ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 4, comma 2,
 legge della regione  Veneto,  riapprovata  il  20-21  dicembre  1996,
 recante "Nuove norme sulle agenzie di viaggio e turismo e sugli altri
 organismi  operanti  in materia", promosso con ricorso del Presidente
 del Consiglio dei Ministri notificato l'11 gennaio  1997,  depositato
 in  cancelleria  il  20  successivo  ed iscritto al n. 2 del registro
 ricorsi 1997;
   Visto l'atto di costituzione della regione Veneto;
   Udito nell'udienza pubblica del 1 luglio 1997 il  giudice  relatore
 Piero Alberto Capotosti;
   Uditi  l'avvocato dello Stato Danilo Del Gaizo per il ricorrente, e
 l'avv. Feliciano Benvenuti per la regione Veneto.
                           Ritenuto in fatto
   1. -   Il Consiglio regionale  del  Veneto,  nella  seduta  del  10
 ottobre  1996,  ha approvato il disegno di legge recante "Nuove norme
 sulle agenzie di viaggio e turismo e sugli altri  organismi  operanti
 in  materia".  La delibera legislativa, comunicata al Commissario del
 Governo, e' stata oggetto di rinvio da  parte  del  Governo,  che  ha
 formulato  rilievi sull'art. 4, comma 2, del testo normativo, dove si
 prevede che "le associazioni (senza  fini  di  lucro  che  operano  a
 livello  nazionale  con  formale riconoscimento da parte degli organi
 centrali  dello  Stato  il  cui  scopo  statutario  consiste  in  via
 prevalente  nella  promozione  del  turismo  sociale  ed  aventi sede
 operativa in almeno tre Province del  territorio  regionale)  possono
 promuovere  le  proprie  iniziative  turistico-sociali  e raccogliere
 adesioni solo entro  l'ambito  dei  propri  associati  che  risultino
 iscritti da non meno di due mesi".
   Il  Consiglio regionale del Veneto, nella seduta del 20-21 dicembre
 1996, non ha accolto il rilievo governativo concernente la previsione
 di uno iato temporale tra l'acquisto della qualita'  di  socio  e  di
 utente  delle  attivita'  sociali  ed  ha  riapprovato  a maggioranza
 assoluta il medesimo testo.
   2.  -  Il  Consiglio  dei  Ministri  ha  deliberato  di  promuovere
 l'impugnazione  dinanzi  alla  Corte  costituzionale  della  delibera
 legislativa in questione.
   Sostiene  la  difesa erariale, reiterando le deduzioni formulate in
 sede di rinvio, che l' art. 4,  comma  2,  della  legge  oggetto  del
 giudizio   in   via  principale  viola  gli  artt.  11  e  117  della
 Costituzione.   L'Avvocatura generale dello  Stato  premette  che  lo
 svolgimento  e  la  prestazione delle iniziative turistico-sociali si
 inquadrano, al pari di quanto avviene per  la  legislazione  interna,
 nella  nozione  di  "servizi" di cui all'art. 60 del Trattato CEE, ai
 sensi del quale sono tali "le prestazioni fornite normalmente  dietro
 retribuzione".    Dalla  suddetta qualificazione scaturiscono per gli
 Stati membri, secondo la pacifica  e  costante  giurisprudenza  della
 Corte  di  giustizia,  i  divieti  di  discriminazioni  fondate sulla
 nazionalita' del  prestatore  nonche'  di  restrizioni  all'esercizio
 della  corrispondente  liberta'  di circolazione. Si fa notare ancora
 come la Corte comunitaria  abbia  esteso  la  garanzia  afferente  la
 libera  circolazione  dei  servizi  sino  a considerare coperta tanto
 l'ipotesi  del  soggetto  erogante  che  si  reca  nello  Stato   del
 destinatario   del   servizio,   quanto   l'ipotesi   reciproca   del
 destinatario che raggiunga lo Stato in cui e' stabilito il  fornitore
 del  servizio.  Proprio  quest'ultima  e'  l'evenienza specificamente
 considerata dal Governo nella redazione  dei  rilievi  alla  delibera
 legislativa:  se  il  cittadino  di  altro  Stato dell'Unione europea
 raggiunge il territorio della Regione Veneto, ove intende fruire  dei
 servizi  turistici  di  un'associazione  che  e'  li'  operante, puo'
 vedersi negate le prestazioni richieste  per  difetto  del  requisito
 dell'iscrizione  almeno  bimestrale  all'ente:  "il che costituirebbe
 (atteso il  carattere  provvisorio  e  limitato  nel  tempo  del  suo
 soggiorno   nel   Paese)   una   indebita  restrizione  della  libera
 prestazione dei servizi, in contrasto con  gli  artt.  59  e  60  del
 Trattato".
   La  legge regionale, inoltre, comprimerebbe, indebitamente, secondo
 il ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri,  l'offerta  dei
 servizi  che l'associazione de qua intenda rivolgere nei confronti di
 potenziali utenti residenti in altri Stati europei poiche' la  tutela
 della   liberta'   delle   prestazioni,   secondo  la  giurisprudenza
 comunitaria, e' invocabile nei confronti del  Paese  di  stabilimento
 del  soggetto  erogante  il  servizio  anche  quando i fruitori siano
 allocati altrove.
   Si fa, infine, notare che la protezione dello specifico settore  di
 mercato da turbative integranti forme sleali di concorrenza - ragione
 addotta dal Consiglio regionale al momento di confermare il contenuto
 delle  disposizioni  rinviate  dal  Governo  -  non  da' luogo a quel
 superiore motivo di pubblico interesse  che,  stando  alla  Corte  di
 giustizia,  solo  abilita  all'adozione  di  discipline nazionali che
 deroghino  al  principio  di  libera  circolazione   dei      servizi
 transfrontalieri.
   3.   -   Si   e'   costituita   nel  giudizio  davanti  alla  Corte
 costituzionale  la  regione  Veneto  chiedendo  che  sia   dichiarata
 infondata la proposta questione di legittimita' costituzionale.
   Afferma  la  resistente che la norma denunciata risulta applicabile
 esclusivamente alle associazioni  nazionali  senza  scopo  di  lucro,
 "rispetto   alle   quali  del  tutto  legittimamente  il  legislatore
 regionale puo', ai sensi della l. n. 217 del 1983, imporre limiti  al
 fine  di  perseguire  l'interesse  pubblico". Ne' - continua - appare
 pertinente il richiamo fatto nell'atto di  impugnazione  al  disposto
 del  d.lgs.   n. 111 del 1995, il quale non ha, sul punto che rileva,
 autonoma capacita' precettiva stante il rinvio puro e semplice che vi
 si rinviene - quanto  all'ambito  applicativo  -  alle  "associazioni
 senza scopo di lucro di cui all'art.10 della legge 17 maggio 1983, n.
 217,  nei limiti ivi stabiliti". Questi - osserva la regione Veneto -
 vanno  puntualmente  individuati  in  sede  regionale,   livello   di
 produzione  normativa  intorno al quale, nella materia che occupa, la
 Corte  costituzionale  ha  gia'   positivamente   sindacato   analoga
 prescrizione  della  regione  Puglia  contenuta nella legge n. 52 del
 1984. Con la sentenza n. 417 del 1993, invero, e' stata giudicata non
 contraria agli artt. 3, 18 e 117 della Costituzione la previsione che
 condiziona    ad    un'anzianita'    di    iscrizione     trimestrale
 all'associazione   non   lucrativa  e  con  finalita'  di  promozione
 turistica  la  possibilita'  di  rendersi  beneficiari  dei  relativi
 servizi.   Si   tratterebbe   di   norma  che  concreta  un  uso  non
 irragionevole  del  potere  legislativo,  localmente  esercitato   a'
 termini  del citato art. 10 della legge-quadro per il turismo (n. 217
 del 1983), in vista di prevenire, appunto mediante  l'apposizione  di
 condizioni  e limiti all'indiscriminato dispiegamento di attivita' di
 organizzazione turistica, fenomeni di sleale concorrenza da parte  di
 enti  cd.  non-profit  in  danno  di  imprenditori offerenti analoghi
 prodotti.
   In conclusione - secondo la regione Veneto - la  legge  denunciata,
 per  essere  riferibile  esclusivamente ad associazioni nazionali non
 lucrative e in relazione ai servizi che si dirigono soltanto ai soci,
 legittimamente  -  sotto  il  profilo  di  cui  all'art.  117   della
 Costituzione  -  impone limiti al godimento della posizione derivante
 dallo status di socio in  vista  della  migliore  salvaguardia  dell'
 interesse pubblico.
   4. - Le parti sono comparse all'udienza pubblica ed hanno insistito
 per l'accoglimento delle rispettive conclusioni.
                         Considerato in diritto
   1.  -  La questione di legittimita' costituzionale sollevata con il
 ricorso indicato  in  epigrafe  investe  l'art.  4,  comma  2,  della
 delibera  legislativa  approvata  dal  Consiglio della regione Veneto
 nella seduta del 10 ottobre 1996 e, a seguito del rinvio governativo,
 riapprovata dallo stesso Consiglio nella seduta  del  20-21  dicembre
 1996.
   La  norma impugnata, che concerne la disciplina delle "Associazioni
 e organismi senza scopo di lucro", stabilisce, in particolare, che le
 predette  associazioni  "possono  promuovere  le  proprie  iniziative
 turistico-sociali  e  raccogliere  adesioni  solo  entro l'ambito dei
 propri associati che risultino iscritti da non  meno  di  due  mesi".
 Proprio questa limitazione temporale, secondo il ricorso proposto dal
 Presidente  del  Consiglio dei Ministri, sarebbe "in contrasto con il
 principio comunitario di libera  circolazione  delle  persone  e  dei
 servizi. Infatti, i cittadini di altri paesi comunitari iscritti alle
 associazioni   turistiche   aventi   sedi   principali  o  distaccate
 all'estero, che non prevedono tale limitazione, una volta recatisi in
 Italia, non avrebbero  la  possibilita'  di  usufruire  in  loco  dei
 servizi  associativi  qualora  non  fossero iscritti anteriormente al
 periodo  richiesto. Cio' e' confermato da quanto previsto dal decreto
 legislativo 111/1995 che ha recepito la direttiva n. 90/314/CEE".  Si
 tratterebbe,  cioe',  di  una  indebita  restrizione   della   libera
 prestazione  dei  servizi,  in  contrasto  con  gli artt. 59 e 60 del
 Trattato CEE, nonche' con il  d.lgs. 17 marzo 1995, n.  111,  emanato
 in   attuazione  della  direttiva  90/314/CEE.  Risulterebbe  infatti
 violata  la  garanzia  della  libera  circolazione  dei  servizi   in
 relazione  a  due  distinte ipotesi: quella del soggetto erogante che
 offre il servizio nel diverso Stato del destinatario,  e  quella  del
 destinatario che si rechi nello Stato in cui risiede il fornitore del
 servizio.
   La  lesione  delle  disposizioni  enunciate costituirebbe pertanto,
 secondo  la  prospettazione  del  ricorrente,  il  presupposto  della
 violazione degli artt. 11 e 117 della Costituzione.
   2. - La questione non e' fondata.
   La  disposizione censurata va esaminata nel quadro di un articolato
 contesto di norme di diversa fonte e  competenza,  il  cui  contenuto
 complessivo  riguarda la disciplina delle associazioni senza scopo di
 lucro che operano nella materia in oggetto. Il punto di  partenza  e'
 l'art.  10  della  legge  17  maggio  1983,  n.  217  che, dopo avere
 stabilito, in deroga al diritto comune,  che  le  associazioni  senza
 scopo  di  lucro  che  operano  a  livello  nazionale  per  finalita'
 ricreative,  culturali,  religiose   o   sociali   sono   autorizzate
 "esclusivamente  per  i  propri  associati"  ad  esercitare attivita'
 turistiche e ricettive, demanda alle leggi  regionali  di  fissare  i
 "requisiti  minimi omogenei e le modalita' di esercizio", assicurando
 che le attivita' medesime "siano  esercitate  nei  rispettivi  ambiti
 associativi". Si tratta di "norma di favore" che, secondo la sentenza
 n.  195  del 1986 di questa Corte, lascia all'autonomia delle regioni
 larghissime possibilita' di intervento nel settore delle associazioni
 operanti a livello nazionale.
   In  questa  prospettiva,  l'art.  4,  comma   2,   della   delibera
 legislativa  della regione Veneto rappresenta, ai sensi dell'art. 117
 della Costituzione, una disposizione che  attua  il  citato  art.  10
 della  legge  statale,  in  quanto  il  legislatore  regionale fissa,
 secondo  "un  uso  non   irragionevole   del   potere   discrezionale
 affidatogli"  (sentenza  n.  417  del  1993), alcuni limiti modali di
 esercizio alle  prestazioni  turistiche  occasionalmente  rese  dalle
 indicate  associazioni,  anche  a tutela della genuinita' del vincolo
 associativo.
   Questo quadro normativo non e' stato peraltro alterato  dal  d.lgs.
 17   marzo   1995,  n.  111,  che,  in  recepimento  della  direttiva
 comunitaria n. 90/314/CEE concernente  i  viaggi,  le  vacanze  ed  i
 circuiti  "tutto  compreso",  ha stabilito, negli artt. 3 e 4, che si
 dovessero considerare soggetti "organizzatore  di  viaggio",  nonche'
 "venditore"  dei  cosiddetti pacchetti turistici, non solo le agenzie
 di  viaggio  e  turismo  specificamente  autorizzate,  ma  anche   le
 "associazioni senza scopo di lucro, di cui all'art. 10 della legge 17
 maggio  1983, n. 217", pero' "nei limiti ivi stabiliti" - nei limiti,
 cioe', stabiliti, in base allo stesso art. 10, dalle leggi  regionali
 -  nell'ambito  dei  quali  appunto  ben  puo'  essere  annoverata la
 limitazione della fruizione delle prestazioni  turistiche  solo  agli
 associati da almeno un bimestre.
   Proprio il rinvio agli specifici "limiti" previsti dall'art. 10 per
 le  associazioni  in  questione  sottolinea  la  loro  "specialita'",
 nonche' esclude, di per se', qualsiasi contrasto tra la  disposizione
 censurata e lo stesso decreto legislativo n. 111, determinato appunto
 dallo  iato  temporale  tra  adesione all'associazione e fruizione di
 quei servizi. Questo atto legislativo  infatti  regola  soltanto,  in
 conformita'  alla  direttiva  comunitaria  che  recepisce,  i profili
 contrattuali del rapporto tra soggetto  imprenditore  e  consumatore,
 senza  incidere sulla natura del rapporto tra associazioni non aventi
 scopo di lucro e propri iscritti.
   3. - D'altra  parte,  il  limite  temporale  -  applicabile,  senza
 discriminazione  alcuna,  sia ai cittadini italiani, sia ai cittadini
 degli altri Stati membri - dei due mesi di anzianita' associativa per
 poter  fruire  delle  speciali  prestazioni  turistiche  rese   dalle
 associazioni  in  oggetto  non  e'  irragionevole  o  sproporzionato,
 perche' e' diretto  a  salvaguardare  la  autenticita'  del  rapporto
 associativo.  Si  tratta  infatti di un criterio mirante a precludere
 "al  singolo  di  utilizzare   la   liberta'   associativa   per   il
 perseguimento   di  finalita'  sottoposte  a  particolari  discipline
 pubblicistiche",  ed  esso,  "cosi'  come  e'  regolato  dalla  norma
 contestata,  non  e'  certamente  un mezzo sproporzionato rispetto al
 fine da perseguire, ne' e' tale da scoraggiare nei singoli l'adesione
 ad associazioni positivamente apprezzate dalla Costituzione  e  dalle
 leggi   o   da   rappresentare   un  intralcio  eccessivo  al  libero
 dispiegamento delle  attivita'  associative"  (sentenza  n.  417  del
 1993).
   Questa  decisione sottolinea dunque, proprio con riferimento ad una
 fattispecie normativa identica alla presente, la non irragionevolezza
 del criterio prescelto per la fruizione delle prestazioni in  oggetto
 e  comunque  la sua non contrarieta' rispetto al favor costituzionale
 per le associazioni, considerato sotto il profilo sia della  liberta'
 di  costituzione,  sia  della liberta' di organizzazione interna, nel
 cui ambito appunto ben puo' essere ricondotta anche  la  liberta'  di
 determinazione della data di fruizione dei servizi delle associazioni
 stesse.  D'altra  parte, nella specie si tratta di modalita' e limiti
 organizzativi, che, ove non adeguatamente osservati,  comporterebbero
 il  rischio  -  come si legge ancora nella sentenza n. 417 - che "gli
 speciali  servizi  erogati  a  condizioni  agevolate  dalle  predette
 associazioni  finiscano  per  porsi in illegittima concorrenza con le
 medesime attivita' svolte dalle agenzie di  viaggio  e  turismo  alle
 condizioni   imposte   dal   mercato   e  nell'ambito  di  un  regime
 amministrativo (nonche' fiscale) ben piu' severo".
   4. - Questi principi giurisprudenziali presuppongono  peraltro  che
 ogni  fenomeno  associativo  si  basi  su  una  organizzazione  della
 plurisoggettivita' e su un vincolo finalistico comune. E'  in  questo
 specifico  contesto  pertanto  che, nella fattispecie in esame, vanno
 collocate le  prestazioni  inerenti  alla  occasionale  cessione  dei
 pacchetti  turistici,  le  quali  non  sono  suscettibili di autonoma
 considerazione, poiche'  configurano  solo  uno  dei  tanti  rapporti
 endoassociativi  per  il perseguimento dello scopo sociale, dei quali
 sono soggetti esclusivi gli "associati" con determinata anzianita'  e
 non singoli cittadini che non si trovino in quella precisa condizione
 giuridica.  E' dunque in questo quadro che il chiaro profilo causale,
 che caratterizza questo tipo di "associazioni senza scopo di  lucro",
 viene  a  fungere  da  ragionevole  criterio di giustificazione della
 disciplina  in oggetto e, nello stesso tempo, da ragionevole criterio
 di differenziazione rispetto alle agenzie di viaggio e turismo.
   Si tratta quindi di una connotazione di queste  associazioni  cosi'
 rilevante  da  impedire,  per  motivi  soggettivi  ed  oggettivi,  di
 sussumere questo particolare profilo della loro attivita' nell'ambito
 della disciplina comunitaria della  libera  prestazione  di  servizi,
 cosi'   come   specificamente  attuata  dal  decreto  legislativo  di
 recepimento,  e  da  comportare  altresi'  la  inapplicabilita'  alla
 fattispecie  in  esame  degli artt. 59 e 60 del Trattato CEE. Invero,
 dal versante del  prestatore  del  servizio,  va  osservato,  in  via
 preliminare,  che,  per  effetto  del  rinvio  operato  dall'art.  66
 all'art. 58, secondo comma, del Trattato, la  disciplina  comunitaria
 dei  servizi  non e' applicabile alle "societa' che non si prefiggono
 scopi di lucro", mentre, nella fattispecie in esame, le associazioni,
 che qui occupano, debbono operare, per espresso dettato  legislativo,
 "senza  scopo  di  lucro",  tanto che le loro attivita' turistiche si
 dispiegano esclusivamente nel quadro e come esplicazione di attivita'
 associativa del  tutto  estranea  al  perseguimento  di  un  profitto
 economico.
   Dal  versante  dei  destinatari del servizio, va poi rilevato che i
 caratteri dell'offerta della prestazione sono necessariamente tali da
 escludere,  a  differenza  di   quanto   previsto   dalla   direttiva
 comunitaria  n.  90/314,  che  nella specie si versi in un'ipotesi di
 vendita al pubblico. Ed infatti per  le  associazioni  in  questione,
 dovendo  esse  ex  lege  rivolgersi  esclusivamente  ai propri ambiti
 associativi, non e' certo possibile seguire, nella vendita  dei  loro
 pacchetti  turistici,  i  tipici  canoni  dell'"offerta al pubblico",
 proprio perche' non puo' sussistere quel requisito personale  che  la
 dottrina sull'art. 1336 del codice civile individua nella "pluralita'
 inorganica  di  persone",  o nella "indeterminatezza del destinatario
 dell'offerta".
   In questo senso, d'altronde, e' interpretabile anche l'art. 9 della
 delibera legislativa  in  esame,  che  espressamente  stabilisce  che
 "configurano  a  tutti  gli  effetti  offerta  al  pubblico  ai sensi
 dell'art. 1336 del codice civile" i  programmi  di  viaggio  solo  se
 diffusi  dalle  agenzie  di  viaggio e turismo, omettendo invece ogni
 indicazione  in  proposito  su  quelli  delle  associazioni.   Questa
 limitazione  di  forme  di  pubblicita'  e'  peraltro coerente con il
 quadro legislativo che impone, in deroga al diritto  comune,  che  il
 mercato entro il quale le associazioni "possono promuovere le proprie
 iniziative    turistico-sociali    e    raccogliere   adesioni"   sia
 necessariamente ristretto all'ambito dei soggetti che hanno scelto di
 vincolarsi per il perseguimento di uno scopo comune.
   Anche sotto il profilo oggettivo, inoltre, la fattispecie in  esame
 non  e'  sussumibile  nell'ambito  delle  previsioni  comunitarie  in
 materia  di  servizi.  Ed  invero,  benche'  la  cessione,   in   via
 eccezionale, di pacchetti turistici sia riconducibile, sulla base del
 solo  dato  strutturale,  alla  categoria  dei  contratti di scambio,
 tuttavia non si puo' prescindere dalla essenziale considerazione  del
 profilo funzionale rappresentato dall'inserimento di questo contratto
 in  un  vincolo associativo per il perseguimento di uno scopo comune.
 In  questa  prospettiva  la  cessione  stessa  e'  piu'  precisamente
 configurabile  come  godimento  di  utilita' riservate esclusivamente
 agli associati, anziche' come prestazione di un  servizio,  isolabile
 dal quadro complessivo dei rapporti interni dell'associazione.
   Questa  conclusione,  del  resto,  trova  ulteriore  conferma anche
 nell'ambito  del  diritto  positivo,  se  e'  vero  che,  secondo  la
 normativa    tributaria,    non    e'    assimilabile   all'attivita'
 dell'imprenditore  commerciale  quella  svolta  dagli  enti  di  tipo
 associativo  senza  scopo  di  lucro,  quando  si tratti di attivita'
 conforme alle finalita' istituzionali,  riservata  esclusivamente  ai
 propri associati.
   5. - Per tutte queste ragioni si deve quindi escludere che la norma
 impugnata  comporti  una  lesione, per i profili prospettati, sia del
 decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 111 sia degli artt. 59 e 60 del
 Trattato CEE, cosicche' non  risultano  conseguentemente  violate  le
 disposizioni degli artt. 11 e 117 della Costituzione.