LA COMMISSIONE TRIBUTARIA CENTRALE
   Ha emesso la seguente ordinanza sul seguente ricorso principale  n.
 1124/1993  presentato  dall'Int.  fin  di Roma, (controparte: Santini
 Rinaldo) contro la decisione n. 298/09/93 riguardante l'imposta IRPEF
 emessa dalla Commissione tributaria di secondo grado di Roma.
                                Premesso
   Il  dott.  Rinaldo  Santini,  consigliere della regione Lazio dal 1
 luglio 1970 al 30 giugno  1980,  titolare  dell'assegno  vitalizio  a
 carico  del fondo di previdenza dei consiglieri regionali, costituito
 presso la regione Lazio, chiese all'Intendenza di  finanza  di  Roma,
 giusta  istanze  8  novembre  1989,  il rimborso delle somme, oggetto
 delle ritenute operate a titolo di IRPEF su singoli  assegni  erogati
 negli anni 1987 e 1988.
   Dopo   la   formazione   del   silenzio   qualificato,   imputabile
 dall'Amministrazione tributaria, il dott.  Santini  propose  gravame,
 che  fu  accolto  parzialmente  dalla Commissione tributaria di primo
 grado di Roma con decisione 8 maggio 1992, n. 92290404.
   L'Intendenza propose appello, che  fu  respinto  dalla  Commissione
 tributaria  di  secondo  grado  di Roma, giusta decisione 9 settembre
 1993,  n.  93090298.  La  stessa  Intendenza  propose  ricorso   alla
 Commissione tributaria centrale. Il dott. Santini chiese, con istanza
 depositata, il 4 novembre 1994, la trattazione del ricorso principale
 e di quello incidentale, che lo stesso dott. Santini assumeva di aver
 presentato.    La  Commissione  tributaria  centrale, con ordinanza 4
 dicembre 1995, dispose l'acquisizione agli atti del  giudizio,  dello
 statuto  e  delle  fonti  sublegislative interne concernenti il Fondo
 suindicato. Con la stessa ordinanza fu ordinato alla segreteria della
 Sezione di ricercare il ricorso incidentale citato, non rinvenuto fra
 i documenti compresi  nel  fascicolo.  L'Ufficio  autonomo  fondi  di
 previdenza  e  solidarieta'  dei consiglieri regionali con lettera 22
 aprile  1996  ha  inviato  alcune  fonti  regionali   legislative   e
 sublegislative  relative  allo  stesso  Fondo.  Il  dott.  Santini ha
 depositato il 12 luglio 1996 copia del ricorso incidentale cui si  e'
 fatto cenno.
                              Considerato
   1.  -  Il  dott.  Rinaldo  Santini  chiese con due distinte istanze
 rivolte all'Intendenza di finanza di Roma e datate 8 novembre 1989 la
 restituzione delle somme costituenti le ritenute, operate a titolo di
 IRPEF sugli assegni vitalizi erogati dal fondo suindicato allo stesso
 dott. Santini negli anni 1987 e 1988. Il medesimo dott. Santini, dopo
 la formazione del silenzio  qualificato  tenuto  dall'Amministrazione
 sulle  istanze stesse, propose gravame alla Commissione tributaria di
 primo grado di Roma, deducendo che sul vitalizio  non  poteva  essere
 applicata  l'IRPEF,  in  quanto il fondo era alimentato da contributi
 versati esclusivamente dai consiglieri regionali iscritti. Da  questa
 premessa  fu  tratta  la conseguenza, inequivocabilmente espressa nel
 gravame  citato,  della  irriducibilita'dell'assegno  vitalizio  alle
 indennita'  degli artt. 85 e 87 T.U. 29 gennaio 1958, n. 645, e degli
 artt. 12 e 14 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597.  L'assegno  vitalizio
 fu  identificato  in  un  capitale  analogo alle indennita' di natura
 previdenziale (art.  124 r.d. 4 ottobre 1935, n. 1827, art. 34 d.P.R.
 19 settembre 1973, n. 601, modificato dall'art. 15  legge  13  aprile
 1977,  n.  114).  Tale  impostazione  costitui'  la causa petendi del
 gravame di primo grado.   La Commissione tributaria  di  primo  grado
 accolse  parzialmente  il gravame sul presupposto dell'applicabilita'
 della l. 26 settembre 1985, n. 482. La soluzione  data  dalla  citata
 Commissione  fu  condivisa  in  sede  di  appello,  al   punto che la
 Commissione tributaria di  secondo  grado  decise  per  la  reiezione
 dell'appello   proposto   dall'Amministrazione,   che  aveva  dedotto
 l'assenza di qualunque norma  di  esonero  dall'imposta  sul  reddito
 costituito  dall'assegno  vitalizio,  al  quale si e' fatto cenno. Il
 fatto che nella decisione della  Commissione  tributaria  di  secondo
 grado  sia  usata  la  formula del rigetto dell'appello, senza alcuna
 limitazione, non equivale affatto  ad  accoglimento  integrale  della
 domanda  del dott. Santini. Infatti la stessa Commissione ribadi' che
 l'assegno vitalizio era estraneo all'imposizione nei limiti stabiliti
 dalla legge n. 482, gia' citata, e non nella sua interezza.  Pertanto
 la  Commissione medesima confermo' l'accoglimento parziale, stabilito
 dalla Commissione tributaria di  primo  grado  con  la  decisione,  8
 maggio  1992, che non era stata censurata dal dott. Santini. Pertanto
 deve essere disattesa la tesi del dott. Santini, espressa  a  pag.  4
 della  replica al ricorso dall'Intendente di finanza (atto depositato
 il 1 aprile 1994 nella segreteria  della  Commissione  tributaria  di
 secondo  grado, in relazione al ricorso proposto dell'Intendente alla
 Commissione tributaria centrale), secondo la quale la Commissione  di
 secondo   grado   avrebbe   deciso  senza  alcun  riferimento  ad  un
 accoglimento parziale.  In effetti l'assenza della formula limitativa
 e' ampiamente giustificata  dal  fatto  che  la  Commissione  si  era
 pronunciata  sull'appello  dell'Intendente,  appello  respingendolo e
 confermando la decisione di primo grado, che era stata, giusta quanto
 gia' precisato, di accoglimento parziale.  Per altro verso  il  dott.
 Santini  non  aveva  proposto  appello  incidentale  alla Commissione
 tributaria di secondo grado, in vista della  declaratoria  di  totale
 estraneita' dell'assegno vitalizio dall'imposizione.
   2.  -  La  tesi  sostenuta  dall'Amministrazione  ricorrente  circa
 l'inesistenza  di  una  normativa  di   esecuzione   dall'imposizione
 dell'assegno  suindicato  e'  fondata. Infatti deve essere esclusa la
 pertinenza del richiamo, espresso dal dott. Santini  nel  gravame  di
 primo  grado  e  nel  "ricorso incidentale" depositato il 16 dicembre
 1995, all'art. 124 r.d.l.  4 ottobre 1935, n. 1827, conv. nella legge
 6 aprile 1936, n. 1155.   Infatti tale norma  e'  comunque  priva  di
 vigenza,  posto  che  non e' stata confermata dal d.P.R. 29 settembre
 1973, n. 601, giusta  il  principio  desumibile  dall'art.  42  dello
 stesso  decreto.  Del pari ininfluente e' il richiamo, espresso nella
 memoria citata all'art.  34 d.P.R. indicato sopra; infatti tale norma
 di esenzione riguarda le pensioni di guerra, le  relative  indennita'
 accessorie,   gli   assegni   connessi   alle  pensioni  privilegiate
 ordinarie, le pensioni connesse alle decorazioni dell'ordine militare
 d'Italia e i sprassoldi connessi alle  medaglie  al  valor  militare.
 L'assegno  vitalizio  in  esame e' del tutto eterogeneo rispetto alle
 prestazioni, cui si e' fatto cenno.   La  stessa  eterogeneita'  deve
 essere  affermata  con  riferimento alle pensioni liquidate ai ciechi
 civili e ai sussidi  corrisposti  dallo  Stato  e  dagli  altri  enti
 pubblici   a   titolo   assistenziale,  art.  34,  citato,  comma  2.
 Irrilevante, in ogni modo, e' il richiamo agli artt.  85 e 87 del  T.
 U.  29  gennaio  1958,  n.  645,  tenuto conto dell'abrogazione dello
 stesso T. U. a decorrere dal 1 gennaio 1974, giusta l'art.  89 d.P.R.
 29 settembre 1973, n. 597.
   L'art. 47, comma 1, lett. h d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, citato
 nel "ricorso incidentale", non dispone nel  senso  della  estraneita'
 all'imposizione  di  assegni  omogenei  a  quelli  erogati  dal dott.
 Santini.  Tale norma infatti equipara ai redditi da lavoro dipendente
 le rendite vitalizie e  quelle  a  tempo  determinato,  costituite  a
 titolo   oneroso.      Tale   equiparazione   non  importa  l'esonoro
 dall'applicazione  dell'imposta  delle  rendite  costituite  in  modo
 diverso da quello oneroso.
   Per  altro verso il fatto che il dott. Santini abbia contribuito al
 finanziamento del fondo di previdenza dei consiglieri  della  regione
 Lazio,  l.r.  16 marzo 1973, n. 7, art. 6 e seg., implica che non sia
 fondatamente  prospettabile  la  gratuita'   dell'assegno   vitalizio
 corrisposto allo stesso dott. Santini.
   Non  potrebbe  essere  condivisa    la  conclusione,  formulata dal
 contribuente, secondo cui l'applicabilita' della ritenuta alla  fonte
 sulle  rendite  a titolo oneroso, art. 33, comma 3, d.P.R. 4 febbraio
 1988, n. 42,  importerebbe  l'estraneita'  alla  quale  si  e'  fatto
 riferimento.  La  norma sulla ritenuta alla fonte concerne un modo di
 riscossione dell'imposta e non  fissa  il  regime  tributario  di  un
 reddito.  Tale  regime  e'  stabilito  da  altra normativa, che nella
 specie  deve  essere  identificata   nella   disciplina   concernente
 l'imposizione  dei  redditi  da lavoro dipendente.  In particolare e'
 necessario fare riferimento all'art. 47, comma 1, lett. i, d.P.R.  22
 dicembre  1986,  n.  917,  concernente  "... altri assegni periodici,
 comunque denominati, alla cui produzione non  concorrono  attualmente
 ne' capitale ne' lavoro ...".
   3.  -  Le  conclusioni  suesposte  non possono essere disattese sul
 presupposto della normativa introdotta dalla legge 26 settembre 1985,
 n. 482, applicata concordemente dalle Commissioni tributarie di primo
 e di secondo grado. La legge citata,  della  quale  il  contribuente,
 malgrado   il   "ricorso  incidentale"  alla  Commissione  tributaria
 centrale preordinato alla conferma della decisione  di  primo  grado,
 che  non  era  stata  riformata  a  conclusione del giudizio di primo
 grado,  chiede  l'applicazione,  riguarda  il  trattamento  di   fine
 rapporto  di cui all'art.  2120 del Codice civile. La normativa posta
 dalla legge  citata  e'  estensibile  alle  indennita'  equipollenti,
 comunque  denominate,  art.    2  stessa  legge.  L'assegno vitalizio
 erogato al  dott.  Santini  non  e'  identificabile  come  indennita'
 equipollente  al  trattamento  di  fine  rapporto, attesa comunque la
 periodicita' dello stesso assegno.   Pertanto  la  conclusione  della
 Commissione tributaria di secondo grado, confermativa della decisione
 della Commissione tributaria di primo grado, non appare sostenibile.
   4. - E' prospettabile per altro verso il problema della conformita'
 alla  Costituzione,  art.  53,  della norma, identificabile nell'art.
 47, comma 1, lett. i, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917,  gia'  citato.
 Quest'ultima  norma e' priva di qualsiasi disposizione dalla quale si
 possa  desumere  la  deduzione  dalla  base  imponibile   di   quanto
 corrisponde   ai  contributi  versati  dal  titolare  di  un  assegno
 vitalizio per finanziare il fondo, al quale sia imputabile  l'assegno
 medesimo.   Il   problema   suindicato  e'  rilevante  rispetto  alla
 controversia  in  esame,  in  quanto  il  fondo  di  previdenza   dei
 consiglieri della regione Lazio era alimentato fino al 1990, e quindi
 anche   negli  anni  1987  e  1988,  che  interessano  nella  specie,
 esclusivamente mediante contributi dei consiglieri iscritti, artt. 11
 e 12 l.r. 16 marzo 1973, n. 7. L'ausilio  finanziario  della  regione
 per  il  ripianamento  del  fondo  suindicato e' stato disposto (cfr.
 anche lettera 26 luglio 1993, n.  187-93-A-6,  dell'ufficio  autonomo
 fondi di previdenza del consiglio regionale Lazio) con  l.r. 23 marzo
 1990,  n.  34,  che  per  altro verso ha disposto anche l'aumento dei
 contributi a carico dei consiglieri iscritti. Tale normativa comunque
 e' ininfluente nella presente controversia,  giusta  le  osservazioni
 suesposte.  Il  dubbio  sulla costituzionalita' della norma posta dal
 citato art. 47, comma 1, lett. i, d.P.R. n. 917, si pone in relazione
 ai principi affermati dalla Corte costituzionale con sentenza n.  178
 del  1986,  con  la quale fu dichiarata   l'incostituzionalita' della
 normativa primaria che disponeva nel  senso  della  inclusione  nella
 base   imponibile   della   parte   di   indennita'   di   buonuscita
 corrispondente alla proporzione tra  i  contributi  dell'impiegato  e
 l'apporto     dell'Amministrazione.        Tale    declaratoria    di
 incostituzionalita' fu  dedotta  dalla  irriducibilita'  della  parte
 suindicata a reddito. Tali principi possono richiamati anche nel caso
 in  esame,  posto  che  la parte di assegno vitalizio, corrispondente
 alla somma dei contributi versati dal singolo  consigliere  al  fondo
 non  costituiscono  reddito,  ma  prelievo  di  quanto  a  suo  tempo
 corrisposto in percentuale sull'indennita' consiliare, costituente  a
 sua volta reddito.
   Il  dubbio di costituzionalita' non e' superabile se non sollevando
 in  via  incidentale  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
 davanti  alla  Corte  costituzionale  dell'art. 47, comma 1, lett. i,
 d.P.R.   22 dicembre 1986, n. 917,  che  altrimenti  dovrebbe  essere
 applicato al caso di specie nella sua integralita'.