ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, del
 codice  di procedura penale, promossi con n. 2 ordinanze emesse il 23
 maggio 1996 dal tribunale di  Siracusa  e  il  17  gennaio  1997  dal
 pretore  di  Bassano  del  Grappa,  iscritte  ai nn. 976 del registro
 ordinanze 1996 e 186 del registro ordinanze 1997 e  pubblicate  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  nn. 41, prima serie speciale,
 dell'anno 1996 e 16, prima serie speciale, dell'anno 1997;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  18 giugno 1997 il giudice
 relatore Carlo Mezzanotte.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Con ordinanza del 23 maggio 1996 il tribunale di  Siracusa  ha
 sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 34,
 comma 2, del codice di procedura penale, per contrasto con gli  artt.
 3,  24, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione, nella
 parte in cui non prevede l'incompatibilita' a svolgere le funzioni di
 giudice del dibattimento per il giudice per le  indagini  preliminari
 che  abbia adottato la misura cautelare della custodia in carcere nei
 confronti di un correo dell'imputato sottoposto al suo  giudizio  per
 il medesimo reato.
   Ad  avviso  del  remittente,  l'accertamento  della sussistenza dei
 gravi indizi di  colpevolezza  in  ordine  al  medesimo  reato,  gia'
 compiuto,  quale  giudice per le indagini preliminari, dal presidente
 del collegio,  pur  se  relativo  a  soggetto  diverso  dall'imputato
 sottoposto  al  giudizio del tribunale, postulerebbe "una preliminare
 valutazione degli elementi costitutivi della fattispecie  concorsuale
 necessariamente  riferiti  a  tutti i concorrenti" e tale valutazione
 non potrebbe non riflettersi sulla  serenita'  ed  imparzialita'  del
 giudice   con   violazione   dei   principii   di   eguaglianza,   di
 inviolabilita' della difesa in ogni stato e grado del procedimento  e
 di presunzione di non colpevolezza.
   2.  -  Con  ordinanza del 17 gennaio 1997 il pretore di Bassano del
 Grappa  ha  sollevato  questione   di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.  34, comma 2, del codice di procedura penale, per contrasto
 con  gli  artt.  3  e  24  della Costituzione, nella parte in cui non
 prevede l'incompatibilita' ad esercitare le funzioni di  giudice  del
 dibattimento  per  il  giudice  che  abbia  respinto  la richiesta di
 applicazione della pena avanzata ai sensi dell'art.  444  cod.  proc.
 pen.  da  un  correo  degli imputati sottoposti al suo giudizio per i
 medesimi reati.
   Ad  avviso  del  giudice  a  quo  nel  respingere  la  richiesta di
 applicazione della  pena  avanzata  dal  correo,  egli  avrebbe  gia'
 compiuto  "una valutazione non formale delle risultanze del fascicolo
 del pubblico ministero", con particolare riferimento all'esistenza  o
 meno  di  argomenti  per  l'eventuale  suo  proscioglimento, e questa
 valutazione non avrebbe  potuto  prescindere  dall'esame  incidentale
 anche  delle  posizioni  dei coimputati attualmente sottoposti al suo
 giudizio. "La formazione inevitabile di un  convincimento,  sia  pure
 sommario, anche nei confronti dei coimputati" violerebbe il principio
 del  giusto  processo  "in  parallelismo  con la situazione esaminata
 dalla Corte costituzionale con sentenza n. 371 del 1996".
   2.1. - In quest'ultimo giudizio e' intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio   dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale dello Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata
 infondata.
   Secondo  l'Avvocatura,  nella  sentenza  n.  371 del 1996 di questa
 Corte e' espressamente richiesto che  la  precedente  valutazione  di
 responsabilita', fonte della causa di incompatibilita', sia contenuta
 "in un provvedimento avente forma di sentenza", condizione che non si
 sarebbe  verificata  nel  caso di specie, trattandosi di reiezione di
 richiesta di applicazione della pena.
   Inoltre, ad avviso dell'Avvocatura, il rigetto della  richiesta  di
 applicazione della pena sarebbe stato deciso dal giudice nella stessa
 data  in cui ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale
 e  prima  dell'apertura   del   dibattimento:   conseguentemente   si
 verserebbe  nella  stessa  fase  processuale  e, in base ai principii
 affermati da questa  Corte  nella  sentenza  n.  177  del  1996,  non
 sussisterebbero ragioni di incompatibilita'.
                        Considerato in diritto
   1. - Il tribunale di Siracusa, nel corso di un procedimento penale,
 ha  sollevato  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34,
 comma 2, del codice di procedura penale, per contrasto con gli  artt.
 3,  24, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione, nella
 parte in cui non prevede l'incompatibilita' a svolgere le funzioni di
 giudice del dibattimento per il giudice per le  indagini  preliminari
 che  abbia adottato la misura della custodia cautelare in carcere nei
 confronti di un correo dell'imputato sottoposto al suo  giudizio  per
 il medesimo reato.
   Il  giudice  remittente  asserisce  di  avere  gia'  compiuto  "una
 preliminare valutazione degli elementi costitutivi della  fattispecie
 concorsuale  necessariamente riferiti a tutti i concorrenti": di qui,
 a  suo  avviso,  il  pregiudizio  che  deriverebbe  dalla  precedente
 ordinanza  di custodia cautelare in carcere contenente l'accertamento
 dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al  medesimo  reato  e  la
 conseguente violazione del principio del giusto processo nei riguardi
 dell'imputato.
   Il  pretore  di  Bassano  del  Grappa, nel corso di un procedimento
 penale,  ha  sollevato  questione  di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.  34, comma 2, del codice di procedura penale, per contrasto
 con  gli  artt.  3  e  24  della Costituzione, nella parte in cui non
 prevede l'incompatibilita' a svolgere  le  funzioni  di  giudice  del
 dibattimento  per  il  giudice  che  abbia  respinto  la richiesta di
 applicazione della pena avanzata ai sensi dell'art.  444  cod.  proc.
 pen.  da  un  correo  degli imputati sottoposti al suo giudizio per i
 medesimi reati.
   Il  giudice a quo sostiene di avere gia' effettuato, nel respingere
 la richiesta di applicazione della pena  avanzata  dal  correo,  "una
 valutazione  non  formale delle risultanze del fascicolo del pubblico
 ministero", con particolare riferimento  alla  esistenza  o  meno  di
 argomenti  per  il suo eventuale proscioglimento: tale valutazione, a
 suo avviso, non aveva potuto prescindere dall'esame incidentale delle
 posizioni dei coimputati sottoposti al suo giudizio.  "La  formazione
 inevitabile  di  un  convincimento,  sia  pure  sommario,  anche  nei
 confronti dei coimputati" determinerebbe, secondo il giudice a quo la
 vulnerazione del principio del giusto processo "in  parallelismo  con
 la  situazione  esaminata  dalla Corte costituzionale con sentenza n.
 371 del 1996".
   Poiche' le ordinanze di rimessione hanno  ad  oggetto  la  medesima
 disposizione e pongono questioni analoghe, i relativi giudizi possono
 essere riuniti per essere decisi con unica sentenza.
   2. - Le questioni sono inammissibili.
   Quale che sia l'esatto contenuto delle valutazioni che il tribunale
 di  Siracusa  e  il  pretore di Bassano del Grappa dichiarano di aver
 effettuato rispettivamente nell'ordinanza  di  custodia  cautelare  e
 nell'ordinanza  di  reiezione  della  richiesta di applicazione della
 pena, e pur nell'ipotesi in cui tali  valutazioni  si  siano  risolte
 nella  manifestazione  del  convincimento della responsabilita' anche
 nei confronti dei soggetti imputati nei  giudizi  a  quibus  si  deve
 rilevare  che  questa  Corte  ha  gia' individuato nelle sentenze nn.
 306, 307 e 308 del 1997 i limiti  entro  i  quali  il  principio  del
 giusto   processo   postula   la   previsione   di   una  ipotesi  di
 incompatibilita'.
   Quando il  pregiudizio  alla  terzieta'  del  giudice  provenga  da
 funzioni  esercitate  all'interno di un medesimo procedimento penale,
 il  pregiudizio  stesso   e'   prevenibile:   accanto   alla   tutela
 ripristinatoria  rimessa all'iniziativa del giudice e delle parti con
 gli  appositi  strumenti  dell'astensione  e  della  ricusazione   e'
 pertanto esigibile anche una tutela preventiva da attuarsi attraverso
 mezzi  organizzativi in grado di assicurare uno svolgimento spontaneo
 del  principio   del   giusto   processo   (a   questo   tendono   le
 incompatibilita'  ex  art.  34  cod.  proc.    pen.).  Tale  onere di
 organizzazione preventiva grava altresi'  sull'amministrazione  della
 giustizia  penale  nelle  ipotesi  in cui, in una vicenda processuale
 sostanzialmente unitaria pur trattandosi di procedimenti diversi,  il
 pregiudizio  derivi da una sentenza penale dalla quale emerga un gia'
 maturato convincimento del giudice  in  ordine  alla  responsabilita'
 penale  di  una  persona  formalmente  non  imputata in quel processo
 (sentenza  n.  371  del  1996).  E'  questo   l'estremo   limite   di
 esigibilita'  di  una tutela organizzativa e preventiva. Varcato tale
 limite, "nella varieta' delle relazioni che possono  instaurarsi  tra
 procedimenti  distinti,  e  nella  molteplicita'  dei contenuti che i
 relativi  atti  sono  suscettibili  di  assumere,  si   avrebbe   una
 dilatazione  enorme dei casi nei quali un pregiudizio potrebbe essere
 ravvisato e l'intera materia delle incompatibilita', dispersa in  una
 casistica senza fine, diverrebbe refrattaria a qualsiasi tentativo di
 amministrazione mediante atti di organizzazione preventiva" (sentenza
 n. 307 del 1997).
   E'  questa  la  ragione  per  la quale se la forza pregiudicante si
 sprigioni non da una sentenza ma, come si assume essere avvenuto  nei
 casi  di  specie, da un'ordinanza adottata in un procedimento diverso
 (di custodia cautelare nei confronti di un correo ovvero di reiezione
 della richiesta di applicazione della pena), lo strumento  di  tutela
 non  puo'  essere  ravvisato in ulteriori sentenze additive sull'art.
 34, ma deve essere ricercato nell'area degli istituti dell'astensione
 e della ricusazione, anch'essi preordinati  alla  salvaguardia  della
 terzieta' del giudice.