Fondo telefonici dovrebbe farsi applicazione dell'art. 3, comma 11, della legge n. 297/1982 e' stata ripetutamente respinta dalla giurisprudenza. Al contrario l'accoglimento delle eccezioni sollevate condurrebbe a diversi e piu' favorevoli criteri di computo della pensione di vecchiaia attribuita al ricorrente. Quanto si e' detto e' sufficiente a far ritenere la rilevanza delle questioni. Il merito delle eccezioni. 2.1. - Le eccezioni denunciano e sollevano tutte la questione della non ragionevole e non equa disparita' di disciplina nei criteri di calcolo per la determinazione della pensione di vecchiaia, in quanto nella legge 4 dicembre 1956, n. 1450 (trattamento di previdenza per gli addetti ai pubblici servizi di telefonia in concessione) e nelle modificazioni normative successive, che regolano la materia, manca la previsione della possibilita' di ogni e qualsiasi rivalutazione della retribuzione pensionabile che costituisce la base per la liquidazione della pensione a carico dell'INPS, qualunque sia il tempo decorso tra l'anno di cessazione del rapporto di lavoro e quello in cui viene liquidata la pensione. La difesa ha sostenuto che nel sistema previdenziale dei lavoratori iscritti all'assicurazione generale obbligatoria sono state introdotte norme che in vari modi prevedono, ai fini dei criteri e dei calcoli da eseguire per la determinazione della pensione, che le retribuzioni che concorrono al calcolo per la determinazione della pensione vengano rivalutate in vari modi. Avviene cosi' che le retribuzioni nominali di anni decorsi, nei periodi di accentuata inflazione, da computare ai fini della liquidazione della pensione, si avvicinino in una qualche misura al valore reale delle ultime retribuzioni percepite dal lavoratore pensionando, e consentano percio' di corrispondere pensioni piu' adeguate alle esigenze elementari di vita del pensionato. E' stato anche sottolineato che le disparita' di trattamento segnalate assumono particolare significato - e mettono in luce la irrazionale ingiustificatezza di tale disciplina normativa - nella regolamentazione della pensione di vecchiaia dei lavoratori "telefonici", in quanto la liquidazione della pensione di vecchiaia del loro Fondo puo' avvenire a distanza di molti anni rispetto alla cessazione del rapporto di lavoro. Nel caso concreto si era trattato di 15 anni di distanza: era stata calcolata la retribuzione nominale comsposta negli ultimi dodici mesi dell'ultimo anno di lavoro (il 1977) per la pensione liquidata e corrisposta dal 1992. 2.2. - Sul tema piu' ampio delle diversita' esistenti nelle discipline, nel regime e nel tratttamento di pensionamento tra diverse categorie di lavoratori dipendenti esiste un orientamento della Corte costituzionale, richiamato dalla difesa dell'INPS, per cui non sono considerate contrarie ai principi di parita' e di ragionevolezza dell'art. 3 della Costituzione le differenze disposte dalle leggi sui criteri o sulla valutazione delle retribuzioni (in senso ampio) ricevute dai lavoratori ai fini del computo e della liquidazione delle pensioni, anche rispetto alla normativa sulle pensioni dei lavoratori iscritti all'assicurazione generale obbligatoria, ove ed in quanto siano considerate rilevanti alcune particolari caratteristiche del rapporto di lavoro o di quello previdenziale della categoria, che avevano condotto il legislatore all'uso della sua discrezionalita valutativa in proposito e alle differenze introdotte e rimaste nel tempo. 3.1. - In proposito si osserva che la disciplina normativa della previdenza e delle pensioni degli iscritti al Fondo telefonici ha diverse e peculiari caratteristiche ed altre differenziazioni rispetto alla regolamentazione che riguarda i lavoratori iscritti e sottoposti all'assicurazione generale obbligatoria. Non si ritiene necessario, ai fini di questa delibarazione, che questo giudice descriva e valuti nel merito tali differenze. Infatti, pur tenendo conto di cio' e dell'orientamento della Corte costituzionale, si giudicano non infondate, anche per quanto e' stato dedotto e sviluppato dalla difesa del ricorrente, due delle eccezioni proposte, che dovranno essere rimesse e giudicate dalla Corte costituzionale. 3.2. - In primo luogo non e' manifestamente infondata la eccezione che ha per oggetto la mancata presenza nella legge n. 1450/1956 e nelle successive modificazioni che regolano il trattamento della pensione dei lavoratori iscritti al Fondo telefonici, di una qualsiasi possibilita' che i valori monetari delle ultime retribuzioni corrisposte e da calcolare vengano in qualche modo rivalutati, nemmeno in relazione al lungo periodo di tempo che puo' essere passato tra la cessazione del rapporto di lavoro del dipendente rimasto iscritto al Fondo ed il maturarsi e la liquidazione della pensione di vecchiaia. 3.3. - Si giudica non manifestamente infondata, in via subordinata a tale questione, la ulteriore eccezione che riguarda l'art. 20, conima secondo, della legge 4 dicembre 1956 n. 1450, come modificato dall'art. 13, primo comma, della legge n. 672/1973, laddove non prevede che le retribuzioni corrisposte al dipendente nell'ultimo triennio del rapporto di lavoro, da calcolare per ottenere la retribuzione media che rappresenta la base del computo per la pensione, vengano rivalutate secondo le variazioni intervenute nell'indice dei prezzi dell'epoca, secondo quanto specificato e chiarito dalla difesa. 4. - In entrambi i casi le norme costituzionali di riferimento sono i principi degli artt. 3 e 38, primo comma, della Costituzione. Si avanza in proposito la segnalazione se le lacune messe in evidenza e che esistono nella normativa non costituiscano una diversita' non ragionevole ne' equa rispetto al criterio sempre piu' diffuso nella legislazione previdenziale degli ultimi tre decenni, di tener conto degli effetti della persistente svalutazione della moneta, anche per quanto attiene l'ammontare nominale delle retribuzioni dei lavoratori che devono essere computate per la determinazione della pensione spettante, per rendere questa maggiormente idonea ed adeguata alle necessita' di vita del lavoratore che ha raggiunto l'eta' della pensione. In proposito si ricorda del tutto sinteticamente come il legislatore, fin dalla seconda meta' degli anni '60, con l'avanzare della inflazione e il crescere della svalutazione della moneta, abbia introdotto via via nel tempo una serie di norme di "perequazione", come rimedio agli effetti negativi della svalutazione sulle pensioni gia' liquidate, ed anche altre norme ancora per la rivalutazione sia della contribuzione previdenziale versata come delle retribuzioni, che entrassero a far parte dei criteri e dei calcoli per la determinazione delle pensioni ancora da liquidare. Di tali disposizioni sono appunto un esempio le norme dell'art. 3 della legge 29 maggio 1982 n. 297, parzialmente richiamate dalla difesa del ricorrente, sicuramente non applicabili direttamente alle pensioni dei "telefonici" considerati, e che costituiscono un evidente e macroscopico modello della diversita' normativa di trattamento, rispetto al fenomeno della svalutazione della moneta. Uguali considerazioni possono essere fatte anche per quanto riguarda le disposizioni citate del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, sicuramente non applicabili nella parte richiamata alla pensione del ricorrente, e che sono indicative della tendenza normativa di cui si e' detto, non estesa alla disciplina delle pensioni degli iscritti al Fondo speciale per i dipendenti telefonici. Naturalmente la valutazione della esistenza o meno della violazione dei principi della Costituzione viene rimessa alla Corte costituzionale. 5. - Non si ravvisano invece elementi di sufficiente opinabilita' nella eccezione che riguarda la illegittimita' costituzionale della mancata applicazione alle pensioni liquidate prima del 1 gennaio 1993 dei criteri di perequazione di cui all'art. 7, comma quarto, del decreto legislativo n. 503/92. In casi del genere la Corte costituzionale ha ripetuto che esiste una ragionevole discrezionalita' del legislatore nello stabilire le date di applicazione di criteri nuovi e diversi rispetto al tempo in cui le pensioni sono state liquidate. In proposito non sono state fornite sufficienti indicazioni atte a contrastare tale orientamento giurisprudenziale.